Il progettista lombardo ha saputo spaziare dalle due alle quattro ruote, firmando
motori in grado di segnare un’epoca come all’Alfa Romeo
Nacque così la famiglia dei monocilindrici Gilera con distribuzione bialbero e raffreddamento a liquido, che esordirono nel 1985 (anno della prematura scomparsa di Bossaglia) nelle cilindrate 350 e 500. Le misure caratteristiche erano rispettivamente 80 x 69,4 mm e 92 x 74 mm. I due alberi a camme erano azionati da una cinghia dentata, posta sul lato sinistro, che prendeva il moto direttamente dall’albero a gomito e agivano su bilancieri a dito dotati di registri filettati. Le quattro valvole giacevano su due piani formanti tra loro un angolo di 30°. Nel motore di 500cc le valvole di aspirazione avevano un diametro di 32 mm e quelle di scarico erano da 29 mm. Il pistone, autentica raffinatezza per un modello di serie, era ottenuto per stampaggio a caldo e veniva vincolato alla biella da uno spinotto del diametro di 22 millimetri. Il cilindro aveva la canna integrale dotata di riporto al nickel-carburo di silicio.
Per l’imbiellaggio Bossaglia aveva optato per uno schema all’epoca pressoché inusitato, mostrando una strada in seguito imboccata anche da altri progettisti di monocilindrici di alte prestazioni. L’albero a gomito era forgiato in un sol pezzo e lavorava interamente su bronzine. La biella, della lunghezza di 126 mm, aveva la testa scomponibile, con cappello fissato mediante due viti con dado. Un’altra soluzione di tipica scuola automobilistica si ritrovava nel sistema di lubrificazione a carter umido, dotato di pompa dell’olio a ingranaggio interno (una novità, per le moto) azionata direttamente dalla corona della trasmissione primaria, con la quale era coassiale. Questa versione del motore è stata seguita da quella di 560 cc usata sulla RC 600 e sulla Nordwest dei primi anni Novanta.
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