Cilindro e testa sono dotati di alette per aumentare la superficie lambita dall’aria, attraverso la quale avviene lo scambio termico
L’affermazione di quello ad acqua è dovuta alla necessità di raggiungere potenze specifiche sempre più elevate grazie a una riduzione delle temperature di funzionamento dei vari organi (con conseguente possibilità di adottare rapporti di compressione più elevati). Il calore può essere agevolmente asportato dai punti termicamente più sollecitati, come la zona tra le due sedi di scarico. È possibile inoltre ottenere una migliore distribuzione delle temperature e, quindi, ridurre al minimo il rischio che i cilindri si possano deformare in misura sensibile. Si può avere anche un migliore controllo termico del motore, regolando la temperatura del liquido in ogni situazione e talvolta adottando un raffreddamento “di precisione”. L’asportazione di calore può essere calibrata in funzione delle condizioni di funzionamento, continuamente variabili. È possibile in questo modo ridurre gli inquinanti emessi dallo scarico e rientrare più agevolmente nei limiti previsti dalla legge. Lo stesso raffreddamento ad aria ha i suoi punti di forza: è semplice, comporta costi minori e può dare qualche vantaggio in termini di peso e di ingombro. Una volta si sottolineava anche l’affidabilità assoluta.
Per molti anni in tutte le moto il motore è stato in bella vista (le carenature sui modelli di serie si sono affermate soltanto dagli anni Ottanta). La forma e le dimensioni delle alettature avevano perciò una notevole importanza per quanto riguarda l’estetica della moto. E, assieme al basamento, hanno reso molto belli tanti motori, al punto che alcuni di essi possono addirittura essere definiti autentiche opere d’arte, da questo punto di vista. Esempi? Monocilindrici Ducati a coppie coniche, Morini 175 Settebello, bicilindrici paralleli Triumph. E poi ci sono stati casi particolari come quello delle MotoBi a uovo… Le alettature venivano studiate anche in quest’ottica. E anche oggi, quando il motore è ben visibile, di norma si fa in modo che esso sia piacevole alla vista, se non proprio entusiasmante. Il cilindro e la testa vengono dotati di alette per aumentare la superficie lambita dall’aria, attraverso la quale avviene lo scambio termico.
La trasmissione del calore al fluido refrigerante (cioè all’aria o all’acqua) avviene per convezione forzata. Il coefficiente di scambio termico dell’acqua è di gran lunga più elevato di quello dell’aria. Quest’ultima, però, può lambire le superfici con una velocità ben superiore; pure la differenza di temperatura con le pareti metalliche è maggiore. Ciò riduce il suo svantaggio.
Quando si impiega l’aria come fluido refrigerante è comunque necessario che la superficie di scambio sia notevolmente più estesa di quella che si impiega con il raffreddamento ad acqua. Rispetto a un cilindro “nudo”, tramite le alette essa viene pertanto aumentata di 15–22 volte.
Per migliorare l’uniformità nella distribuzione delle temperature (fondamentale anche sotto questo aspetto si è rivelato il passaggio dalla ghisa alle leghe di alluminio) le pareti del cilindro e della testa vengono dotate di spessori considerevoli, vantaggiosi anche ai fini della rigidezza. Al crescere della potenza aumenta la quantità di calore che deve essere smaltita. Per questa ragione va anche aumentata, ove e come possibile, la superficie di scambio. In sezione, le alette hanno in genere una forma trapezoidale, con uno spessore decrescente man mano che si procede dal cilindro verso l’esterno. Questa geometria agevola il lavoro di fonderia e risulta valida per la cessione di calore. La parte più esterna dell’aletta è interessata da un minore flusso termico e il rendimento è assai buono. Ricordiamo qui che il rendimento dell’aletta è il rapporto tra la quantità di calore da essa ceduta nell’unità di tempo e quella che cederebbe se la sua temperatura rimanesse costante per tutta la lunghezza.
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