I trattamenti degli organi meccanici | Officina

I trattamenti degli organi meccanici | Officina

Sono utili per prepararli a sopportare pressioni elevate e minimizzare il rischio di usura

10.09.2024 ( Aggiornata il 10.09.2024 09:39 )

I trattamenti


Alcuni metalli infatti tendono ad aderire ad altri, ovvero a “legarsi” per via della forte affinità metallurgica, dando luogo a rapida usura e persino al grippaggio. Il titanio, tanto per fare un esempio, tende a legarsi con quasi tutti gli altri metalli. Per evitare fenomeni di ingranamento con gli spallamenti dell’albero a gomiti, sulle superfici laterali delle teste delle bielle realizzate con questo metallo vengono depositati sottili riporti di altri materiali, come per esempio il molibdeno. In molti casi in un componente si può arricchire di un determinato elemento la zona superficiale interessata, in modo da variare la composizione chimica dello strato esterno del metallo e quindi le sue caratteristiche meccaniche. Serve allora il mantenimento prolungato del pezzo a elevata temperatura in un’atmosfera ricca dell’elemento in questione, in modo da causarne la diffusione. Nel caso della cementazione si tratta del carbonio. Questo trattamento termochimico si effettua sugli acciai (detti appunto “da cementazione”) che hanno un tenore di carbonio non superiore allo 0,2%. Dopo l’arricchimento superficiale, il pezzo deve essere sottoposto a tempra (che viene poi seguita dal rinvenimento). Quello che si indurisce in questo caso è soltanto lo strato esterno, mentre nella parte interna, nella quale il contenuto in carbonio è ridotto, il metallo non “prende” la tempra e rimane tenero e tenace.

La cementazione, che comporta alte temperature e il brusco raffreddamento tipico della tempra, induce notevoli tensioni nei pezzi e può causare sensibili distorsioni. Il trattamento perciò non è finale e dopo di esso le superfici di lavoro vanno sottoposte a un’ultima lavorazione mediante rettifica (che può essere seguita da eventuale levigatura o lucidatura). Vengono cementati componenti come ingranaggi, camme e spinotti.

La durezza raggiungibile può essere superiore a 64 punti Rockwell e, per quanto riguarda la profondità dello strato indurito, si va in genere da 0,6 a 1,2 mm. Prima della deposizione di un sottile riporto superficiale di materiale estremamente duro, di norma la zona interessata viene cementata. Questo perché altrimenti, in seguito all’elevatissima pressione di contatto, il materiale del pezzo (ovvero il “substrato”) potrebbe deformarsi localmente in misura tale da causare la rottura del fragile strato superficiale riportato, che potrebbe “sfogliarsi” o accusare la formazione di crepe. È per tale ragione che molti bilancieri vengono cementati in corrispondenza del pattino, prima della applicazione del riporto di cromo duro. La nitrurazione comporta un arricchimento superficiale in azoto, si effettua a temperatura notevolmente inferiore rispetto alla cementazione (500–550° C contro 900–950) e non prevede alcuna tempra. Non dà luogo a distorsioni o a variazioni dimensionali significative e non deve essere seguita da alcuna lavorazione finale.

La nitrurazione gassosa si effettua in un’atmosfera ricca di azoto e comporta tempi assai lunghi, dell’ordine di svariate decine di ore. Consente di ottenere un’elevatissima durezza superficiale (fino a oltre 70 punti Rockwell) e migliora notevolmente la resistenza a fatica. È però molto più costosa della cementazione. Può essere effettuata su qualunque acciaio da bonifica ma sono stati anche sviluppati acciai specifici (alcuni di essi vengono impiegati per realizzare alberi a gomiti per motori di altissime prestazioni). Assai più vantaggiosa sotto l’aspetto economico rispetto alla nitrurazione gassosa è quella in bagno salino, che si effettua in tempi molto più brevi (da mezz’ora a tre ore, in genere). Prevede l’immersione in sali fusi a temperature di poco superiori ai 500° C ed è essa pure un trattamento finale.

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