Un campione di razza capace di vincere con stile, come all’esordio internazionale nella Stock, nel 2014, e come nel 2024 da dominatore con la BMW
Chissà se qualcuno – a parte Kenan Sofuoglu, che ha sempre creduto ciecamente nel proprio allievo – aveva anche soltanto immaginato che Toprak sarebbe diventato tutto questo quando si presentò per la prima volta in una griglia di partenza del paddock SBK. Correva l’anno 2014 e sulla seconda casella dello schieramento fece capolino il ragazzo turco, tanto alto quanto magro, in sella alla Kawasaki del Team Bike Service di Stefano Morri, che quel giorno lo ricorda ancora come fosse ieri, soltanto per quell’ultima gara del campionato Stock 600. Una gara che il diciassettenne Razgatlioglu vinse. Sembra ieri anche perché le peculiarità di Razgatlioglu – la capacità nel corpo a corpo, la velocità e soprattutto le frenate con il posteriore intento a spazzolare l’asfalto a più riprese – c’erano già. Quelle stesse frenate che i più scettici ritenevano impossibili in sella alla BMW, meno maneggevole e più scorbutica rispetto alla Yamaha R1 che Toprak maneggiava come una BMX, sono rimaste il suo marchio di fabbrica anche nel 2024. Tra quel primo squillo, forte e chiaro, e il secondo titolo in Superbike di cose ne sono accadute, e soprattutto Toprak è diventato il volto del campionato. Anche senza vincere sempre, ma il successo finale è soltanto una componente della notorietà.
A risaltare, per una sorta di Kevin Schwantz del Bosforo, è infatti la sua spettacolarità, mai fine a se stessa, tranne che per gli stoppie esibiti a più riprese per festeggiare i successi. Una vena funambolica che il turco ha ereditato dal padre Arif, per tutti in Turchia “Tek Teker” ossia letteralmente “una ruota”: un talento che il padre aveva trasformato in un lavoro, lo stuntman, prima che un incidente stradale in motocicletta lo portasse via a Toprak – e non soltanto – nel novembre 2017, pochi mesi prima che il figlio debuttasse in Superbike. Quello stesso talento funambolico Toprak lo ha reso parte integrante del suo stile di guida, emerso subito in modo prepotente in SBK. I primi podi sono arrivati già nella stagione di debutto, le prime vittorie l’anno successivo. Manuel Puccetti – che per primo ha avuto Toprak in SBK dopo l’avventura insieme in Stock 1000 – ha sempre definito “speciale” il turco, anche per via di un rapporto consolidatosi negli anni e forte ancora oggi.
Per il primo titolo, però, Razgatlioglu ha dovuto cambiare team e soprattutto moto, dalla Kawasaki alla Yamaha. Continuando a stupire, una sua grande prerogativa. Lo fece in quella gara di Magny–Cours nel 2014, si è ripetuto a Phillip Island nel 2020, quando ha vinto al primo tentativo con la R1, e ha sorpreso – o per meglio dire scritto la storia – conquistando il titolo al primo colpo con la BMW. I suoi due Mondiali hanno un sapore speciale, anche perché il turco non ha certo vinto con le Case più abituate a primeggiare in SBK: per la BMW è stata la prima volta assoluta, mentre in Yamaha c’era stato un solo precedente, con Ben Spies. “Il primo titolo l’ho dedicato a mio padre – ha raccontato nel sabato di Jerez – questo lo dedico a me stesso. Magari il prossimo sarà per mio fratello, per il momento so soltanto che il prossimo anno userò il numero 1. L’ho fatto in Yamaha ed è giusto farlo anche in BMW, se lo meritano”.
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