È determinante la funzione dei lubrificanti solidi, come rame e stagno, ma soprattutto grafite e bisolfuro di molibdeno
Il gruppo pistone-segmenti lavora all’interno della canna del cilindro, ove è installato con un gioco molto ridotto (qualche centesimo di millimetro), che varia in seguito al passaggio dalla temperatura ambiente a quella di regime. Questa variazione ha luogo inevitabilmente, e come logico è maggiore nei motori raffreddati ad aria, ma si cerca di ridurla al minimo possibile. Per lungo tempo per le canne dei cilindri è stata impiegata universalmente la ghisa grigia, con durezze dell’ordine di 240–280 punti Brinell. Come noto, la canna può essere integrale con il cilindro o riportata (nei cilindri in lega di alluminio). In questo secondo caso può essere montata con interferenza o essere incorporata di fusione. La ghisa va tutt’ora benissimo: ha infatti ottime doti tribologiche ed è leggermente autolubrificante grazie alla presenza di grafite libera, inoltre è molto economica. Per i motori di elevata potenza specifica c’è però di meglio: all’inizio degli anni Cinquanta per i cilindri in alluminio, materiale con una densità di 2,7 kg/dm³ contro i 7,7 della ghisa e una conduttività termica all’incirca tripla (sempre rispetto alla ghisa), sono apparsi i riporti di cromo, applicati galvanicamente, che hanno avuto un’importante diffusione.
Una ventina d’anni dopo al loro posto hanno cominciato a essere impiegati (dapprima sui motori due tempi e poi sui quattro) i riporti costituiti da una matrice di nickel con dispersa una miriade di durissime particelle di nitruro di silicio. Nei motori di alte prestazioni da tempo questi riporti dominano la scena, ma già bussano alla porta altri rivestimenti superficiali per cilindri, applicati con tecnologie innovative. Alcuni hanno già trovato impiego, come il riporto LDS utilizzato dalla BMW su almeno un suo modello.
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