L’analisi di tutto ciò che riguarda la velocità del pistone, facendo riferimento a un monocilindrico verticale
Di recente in questa rubrica si è parlato della velocità del pistone e dell’importanza del suo valore medio. Ora approfondiamo l’argomento, facendo riferimento a un monocilindrico verticale per ragioni di chiarezza. Ai punti morti il pistone si arresta momentaneamente per invertire il senso del suo movimento e quindi accelera fino a raggiungere la massima velocità.
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Non si deve però pensare che esso ci arrivi dopo 90° di rotazione dell’albero. Lo farebbe soltanto se la biella fosse di lunghezza infinita e restasse sempre allineata con l’asse del cilindro. Nella realtà essa ha una lunghezza di circa un paio di volte la corsa e si inclina ora da un lato ora dall’altro con movimento pendolare fulcrato nell’asse dello spinotto. Il movimento del pistone nella canna è determinato non soltanto dallo spostamento verticale del perno di manovella ma anche da tale inclinazione (il “contributo” al movimento totale è sensibilmente minore ma risulta comunque importante). Il grafico che mostra il movimento del pistone in funzione della rotazione dell’albero non è quindi perfettamente sinusoidale. Una conseguenza di ciò è che partendo dal punto morto superiore (PMS), in 90° di rotazione dell’albero il pistone percorre più di metà della corsa. L’angolo di rotazione dell’albero in corrispondenza del quale il pistone raggiunge la velocità massima è sensibilmente inferiore a 90° e dipende dal rapporto tra la lunghezza della biella e la corsa. Se quest’ultimo è pari a 2, la velocità massima viene raggiunta 76° dopo il PMS, quando il pistone ha percorso il 44,8% della corsa. Sempre con tale rapporto, la massima inclinazione della biella rispetto all’asse del cilindro è di 14°30’ da ciascun lato.
Ovunque ci siano fluttuazioni o continue variazioni di velocità, pressione, in genere si fa riferimento a un valore medio. Succede per esempio per la coppia. Al banco prova non viene rilevata quella massima che, a quel dato regime e con quel determinato carico motore, il motore eroga in un ciclo di funzionamento. La produzione di coppia da parte del motore non è continua e uniforme. Nel ciclo (che nei motori a quattro tempi si svolge in due giri dell’albero, ovvero in 720°) vi è infatti una sola fase utile, quella di espansione, nella quale i gas esercitano sul cielo del pistone una pressione che si traduce in forza che la biella trasmette all’albero. Durante tale fase la pressione dei gas varia, diminuendo man mano che lo spazio disponibile aumenta (grazie allo spostamento del pistone verso il PMI) e i gas nel cilindro si espandono. Cambia anche il braccio utile di manovella, determinato dalla posizione del perno dell’albero e dall’inclinazione della biella. Durante la corsa di espansione, mentre aumenta il braccio utile, contemporaneamente diminuisce la pressione dei gas. La massima coppia istantanea si ha all’incirca 32°-37° dopo il PMS. Poiché in due giri dell’albero si svolgono quattro fasi, delle quali una sola è utile, mentre le altre (aspirazione, compressione e scarico) sono passive, la coppia erogata è dunque fortemente irregolare. Quella rilevata al banco è perciò una coppia media (tra i vari valori raggiunti durante un ciclo completo). È sempre a essa che ci si riferisce quando si parla semplicemente di coppia prodotta dal motore.
L’irregolarità nella rotazione dell’albero è tanto maggiore quanto minore è il numero dei cilindri. Per ridurla nei monocilindrici si impiegano masse volaniche assai superiori rispetto a quelle adottate nei policilindrici. Occorre anche dire che la pressione dei gas che agiscono sul pistone non è uguale in tutti i cicli, anche se sono costanti il regime di rotazione e il carico motore (ovvero l’apertura della valvola del gas, che di norma nelle prove al banco è del 100%). Si ha cioè una sensibile “dispersione ciclica”, con l’andamento della pressione in funzione dell’angolo di manovella che cambia da ciclo a ciclo. È per questo motivo che quando (raramente) le Case indicano la pressione massima di combustione di un loro motore, quella che forniscono in effetti è la media dei picchi di pressione rilevati in 250 o 300 cicli consecutivi (negli istituti di ricerca talvolta si arriva a 1000). Parlando delle prestazioni è inevitabile tirare in ballo la pressione media effettiva (PME). In genere essa viene definita come pressione costante (virtuale) che se agisse sul pistone durante la fase utile produrrebbe la coppia che realmente esso eroga a quel regime e con quel carico motore. In altri termini, si tratta del lavoro utile prodotto a ogni ciclo per unità di cilindrata.
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