È la volta della viscosità dell’olio, ossia le caratteristiche di scorrimento sulle quali si basa il regime idrodinamico
Dopo avere parlato della tribologia, qualche settimana fa, è logico interessarci della reologia. In altre parole, dopo la proprietà dell’olio fondamentale nel regime di lubrificazione limite, è la volta della viscosità, ossia delle caratteristiche di scorrimento, sulle quali si basa il regime idrodinamico. In mezzo c’è, come abbiamo visto, quello misto. I tre regimi “sfumano” uno nell’altro.
La reologia studia il comportamento dei materiali sotto l’azione di una forza. Nel caso dei solidi si interessa delle deformazioni elastiche che essi subiscono mentre in quello dei fluidi (liquidi e gas) essa è realmente la scienza dello scorrimento. Tutti i materiali possono dunque essere individuati e definiti in base al loro comportamento reologico. Poiché questo servizio è dedicato alla reologia, parleremo principalmente dei fluidi, con specifico riferimento agli oli per motori, ma accenneremo anche ai solidi e ai semisolidi. I fluidi rientrano in due grandi categorie: quelli newtoniani e quelli non newtoniani.
Il grande fisico inglese Isaac Newton infatti dedicò molta attenzione all’attrito e ai fenomeni ad esso collegati e quindi anche alla viscosità. Come noto quest’ultima indica la resistenza allo scorrimento opposta da un fluido ed è costituita dal rapporto tra la forza che agisce su di esso (sollecitazione tangenziale) e il gradiente di velocità (rapidità di scorrimento). Più rigorosamente, facendo riferimento a una superficie mobile che uno strato fluido separa da una fissa, la sollecitazione n oggetto (ovvero lo sforzo di taglio) è il rapporto tra la forza e l’area della superficie e il gradiente è costituito dal rapporto tra la velocità della superficie mobile e l’altezza dello strato di fluido (viene talvolta chiamato rateo di scorrimento).
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Nei fluidi newtoniani il gradiente è proporzionale alla sollecitazione (la velocità varia linearmente con lo sforzo di taglio). Il coefficiente di proporzionalità è la viscosità del fluido che quindi non cambia al variare della velocità di scorrimento. Rientrano in questa categoria l’acqua, gli oli minerali unigradi, il miele e il latte.
Nei fluidi non newtoniani la relazione tra sollecitazione e velocità del flusso non è lineare. Quando cambia la velocità di scorrimento varia anche la viscosità. Inoltre talvolta entra in gioco anche il tempo di applicazione della forza. I corpi di Bingham hanno un comportamento analogo a quello dei fluidi newtoniani ma perché inizino a scorrere è necessaria una certa sollecitazione iniziale (quelli newtoniani invece “rispondono” immediatamente anche a sollecitazioni molto modeste). Rientrano in questa categoria il dentifricio, la maionese e la senape.
Nei fluidi pseudoplastici (detti anche “struttural-viscosi”) la viscosità diminuisce al crescere della velocità (o della deformazione che dir si voglia). Hanno un comportamento di questo genere gli oli multigradi, molte vernici, il sangue, la melassa e certi oli siliconici. Il contrario avviene nei fluidi dilatanti, la cui viscosità aumenta al crescere della sollecitazione (in questo caso si parla anche di “ispessimento al taglio”). Questi fluidi sono piuttosto rari ma hanno una notevole importanza in campo automobilistico perché sul loro peculiare comportamento si basa il funzionamento dei giunti Ferguson, dispositivi che vengono impiegati frequentemente nelle vetture con trazione integrale. Se uno di essi viene disposto centralmente, funge da differenziale longitudinale. Se invece viene collocato trasversalmente si comporta come un limitatore di slittamento, ovvero come un “autobloccante”. Un giunto Ferguson è costituito da una serie di dischi conduttori che si alternano con altrettanti dischi condotti, piazzati a ridotta distanza gli uni dagli altri e immersi in un liquido dilatante.
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Se si considera il fattore tempo i fluidi si possono suddividere in due grandi gruppi: quelli reopectici e quelli tissotropici, a seconda che la viscosità aumenti o diminuisca con la durata della sollecitazione. Rientrano in questa seconda categoria la bentonite, il ketchup, i grassi, le sabbie mobili e diverse vernici. Hanno un comportamento tissotropico anche le leghe metalliche allo stato semisolido. Occorre qui ricordare che per le leghe non vi è una ben precisa temperatura di fusione, ma un intervallo tra due temperature (sopra una di esse il materiale è tutto allo stato liquido e sotto l’altra è tutto allo stato solido).
Nei procedimenti noti come thixocasting e rheocasting la lega che viene immessa nello stampo (sotto pressione) è in parte allo stato liquido e in parte allo stato solido. Su tecniche fusorie di questo genere, che consentono di ottenere pezzi dalle eccellenti caratteristiche meccaniche (sono praticamente privi di porosità, il che li rende anche adatti ai trattamenti termici) si sono di recente focalizzate molte attenzioni da parte dei tecnici. In campo auto i componenti ottenuti per thixocasting hanno già interessanti applicazioni. Sotto l’azione di una forza un solido si deforma elasticamente (e poi, se essa è elevata, anche plasticamente, fino ad arrivare a rottura) mentre un liquido scorre. I comportamenti sono rispettivamente elastico e viscoso. Diversi materiali, detti viscoelastici, si deformano con modalità intermedie tra quelle totalmente elastiche e quelle totalmente viscose. Hanno cioè caratteristiche che si possono definire “combinate”. Fondamentale è la velocità con la quale ha luogo la sollecitazione.
La risposta del fluido è elastica se la forza agisce per tempi brevissimi, “schiacciandolo” senza dargli tempo di scorrere via, e viscosa se essa agisce per un tempo maggiore. Un materiale dal tipico comportamento viscoelastico è la mescola dei pneumatici, nella quale stress e deformazione non sono simultanei; ciò dà origine all’isteresi, che come noto è fondamentale per il grip. Per spiegare il comportamento di un materiale viscoelastico si ricorre spesso alla analogia dell’insieme molla (componente elastica) più ammortizzatore idraulico (componente viscosa).
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