Non tutti i componenti del motore vengono lavorati. Andiamo a scoprire come e quando avviene questo processo
In molti componenti del motore soltanto alcune parti sono lavorate e quindi dotate di una ben studiata finitura superficiale, mentre altre rimangono “grezze”, cioè come erano quando sono state estratte dallo stampo (al termine della fusione o del processo di forgiatura).
Officina: il tensionamento della catena
Naturalmente, anche in queste ultime, soprattutto quando si tratta di parti come gli alberi e le bielle, vengono rimosse le bave metalliche e altre piccole irregolarità superficiali eventualmente presenti mediante burattatura o una generica sabbiatura “di pulizia”. Nei basamenti e nei cilindri ottenuti per pressofusione in genere le parti non lavorate sono già dotate in origine di una buona finitura e queste operazioni spesso non sono necessarie.
Negli organi mobili dei moderni motori di alte prestazioni comunque le superfici che non vengono sottoposte a lavorazioni meccaniche sono davvero poche. Nelle realizzazioni da corsa anche gli alberi a gomiti sono interamente lavorati alle macchine utensili (del resto non potrebbe essere altrimenti, dato che vengono ottenuti dal pieno).
Questo vale pure per le bielle, che sono in lega di titanio e vengono ricavate per lavorazione meccanica partendo da grezzi di forgiatura o da lastra. Le superfici dei vari organi mobili destinate ad essere accoppiate ad altri componenti e/o a sopportare notevoli sollecitazioni sia meccaniche (alte pressioni di contatto, forti velocità di strisciamento) che termiche vengono lavorate con grande cura, rispettando tolleranze dimensionali e geometriche assai ristrette. Importante diventa anche l’ottenimento della finitura superficiale prescritta dal progettista. In alcune zone dei componenti in questione le esigenze in tal senso sono piuttosto severe. Dunque contano anche i procedimenti di lavorazione impiegati, dato che da essi dipende la finitura delle superfici.
In fase di progetto si valuta con attenzione la quantità di materiale che dovrà essere asportata mediante le lavorazioni meccaniche per portare il pezzo (ovvero le sue parti fondamentali) alla forma e alle dimensioni finali. Per questa ragione gli stampi vengono realizzati in modo tale che i componenti grezzi che escono da essi abbiano un leggero sovrametallo nelle zone “critiche”. Per intenderci, nei disegni costruttivi di una biella generalmente non vengono indicate quote relative al fusto da rispettare con grande precisione, a differenza di quanto accade per le parti lavorate (occhi della testa e del piede, spallamenti, etc…).
Sono queste ultime quelle critiche, dalle quali si dovrà asportare materiale per arrivare, con tolleranze molto ristrette, alle misure indicate dal progettista. Le lavorazioni meccaniche comportano la formazione di truciolo metallico.
Le principali sono quelle di tornitura e di fresatura. Nelle prime l’utensile è fisso e il pezzo ruota mentre nelle altre al contrario il pezzo è fisso mentre a ruotare è la fresa (utensile multitagliente). Grazie ad esse è possibile rispettare con grande cura le quote previste, ovvero ottenere le dimensioni e le geometrie prescritte; in molti casi però la finitura superficiale non può essere portata al livello che risulta necessario.
Per le parti critiche di molti componenti occorre allora procedere alla rettifica, operazione che si effettua con una macchina utensile dotata di mola rotante. Oltre che per ottenere una finitura superficiale molto elevata (anche leggermente inferiore a 0,16 micron Ra) questa lavorazione, che non si presta ad asportare notevoli quantità di metallo, viene effettuata anche quando il materiale da lavorare è particolarmente duro.
Nel nostro settore la rettifica viene tipicamente impiegata per portare i perni degli alberi a gomiti alle dimensioni finali e al tempo stesso per diminuire la loro rugosità, portandola a valori assai bassi. In genere dopo tale operazione si procede alla lucidatura (che comporta soltanto una minima rimozione di materiale), mediante la quale si asportano le microscopiche “scaglie” coricate di metallo lasciate sulla superficie dalla azione della mola e di ottenere la prevista finitura. Vengono rettificati anche altri componenti dei motori, come gli alberi a camme.
Le mole abrasive sono costituite da durissimi granuli abrasivi incorporati in una matrice (ossia un “legante”) che generalmente è di tipo ceramico o a base di resina sintetica. Nella maggior parte dei casi tali granuli sono in carburo di silicio (SiC, durezza oltre 3000 punti Vickers) o in corindone (Al2O3, 2400 punti Vickers), ma su alcuni materiali si impiegano mole nei quali essi sono in nitruro cubico di boro o in diamante.
Oltre al tipo di abrasivo, nelle mole sono importanti la granulometria, il tipo di matrice (cioè di “cemento” nel quale sono incorporati i granuli), la struttura e il tipo di legante. I parametri di lavorazione, che vanno accuratamente tenuti sotto controllo, sono la velocità periferica della mola, quella (di gran lunga inferiore) del perno sul quale essa agisce e il verso di rotazione. La rettifica va effettuata con un copioso e continuo flusso di liquido refrigerante indirizzato nella zona di contatto mola-perno.
Durante la rettifica dei perni dell’albero a gomiti quest’ultimo gira in senso opposto a quello nel quale ruota durante il funzionamento del motore. In tale fase l’asportazione di materiale è inferiore a 0,75 mm (sul diametro). La successiva lucidatura si effettua con l’albero che, invece, gira nello stesso senso in cui ruota durante il funzionamento. Al massimo vengono asportati 0,005 mm di metallo.
La finitura superficiale che si ottiene, per quanto riguarda gli alberi dei moderni motori di alte prestazioni, è dell’ordine di 0,16 – 0,10 micron Ra. Finiture analoghe vengono impiegate per gli spinotti e gli steli delle valvole (sui quali poi si applica un sottile strato di cromo duro o un riporto di altro tipo). A questo proposito, è importante segnalare che anche per poter depositare alcuni rivestimenti sottili di elevata durezza le superfici metalliche devono avere finiture molto elevate.
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