Un intenso lavoro di sviluppo ha consentito di trasformarli in dominatori indiscussi delle competizioni di Velocità
Uno dei capitoli più interessanti nella storia del motorismo riguarda l’evoluzione dei motori a due tempi da competizione.
Un intenso lavoro di sviluppo effettuato da tecnici di grande valore ha consentito di trasformarli da modesti anche se volenterosi parenti poveri dei 4T a dominatori indiscussi delle competizioni di Velocità.
Motori da corsa e di serie, similitudini e differenze | Tecnica
Non soltanto, ma anche dopo avere stabilito la loro supremazia i due tempi hanno continuato a essere sviluppati fino a raggiungere, tra la fine degli anni Novanta e i primi Duemila, potenze specifiche mostruose, mai più eguagliate da alcun motore aspirato. Il fatto è che grazie agli scarichi a espansione i 2T potevano in effetti godere di un’efficace sovralimentazione.
Sfruttando le onde di pressione in misura sempre più spinta è stato possibile non soltanto migliorare l’espulsione dei gas combusti dal cilindro ma anche incrementare il riempimento. L’onda negativa può richiamare una quantità di carica maggiore di quella fornita dal carter quando esso funziona come pompa.
Tale onda è in grado addirittura di determinare aperture secondarie delle lamelle. Infine l’onda positiva riflessa può respingere nel cilindro parte della carica già entrata nel condotto di scarico. Le marmitte a espansione sono dunque autentici sovralimentatori a onde di pressione, dei quali ci proponiamo di parlare con un certo dettaglio in un’altra occasione.
Fondamentali per lo sviluppo dei due tempi di altissime prestazioni sono state l’ammissione a disco rotante e quella lamellare, che hanno determinato la scomparsa dell’aspirazione controllata dal pistone (l’ultima a impiegarla nei Gran Premi è stata la Yamaha con le sue TZ, fino al 1984).
La fluidodinamica del motore è stata oggetto di intensi studi e sperimentazioni, che hanno portato a una forte evoluzione e quindi a un grande miglioramento del lavaggio, lavorando a livello dei condotti di travaso e delle relative luci. Per quanto riguarda queste ultime (e quella di scarico), uno dei primi punti presi in considerazione è stato quello che riguardava la forma.
Quella perfettamente circolare (alla quale è rimasta a lungo fedele l’americana McCullogh, che però non produceva motori di prestazioni elevate) è stata scartata rapidamente.
Se prendiamo per esempio una luce rettangolare con una data larghezza, con il pistone al PMI, per avere una determinata area di passaggio essa dovrà avere una certa altezza. Se le conferiamo una forma ellittica, dovrà essere più alta (con conseguente aumento della durata della fase). Dunque la forma rettangolare è più vantaggiosa (anche perché l’aumento della sezione disponibile man mano che il pistone scende verso il PMI è più rapido).
Peccato che essa renda assai dura la vita dei segmenti, che tendono a penetrare al suo interno. Con una forma ellittica l’apertura e la chiusura sono più graduali. I segmenti lavorano meglio ed è possibile impartire alla luce una maggiore larghezza.
Nei motori di prestazioni più elevate essa è arrivata a superare leggermente il 70% dell’alesaggio, valore impensabile per una luce rettangolare. Allo scarico al posto di una sola luce ellittica di grandi dimensioni si impiega spesso una luce più larga, con una geometria che ricorda maggiormente quella rettangolare (comunque con vertici ampiamente arrotondati) divisa in due parti da un traversino centrale. Quest’ultimo, che non deve avere una larghezza inferiore a quattro millimetri, serve come “appoggio” per i segmenti, che altrimenti penetrerebbero in misura eccessiva nella luce.
Le luci di scarico ellittiche sono spesso affiancate da due booster ports, luci ausiliarie che fanno aumentare la sezione a disposizione dei gas.
Come ovvio, l’obiettivo dei tecnici era quello di migliorare il lavaggio, ovvero di espellere dallo scarico la maggiore quantità possibile di gas combusti, sostituendola con la carica proveniente dalla camera di manovella.
Nel dell’evoluzione dei motori a due tempi, le luci di travaso, che hanno quasi sempre forma rettangolare, sono aumentate di numero; dalle due iniziali in certi casi sono passate addirittura a otto. Nei motori degli anni Novanta destinati alle competizioni di Velocità si impiegavano da cinque a sette travasi.
A quelli laterali, “di portata”, si aggiungevano uno o due travasi “di correzione” di minori dimensioni e con una forte inclinazione verso l’alto, alloggiati nella parete del cilindro opposta allo scarico.
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