MotoGP, Pedro Acosta: "La strada per il successo è ancora lunga"

MotoGP, Pedro Acosta: "La strada per il successo è ancora lunga"© Luca Gorini

La nostra intervista al murciano: "Spesso mi dico: sei stato abbastanza bravo, ma non così tanto da poter vincere un GP"

06.09.2024 ( Aggiornata il 06.09.2024 13:19 )

Per arrivare via terra sul litorale di Mazarrón, occorre mettere in conto il valico di un alto promontorio, a nascondere la cittadina della regione di Murcia e il mare di Alboràn. La salita, se affrontata a piedi, costa fatica, ma sa ripagare con una vista mozzafiato. Pedro Acosta conosce a menadito collina e passi, essendo nativo e residente di una località che basa stile di vita e commercio su turismo e pesca, l’attività di famiglia. Qui il ventenne del Team GASGAS-Tech 3 prova ogni volta un’emozione indescrivibile: “Ti ci porterei, ma sappilo – avverte – la strada è parecchio ripida. Conclusa l’ascesa, si è in cima, e ci si sente dominatori. Tra bianco e marrone delle case e il blu sconfinato, rischi di perderti. Io, invece, mi ritrovo: ecco, realizzo di essere tornato a casa”.

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Pedro Acosta, da Mazarrón alla MotoGP


Tra gare e impegni, ogni quanto ritrovi le radici?

“Sto poco a casa, perciò mi godo i momenti. Spesso vado a Murcia per allenarmi, poi ci sono gli eventi in giro. Ma sia alle 8 di sera che durante la notte, dico: casa. Immaginate questo: quando apro la porta, mi trovo a 300 metri dalla spiaggia. Si sentono odori e suoni. Giunto a Mazarrón, stacco la mente, forse pure il corpo. Il clima è amichevole, i ritmi blandi”.

Il contrario del paddock MotoGP.

“La gente qui mi conosce fin da quando ero bambino. Quella gente mi ha visto nascere e crescere, per loro nulla è cambiato. Ecco il motivo per cui lì mi sento tranquillo. In estate c’è folla, però dopo si ferma tutto. Frequento persone più adulte di me. Gli amici delle scuole o affini? Ne conto pochi. Ho, invece, gli adulti. E mi sento vicino alla loro mentalità. Ho vissuto due-tre anni intensi, durante i quali mi sono visto costretto a crescere rapidamente. Per esempio, l’esordio iridato in Moto3: mi trovai solo, attorniato dallo staff del box. Il primo anno di Moto2 ho dovuto sopportare una gestione al di fuori della norma. Tutti si aspettavano che vincessi subito, del resto arrivavo da campione della entry class. Momenti duri”.

Puoi stilare un bilancio della tua prima metà di stagione in MotoGP?

“Potrei definirmi contento, ma è difficile, sinceramente. Si vuole sempre di più, anche se so che potevo andare anche peggio. Cadere a Le Mans mi è dispiaciuto tantissimo, a Barcellona e Assen anche. Sono i punti a determinare il livello, ma ho pensato: se proprio devo fare caz..te, questa è la stagione perfetta. Sarebbe peggio sbagliare nel 2025, in fin dei conti. Che arrivi quest’anno l’esperienza negativa, comunque da trasformare in toni positivi. Vedremo”.

Lo status di vincitore più giovane di un GP della classe regina, detenuto da Marc Marquez, è rimasto a lui: ti assillava?

“Se mi chiedete se fosse soltanto un’invenzione dei media, rispondo di sì. Lui ha conquistato il primo Gran Premio a 20 anni, benissimo. Poi, ci sono le invenzioni. Sarebbe lo stesso qualora io cominciassi a collezionare successi di fila, presentandomi a Valencia in lizza per il titolo. I media scriverebbero: ‘Pedro Acosta potrebbe rivelarsi il più giovane pilota in grado di vincere il mondiale MotoGP’. Con i media va così. La gente è morbosa: lui è meglio di quell’altro, lei di quella, viceversa. Ah, insomma. La vita è così, che dobbiamo farci?”.

Pedro Acosta, da Tech 3 a KTM Factory


Ti sposterai in KTM Factory, ma la Casa dice che pure Tech 3 sarà ufficiale: ci aiuti a capire le differenze?

“Entrambe le strutture sono legate al costruttore, quindi ufficiali e a pari trattamento. I brand sono diversi per questioni di puro marketing. Sebbene i vestiti delle due squadre abbiano scritte e tinte diverse, è tutto staff della Casa. Precisato ciò, la mia RC16 è uguale alle moto di Brad Binder e Jack Miller. È come se avessi una moto factory. Il piano, in ogni caso, è stato quello di portarmi di là. Sto provando particolari nuovi, immagino che lo farò ancora. L’idea della KTM prevede di fornire in primis parti al miglior pilota in classifica, quindi ora è il caso anche di Brad Binder. Condivido il sistema: evita lamentele o squilibri di spogliatoio. Se qualcuno pensa che ci siano differenze tra KTM e GASGAS, si sbaglia. A differire sono semplicemente marchi e colori".

Porterai qualcuno con te nel box KTM Factory?

“Tutto il mio presente box in blocco. Faremo da qui a lì (sposta mani e braccia, come se ci trovassimo su un banco di lavoro, nde). Di recente mi sono recato in fabbrica, siamo ancora distanti dalle posizioni top ma stiamo lavorando. Perché serve lavorare sodo. Vediamo tutti l’ammontare del gap patito rispetto agli avversari, dobbiamo ridurlo quanto prima”.

Parliamo dei rivali: Jorge Martin è “separato in casa” con la Ducati? Come sta correndo?

“Non saprei. Jorge ha abbastanza esperienza per mantenere separato il cuore dal resto della situazione. Si sta chiedendo per quale motivo la Ducati non lo abbia tenuto? Può darsi ma, alla fine, so che è lucido per rimanere concentrato al 100% sul suo obiettivo, e sappiamo qual è: vincere il campionato. So quanto possa essere difficile accettare questo tipo di rifiuto da parte della Casa, però è così. Se ne è fatto una ragione, e reagisce di conseguenza”.

Pecco Bagnaia, invece, come vivrà il futuro arrivo nel box di Marc Marquez? Accetterà il compagno?

“Pecco è il numero 1 della MotoGP”.

Questo può bastare ad arginare la furia di Marc?

“Bagnaia è il numero 1, è leader della classifica, ha fatto doppietta in Austria, addirittura ha fatto sua anche la Race of Champions al WDW. Il momento attuale dice questo: Bagnaia, Martin e il resto del Mondo. Penso che Pecco non soffrirà di alcuna pressione ma, se proviamo a ipotizzare un clima nel box, come facciamo a rispondere? Quando una squadra conta due campioni del genere, deve decidere la prima guida, ossia il numero 1. Nessun team può permettersi due numeri 1”.

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Sei giovane, ma hai esempi da ricordare?

“Certo, Valentino Rossi e Jorge Lorenzo nel 2008 in Yamaha. Valentino era già lì, da tempo, Jorge era il debuttante. Già a inizio stagione, Lorenzo cominciò a viaggiare forte, salendo sul podio e vincendo. Poi, dopo le prime brutte cadute, si ridimensionò, lasciando spazio a Valentino. L’anno successivo idem, più o meno, con una differenza: Jorge aveva messo entrambi i piedi dall’altra parte del muro, tanto che Valentino andò via. In Ducati”.

Perché accadde, secondo te?

“Quando sei il numero 1 e senti che stai diventando il numero 2, fatichi ad accettarlo. Parliamoci chiaro, questo sport è individuale: team, ragazzi, staff, tutto vero, ma in sella ci va un singolo pilota e, stando alle assegnazioni delle tabelle, il numero 1 è unico. Arrivare a guadagnarlo è difficile”.

In KTM sei tu il numero 1?

“Mah, anche se ero davanti a Binder in classifica, pensavo ad altro. Il mio desiderio è arrivare in cima, sopra tutti. In KTM, tutto sommato, l’ego dei piloti è misurato, sebbene sia complicato ammettere di ritrovarsi, magari, al secondo posto della situazione”.

Il tuo ego com’è, invece?

“Io provo a lavorare su me stesso a casa, tornando nel paddock per vincere. Al momento il successo è lassù, ecco il motivo per cui mi devo impegnare, e ci dobbiamo tutti impegnare maggiormente. Abbiamo tribolato troppo, la strada è ancora lunga. Serve rimanere uniti per alzare il livello. Spesso mi dico: sei stato abbastanza bravo, ma non così tanto da poter vincere un GP. In KTM siamo quattro piloti, tutti forti: ovviamente tra di noi vige una sfida reciproca, ma questa deve portarci sempre più su”.

Hai ricevuto offerte diverse dalla KTM?

“Sì, praticamente da tutti. Ma il rapporto tra me e il costruttore austriaco va oltre il denaro e offerte diverse: qui mi sento a casa, come un membro della famiglia, sono entrato a 14 anni e tutt’ora sono sotto questo tetto. Devo soltanto ringraziare l’opportunità nella Red Bull Rookies Cup, poi nella Moto3 e nella doppia stagione in Moto2. Qui mi sento tranquillo, protetto, valori che vanno oltre il soldo. A volte, durante le fatiche patite nella classe di mezzo, mi dicevano: ‘Non ti preoccupare, salterai sulla MotoGP. Stanne certo’. Ed è successo, sono stati di parola. Sei anni insieme mica si cancellano con uno schiocco delle dita o un momento di follia”.

Gli amici pescatori ti dispensano consigli o frasi sagge da seguire?

“Mi trasmettono la giusta mentalità. Loro mi hanno visto crescere, mi vogliono bene. Sanno che sto seguendo il mio stile di vita e, a dire la verità, non mi conoscono quando sono nel paddock. Sono e rimarrò sempre il ragazzo impegnato a inseguire il sogno, ma una volta a casa sono uno come loro”.

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