SBK, Ramello: "Non tutti avrebbero puntato su Iannone, ma io non sono tipo da andare in soggezione"

SBK, Ramello: "Non tutti avrebbero puntato su Iannone, ma io non sono tipo da andare in soggezione"© GPAgency

L'INTERVISTA - Il patron Go Eleven: "L'idea è stata di mio figlio, il primo incontro a Misano e la sua semplicità mi ha colpito. Per un giorno siamo stati i numeri 1 su 7 miliardi di persone"

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02.10.2024 ( Aggiornata il 02.10.2024 16:56 )

Se servisse un portavoce dello spirito più verace e sincero della Superbike, in pochi probabilmente avrebbero dubbi su chi eleggere per tale ruolo. Gianni Ramello non è solo il Patron del team Go Eleven, squadra che oramai rappresenta una certezza nel paddock delle derivate, ma molto di più: Gianni è un mix tra passione, schiettezza, leggerezza e spirito imprenditoriale.
 
Del resto quando i motori sono spenti Ramello gestisce uno studio di commercialisti nella sua Cherasco, quindi sa “come gira il mondo” e come muoversi al suo interno. Nel mondo delle moto emerge ovviamente il lato più appassionato e romantico di Ramello, lo stesso che lo ha convinto a scommettere su un pilota come Andrea Iannone. Una scommessa che ad Aragon ha pagato nel modo migliore, con la prima vittoria in SBK dell’abruzzese nonché la seconda del team piemontese, dopo quella ottenuta nel 2020 con Michael Rinaldi, un altro “figlio” di Go Eleven.
 
“Avevo già vissuto una vittoria – sottolinea Ramello - ma erano passati tanti anni. Questa seconda volta ha un sapore particolare, dato che negli ultimi anni il livello del campionato si è alzato tanto, quindi vincere per un team privato è una missione difficile. Io sono uno che so soffre la gara: spero sempre che il pilota resista fino alla fine. Quando Andrea è passato sotto la bandiera a scacchi è stata una liberazione, anche perché stava facendo i suoi migliori tempi proprio nel finale, mentre io avrei voluto dirgli di andare più piano (sorride ndr), dato che la caduta è sempre dietro l’angolo. Io dico sempre una frase: siamo sette miliardi nel mondo, dei quali 22 corrono in pista, quindi se abbiamo vinto siamo stati per un giorno i numeri uno su sette miliardi di persone”.
 
Se ripensi ora al primo incontro con Iannone quali sono i pensieri?
 
“Il primo incontro è stato nel paddock di Misano. Andrea era con Elodie e io ho accompagnato delle persone che volevano l’autografo di lei: lui mi ha saluto e si è complimentato, il che mi ha sorpreso, ed allo stesso tempo mi ha fatto capire come fosse lì per sondare il terreno. Io non sono un tipo che va in soggezione: se credo in qualcosa lo faccio, e oggi cerco di farlo insieme a tutta la mia famiglia. In quella occasione Andrea mi ha colpito per la sua semplicità, anche perché nel rapporto tra pilota e team forse è il secondo ad avere più forza, dato che deve mettere il primo nelle migliori condizioni. Sapevo che non sarebbe stato facile con Andrea, che ha un carattere particolare, ma sono abituato a lavorare con tante persone diverse, e sei furbo riesci a capire più cose di quelle che la persona davanti a te vorrebbe farti capire”.
 
Se ripensi alla trattativa invece?
 
“L’ultima spinta per l’operazione è stata mia, ma l’idea è stata di mio figlio Elia (addetto stampa e team coordinator del team ndr). La trattativa è stata lunga, mentre io sono uno abituato a pensare una cosa e farla dopo un’ora, quindi se una persona mi fa perdere anche solo due o tre giorni è già un problema. Non sono nemmeno un amante dei contratti, anche se ovviamente vanno redatti: se voglio dare non mi limito a ciò che vi è scritto nei contratti, faccio le cose nell’interesse del team”.

Le due vittorie e la crescita del team

Cosa differenzia la prima vittoria del team dalla seconda?
 
“Ci sono similitudini e differenze. La prima vittoria è arrivata con Rinaldi, un ragazzo su cui abbiamo scommesso, e la seconda allo stesso modo è arrivata con un pilota su cui abbiamo scommesso. Con Michael abbiamo vinto nel 2020, un anno particolare: forse l’emozione è stata maggiore in quel momento, ma con Iannone la scommessa è stata più grossa, dato che in teoria è un pilota che ha già dato il meglio. Scommettere su un pilota vuole dire crederci come squadra”.
 
Si può dire che Go Eleven ha raggiunto una nuova vetta?
 
“Ci pensavo stamane. I risultati ottenuti al debutto da Iannone sono superiori a quelli degli altri piloti al loro primo anno in SBK dopo un passato in MotoGP: per me vince la squadra più che il pilota, perché l’ambiente rende tutto più facile. Ho capito nel corso dei mesi che non tutti avrebbero preso Andrea, ma siamo riusciti a creare una sinergia. Da solo non si vince, e questo vale per tutti: sono stato anche felice di mandare mia moglie Luciana sul podio con Andrea. Ha fatto mille sacrifici, poi ho pensato “massì domani ne mandiamo un altro”, anche se non è andata come sperato (ride ndr)”.

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