175, la classe dimenticata | Tecnica

175, la classe dimenticata | Tecnica

La cilindrata conobbe una notevole diffusione negli Anni ‘50 soprattutto in Italia, dove la Federazione fu obbligata a creare due sottocategorie

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17.02.2025 ( Aggiornata il 17.02.2025 09:18 )

La 175


Quando venne istituito il Motogiro, la massima cilindrata ammessa era proprio la 175. Non serviva andare oltre, poiché di modelli di prestazioni superiori, salvo un paio di 500 il cui disegno originale risaliva all’anteguerra, praticamente non ce n’erano. Nel 1952 Morini, Parilla e MV presentarono i loro nuovi modelli di 175 cm³. Altri, come la Bianchi, seguirono questa strada negli anni successivi. Dal 1953 la classe venne introdotta alla MilanoTaranto e l’anno successivo la FMI la aggiunse nel campionato per piloti di seconda categoria (in seguito diventati Juniores). Le gare erano numerose e molto seguite, e vari costruttori ben presto realizzarono versioni studiate appositamente per l’impiego agonistico. A un certo punto la Federazione ritenne opportuno dividere le moto che prendevano parte alle competizioni in due categorie per ogni classe di cilindrata. Le F2, poi diventate Sport, erano più imparentate con i modelli da Gran Premio che con quelli stradali di normale produzione. In tale categoria erano ammessi anche quelli che oggi potremmo definire prototipi e il regolamento lasciava grande possibilità di scelta ai progettisti. Le F3, poi diventate MSDS (Motocicli Sport Derivato dalla Serie) erano invece modelli stradali debitamente preparati per correre.

Per parecchio tempo fu fortissima la rivalità tra le 175 F2 di Mondial, Morini e MV Agusta. La prima schierò e mise in vendita, verso la fine del 1953, una monocilindrica con distribuzione monoalbero comandata da una cascata di ingranaggi che riprendeva lo stesso schema costruttivo della 125 destinata alle gare su strada, rispetto alla quale ben presto divenne più nota e diffusa. Le misure di alesaggio e corsa erano 62 x 57,8 mm. Le valvole venivano comandate da bilancieri a due bracci ed erano richiamate da molle a spillo. L’albero a gomito composito girava all’indietro, dato che il cambio era con presa diretta e la trasmissione primaria era a coppia di ingranaggi. L’anno seguente, a questo modello si affiancarono una versione detta “Bilancierino” e alcuni esemplari con distribuzione bialbero. La potenza, inizialmente nell’ordine di 16–18 cavalli, al termine dell’evoluzione arrivò a superare i 20.

La F2 della Morini, denominata “Rebello”, apparve più tardi, nel 1955, e mise subito in mostra eccellenti doti velocistiche. Aveva la distribuzione con due alberi a camme ravvicinati e in presa tra loro (molti parlarono di sistema “monoalbero sdoppiato”), comandati da una catena a rulli. Le misure caratteristiche erano quelle classiche della Casa bolognese per questa classe di cilindrata: alesaggio di 60 mm e corsa di 61 mm. La lubrificazione era a carter secco con doppia pompa a ingranaggi. In seguito apparvero versioni del Rebello con distribuzione bialbero e cilindrata aumentata fino ad arrivare, nel 1957, a 250. Nel 1955 la Morini Rebello, che erogava 22 cavalli a 9000 giri/ min, vinse sia la Milano-Taranto che il Motogiro, come aveva fatto l’anno precedente la Mondial.

L'evoluzione della 175


Le 175 divennero via via più potenti e raffinate, e costruttori come Ducati e Gilera arrivarono a realizzare modelli bicilindrici studiati esclusivamente per i piloti di seconda categoria e le gare stradali. La moto di Borgo Panigale, presentata al Salone di Milano del 1956, in effetti gareggiò in Italia soltanto nel Motogiro dell’anno seguente, mostrando buone doti velocistiche ma anche una certa fragilità, causa del precoce ritiro. Il bicilindrico parallelo aveva un alesaggio di 49 mm e una corsa di 46,6, una distribuzione bialbero tradizionale (non desmo ma a molle) comandata da una cascata di ingranaggi ed erogava 22 CV a 11.000 giri/min.

La Gilera era anch’essa una bicilindrica frontemarcia con distribuzione bialbero: comparsa nel 1957, non ebbe però il tempo di essere sviluppata in maniera adeguata. Aveva un alesaggio di 46 mm e una corsa di 52,6 con potenza di 23 CV a 11.200 giri/min. A ulteriore dimostrazione della grande popolarità delle moto di questa cilindrata in Italia, si pensi che per tre anni addirittura ci fu un campionato 175 per i piloti Seniores, che si aggiunse alle storiche classi che gareggiavano nel Mondiale. La MV arrivò a schierare una 175 bialbero che riprendeva accuratamente lo schema costruttivo della monocilindrica da Gran Premio di 125 cm³. In pratica la differenza era soltanto nelle misure caratteristiche (l’alesaggio era stato portato da 53 a 63 mm, mentre la corsa era rimasta di 56 mm). Tra le 175 F3 (o “derivate” che dir si voglia) per diverso tempo primeggiarono Case come Bianchi, Parilla e la solita Morini. Quest’ultima schi erò l’eccellente Settebello ad aste e bilancieri, un modello nato nel 1954 che venne sviluppato in versioni successive via via migliorate.

Tra le sue caratteristiche spiccavano la trasmissione primaria a terna di ingranaggi (con albero a camme vincolato a quello centrale) e le forcelle spostamarce del cambio mosse da una piastra a scorrimento rettilineo. Nel 1956 la potenza veniva indicata in 15 cavalli a 8200 giri/ min. Semplice e robusta, si impose in numerose gare ed ebbe il merito di lanciare giovani piloti verso carriere sfolgoranti. Per tutti dovrebbe bastare il nome di Giacomo Agostini che, sulla Morini Settebello ultima versione, nota come “aste corte”, nel 1963 si aggiudicò sia il campionato Juniores che il titolo della Montagna.

Dalla tranquilla Tonale di serie con distribuzione monoalbero a catena, la Bianchi ricavò una valida “derivata” che si impose nella sua classe alla Milano-Taranto del 1956. Le due valvole erano inclinate di 76° e venivano mosse da bilancieri con rullo montati in un castello che veniva imbullonato sopra la testa. Le misure caratteristiche erano 60 x 61,8 mm. Di quel motore, progettato dall’ingegner De Caria e sviluppato dall’ingegner Colombo, vennero ricavate versioni di cilindrata superiore a 200 cm³, alcune delle quali con un comando della distribuzione a cascata di ingranaggi.

Di particolare interesse tecnico era poi la Parilla, dotata di distribuzione a camma rialzata mossa da un corto giro di catena. Le due valvole erano inclinate di 90° e venivano comandate da un unico eccentrico che agiva sulle due punterie a piattello. La disposizione dell’albero a camme, che in pratica era all’altezza della testa, consentiva di impiegare aste estremamente corte e bilancieri molto leggeri. La versione MSDS della 175 milanese prese il posto della precedente Sport Competizione e si impose nella sua classe nell’ultimo Motogiro (1957). Per tale evento la Parilla realizzò anche alcune moto ufficiali con comando della distribuzione a cascata di ingranaggi. Le misure caratteristiche erano 59,8 x 62 mm.

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