L’11 gennaio 2005 il campione di Castiglion Fiorentino perdeva la vita in Mauritania in quella che sarebbe dovuta essere la sua ultima sfida nel deserto
Sono trascorsi vent’anni da quella tragica mattina in cui il miglior interprete dei rally africani perse la vita dopo un terribile incidente. A due decenni di distanza la famiglia di Fabrizio Meoni porta avanti il ricordo dell’indimenticato vincitore di due Dakar.
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Era l’11 gennaio 2005 quando al km 184 della speciale tra Atar e Kiffa il pilota di Castiglion Fiorentino perse il controllo della sua KTM 660 Rally ufficiale finendo rovinosamente a terra. La gravità della situazione fu chiara fin da subito con Cyril Despres, Marc Coma e gli altri piloti giunti nel frattempo sul luogo dell’incidente in lacrime mentre i soccorritori cercavano di salvare la vita dell’amico e rivale. Perdonate un piccolo ricordo personale: all’epoca la Dakar aveva spazio anche nei telegiornali nazionali e nonostante fossi un bambino mi ricordo come fossero di ieri i servizi di quegli anni con Fabrizio Meoni che danzava tra le dune dei deserti africani prima con la 660 Rally R e poi con l’incredibile bicilindrica KTM 950 Rally facendo nascere in me la passione per questa gara così estrema ed affascinante. Una moto nella quale nemmeno KTM credeva ma che Fabrizio riuscì subito a portare al trionfo nella Dakar 2002 e sfiorando il tris nel 2003 quando solo una caduta alle dodicesima tappa lo tolse dalla possibilità di portare al successo per il secondo anno consecutivo la bicilindrica austriaca. In quell’anno chiuse comunque al terzo posto finale conquistando tre successi di tappa e venendo preceduto solo da Richard Sainct e Cyril Despres.
Nella carriera di Fabrizio Meoni oltre alle due Dakar (oltre ad un secondo posto e due terzi) si contano quattro successi al Rally dei Faraoni ed altrettanti al Rally di Tunisia con un successo anche al Rally del Dubai, alla Desert Cannonball e al Rally Incas, l’impegno di Fabrizio però non si è fermato solo alle competizioni. L’amore che provava per l’Africa e le gioie che quei territori gli hanno donato lo ha portato a voler restituire qualcosa fondando la ONLUS “Solidarietà in buone mani” con la quale iniziò a costruire una scuola in Senegal. Alla sua morte la moglie Elena e i figli Gioele e Chiara – scompara pochi anni fa per una malattia a soli diciotto anni - hanno portato avanti la memoria di Meoni fondando la “Fondazione Fabrizio Meoni Onlus” con la quale ancora oggi vengono aiutate famiglie e bambini principalmente in Senegal, ma anche in Tanzania, Costa D’Avorio, Sud Sudan, Burkina Faso e Camerun.
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Quella del 2005 sarebbe dovuta essere l’ultima Dakar da professionista di Fabrizio Meoni che aveva promesso al figlio Gioele che un giorno avrebbero corso quella gara così estrema insieme. Poche settimane fa è uscito su Amazon Prime il documentario “In nome del padre: rally e destino” che racconta tutta la fase di preparazione di Gioele alla Dakar 2024. Un docu-film commovente che porta alla luce il lato umano del campione. E siamo certi che lo scorso 19 gennaio sul podio finale di Shaybah quando Gioele è arrivato alla fine della sua prima Dakar (chiusa peraltro in quarantasettesima posizione e primo degli italiani nonostante corresse nella classe “Malle Moto” Original by Motul, ovvero senza assistenza) non fosse solo.
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