Rigidezza, telai e... triangoli | Officina

Rigidezza, telai e... triangoli | Officina

Sono la figura geometrica che unisce rigidità e leggerezza, come testimoniano anche i telai a traliccio

02.10.2024 ( Aggiornata il 02.10.2024 09:09 )

Nelle pagine si accenna spesso alla rigidezza. In questa sede vediamo di parlarne in maniera più approfondita in particolare con riferimento a certi componenti e a strutture come il telaio. Cominciamo dicendo che resistenza e rigidezza sono due cose ben diverse.  La prima ci dice quale carico un materiale (o un pezzo) è in grado di sopportare prima di rompersi mentre la seconda indica in quale misura esso si deforma elasticamente sotto una data sollecitazione (cessata la quale torna alle dimensioni e alla forma originali).

La saldatura fa la (sua) forza

Parliamo di rigidezza


Conoscere la rigidezza è importante perché ci consente di sapere a quale carico massimo un pezzo può essere sottoposto, continuando poi a poter essere utilizzato. Superato tale valore la deformazione è permanente e quindi, anche se non avviene alcuna rottura, il componente è da scartare in quanto non più in grado di comportarsi come previsto in fase di progetto. La rigidezza di un materiale viene indicata dal suo modulo elastico. Quello dell’acciaio è triplo rispetto a quello dell’alluminio, ma la resistenza a trazione delle migliori leghe di quest’ultimo elemento è prossima a quella di un discreto acciaio da bonifica (e superiore a quella di un acciaio dolce, ovvero a basso tenore di carbonio). Oltre a quella dei materiali esiste anche una rigidezza strutturale, diversa a seconda della direzione della sollecitazione. Abbiamo infatti una rigidezza a trazione (longitudinale e trasversale), una a compressione (idem) e una a torsione. Qui ovviamente sono fondamentali la forma, le dimensioni e la disposizione degli elementi che compongono la struttura.

Una trave rettilinea fissata a un’estremità e caricata in corrispondenza dell’altra flette assumendo una forma arcuata. Rispetto alla sua mezzeria longitudinale la parte superiore sarà sollecitata a trazione e quella inferiore a compressione. In corrispondenza della mezzeria viene a trovarsi l’asse neutro, che non lavora affatto. Ecco perché in genere le travi hanno una sezione a doppia T. Il materiale viene concentrato nelle zone più sollecitate, ovvero nelle “ali”. In una trave avente tale sezione possiamo praticare dei fori di alleggerimento nell’anima che collega le ali senza indebolirla significativamente. Al posto di tali fori si possono praticare aperture più ampie e, procedendo con la rimozione di materiale da dove esso serve meno, si può arrivare a finestre triangolari. Da lì a una struttura a traliccio, con travi corte o tubi inclinati che collegano i due elementi principali, il passo è breve.

Telai e triangoli


È così che sono nati i classici ponti ferroviari come quelli della seconda metà dell’Ottocento, dalle caratteristiche travature che si vedono in tanti film. Una struttura triangolata è quella che consente la massima rigidezza a parità di peso. Il grande John Augustus Roebling, progettista (tra l’altro) del famoso Ponte di Brooklyn, diceva giustamente che il triangolo è la figura geometrica “più indeformabile”. Se il disegno è correttamente triangolato, come dovrebbe sempre avvenire per i telai a traliccio per moto, i vari elementi lavorano soltanto a trazione o a compressione. Le norme base per ottenere la massima rigidità abbinata a un’elevata leggerezza sono semplici. In una struttura a tubi, questi devono essere corti e di grande diametro. Occorre per quanto possibile evitare di sottoporli a sforzi di flessione e disporli in modo da triangolare sempre, ove possibile, e fare un uso razionale di nervature, fazzoletti in lamiera e costolature.

È mettere il materiale dove effettivamente serve e adottare geometrie che consentano di distribuire uniformemente le sollecitazioni. In una barra sollecitata a torsione la zona centrale praticamente non lavora mentre la sollecitazione è massima in quella più esterna. In genere è dunque vantaggioso adottare una conformazione tubolare. A parità di peso è assai meglio un tubo (di diametro maggiore) di una barra o di un albero pieno. I telai con struttura triangolata non sono una novità: già negli anni Venti li impiegavano per esempio Case come la Cotton e la Francis-Barnett. Nel dopoguerra telai a traliccio sono stati adottati, per esempio, dalla Guzzi (350 da Gran Premio) e dalla IMN (Punch monocilindrica e Rocket bicilindrica). La loro vera diffusione si è però avuta dagli anni Ottanta per merito prima della Ducati e poi della stessa KTM. In molti telai (non soltanto del tipo a doppia trave portante) la zona del cannotto di sterzo ha una struttura scatolata, ottenuta per fusione o unendo mediante saldatura varie parti sagomate. In passato ci sono stati alcuni interessanti esempi di telai con struttura mista nei quali la parte anteriore in tubi era vincolata a quella posteriore scatolata e realizzata in lamiera stampata. La Sertum ha utilizzato quest’ultima per piazzare al suo interno l’elemento elastico della sospensione, costituito da una mezza balestra disposta verticalmente.

Un’altra Casa che ha adottato un telaio con struttura simile è stata la MAS. Hanno impiegato, e con ottimi risultati, telai in lamiera scatolata con disegno a trave portante e motore fissato a sbalzo Case come NSU e MotoBi. Che i disegni “a guscio” siano eccellenti per quanto riguarda l’utilizzazione del materiale è ampiamente dimostrato dal settore aeronautico (ove, beninteso, si fa ampio uso di elementi come le longherine e le centine per supportare la lamiera esterna).

A pari rigidezza, talvolta essi possono essere più leggeri rispetto a quelli a traliccio. Per quanto riguarda la telaistica si arriva, al limite, alle strutture monoscocca, così diffuse in campo auto. Nel nostro settore non si possono non menzionare la straordinaria Ossa 250 da GP di fine anni Sessanta, la Motom 98 (autentico capolavoro anche di design, nella foto al centro dell'articolo) e la Ariel Leader. La grande validità di tutte le strutture cave è stata “sfruttata” anche per componenti come alcune bielle per vetture da competizione. Da tempo si realizzano valvole cave, ma soltanto per ridurne il peso.

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