Poncharal: "Le MotoGP come le Gruppo B nei rally. Acosta? Ha obbligato Miller a fare pilates"

Poncharal: "Le MotoGP come le Gruppo B nei rally. Acosta? Ha obbligato Miller a fare pilates"© Luca Gorini

L'INTERVISTA PARTE 1 - Hervé racconta: "Le moto odierne diverranno mostri del passato poetici come quelle auto. Jack vuole imitare il modo in cui Pedro usa il corpo. Liberty? Ci farà crescere senza toglierci la magia"

17.08.2024 10:51

Hervé Poncharal è senza mezzi termini uno di quei personaggi che rendono frizzante il paddock della MotoGP. Difficilmente infatti si può trovare una immagine del francese senza il sorriso, o ascoltare una risposta che non susciti l’attenzione dell’ascoltatore. Specie in questo 2024, dove la vita sportiva del manager francese – presidente dell’IRTA dal 2006 ed in generale figura cardine del paddock – e del suo team Tech 3 è stata sconvolta da Pedro Acosta, capace di imprimere il suo marchio sul pianeta MotoGP nel giro di pochi Gran Premi dal suo arrivo.
 
Hervé, come racconteresti la stagione in corso del team Tech 3 in MotoGP?
 
“Onestamente sapevo che Pedro Acosta era speciale, del resto abbiamo visto cosa ha fatto prima di arrivare in MotoGP, ma nessuno si aspettava quello che ha già ottenuto, nemmeno lui. E’ stata una dolce sorpresa per noi, dopo alcune stagioni per non facili. Non è cambiato pressoché nulla nel team da un anno all’altro, semplicemente è arrivo un nuovo pilota, ed ora si respira aria fresca ed ossigeno. Come squadra abbiamo sfruttato le ultime stagioni per conoscere la moto e migliorare, e di colpo ci siamo trovati a lottare per podi e vittorie. Dopo il sorpasso di Pedro su Marquez in Qatar ed i suoi podi in Portogallo e Stati Uniti mi sono dovuto pizzicare la pelle, perché non sapevo se stessi sognando o fossi sveglio (sorride ndr). Nel complesso tutto è sembrato semplice, e questa è la cosa più importante. Quando un pilota è in difficoltà tutti si concentrano sull’aspetto tecnico, cercando una soluzione e finendo spesso per avere solo del mal di testa, con il rischio di perdersi: con Pedro non è successo nulla di tutto questo. Siamo partiti con l’assetto di base, pensando solo a mettere benzina ed a cambiare le gomme, e spesso nelle corse i risultati arrivano nei weekend più semplici, dove tutto risulta facile. Quando un giornalista come te passa davanti al box e vede la moto smontata, può facilmente capire che l’aria all’interno del box non è “profumata”. Al contrario, quando la moto è sempre pronta ed il pilota è serenamente seduto nel suo angolo, è sempre un bel segnale. E’ un po’ quello che sta accadendo in Superbike con Razgatlioglu, che ogni volta riesce a scendere in pista e fare la differenza. Posso quindi dire che siamo molto soddisfatti ed orgogliosi, ma ovviamente occorre considerare entrambi i piloti, quindi proseguo”.
 
Prego.
 
“La nostra situazione attuale con Acosta ed Augusto Fernandez mi ricorda quella con Olivier Jacque e Shinya Nakano, quando con me si giocarono il titolo sino all’ultima gara di Phillip Island. In quella occasione soli 14 millesimi decretarono un vincitore ed uno sconfitto, ed io dissi ai miei ragazzi “devo passare più tempo con Nakano che con Jacque, perché devo tirarlo su di morale”. Quest’anno lo stesso discorso vale per Augusto, che sta faticando. In inverno pensava giustamente che sarebbe stato il leader del team, dato che Acosta arrivava a questa stagione con i gradi di debuttante, ma questo non è successo. Nella vita normale uno più uno fa due, nelle corse spesso no (sorride ndr). Il fatto che Acosta stia facendo così bene complica ovviamente la vita ad Augusto, dato che è difficile con fare paragoni, e quando vi è una differenza evidente in termini di risultati non è semplice. Nel complesso quindi non possiamo essere del tutto soddisfatti, dato che un team è formato da due piloti ed è come un essere umano, al quale servono due gambe allo stesso ritmo per camminare perfettamente”.

Acosta, Miller ed il pilates

Recentemente hai spiegato come Acosta sia il pilota migliore con cui hai mai lavorato. Quale delle sue doti ti ha condotto a questa conclusione?
 
“Occorre dire che non è stato e non è semplice arrivare ad una conclusione del genere, dato che dopotutto parliamo di persone, dunque è complicato compiere delle comparazioni come tra due auto o due cellulari. Posso spiegare però quello che mi ha maggiormente colpito di Pedro: quando a Valencia è salito per la prima volta sulla nostra moto aveva 19 anni, ed è stato come quando dispositivi si connettono con il bluetooth. Di solito quando si accoglie un debuttante in MotoGP si tende a non dargli subito mille informazioni, per evitare che si confonda, e così abbiamo fatto anche con Pedro, impostando un assetto di base e mettendo la benzina. Pedro ha fatto 10 giri e già negli ultimi passaggi della prima uscita l’attitudine e lo stile di guida sembravano quelli di un pilota MotoGP esperto. Il modo in cui usciva dall’ultima curva, facendo scivolare il posteriore senza volare in aria, era incredibile. Pedro ha una capacità innata di capire ed estrarre il potenziale dalla moto. Di solito quando un rookie torna al box dopo la sua prima uscita in assoluto con una MotoGP commenta entusiasta la potenza, i freni e tutte le novità: Pedro ha detto qualcosa ma rapidamente, per poi mettersi subito a dare commenti sensati e centrati alla squadra. Un’altra cosa che mi ha colpito incredibilmente di Pedro è come gestisce la pressione: arrivare in MotoGP corrisponde ad entrare in un altro mondo, anche in relazione alla pressione ed all’esposizione mediatica, e questo può accecare e portare all’errore. Pedro invece sembra non essere toccato dalla pressione, che anzi sfrutta a suo vantaggio. Lo slogan di Alpinestars è “one goal, one vision”, e lo si può applicare perfettamente anche a Pedro: il suo goal è vincere, e la sua vision è dare tutto per raggiungere tale obiettivo, cosa che penso riuscirà a fare. A tutto quello che ho detto si aggiunge la capacità di capire la moto, senza che gli venga spiegato molto, dato che in due gare ha abbandonato lo stile di guida della Moto2 per passare uno più da MotoGP. A tal proposito ho un interessante aneddoto legato al GP di Austin”.
 
Ossia?
 
“Dopo la gara Miller ha riguardato le immagini di Acosta e ha detto “devo iniziare a fare pilates, perché il modo in cui usa il corpo in sella è ciò che serve per ottenere il massimo da questa moto”. Di norma i debuttanti seguono i più esperti, ma dopo quella gara Jack e Binder erano distrutti, dato che non sapevano come replicare quello che faceva Pedro. Austin tra l’altro è una delle gare più dure dal punto di vista fisico, quindi mi aspettavo che Acosta avrebbe finito la corsa distrutto, magari calando nel finale, invece nulla di tutto questo. Si dice spesso come Agostini, Saarinen, gli americani abbiano implementato nel tempo uno stile di guida innovativo: secondo me Pedro ha portato qualcosa di nuovo allo stesso modo, ed ora nonostante il suo status di debuttante è il pilota di riferimento del gruppo Pierer Mobility”.

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