Nella distribuzione, sistemi a rullo tenditore, a pattino e misti, con catena, ingranaggi e cinghie
I sistemi di tensionamento delle catene, che nei motori progettati dopo gli anni Cinquanta in genere funzionavano in maniera più che soddisfacente, erano di due tipi: a rullo tenditore (più uno o due rulli folli con funzione di guida) e a pattino. In questo secondo caso sul ramo opposto della catena lavorava un pattino antisbattimento. Da anni i tenditori con rulli sono scomparsi dalla scena, sostituiti da quelli con un lungo pattino arcuato, rivestito con una adatta gomma sintetica, che naturalmente agisce sul ramo non in tiro della catena. Per lungo tempo sui dispositivi di tensionamento è stato necessario intervenire periodicamente.
Talvolta bastava effettuare un semplice controllo, eventualmente seguito da una opportuna regolazione. In altri casi però occorreva allentare una vite di bloccaggio in modo da consentire a una molla tarata di premere con il corretto carico sull’elemento che andava ad agire sulla catena.
Gli interventi erano dunque facili ma in genere andavano eseguiti con una certa frequenza (come il controllo del gioco delle valvole). Si trattava comunque di una seccatura, che è stata eliminata successivamente quando, a partire dalla fine degli anni Settanta, hanno fatto la loro comparsa i tenditori automatici. Da tempo questi dispositivi sono impeccabili ma all’inizio della loro storia alcuni hanno dato problemi anche seri, originando addirittura campagne di richiamo da parte di grandi case.
Per limitare la lunghezza dei rami della catena, in modo da ridurre l’ampiezza delle oscillazioni e da agevolare il lavoro dei tenditori e dei pattini di guida, sono stati sviluppati anche sistemi di comando a due stadi, con una catena inferiore e una superiore. La soluzione ha avuto importanti applicazioni in campo auto (basta ricordare i motori bialbero Jaguar e Alfa Romeo).
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