Leghe, molle, mescole dei pneumatici, motore, turbine: cause ed effetti sulle prestazioni dei cambiamenti spontanei
Nei motori di alte prestazioni si ha a che fare con tempi incredibilmente ridotti. A 16.000 giri/min, velocità di rotazione che i propulsori delle MotoGP superano tranquillamente (anche se non di molto), i pistoni impiegano soltanto 1,9 millisecondi per andare da un punto morto all’altro, ovvero per compiere una corsa. All’interno di ciascun cilindro la combustione si svolge in un tempo dell’ordine di 0,6 ms. E per raggiungere la massima alzata ogni valvola impiega circa 1,6 ms.
Questo significa che le accelerazioni in gioco sono elevatissime e che, di conseguenza, le forze d’inerzia che i vari organi mobili devono sopportare sono impressionanti. Non sempre, però, i tempi con i quali abbiamo a che fare sono così ridotti. In certi casi sono considerevoli, ma non per questo meno importanti, a ben vedere.
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Basti pensare alle trasformazioni che hanno luogo in alcuni materiali. Alcuni di essi “invecchiano”, ovvero con il tempo subiscono variazioni strutturali che influenzano anche assai sensibilmente le loro caratteristiche meccaniche. Tipico è il caso di alcune leghe di alluminio. Il fenomeno può essere reso più rapido facendo ricorso al calore (“invecchiamento artificiale”).
La solubilità del legante varia notevolmente con la temperatura. Certi trattamenti termici prevedono un raffreddamento talmente rapido che in effetti non dà modo al legante stesso di separarsi e precipitare, uscendo dalla soluzione (solida). Il materiale ha quindi caratteristiche meccaniche modeste. La condizione è però instabile: con il tempo il legante in eccesso (la soluzione è soprassatura) precipita, e la durezza e la resistenza a trazione aumentano considerevolmente. A tal punto la situazione diventa stabile. Se questo accade naturalmente, nel giro di qualche giorno, dietro la sigla della lega di alluminio viene apposta la sigla “T4”. Se invece occorre molto più tempo si ricorre all’invecchiamento artificiale (tipico è quello indicato come “T6”, che prevede un mantenimento del pezzo per svariate ore a una temperatura che mediamente è dell’ordine di 120-190° C). Questo trattamento diventa praticamente obbligatorio per gli organi destinati a lavorare a una considerevole temperatura (come per esempio i pistoni). Con il passare del tempo le molle subiscono un certo rilassamento, ovvero perdono carico e la loro lunghezza libera diminuisce. Per fortuna ci vuole molto tempo perché questo accada in maniera significativa.
A essere interessate sono principalmente le molle delle valvole, molto sollecitate meccanicamente per un numero impressionante di cicli compressione-estensione. Non sono però soltanto loro. I materiali che subiscono cambiamenti spontanei con il passare del tempo sono metastabili. Rientrano in questa categoria le mescole dei pneumatici. La vulcanizzazione determina la formazione di una nutrita serie di legami tra le catene polimeriche (la cui mobilità viene così ridotta) e interessa anche le cariche di rinforzo, ovvero le particelle di nerofumo e/o di silice amorfa. Quando si scende in pista, il neumatico è pronto all’uso ma il processo di reticolazione è del tutto terminato? Un pneumatico che è stato tenuto per diversi anni (diciamo più di quattro) in magazzino, all’asciutto, al riparo dal calore e dalla luce, per evitare i raggi UV, non mantiene esattamente invariate le caratteristiche funzionali che aveva da nuovo. Molti elastomeri con il tempo “invecchiano” e perdono parte dell’elasticità. Tutti sanno che svariati prodotti, come i composti di tenuta siliconici, hanno una ben determinata shelf life.
Talvolta uno scadimento delle caratteristiche viene causato semplicemente dall’ossidazione, che può verificarsi con maggiore o minore rapidità. In qualche caso questo però è un bene, perché sui componenti si forma un sottilissimo strato superficiale di ossido naturale che svolge un’eccellente funzione protettiva. L’olio viene agitato di continuo e lavora a temperature spesso superiori a 120–130° C, e nei motori di serie deve poter svolgere il suo compito molto a lungo. Resistere all’ossidazione potrebbe essere un serio problema se esso non contenesse appositi additivi.
All’interno del motore è importante che alcuni componenti siano in grado di resistere alla corrosione causata da certi composti acidi che si formano negli stadi intermedi della combustione. L’attacco chimico è particolarmente vigoroso alle alte temperature e le valvole di scarico vengono lambite da gas caldissimi… Con il passare del tempo e il ripetersi (o prolungarsi) delle sollecitazioni possono verificarsi dei cambiamenti dimensionali in alcuni componenti che lavorano a temperatura molto elevata. Uno “scorrimento viscoso”, noto come creep, può causare un allungamento di parti come le palette delle turbine, se esse non sono realizzate con materiali adatti.
Cicli di riscaldamento e raffreddamento che si susseguono per un numero impressionante di volte in certi organi possono dare luogo a fenomeni di fatica termica. Direttamente legata al tempo è la velocità. Qui non si deve necessariamente pensare a un movimento. Esistono, e sono di grande importanza, velocità di deposizione dei riporti superficiali, di solidificazione e di raffreddamento. Quest’ultima svolge una funzione essenziale nei trattamenti termici, dei quali abbiamo parlato più volte in queste pagine.
Alla velocità di solidificazione sono legate le dimensioni dei cristalli, che influenzano notevolmente le proprietà dei materiali (e quindi dei pezzi finiti). Una grana cristallina fine, importante per ottenere elevate caratteristiche meccaniche, si ottiene con un’elevata velocità di solidificazione, conseguibile con una rapida sottrazione di calore. Per questo, la fusione in terra impartisce ai materiali caratteristiche inferiori rispetto a quelle ottenibili con la colata in conchiglia metallica. Quest’ultima infatti ha una notevole conduttività termica mentre la sabbia è refrattaria.
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