MotoGP, Di Giannantonio: "Dall'Igna? Un genio. Gli sono grato"

MotoGP, Di Giannantonio: "Dall'Igna? Un genio. Gli sono grato"© Luca Gorini

La nostra intervista a Fabio: "Rimanere in VR46 nel 2025 con supporto Ducati è un traguardo, ma anche un punto di partenza, potrò crescere ancora"

21.08.2024 ( Aggiornata il 21.08.2024 10:16 )

Fabio Di Giannantonio, Ducati e VR46


Per ora resta da concentrarsi sulla sfidante GP23.

“Il mio stile di guida si adatta molto bene a questa moto, mi sono trovato bene fin da subito senza cercare grossi stravolgimenti. Il nostro pacchetto è veramente ottimo. Le GP24 riescono a consumare un po’ meno le gomme, e a fermarsi in modo più facile. Ma siamo lì con loro, anche se un po’ più al limite”.

La Ducati offre la possibilità di confrontare la telemetria con quella degli altri piloti del marchio: di chi sono i dati che studi più spesso?

“Solitamente guardiamo quelli delle altre GP23 perché è la stessa moto, sulla stessa pista con le stesse condizioni. Poi se Pecco, Jorge Martin o Enea Bastianini vanno più forte, allora cerchiamo di concentrarci un po’ su di loro”.

Cosa vedi nello stile di guida di Marc Marquez?

“È Marc, entra fortissimo in curva, è molto aggressivo. Guida molto bene e va molto forte. Sento di essere a un ottimo livello e se al mio primo anno in MotoGP lo vedevo più lontano, adesso non mi sembra più un extraterrestre. Ovviamente ho un grandissimo rispetto per lui perché è un otto volte campione del Mondo e quando guida ha la sua magia, ma non lo vedo inarrivabile. La cosa molto particolare è che, attraverso i dati, vedo che usiamo il gas in maniera molto, molto simile, e mi stupisce. Essere vicino alla guida di un otto volte campione del Mondo non è male”.

Con Marco Bezzecchi, il tuo attuale compagno di squadra, siete stati grandi rivali quando eravate più giovani.

“Ci siamo ‘scornati’. Il nostro rapporto è stato di amore e odio, ma è stato vero e sincero. Ci siamo molto simpatici e mi trovo davvero bene con lui ora che siamo cresciuti. Quando eravamo più piccoli ci eravamo antipatici e ci volevamo bene nello stesso momento. Ora è bello guardarsi indietro e pensare a tutte queste cose. Lui è un tipo figo, molto rock’n’roll. Su certe cose lo trovo simile a me e ci divertiamo”.

Cosa ti ha stupito quando sei arrivato alla VR46?

“L’approccio alle corse. Gli ultimi due anni avevano un po’ intaccato in me l’amore per questo sport e per i weekend di gara, pur avendo sempre amato assolutamente guidare la MotoGP. Qui hanno un approccio davvero fighissimo, che si adatta al mio e che mi sta riportando ad amare tutto il weekend di gara: mi accorgo che prima della partenza mi piace preparare la valigia, perché voglio partire e stare qui. Questo è un team in cui vogliono fare bene, si divertono nel processo di tutto il fine settimana, lo vivono con passione”.

Quante volte vai a Tavullia?

“Almeno una volta a settimana quando siamo a casa, per uno, due o tre giorni. Siamo vicini ma non troppo. Mi piace stare con loro. Anche se vivo a Roma”.

Un romano tra tanti romagnoli, come te lo spieghi?

“Infatti mi dicono ‘ma tu non sei di Roma!’ perché il mio accento sta cambiando. È un po’ atipico per un romano correre in moto perché nella cultura romana è il calcio lo sport principale. Ma avevo anche già vissuto in Romagna: ero al debutto in Moto3 (2016, con il Team Gresini) quando mi trasferii a Misano per due anni e mezzo, poi tornai perché a Roma avevo il preparatore e il manager e andai a Ponte Milvio. Fu un disastro perché c’erano troppi locali, troppo caos e non faceva per me. Quindi sono tornato nel mio quartiere d’origine, l’Eur, dove sono più comodo e tranquillo”.

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