        Oltre alle varie statistiche effettive del weekend thailandese della MotoGP, una su tutte quella che vede Marc Marquez tornare al comando del Mondiale 93 GP dopo l&rsquo;ultima volta (Valencia 2019), ce n&rsquo;&egrave; una piuttosto curiosa che non ricapita da almeno 21 anni.&nbsp; Parliamo di tre moto sul podio con lo stesso numero finale, un evento che non capita da Motegi 2004 quando a vincere fu Makoto Tamada (Honda #6) davanti a Valentino Rossi (Yamaha #46) e Shinya Nakano (Kawasaki #56)&nbsp; Il post social di Sky  Il mago delle statistiche di Sky Michele Merlino &egrave; andato indietro nel tempo e ha ritrovato questo curioso dato statistico ora che il podio della gara lunga in Thailandia &egrave; stato dominato dalle moto con lo stesso numero finale sul cupolino: Marc Marquez (Ducati Lenovo #93), Alex Marquez (Ducati Gresini #73) e Pecco Bagnaia (Ducati Lenovo #63)             Visualizza questo post su Instagram  Un post condiviso da Michele Merlino (@magomerlino_sky)            

Da Motegi 2004 non si verificava il caso curioso di tre moto sul podio con lo stesso numero finale sul cupolino

Marc-Alex-Pecco 20 anni dopo Tamada-Rossi-Nakano

        Passione, coraggio e fiuto per le occasioni. La storia del Team Pramac in MotoGP si basa su questi tre elementi fondamentali, ma parlare di storia &egrave; probabilmente riduttivo: quella della squadra toscana e del suo proprietario Paolo Campinoti &egrave; pi&ugrave; una favola, specialmente dopo il lieto fine di Barcellona che ha posto Pramac sul tetto del Mondo. In un 2025 in cui le squadre ufficiali di Ducati e Aprilia partiranno con i favori del pronostico, per i mezzi a disposizione e per i piloti, formalmente il team da battere sar&agrave; proprio Prima Pramac, e non soltanto per il titolo piloti ottenuto con Jorge Martin. Nell&rsquo;ultimo biennio, infatti, nessuna squadra ha ottenuto i risultati di Pramac, vincitrice del titolo a squadre nel 2023 e autrice di una doppietta &ndash; titolo team indipendente e Mondiale piloti &ndash; nella stagione da poco conclusa. Uno status che la squadra difender&agrave; con un nuovo costruttore, la Yamaha, e un nuovo doppio impegno (con lo sbarco in Moto2 schierando Tony Arbolino e Izan Guevara) dopo il ventennio con la Ducati.  MotoGP, Sterlacchini: "Martin e Bezzecchi sono un'opportunit&agrave; per Aprilia" La scalata del team Pramac  &Egrave; un Everest, quello scalato da Paolo Campinoti e dalla sua creatura. L&rsquo;imprenditore, senese doc, &egrave; stato capace di unire le abilit&agrave; comunicative a quelle imprenditoriali: sono rari i momenti in cui il sorriso non campeggia sul suo volto all&rsquo;interno del paddock, ma dietro un fare istrionico si nascondono talento e fiuto nel business. L&rsquo;azienda Pramac &ndash; nata nel 1966 nella Val d&rsquo;Elsa grazie al padre di Paolo, Mario Campinoti &ndash; &egrave; oggi tra i leader mondiali nella produzione di generatori di corrente, e la crescita di tale attivit&agrave; &egrave; andata di pari passo con la struttura MotoGP. L&rsquo;avventura nelle due ruote &egrave; iniziata nel 2002, in concomitanza con l&rsquo;inizio della top class a quattro tempi: in quella stagione Campinoti si present&ograve; ai nastri di partenza con una Honda e il giapponese Tetsuya Harada, ma il primo lampo di genio arriv&ograve; l&rsquo;anno successivo, con l&rsquo;arrivo di Makoto Tamada ma soprattutto con la scelta di passare alle rampanti Bridgestone, che colsero il primo podio nella categoria proprio con Tamada e Pramac. Il fiuto per le occasioni port&ograve; Campinoti a unire le forze con la Ducati a partire dal 2005, &ldquo;sfruttando&rdquo; le difficolt&agrave; del Team D&rsquo;Antin per operare una fusione e iniziare la propria cavalcata. Una cavalcata lunga, fatta anche di stagioni complicate, ma che ha reso la struttura sempre pi&ugrave; appetibile agli occhi di sponsor &ndash; anche importanti come Alice, e dunque Telecom, nel 2008 e Prima Assicurazioni oggi &ndash; ma soprattutto della Ducati, che ha reso Pramac il proprio vivaio, proprio negli anni dell&rsquo;avvento di Gigi Dall&rsquo;Igna, che ha ridisegnato il reparto corse bolognese. Andrea Iannone, Danilo Petrucci, Jack Miller e soprattutto Pecco Bagnaia &ndash; tutti passati tra le mani di Francesco Guidotti, team manager della squadra per nove anni &ndash; hanno rappresentato la collaborazione tra Pramac e Ducati, anche se a conquistare il Mondo con la formazione toscana &egrave; stato Jorge Martin, colui che il team rosso non ha voluto. &ldquo;Dopo il no incassato dalla Ducati nel 2022, Jorge mi ha detto &lsquo;capo, faremo la storia&rsquo;&rdquo; ha raccontato Campinoti a Barcellona, e mai una profezia fu pi&ugrave; vera, dato soltanto Pramac ha battuto le squadre ufficiali nell&rsquo;era MotoGP. L&rsquo;ultimo titolo &ldquo;non factory&rdquo; risaliva all&rsquo;epilogo della 500, nientemeno che con Valentino Rossi sulla Honda del Team Nastro Azzurro.  Pramac: dopo Ducati, il futuro &egrave; la Yamaha  Il presente del Team Pramac &egrave; ben diverso dal sogno iniziato da Campinoti nel 2002, poich&eacute; si tratta di una macchina ben oliata e pressoch&eacute; perfetta, a capo della quale vi sono Campinoti e Gino Borsoi, il team manager determinante per l&rsquo;ultimo e decisivo cambio di marcia. Cresciuto sotto l&rsquo;ala di Jorge Martinez, Borsoi ha sostituito egregiamente Guidotti, portando idee e nuova linfa. Un altro jolly fondamentale &egrave; Fonsi Nieto, formalmente &ldquo;Responsabile della Performance dei piloti&rdquo; ma in realt&agrave; molto di pi&ugrave;, con intorno un gruppo italo&ndash;spagnolo giovane e frizzante. &ldquo;Negli ultimi mesi per tanti dei ragazzi vincere il titolo era diventata l&rsquo;unica ragione di vita&rdquo; ci ha raccontato con la sua consueta dolcezza Lucia Gabani, l&rsquo;addetta stampa (che ha spesso fatto anche da &ldquo;ombrellina&rdquo; per Martin) che al suo primo anno nel team ha centrato il bersaglio grosso. &ldquo;E sono davvero felice per tutti loro&rdquo;. E ora che tutto appare fatto e facile, lo spirito imprenditoriale &ndash; nonch&eacute; l&rsquo;amore per le sfide &ndash; di Campinoti &egrave; riemerso, con il passaggio in Yamaha, un nuovo pilota (Miguel Oliveira) e un gradito ritorno (Miller), a segnare l&rsquo;inizio del terzo capitolo della storia di Pramac in MotoGP. Una storia fatta di competenza e umanit&agrave;, seriet&agrave; e capacit&agrave; di sdrammatizzare, ingredienti che hanno permesso a un grande sogno di diventare realt&agrave;. Dal motore a carburatori al futuro V4: com&rsquo;&egrave; cambiata la Yamaha?       

La storia di Pramac, fatta di competenza e umanit&agrave;, &egrave; nel sogno del visionario Campinoti, capace di trasformare la propria creatura in una macchina perfetta

MotoGP: Pramac e Ducati, un binomio a lieto fine

        Come sappiamo gi&agrave; da qualche giorno, l&rsquo;Aut&oacute;dromo de Goi&acirc;nia ha firmato un contratto con Dorna per riportare in calendario nel 2026 il Gran Premio del Brasile che manca dal lontano 2004, quando la gara prendeva il nome di Gran Premio di Rio (a quel tempo si correva sul tracciato Jacarepagu&agrave; di Rio de Janeiro).&nbsp; Nonostante la presenza dell&rsquo;unico brasiliano del Motomondiale, ovvero Eric Granado, la gara brasiliana da quel lontano 2004 non &egrave; mai pi&ugrave; stata riproposta nel calendario iridato. Un vero peccato perch&eacute; sia il tracciato di Goiania che quello di Rio hanno prodotto delle bellissime gare. Ripercorriamo un po&rsquo; la storia del Gran Premio del Brasile Storie di promesse non mantenute  Ben prima che il GP del Brasile entrasse ufficialmente nel calendario del Motomondiale nel 1987 per restarci fino al 2004, ma in due tranche diverse di annate, nel 1954 in occasione del 400&deg; anniversario della scoperta del Brasile viene disputata una competizione conosciuta come Gran Premio del Brasile alla quale vengono invitati diversi piloti, anche europei attirandoli con la promessa di ricchi premi.&nbsp; Al momento della via della competizione, per&ograve;, l&rsquo;amara scoperta: le promesse non sono state mantenute, causando la cancellazione della gara in programma con ripercussioni sulla Federazione Motociclistica Brasiliana, bandita per diversi anni dai palcoscenici internazionali. MotoGP: Vinales crede in KTM e compra delle azioni della casa  Continua l'articolo nella prossima pagina &nbsp; Da Goi&acirc;nia a Rio de Janeiro Passando per San Paolo  33 anni dopo il famoso gp del 1954, il Motomondiale finalmente fa tappa in Brasile: il primo Gran Premio si disputa il 27 settembre del 1987 in quel di Goi&acirc;nia, ci corrono solo 250 e 500. A trionfare in quella primissima edizione sono Dominique Sarron (fratello di Christian) in 250 e l&rsquo;australiano Wayne Gardner in 500 con la Honda. Anche nel 1988 corrono solo 250 e 500: la 250 &egrave; ancora di Sarron mentre la 500 di Lawson. Nel 1989, ultimo anno del motomondiale a Goi&acirc;nia, sono Cadalora (250) e Schwantz (500) a chiudere la storia del Motomondiale sul tracciato alle porte di Goiania. A fine 89 il Gran Premio del Brasile esce dal calendario per far ritorno successivamente nel 1992 ma sul circuito di Interlagos a San Paolo. In quella occasione corrono tutte e tre le classi con questi risultati: Dirk Raudies vince in 125, Luca Cadalora in 250, Wayne Rainey in 500. A fine 1992 un&rsquo;altra uscita di scena per tre anni prima del ritorno nel 1995. Nel 1995 il Motomondiale torna in Brasile e lo fa sul tracciato Jacarepagu&agrave; di Rio de Janeiro. La gara cambia anche denominazione in Gran Premio di Rio e non pi&ugrave; Gran Premio del Brasile. In quella stagione vincono Tokudome in 125, Romboni in 250 e Cadalora in 500. L&rsquo;anno successivo l&rsquo;ottavo di litro parla ancora giapponese con il successo di Haruchika Aoki, Jacque vince la 250 mentre la 500 &egrave; di Doohan. Nel 1997 Jacque e Doohan bissano i successi ottenuti l&rsquo;anno precedente mentre la 125 &egrave; di Valentino Rossi. Dopo aver saltato il 1998, la gara torna nel 1999 con due vittorie giapponesi su tre gare: Ueda e Abe vincono rispettivamente la 125 e la 500 mentre la 250 la vince Rossi.&nbsp; La stagione 2000 vede invece doppia vittoria italiana su tre gare: Sanna e Rossi rispettivamente in 125 e 500, Kato vince in 250. L&rsquo;anno successivo Ui e Kato vincono in 125 e 250 mentre a Rossi la gara della 500 nell&rsquo;ultimo anno di vita della classe.&nbsp; Nel 2002 tre lingue diverse per le tre gare: Azuma in 125, Porto (Argentina) in 250 e Valentino Rossi in MotoGP, gara che consegna a Valentino il titolo della nuova Classe Regina bissando quello ottenuto l&rsquo;anno prima in 500.&nbsp; Finalmente la Spagna! Nel 2003 Jorge Lorenzo interrompe il duopolio Giappone-Italia vincendo la gara della 125, il sanmarinese Poggiali vince la 250 e Rossi fa sua ancora la MotoGP. L&rsquo;ultima edizione, quella del 2004, ha visto invece i successi di Hector Barber&agrave; in 125, ancora Poggiali in 250 e Makoto Tamada in MotoGP davanti al compagno di squadra Max Biaggi per una bella doppietta del team Pons Honda.&nbsp; Continua l'articolo nella prossima pagina  &nbsp; Statistiche curiose  Il Gran Premio del Brasile (e quello di Rio) sono stati il terreno di caccia preferito dei piloti italiani con ben 11 successi nelle tre classi. Valentino Rossi comanda con 6 successi, 4 consecutivi in 500/MotoGP, poi Cadalora con tre successi, seguono Romboni e Sanna con 1 successo a testa. Non da meno rispetto all&rsquo;Italia anche il Giappone da quando la gara &egrave; a Rio, ben 9 affermazioni, 5 in 125, 2 sia in 250 che 500/MotoGP. Questo perch&eacute; il Brasile &egrave; un po&rsquo; la seconda casa dei giapponesi e il Brasile (soprattutto lo Stato di San Paolo) ospita la pi&ugrave; grande comunit&agrave; di origine giapponese del Mondo, 1.5 milioni di abitanti       

Curiosit&agrave; e dati statistici su una gara che nel 2026 potrebbe fare ritorno nel calendario del Motomondiale grazie all&rsquo;Aut&oacute;dromo de Goi&acirc;nia

Possibile ritorno del GP Brasile in MotoGP: la storia per farvi trovare pronti

        La MotoGP &egrave; pronta ad allargare i propri confini. Secondo quanto riferito dai media locali, il Motomondiale sarebbe prossimo a tornare in Brasile, Paese dove il campionato &egrave; assente dal 2004. Il circuito prescelto sarebbe quello di Goi&acirc;nia, che entrerebbe in calendario a partire dal 2026. La F1 incontra la MotoGP: Alpine sponsor Pramac dal 2025  La MotoGP torna in Brasile dal 2026?  A riferirlo &egrave; il sito GrandePremio.com, secondo cui il governo di Goi&aacute;s avrebbe raggiunto un accordo con Dorna per riportare la MotoGP nella Nazione carioca. Il contratto avrebbe una durata di cinque anni totali (i primi tre gi&agrave; certi, con un'opzione di rinnovo per i successivi due) e l'annuncio ufficiale dovrebbe arrivare il 12 dicembre preso il Centro Culturale Oscar Niemeyer di Avil&eacute;s, in Spagna. Tra le autorit&agrave; presenti sono attesi il governatore di Goi&aacute;s Ronaldo Caiado, il boss di Dorna Carmelo Ezpeleta e l&rsquo;amministratore delegato di Brasil Motorsport, Alan Adler, lo stesso promoter del GP San Paolo di Formula 1. Il passo decisivo per riavvicinare il Brasile alla MotoGP sarebbe avvenuto questa estate, grazie a un incontro tra una delegazione del Governo di Goi&aacute;s e Carmelo Ezpeleta.&nbsp; L'ultima apparizione della classe regina in Brasile risale al 2004, quando a imporsi tra le curve dell'Aut&oacute;dromo de Jacarepagu&agrave; fu Makoto Tamada. Successivamente Dorna aveva firmato due protocolli d'intesa per Deodoro e Brasilia, poi mai andati in porto. Non si tratterebbe di un debutto assoluto per l'impianto di Goi&acirc;nia, gi&agrave; in calendario dal 1987 al 1989, negli anni successivi sostituito da Interlagos e il gi&agrave; citato tracciato intitolato a Nelson Piquet.       

L'Aut&oacute;dromo de Goi&acirc;nia &egrave; atteso nel calendario del Motomondiale: l'annuncio potrebbe arrivare a breve

La MotoGP è pronta a tornare in Brasile dal 2026

        Pramac Racing, oltre ad essere la squadra satellite di Ducati, &egrave; una delle squadre pi&ugrave; longeve nel paddock del Motomondiale (escludendo Honda Repsol e Yamaha) da quando esiste la MotoGP, ovvero dal 2002. Parliamo quindi di 22 anni di presenza ininterrotta nella Top Class.  L&rsquo;inizio difficile del 2002 e la partnership con Sito Pons  L&rsquo;avventura della squadra di Paolo Campinoti nel Motomondiale inizia nel 2002 con la Honda NSR500 gommata Dunlop ed il giapponese Tetsuya Harada. La stagione si rivela molto difficile, le 500 e le Dunlop soffrono le MotoGP gommate Michelin, Harada non va oltre l&rsquo;undicesima posizione finale in campionato con soli 47 punti&nbsp; L&rsquo;anno successivo Pramac sceglie ancora Giappone per la nuova stagione affidandosi a Makoto Tamada ed alla RCV211. Il giapponese ripaga il team con un grande terzo posto in Brasile e chiudendo la stagione al nono posto con 87 punti. Nello stesso anno ed anche nel 2004, Pramac supporta il team Pons. E proprio nel 2004 Tamada passer&agrave; al Pons Racing sviluppando le gomme Bridgestone e vincendo sia ad Assen che in Brasile.&nbsp; La fusione con D&rsquo;Antin e l&rsquo;inizio della storia con Ducati  Nel 2005 il team Pramac ed il team D&rsquo;Antin si fondono creando il team Pramac D&rsquo;Antin e prendendo in gestione le Ducati Desmosedici del 2004. La stagione non &egrave; delle pi&ugrave; rosee, con soli 25 punti raccolti da Rolfo durante tutto l&rsquo;anno per una decima posizione finale. Nel 2006 Hofmann, Cardoso e Ivan Silva raccolgono solamente 33 punti per una undicesima posizione a fine stagione. Nel 2007 Barros e Hofmann portano 181 punti per una sesta posizione finale, con il brasiliano che regala alla squadra un grande podio al Mugello davanti alla Ducati ufficiale di Casey Stoner. Nel 2008 arrivano Toni Elias e Sylvain Guintoli. Lo spagnolo centra due podi, Brno e Misano, e la squadra chiude all&rsquo;ottavo posto con 159 punti.&nbsp; Da team clienti a Factory Supported Team  Il 2009 &egrave; un anno importante per il team. La denominazione diventa Pramac Racing e la sede si sposta in Italia, a Casole d&rsquo;Elsa in provincia di Siena. Debuttano Mika Kallio e Niccol&ograve; Canepa, oltre ad Aleix Espargar&ograve;. La stagione si chiude con il titolo di Rookie of the Year per il finlandese oltre alla conferma della ottava posizione finale in campionato.&nbsp; Nel 2010 Kallio ed Aleix Espargar&ograve; confermano la posizione dell&rsquo;anno prima (terzo anno consecutivo in ottava posizione) con 109 punti, uno in pi&ugrave; del 2009. Nel 2011 Pramac cambia ancora chiamando Loris Capirossi e Randy De Puniet. Capirex chiude la sua carriera a Valencia correndo con il 58 in onore di Marco Simoncelli, scomparso una settimana prima. La stagione si chiude con 92 punti e la sesta posizione in campionato. Nel 2012 la squadra taglia un traguardo importante, dieci anni in MotoGP. L&rsquo;unico pilota &egrave; Barber&agrave; che ben si comporta chiudendo all&rsquo;ottavo posto con 93 punti e 10 volte in top 10 su 18 gare. Nel 2013 arriva un riconoscimento importante per il team di Paolo Campinoti: Factory Supported Team, ovvero supportato ufficialmente da Ducati dopo questi anni di relazione con le moto di Borgo Panigale. Ducati fornir&agrave; quindi a Pramac tutto il materiale sviluppato direttamente dalla Casa. Iannone e Spies potranno lottare ad armi pari con i team ufficiali. Andrea sar&agrave; la stella della squadra mentre Spies dura solo due gare prima di subire due infortuni pesanti e saltare il resto della stagione. 121 punti ed ottavo posto finale sono il risultato di questa annata.  Da Iannone a Petrucci: 2014-2018  Nel 2014 la squadra torna ad occupare la sesta posizione finale in campionato con 155 punti, Iannone centra 11 top 10 su 18 gare ed Hernandez non sfigura nel confronto interno con il pilota di Vasto. Nel 2015 arriva lo sponsor Octo che fa cambiare il nome del team in Octo Pramac Racing, ma soprattutto arriva Danilo Petrucci al posto di Iannone passato in Ducati ufficiale. Petrux, come Iannone l&rsquo;anno precedente, centra 11 top 10 su 18 gare e soprattutto il podio a Silverstone alle spalle di Valentino Rossi. 169 punti ed ancora sesta posizione finale in campionato Il 2016 non inizia nel migliore dei modi: Petrucci si infortuna in Qatar e viene sostituito da Pirro nelle tre gare successive. Il ternano ritorna in Francia e chiude poi la stagione con 8 top 10, Redding centra il suo primo ed unico podio in MotoGP ad Assen. Pramac chiude ancora una volta al sesto posto con 161 punti.&nbsp; Nel 2017 il team Octo Pramac fa ancora meglio dell&rsquo;anno precedente: Petrucci centra 4 podi, Redding non sfigura nel confronto interno con il ternano e la stagione si chiude con 188 punti e per la prima volta la quinta posizione finale. Nel 2018 Redding viene sostituito da Jack Miller, mentre Petrucci &egrave; ancora la stella del team. Il punteggio finale cresce ancora rispetto all&rsquo;anno precedente e per la prima volta vengono superati i 200 punti, 235 per la precisione ed ancora quinta posizione finale. Da Jack Miller-Bagnaia a Martin-Morbidelli: 2019-2024  Nel 2019 debutta in MotoGP Pecco Bagnaia, firmato da Ducati nel 2018. Il leader della squadra per&ograve; &egrave; Miller, cinque i terzi posti dell&rsquo;australiano, con Bagnaia che centra tre top 10 ed il quarto posto in Australia. 219 punti e sesto posto finale in campionato&nbsp; Nella particolare stagione 2020 con le doppie gare in Europa per via della pandemia, il team Pramac mette insieme complessivamente 5 podi chiudendo al quinto posto con 183 punti. Nel 2021 Miller e Bagnaia traslocano nel team ufficiale ed in Pramac arrivano Johann Zarco ed il rookie spagnolo Jorge Martin. 8 podi complessivi con la perla della prima vittoria di Martin in Stiria. 288 punti e quarta posizione finale in campionato L&rsquo;anno successivo i podi sono ancora 8, quattro per Zarco e quattro per Martin, mentre la posizione finale rimane la stessa dell&rsquo;anno precedente, quarta ed i punti complessivi salgono, 318. A met&agrave; 2022 inoltre arriva lo sponsor Prima Assicurazioni che fa cambiare il nome del team in Prima Pramac Racing. Il 2023 &egrave; forse l&rsquo;anno pi&ugrave; clamoroso per il team Prima Pramac Racing. Arriva Gino Borsoi in qualit&agrave; di Team Manager, Zarco e Martin vanno a punti praticamente in quasi tutte le gare tra Sprint e Main Race comandando da subito la classifica team. Lo spagnolo, poi, vive la sua miglior stagione in assoluto in MotoGP con 4 successi nelle gare lunghe ed 8 vittorie di Sprint, mentre Zarco vince la prima gara in MotoGP in Australia. Prima Pramac Racing al termine del weekend di Lusail &egrave; per la prima volta campione team.&nbsp;             Visualizza questo post su Instagram  Un post condiviso da MotoGP&trade; (@motogp)      Se il 2023 per il team Prima Pramac, il 2024 lo &egrave; ancora di pi&ugrave;: nuovi colori, un Martin pi&ugrave; forte rispetto allo scorso anno e un Morbidelli ritrovato dopo un primo periodo di ambientamento dopo l'incidente nei test privati a Portimao. Lo spagnolo va a punti in quasi tutte le gare salvo alcune eccezioni come gli zeri delle gare lunghe di Jerez e Sachsenring, la Sprint del Mugello e quella dell'Indonesia, decimo al traguardo dopo la caduta nelle battute iniziali quando era davanti a Bagnaia. In mezzo anche un erroraccio strategico nella prima gara lunga di Misano quando &egrave; entrato ai box per montare le gomme rain convinto che la pioggia scendesse pi&ugrave; copiosa. Jorge ha sempre controllato il vantaggio in classifica su Bagnaia non perdendosi d'animo quando Pecco &egrave; passato in testa quelle tre volte in tutta la stagione ed ora si trova a Sepang con 17 punti di vantaggio ed il primo match point per il titolo. Titolo che sarebbe anche la chiusura di un cerchio per Pramac prima di iniziare una nuova vita con Yamaha. Il bilancio di Pramac Racing, quando mancano ancora Sepang e Valencia (o chi per essa) parla di 94 podi, 23 vittorie (14 Sprint e 9 gare lunghe), il titolo team dello scorso anno ed un (possibile) titolo piloti       

La squadra di Paolo Campinoti, dopo i team ufficiali Honda e Yamaha, &egrave; quella pi&ugrave; longeva nel panorama della Top Class

Pramac Racing: dagli inizi al titolo piloti in MotoGP con Martin

        La tradizione del Sol Levante nella classe regina del Motomondiale si arricchisce di un nome nuovo. Parliamo di Ai Ogura, che dopo diversi rumors ha annunciato finalmente il suo passaggio in MotoGP nel 2025 in sella all'Aprilia del team Trackhouse. Ogura, attualmente in lizza per il titolo della Moto2 con la Boscoscuro marchiata MT Helmets - MSI, ha deciso quindi di slegarsi dal progetto Honda per tentare un'avventura tutta nuova, aggiungendo il proprio nome a una lunga lista di giapponesi che ha calcato i palcoscenici della top class.  Da Norick Abe a Nobuatsu Aoki e Tohru Ukawa, passando per Tetsuya Harada, Shinya Nakano, Daijiro Kato, Makoto Tamada, Youichi Ui, Tadayuki Okada, Yuki Takahashi, Hiroshi Aoyama, Tetsuta Nagashima fino a Takaaki Nakagami, unico giapponese attualmente in MotoGP ma sempre pi&ugrave; destinato a lasciare il posto in LCR a Somkiat Chantra. Ai Ogura, Trackhouse e il mito di Daijiro Kato  Alla vigilia dell'annuncio del passaggio in Trackhouse, Ai Ogura ha rilasciato un'intervista a Crash.net in cui ha parlato dei propri eroi del passato, e tra questi c'&egrave; inevitabilmente il gi&agrave; citato Daijiro Kato, scomparso nel 2003 dopo il terribile incidente avvenuto a Suzuka. "Quando guardavo la MotoGP, c'erano Rossi, Stoner, Lorenzo e Pedrosa, quindi per me erano un punto di riferimento &ndash; le parole del nipponico, secondo nel Mondiale Moto2 a -18 dal compagno Sergio Garcia &ndash; ma ho studiato tanto Daijiro, guardavo i suoi video. S&igrave;, lui era il numero uno per me". Ogura, che corre portando sulla tuta i numeri dei compianti Kato e Shoya Tomizawa, ha poi sottolineato: "Per me, Daijiro &egrave; il miglior pilota giapponese della storia. Quando ero bambino, lui se n'era gi&agrave; andato, ma &egrave; sempre stato il mio eroe". Adesso quel bambino cresciuto col mito del campione del mondo 2001 nella classe 250 &egrave; arrivato in MotoGP, e vuole far sognare il suo Paese.  MotoGP Orari, GP Austria 2024: programmazione Sky e TV8        

"Lui era &egrave; il mio eroe, sono cresciuto nel suo mito. Per me &egrave; il pilota giapponese pi&ugrave; forte della storia" le parole del 23enne, che nel 2025 vestir&agrave; i colori Trackhouse

Ai Ogura, in MotoGP nel nome di Daijiro Kato

        La fama planetaria delle imprese sulle due ruote, gli stessi guadagni e persino l&rsquo;identico numero di titoli: per una congiunzione astrale che non si sarebbe pi&ugrave; ripetuta, nel 2005 Valentino Rossi e Lance Armstrong erano accomunati da vari traguardi. A giugno la rivista Forbes li colloc&ograve; entrambi al nono posto nella classifica degli sportivi pi&ugrave; pagati al Mondo, con un reddito annuo di 28 milioni di dollari (23 milioni di Euro). Oltre a essere il primo motociclista di sempre nella Top 10, quell&rsquo;anno il pesarese era il terzo atleta europeo, dietro Michael Schumacher e David Beckham. Il 24 luglio a Parigi lo statunitense conquist&ograve; il suo settimo Tour de France, imitato due mesi dopo a Sepang da Rossi, campione del Mondo per la settima volta a soltanto 26 anni. Sulla carta, l&rsquo;avversario pi&ugrave; duro per Valentino, affiancato questa volta dall&rsquo;amico Colin Edwards, con cui nel 2001 si era preso la 8 Ore di Suzuka, avrebbe dovuto essere Sete Gibernau, sia perch&eacute; il catalano era reduce da due campionati chiusi in seconda posizione che perch&eacute; era stato l&rsquo;unico dei rivali, a parte l&rsquo;inesperto Nicky Hayden, a non aver cambiato team, moto n&eacute; tantomeno pneumatici. Anche Max Biaggi si trov&ograve; nuovamente in sella alla RC211V ma dopo due stagioni con Pons pass&ograve; in HRC, mentre Alex Barros fece il percorso inverso, trovandosi come compagno Troy Bayliss, scaricato dalla Ducati che gli imputava i pochi podi (quattro) in un biennio. Misano 1982: Franco Uncini, in volo verso l'iride Tra novit&agrave; e addii   Al suo posto, a Borgo Panigale arriv&ograve; Carlos Checa, a fianco del riconfermato Loris Capirossi che per&ograve; dovette adattarsi al passaggio dalle Michelin alle Bridgestone. La Ducati, infatti, divenne la squadra di riferimento per lo sviluppo dei giapponesi che divorziarono dalla Honda. Una mossa inattesa perch&eacute; nel 2004, grazie ai pneumatici nipponici, Makoto Tamada vinse due GP e nelle ultime dieci gare totalizz&ograve; 131 punti, lo stesso bottino di Gibernau, meno soltanto del campione del Mondo Rossi. Nel 2005, infatti, tutte e sette le Honda in pista furono gommate Michelin, cos&igrave; come le quattro Yamaha, la Proton e la Moriwaki. Alle Bridgestone si affidarono, oltre alle Ducati ufficiali, anche le Kawasaki e le Suzuki, mentre Blata WCM e la Ducati dell&rsquo;anno precedente portata in pista dal Team D&rsquo;Antin montavano le Dunlop. Tra i big, uno degli ultimi a firmare fu Marco Melandri, reduce da una seconda parte di stagione deficitaria. Ci&ograve; nonostante Fausto Gresini, che lo ingaggi&ograve;, non aveva dubbi: &ldquo;Sono convinto che Marco ha un grandissimo potenziale. Lo abbiamo cercato perch&eacute; &egrave; un pilota italiano e perch&eacute; crediamo nel suo valore. Per la nostra squadra &egrave; un momento impor tante, visto che non avevamo un italiano dal 1999, quando con noi correva Loris&rdquo;. Chi invece salut&ograve; la compagnia fu l&rsquo;Aprilia, perch&eacute; come spieg&ograve; Rocco Sabelli, amministratore delegato della Piaggio che acquis&igrave; la Casa di Noale &ldquo;Rimanere in MotoGP ci costerebbe soltanto soldi e brutte figure. La presenza &egrave; anti-economica, non competitiva e senza influssi positivi&rdquo;. In salita fu, fin da subito, la stagione di Biaggi, fratturatosi il malleolo e l&rsquo;astragalo del piede sinistro mentre si allenava con un Motard il 6 novembre. Operato a Lione, il romano ironizz&ograve;: &ldquo;Mi hanno messo tre viti dell&rsquo;HRC, una fa andare pi&ugrave; forte in rettilineo, l&rsquo;altra mi da pi&ugrave; stabilit&agrave; in curva, la terza toglie il chattering&rdquo;. L&rsquo;unico problema di Valentino fu invece uno scontro sulle nevi di Madonna di Campiglio con uno sciatore romano, che oltre a rompersi l&rsquo;omero lo denunci&ograve; per lesioni colpose. L&rsquo;inverno serv&igrave; alla Honda per rivoluzionare il reparto corse: Koji Nakajima usc&igrave; di scena, rimpiazzato come direttore generale HRC da Tsutomu Ishii, che riport&ograve; ai box Erv Kanemoto, assente nel team ufficiale Honda dal lontano 1988. Un&rsquo;operazione che sembr&ograve; dare i suoi frutti perch&eacute; nel GP inaugurale, a Jerez, la Casa di Tokyo piazz&ograve; sei moto ai primi otto posti. Peccato che davanti a tutti fosse arrivato Rossi, autore di un sorpasso frutto di una sportellata all&rsquo;ultima curva ai danni di Gibernau. Valentino dominatore assoluto  Un segnale inequivocabile che il pesarese volle lanciare dopo che nei test invernali il nemico aveva girato spesso con tempi spaventosi. Sette giorni dopo, in Portogallo, la Honda conferm&ograve; due moto sul podio e si prese pure il successo con Barros. Morale sotto i tacchi invece per Gibernau, che in 16 giri aveva accumulato un secondo e due decimi di vantaggio sul brasiliano e 12 secondi su tutti gli altri prima di scivolare sull&rsquo;asfalto umido. Il debutto in Cina, caratterizzato dal diluvio, vide prevalere nuovamente Rossi: &ldquo;Sulla lavagna dei box leggevo la O e mi chiedevo chi fosse. Sar&agrave; mica un cinese?&rdquo;. Era Olivier Jacque, splendido secondo al debutto con la Kawasaki, con cui firm&ograve; a &ldquo;gettone&rdquo; per i continui problemi fisici di Alex Hofmann. Il dominio del figlio di Graziano continu&ograve; a Le Mans e al Mugello, dove l&rsquo;Italia torn&ograve; a realizzare dopo 37 anni una quaterna in classe regina, al termine di una gara tra le pi&ugrave; spettacolari di quel periodo. Alla premiazione Rossi si present&ograve; con il tocco in testa perch&eacute; in settimana l&rsquo;Universit&agrave; di Urbino gli aveva attribuito la laurea Honoris Causa in Comunicazione e Pubblicit&agrave; per le organizzazioni. La serie vincente del Dottore prosegu&igrave; al Montmel&oacute; e ad Assen, malgrado un sempre pi&ugrave; convincente Melandri, in testa in Olanda per met&agrave; gara e piegato per un secondo e mezzo. Di tutti i piloti Honda, il ravennate risultava fino a quel punto il pi&ugrave; costante: un secondo posto, tre terzi e altrettanti quarti gli valevano 107 punti, a fronte degli 87 di Biaggi e degli 84 di Gibernau. I festeggiamenti di Sepang   Con Valentino a quota 170 punti, non restava che sperare in una rimonta come quella compiuta il mese prima a Istanbul dal Liverpool ai danni del Milan. La Honda torn&ograve; a vincere a Laguna Seca ma, in ottica titolo, fu con il pilota &ldquo;sbagliato&rdquo;, Hayden, appena 60 punti, e ancora una volta Rossi and&ograve; a podio. Non ne approfitt&ograve; Melandri, a terra al primo giro negli USA e al terzo a Donington, con il bagnato che mand&ograve; KO cinque piloti Honda, a beneficio della Suzuki, seconda con Kenny Roberts Jr dietro al Dottore, che al Sachsenring eguagli&ograve; i 76 GP vinti da Mike Hailwood e lo omaggi&ograve; con la bandiera &ldquo;I&rsquo;m sorry Mike&rdquo; (scusa Mike). A Brno, il tricolore torn&ograve; a monopolizzare il podio, ma soltanto per il ritiro di Gibernau, rimasto a secco all&rsquo;ultimo giro dopo essersi alternato al comando con Rossi, vincitore per la nona volta in 11 GP (con un secondo e un terzo posto). In quell&rsquo;istante aveva pi&ugrave; punti (261) rispetto alla somma del secondo (Biaggi) e del terzo (Melandri) nel Mondiale. Il primo match-point, per&ograve;, Rossi lo gett&ograve; alle ortiche tamponando proprio Marco a Motegi. Non fall&igrave; il secondo, con la piazza d&rsquo;onore in Malesia, dietro a Capirex, che dopo essersi sbloccato in Giappone (dopo oltre due anni di digiuno) regal&ograve; a Ducati e Bridgestone le prime vittorie back-to-back. Nemmeno i festeggiamenti con Biancaneve e i Sette Nani placarono la sete di successo del campione, trionfatore pure in Qatar e in Australia prima degli ultimi due podi che gli valsero il nuovo record di punti, 367. Duelli da leggenda: la vittoria del privatissimo Tournadre       

Il quinto titolo consecutivo di Valentino arriv&ograve; dopo una stagione di dominio assoluto: 11 successi e 16 podi in 17 GP e persino una&hellip; laurea. Gibernau, distrutto nel morale dopo la &ldquo;spallata&rdquo; del Dottore a Jerez, lasci&ograve; il ruolo di riferimento Honda ai giovani Hayden e Melandri

MotoGP Story: Valentino Rossi, un 2005 da schiacciasassi

        Se mi lasci non vale. Chiss&agrave; se in Giappone conoscono la canzone di Julio Iglesias. Racconta di una donna ferita nell&rsquo;orgoglio che per reazione decide di andarsene. Fatta eccezione per il genere, ricorda il benservito di Valentino Rossi alla Honda a fine 2003 per passare alla Yamaha, con cui firm&ograve; un biennale per una dozzina di milioni di Euro annui. &ldquo;Non ti sembra un po&rsquo; caro il prezzo che adesso io sto per pagare?&rdquo; recita una strofa di questa hit che fu composta da due italiani, uno dei quali si chiama proprio Rossi (Luciano). Che avrebbe pagato a caro prezzo il trasferimento, la Casa dell&rsquo;Ala Dorata non lo credeva: in fondo, nella stagione appena archiviata le RC211V avevano vinto 15 GP su 16 e ottenuto 38 podi su 48. Le M1 invece non erano andate oltre un unico terzo posto in gara e il settimo nella classifica piloti, complice un motore troppo scorbutico che spediva a terra i piloti con grande frequenza: Alex Barros, per dire, cadde 16 volte. Honda, quanti addii&nbsp;   Oltre a farsi sfuggire Valentino, la Honda commise l&rsquo;errore di consentirgli di portarsi dietro il capotecnico Jeremy Burgess - che prima dei tre titoli con Rossi ne aveva vinti cinque con Mick Doohan e uno con Wayne Gardner - e buona parte dei meccanici (gli australiani Alex Briggs e Gary Coleman e il belga Bernard Ansiau). Al loro fianco i riconfermati Matteo Flamigni e Brent Stephens (neozelandese), team manager Davide Brivio &ndash; determinante per agganciare il pilota pi&ugrave; forte del momento &ndash; mentre a capo del progetto venne posto Masao Furusawa che spieg&ograve;: &ldquo;Abbiamo apportato molti cambiamenti alla nostra organizzazione nelle competizioni. L&rsquo;obiettivo &egrave; mettere Valentino nelle condizioni di correre per vincere gi&agrave; dalla prima gara a Welkom&rdquo;. Un giudizio non condiviso da Rossi, che la Casa di Tokyo aveva blindato fino al 31 dicembre, impedendogli quindi di scendere in pista con la nuova moto a novembre, mentre da met&agrave; dicembre a met&agrave; gennaio i test erano vietati: &ldquo;&Egrave; un handicap pesante perdere un mese e mezzo di test, in pratica ci siamo giocati i primi due GP&rdquo;. I primi test vennero saltati anche da Nicky Hayden, operato alla mano destra per la microfrattura di Valencia, e da Marco Melandri, anch&rsquo;egli finito sotto i ferri. Una delle prime moto a girare fu invece la Ducati, reduce da una vittoria e nove podi e dal quarto posto finale di Loris Capirossi, riconfermato come Bayliss. Rispetto alle moto dell&rsquo;anno prima, girate al team satellite (piloti Neil Hodgson, campione Superbike 2003, e Ruben Xaus), la nuova Desmosedici cambi&ograve; 915 componenti: il motore guadagn&ograve; dieci cavalli, diminu&igrave; il diametro degli steli della forcella, e anche carene, serbatoio e forcellone furono ridisegnati. In direzione opposta a Rossi si mosse Barros, dopo essersi liberato del contratto con l&rsquo;Altadis, i cui due marchi restarono sulle Yamaha: Gauloises per Rossi e Norick Abe, Fortuna per Melandri e Carlos Checa, gestiti da Herv&eacute; Poncharal. Addirittura sei le Honda ufficiali per Hayden e il brasiliano (HRC Repsol), Colin Edwards, Max Biaggi, Makoto Tamada e Sete Gibernau. Il trionfo di Welkom   Ancor prima che Rossi salisse in sella, per&ograve;, Mick Doohan profetizz&ograve;: &ldquo;Valentino &egrave; un leader e la Yamaha non ne ha uno dai tempi di Rainey e Lawson. Potr&agrave; dirigere la squadra, &egrave; quello di cui c&rsquo;&egrave; bisogno. Guardate la Ferrari, finch&eacute; non &egrave; arrivato Michael Schumacher non c&rsquo;era nessuno che desse una direzione&rdquo;. I test in Malesia confermarono la sua tesi e anche le ultime prove, a Jerez, videro nuovamente Rossi davanti a tutti. Il resto &egrave; storia con il debutto in Sud Africa con la pole e la vittoria dopo un&rsquo;avvincente battaglia con Biaggi. Un trionfo celebrato con un bacio alla sua M1 prima di riportarla al parco chiuso: &ldquo;Le dicevo &lsquo;&Egrave; quasi fatta, dai che ci arriviamo&rsquo;. Volevo dimostrare che &egrave; il pilota che conta, non soltanto in gara, ma nell&rsquo;evoluzione della moto, nella preparazione. Una gara cos&igrave; non arriva per miracolo&rdquo;. Quel giorno le altre Yamaha chiusero dal 9&deg; all&rsquo;11&deg; posto, a 36 secondi dal fenomeno di Tavullia. Rientrato in Italia, Valentino si present&ograve; a Fiorano per provare una monoposto Ferrari di F1 e dopo un paio di testacoda nei primi giri scese sotto la barriera del minuto. A Jerez, nel secondo GP stagionale, segnato dalla forte pioggia, Biaggi and&ograve; ancora in fuga, ma con Gibernau che poi ebbe la meglio. L&rsquo;1-2-3 della Honda interruppe la serie record di 23 podi di Valentino che biss&ograve; la quarta piazza a Le Mans. Vincendo ancora, il catalano si port&ograve; a +10 su Biaggi e +15 su Rossi, che non era cos&igrave; attardato dal debutto in 500. Una stagione combattutissima   La risalita cominci&ograve; al Mugello, davanti a 85.169 spettatori, in una gara in due atti: gi&agrave; prima dell&rsquo;interruzione per pioggia il nuovo beniamino della Yamaha era in testa e torn&ograve; a esserlo negli ultimi giri della gara-sprint (sei giri), disputata con le gomme da asciutto sul bagnato. Soltanto la fortuna evit&ograve; conseguenze gravi a Shinya Nakano e Makoto Tamada, vittime dei cedimenti della posteriore Bridgestone, il primo a 300 km/h in pieno rettilineo. Anche al Montmel&oacute; Vale e Sete furono i protagonisti indiscussi, guadagnando un secondo e mezzo in soli cinque giri. L&rsquo;hondista torn&ograve; al comando all&rsquo;inizio del quartultimo giro prima di subire analoga mossa nello stesso punto, due tornate dopo. Ad Assen Rossi infil&ograve; il terzo successo consecutivo, tutti con pochi decimi sull&rsquo;iberico, ma mancando il podio a Rio e in Germania i due fecero rientrare in gioco Biaggi: in Brasile caddero entrambi, al Sachsenring scivol&ograve; soltanto Gibernau con Rossi quarto. Con una vittoria e un secondo posto il romano sal&igrave; a un punto dalla vetta, occupata dal connazionale. Tuttavia vincendo a Donington e approfittando delle debacle altrui, Vale and&ograve; in vacanza con +22 su ambedue. A Brno, dove per la prima volta i due hondisti ricevettero la RCV Evoluzione, il terzetto si ritrov&ograve; sul podio per l&rsquo;ultima volta in stagione: vinse Gibernau. Il sigillo sul titolo iridato   La gioia dell&rsquo;HRC svan&igrave; all&rsquo;Estoril e a Motegi, malgrado una vittoria e un secondo posto per Tamada: Biaggi usc&igrave; dai giochi con due &ldquo;zero&rdquo;, mentre Gibernau con un quarto e un sesto posto piomb&ograve; a -39 da Rossi. Mondiale archiviato? Nemmeno a parlarne perch&eacute; in Qatar, nella foga di rimontare dal penultimo posto in griglia per la controversa penalit&agrave; del pre-gara, il figlio di Graziano fin&igrave; gambe all&rsquo;aria, permettendo a Gibernau, che insieme a Edwards regal&ograve; la prima doppietta al Team Gresini, di riportarsi a 14 punti. Nelle tre gare restanti per&ograve; Valentino si incoll&ograve; al gradino pi&ugrave; alto del podio e gi&agrave; a Phillip Island si riconferm&ograve; campione, eguagliando il back-to-back del 1988 e 1989 di Eddie Lawson, unico iridato in top class per due stagioni di fila con costruttori differenti. Dopo 12 anni di astinenza la Yamaha era di nuovo in cima al Mondo, mentre la Casa pi&ugrave; grande del Mondo masticava amaro.       

Considerato un salto nel buio, lo storico trasferimento di Rossi dalla Honda alla Yamaha si rivel&ograve; un successo immediato: Valentino conquist&ograve; il titolo mettendo in fila l&rsquo;armata HRC

MotoGP Story: 2004, l'anno del trionfo di Valentino Rossi in Yamaha

Se si pensa all&#39;edizione 2004 del Gran Premio d&#39;Italia al Mugello, uno degli episodi che tornano immediatamente in mente agli appassionati &egrave; quello riguardante Shinya Nakano e il suo incredibile volo sul rettilineo, causato dall&#39;esplosione della gomma posteriore della Kawasaki ZX-RR ad oltre 300 km/h.  Era il 6 giugno del 2004 e il tracciato toscano ospitava la quarta tappa del mondiale. Dopo una decina di giri, davanti a tutti la lotta si era ristretta alla Yamaha di Valentino Rossi e alle Honda di Gibernau, Biaggi e Tamada, quest&#39;ultimo poi ritirato a causa di un problema tecnico. Al dodicesimo giro, per&ograve;, accade l&#39;incredibile.    Esplosione a 300 all&#39;ora   Sul rettilineo principale, poco dopo la linea del traguardo, la gomma posteriore della Kawasaki di Shinya Nakano scoppia, disarcionando dalla moto il pilota giapponese che, a gas spalancato, si ritrova per terra a rotolare fino all&#39;ingresso della curva San Donato arrivando addirittura a sfiorare le barriere a lato della pista.  Tra pubblico, telecronisti e meccanici si nota immediatamente la preoccupazione sulle condizioni del numero 56, ma tutti vengono rassicurati dallo stesso Nakano che, mentre viene portato via in barella, alza e muove un braccio mostrando di essere cosciente.  La corsa verr&agrave; poi sospesa a causa delle condizioni meteo dopo 17 giri e, in una gara sprint di sole sei tornate, a vincere sar&agrave; Valentino Rossi dopo una bella bagarre con Sete Gibernau, mentre Max Biaggi chiuder&agrave; in terza posizione.    Soltanto un grande spavento   Alla fine, Shinya se la caver&agrave; senza problemi, prendendo parte il fine settimana successivo al Gran Premio di Barcellona classificandosi in settima posizione e conquistando anche un podio nel corso della stagione, in occasione del GP di casa in Giappone sul circuito di Motegi.  Fortunatamente, quindi, tutto si risolse soltanto con un grande spavento e con una delle immagini pi&ugrave; spettacolari dell&#39;era moderna del Motomondiale, con Shinya che divenne poi il pilota-simbolo dell&#39;avventura in MotoGP della Kawasaki.  SBK, Donington 2011: Il tragicomico incidente di Maxime Berger 

Uno degli incidenti pi&ugrave; spettacolari dell&#39;era moderna, &egrave; quello che ha visto protagonista il pilota della Kawasaki durante il Gran Premio d&#39;Italia. L&#39;esplosione della gomma posteriore, per fortuna, caus&ograve; soltanto un grosso spavento

Mugello 2004: quando Shinya Nakano vol&ograve; a 300 all&#39;ora

Se nelle prime due puntate dei &ldquo;Grandi Duelli&rdquo; abbiamo analizzato il duello a 4 per il Mondiale &#39;98&nbsp;e la rivalit&agrave; Fogarty-Russell a cavallo tra il &#39;93 ed il &#39;94 con Falappa arbitro, questa volta parliamo di un confronto che ha acceso i primi anni 2000: Troy Bayliss contro Colin Edwards.  Che fine ha fatto: Troy Bayliss  L&rsquo;antefatto   Con Fogarty out per infortunio dopo aver centrato Ulm in Australia nel tentativo di recuperare da una brutta partenza, Ducati in emergenza chiama Bayliss dall&rsquo;AMA per sostituire l&rsquo;inglese e combattere contro la nuova e velocissima Honda VTR1000SPW di Colin Edwards che nel frattempo ha le sue belle rogne contro il funambolo giapponese Nori Haga e la Yamaha R7.  Il film del 2000   &nbsp;  La stagione 2000 del Mondiale Superbike &egrave; vissuta tutta sul duello Edwards-Haga per il titolo, vinto alla fine dal texano con la nuova e velocissima Honda VTR1000SPW schierata dalla casa di Tokio per battere Ducati sul suo terreno, il bicilindrico. Fogarty si auto-elimina dalla contesa centrando Ulm in Australia e lasciando campo libero al texano ed al giapponese. A Ducati non resta che sperare in Bayliss. Troy debutta in Giappone ma &egrave; un mezzo disastro, due ritiri. L&rsquo;australiano ritorna poi a Monza e il resto lo conosciamo. Un primo accenno della rivalit&agrave; Bayliss-Edwards parte proprio da Monza con quella &ldquo;monster brake&rdquo; in Prima Variante. Ducati ha trovato l&rsquo;erede di Fogarty nell&rsquo;australiano che ha dato lampi di talento aumentando il feeling con la 996 e le gomme Michelin. Bayliss fa 1&deg; e 4&deg; ad Hockenheim contro il 4&deg; e 2&deg; di Edwards, Misano doppio podio per Bayliss contro un weekend negativo per il texano, a Valencia Bayliss arriva due volte davanti ad Edwards, a Brands Hatch Bayliss 1&deg;/2&deg; contro il 10&deg;/6&deg; di Edwards, ad Assen doppio ritiro di Bayliss contro il 1&deg;/5&deg; di Edwards, Oschersleben doppietta di Colin contro il 3&deg;/2&deg; di Troy, nella seconda visita a Brands Hatch Colin centra il primo titolo in carriera, per Bayliss sesto posto in classifica alla prima apparizione in Superbike.    Il film del 2001: Bayliss strappa il titolo ad Edwards   &nbsp;  La stagione 2001 parte con i favori del pronostico per Colin Edwards, campione uscente chiamato a riconfermarsi. Troy Bayliss inizia il suo primo anno intero in Superbike. La vera sorpresa per&ograve; &egrave; Troy Corser con l&rsquo;Aprilia: l&rsquo;australiano si aggiudica il round di apertura di Valencia con il suo connazionale Bayliss due volte secondo, Edwards 6&deg; e 4&deg;. In Sudafrica Bayliss due volte secondo con Edwards vincitore di gara-1 e ritirato in gara-2, doppio podio per Corser. In Australia vince Edwards con Bayliss terzo l&rsquo;unica gara disputata, gara-2 viene cancellata per maltempo. Dopo il terzo round &egrave; Bayliss al comando della classifica con 96 punti, +8 su Corser e +23 su Edwards.  A Sugo sono i giapponesi a farla da padroni: Tamada vince entrambe le gare, Izutsu, Itoh e Ryo nei primi 5 di gara-1, Izutsu e Serizawa a podio in gara-2. Bayliss ed Edwards? Ai limiti della zona punti in entrambe le gare: 12&deg;/13&deg; il texano, 13&deg;/15&deg; l&rsquo;australiano. Corser torna leader davanti a Bayliss ed Edwards.  Monza, primo spartiacque del 2001. Bayliss finalmente centra le prime due vittorie stagionali con Edwards due volte secondo ma soprattutto Corser incappa in due ritiri clamorosi. Bayliss passa in testa con 147 punti, Edwards secondo e Corser scivola al terzo posto.  Donington, quinto round della stagione. Bayliss incappa in una giornata cos&igrave; cos&igrave; ma limita i danni chiudendo 13&deg; gara-1 e 9&deg; gara-2, Edwards fa 5&deg;/6&deg;, Corser 11&deg;/3&deg;.  Al Lausitzring Bayliss torna sul podio con il secondo posto di gara-1 ed il 1&deg; di gara-2, Edwards quasi lo fotocopia mentre Corser non va pi&ugrave; in l&agrave; di un 5&deg;/7&deg; che comunque lo tiene agganciato al terzo posto. Classifica: Bayliss 202, Edwards 179, Corser 159  Misano, secondo spartiacque della stagione. Bayliss vince gara-1 e chiude secondo gara-2 alle spalle di Ben Bostrom, Edwards &egrave; terzo in gara-1 e soltanto 11&deg; in gara-2 mentre Corser &egrave; 7&deg; e 9&deg; perdendo ulteriore terreno. Classifica: Bayliss 247, Edwards 200, Corser 175, Bostrom 147  A Laguna Seca sale in cattedra il pilota di casa Ben Bostrom. Doppietta perentoria per il pilota Ducati, Corser 3&deg;/2&deg;. Bayliss chiude due volte quarto, Edwards due volte sesto. Il divario tra l&rsquo;australiano di Ducati ed il texano di Honda comincia ad ampliarsi.  Brands Hatch, European round. Come a Laguna Seca, anche in Inghilterra Bostrom detta legge vincendo entrambe le gare, i due pretendenti al titolo si marcano a vicenda: 5&deg;/3&deg; Bayliss, 3&deg;/5&deg; Edwards, peggio fa Corser 8&deg;/13&deg; che perde punti su Bostrom. Classifica: Bayliss 300, Edwards 250, Bostrom terzo a 247 punti, Corser scivola quarto con 222.  Oschersleben, terz&rsquo;ultimo round della stagione. Colpo di scena in gara-1, Bayliss fuori! Vince Edwards con Xaus secondo e Bostrom terzo. Xaus vince gara-2 davanti ad Edwards e Bayliss. L&rsquo;australiano ancora leader ma il vantaggio si assottiglia, 21 punti. Bostrom 3&deg;/4&deg;, male Corser 9&deg;/11&deg;  Assen, penultimo appuntamento stagionale. Troy Bayliss centra una fantastica doppietta e si porta a casa il titolo strappandolo dalle mani di Edwards, 3&deg; e 10&deg;. Bostrom due volte 11&deg;, Corser 6&deg; e 3&deg;  Imola, round finale. Bayliss, campione ad Assen, si presenta per l&rsquo;appuntamento di casa di Ducati con una livrea dedicata a Paul Smart. La livrea non gli porta molta fortuna: in gara-1 centra Laconi e cade rompendosi una clavicola e non parte per gara-2. Edwards sale sul podio in gara-1 e si ritira in gara-2. Gara-1 a Xaus, gara-2 a Laconi, Bostrom chiude terzo nel Mondiale davanti a Corser.  Classifica finale: Bayliss 369, Edwards 333, Bostrom 312, Corser 284.&nbsp;  Il film del 2002   &nbsp;  1-1 e palla al centro tra Bayliss ed Edwards all&rsquo;inizio della stagione 2002, il cerchio perfetto per chiudere la rivalit&agrave; tra i due piloti che negli anni successivi si ritroveranno in MotoGP. Ducati mette in pista la nuova 998F02 mentre Honda l&rsquo;evoluzione della VTR1000, la SP2. Valencia, Phillip Island, Kyalami: 6-0 Bayliss su Edwards. Il Mondiale sembra gi&agrave; ben indirizzato verso Borgo Panigale. Sembra, perch&eacute; in realt&agrave; le insidie sono dietro l&rsquo;angolo. Bayliss 150, Edwards 105  Sugo, quarto round stagionale. Edwards vince gara-1 e chiude secondo gara-2 mentre Bayliss fa 5&deg; e 4&deg;. Colin guadagna 31 punti e riapre per il momento i giochi, 150 a 174.  Monza si tinge di Rosso Ducati. Bayliss domina entrambe le manche mentre Edwards &egrave; 3&deg; e 2&deg;, la forbice tra i due si riapre.  Silverstone, primo round in assoluto sulla pista inglese. Piove a dirotto. Gara-1 vince Edwards mentre Bayliss chiude quinto dopo essere caduto per ben due volte. In gara-2 l&rsquo;australiano si prende la rivincita e vince davanti allo stesso Colin.  Lausitzring, round 7. Troy Bayliss centra la pole e poi segna un&rsquo;altra doppietta portando ad 11 il computo di successi stagionali. Edwards due volte secondo e sembra arrendersi allo strapotere di Troy e della 998F02 Testastretta. La Honda sembra accusare il colpo ma sotto sotto prepara la vendetta.  Misano &egrave; l&rsquo;apoteosi per Ducati e Bayliss. Sul tracciato percorso in senso antiorario, l&rsquo;australiano e la Rossa dominano incontrastati mentre Edwards chiude ancora secondo. Eloquente il computo delle vittorie: 13-2 per l&rsquo;australiano.  La svolta della stagione in favore di Edwards &egrave; la 8 ore di Suzuka. Il texano vince la gara in coppia con Kato. Honda porta degli aggiornamenti per la SP2 Superbike e Colin ne beneficia.  Il round spartiacque &egrave; la gara di casa di Laguna Seca. Livrea speciale per Colin con la bandiera americana sulla moto. Edwards e Bayliss si spartiscono il bottino ma da quel round la sorte del Mondiale si ribalta in favore di Colin.    Brands Hatch, round 10. Nelle qualifiche il primo punto basso di Ducati: Xaus e Bayliss si scontrano con l&rsquo;australiano che ha la peggio rimediando un infortunio al piede. Troy stringe i denti e chiude 3&deg;/2&deg; mentre Edwards fa doppietta. Classifica: Bayliss 441, Edwards 402  Oschersleben, terz&rsquo;ultimo round stagionale. Bayliss ha ancora 39 punti di vantaggio da gestire su Edwards e arrivando sempre secondo il titolo sarebbe nuovamente suo. Edwards segna ancora una doppietta davanti a Troy ed il vantaggio dell&rsquo;australiano scende 29 punti con 4 gare ancora da disputare.  Assen, penultimo round. Il vero turn-around della stagione in favore di Edwards. Texas Tornado vince gara-1 ancora davanti a Bayliss. Il colpo di scena per&ograve; &egrave; in gara-2 con il primo, sanguinoso, errore di Bayliss. Caduta al nono giro ed Edwards che vince balzando in testa al Mondiale.  Imola diventa quindi decisiva per le sorti del titolo. Edwards deve difendere il punticino di vantaggio dopo la vittoria di gara-2, Bayliss deve per forza vincere.  Gara-1. Edwards batte Bayliss per mezzo secondo. Gara che &egrave; stata interrotta per un incidente e poi fatta ripartire e per somma dei tempi il texano confermato vincitore. Edwards guadagna 5 punti, gara-2 decisiva.  I 100000 di Imola vivono una domenica da incorniciare per lo spettacolo messo in scena da Edwards e Bayliss per tutta la seconda manche. Sorpassi, contro sorpassi, Bayliss che rallenta il ritmo per far rientrare Xaus ed infastidire Edwards. Il tutto si risolve all&rsquo;ultimo giro, complice una sbacchettata di Troy all&rsquo;uscita della Piratella dopo un sorpasso tentato ad Edwards.    Edwards taglia per primo il traguardo e vince il suo secondo titolo mondiale in Superbike con 11 punti di vantaggio su Bayliss.  Finisce cos&igrave; una delle rivalit&agrave; pi&ugrave; intense dei primi anni 2000. Non solo rivalit&agrave; ma tanto rispetto tra Troy Bayliss e Colin Edwards.  Imola 2002, Edwards: &ldquo;Una delle gare che ricorder&ograve; per sempre&rdquo; 

In questa puntata della rubrica parliamo della rivalit&agrave; tra Troy Bayliss e Colin Edwards, chiusa con la grande sfida di Imola 2002 ed il secondo titolo di Texas Tornado

SBK: Bayliss-Edwards 2000-2002, rivalit&agrave; e rispetto

Takaaki Nakagami scatter&agrave; dalla pole position nella gara di domani della classe regina. Il giapponese del team Idemitsu LCR Honda di Lucio Cecchinello ha dimostrato di essere nuovamente molto competitivo sul giro secco, diventando il primo poleman giapponese dai tempi di Makoto Tamada e della Honda Pons, che scattarono davanti a tutti nel 2004 a Motegi.  &quot;Ho pensato soltanto a dare il massimo&quot;   &quot;Sono felice - ha riferito Taka al parco chiuso - perch&egrave; senza pressioni riesco ad essere molto veloce non avendo altri pensieri in testa. Mi sono concentrato soltanto sulla guida, spingendo davvero al massimo. Sapevo che potevamo lottare per le posizioni di vertice e, nonostante un piccolo errore nel primo settore, ho raggiunto l&#39;obiettivo massimo per la giornata di oggi. Domani sar&agrave; una giornata ancora pi&ugrave; importante, ma la Honda va forte e abbiamo tutte le carte in regola per raggiungere un ottimo risultato anche in gara&quot;.  Parlando del passo gara, il giapponese si &egrave; detto contento del proprio ritmo: &quot;Sono forte sul giro secco, ma sono tranquillo anche per la gara. Fin dalle FP1 ho trovato un ottimo feeling con la moto e ho un passo con cui posso essere competitivo. Quando si corre nello stesso circuito per due volte riesco ad essere molto veloce, &egrave; accaduto anche nelle scorse occasioni quest&#39;anno, nonostante non ci siano stati grossi cambiamenti sulla moto a parte qualche modifica sull&#39;assetto. Non so ancora quale gomma user&ograve; domani, perch&eacute; sia con le morbide che con le medie siamo competitivi. L&#39;importante sar&agrave; restare davanti fin dalla partenza&quot;.  MotoGP GP Teruel, Rins: &ldquo;Bella qualifica? Il merito &egrave; anche di Quartararo&rdquo; 

Il portacolori del team Honda LCR ha firmato la pole position per il Gran Premio di Teruel. Un risultato che mancava da 14 anni per i colori giapponesi

GP Teruel, Nakagami: &ldquo;Bene sul giro secco, ma sono tranquillo anche per la gara&rdquo;

        Al Twin Ring Motegi. in Giappone, dal 18 al 20 ottobre andr&agrave; in scena il sedicesimo appuntamento con la MotoGP. IL CIRCUITO - Costruito dalla Honda nel 1997, &egrave; situato sulle colline che circondano la citt&agrave; di Motegi, sull&rsquo;Isola di Honsh?, la pi&ugrave; grande del Paese. ? Il nome Twin Ring deriva dall&rsquo;unione dei termini inglese Twin e tedesco Ring e serve ad indicare la presenza su quest&rsquo;area di due tracciati: un ovale e un circuito stradale che si intersecano fra le curve 5-6 e 11-12. ? Le MotoGP utilizzano il circuito stradale che &egrave; contraddistinto da poche curve veloci e moltissime lente, intervallate da rettilinei di media lunghezza: sono addirittura 7 le curve affrontate dalle moto a meno di 100 km/h. ? Proprio l&rsquo;abbondanza di curve da seconda marcia lo rende fin dal suo primo impiego nel Mondiale, nel 1999? uno dei pi&ugrave; impegnativi per i freni complice la difficolt&agrave; di raffreddare i dischi tra una staccata e l&rsquo;altra. ? Il buon grip offerto dal fondo perfetto migliora la coppia frenante scaricata a terra e di conseguenza aumenta le sollecitazioni a cui sono sottoposti i freni. Per queste ragioni il regolamento della FIM impone l&rsquo;uso dei dischi da 340 mm.?Due anni fa, nonostante la pioggia caduta per l&rsquo;intera gara, i primi 9 al traguardo e 13 dei primi 15 hanno impiegato i dischi in carbonio. Merito anche dei tecnici Brembo che li hanno assistiti in pista, spiegando loro le modalit&agrave; per il corretto utilizzo del carbonio con la pioggia. ?Secondo i tecnici Brembo che assistono il 100% dei piloti della MotoGP 2019, il Twin Ring Motegi rientra nella categoria dei circuiti altamente impegnativi per i freni. In una scala da 1 a 5 si &egrave; meritato un indice di difficolt&agrave; di 5, valore identico a Sepang e a due piste europee. ? L&rsquo;IMPEGNO DEI FRENI - Ben 10 delle 14 curve del Twin Ring Motegi richiedono l&rsquo;impiego dei freni e per 5 di queste l&rsquo;utilizzo supera i 4 secondi. Ci&ograve; spiega i 33 secondi al giro di funzionamento dell&rsquo;impianto frenante, equivalente al 32% della gara, tra i valori pi&ugrave; alti del mondiale.? La presenza di 3 frenate di modesta entit&agrave; (da 35 a 92 metri l&rsquo;una) abbassa la decelerazione media che si ferma sugli 1,2 g. comunque superiore al valore fatto registrare dalla Honda Civic Type R in frenata da 100 a 0 km/h.?Sommando tutte le forze esercitate da un pilota sulla leva Brembo del freno dalla partenza alla bandiera a scacchi il valore supera i 930 kg.? LE FRENATE PI&Ugrave; IMPEGNATIVE - Delle 10 frenate del circuito, 5 sono considerate altamente impegnative per i freni, mentre 2 sono di media difficolt&agrave; e 3 sono light.La staccata pi&ugrave; stressante per l&rsquo;impianto frenante e i piloti (1,5 g di decelerazione) &egrave; la curva 11 a 90 gradi: le MotoGP vi arrivano a 308 km/h e frenano per 5,1 secondi necessari a scendere a 86 km/h. In questo intervallo di tempo i piloti esercitano un carico sulla leva di 5,7 kg mentre le moto percorrono 250 metri e la pressione del liquido freno Brembo HTC 64T schizza a 12,3 bar. ? Decelerazioni di 1,5 G si registrano anche alle curve 1, 3 e 5: la 3 in particolare si contraddistingue per lo sforzo richiesto al pilota (5,1 kg sulla leva) e al liquido frenante (11 bar) necessari per frenare da 277 km/h a 93 km/h in 4,2 secondi e 202 metri. ? I valori sono pi&ugrave; contenuti alla curva 5 ma comunque superiori alla media delle altre curve del tracciato: lo spazio di frenata &egrave; di 216 metri in un tempo di 4,8 secondi per una diminuzione di velocit&agrave; di 194 km/h (da 271 km/h a 77 km/h).? PRESTAZIONI BREMBO - Da quando, nel 2004 il GP del Giappone si disputa a Motegi le moto con freni Brembo hanno sempre vinto la gara delle MotoGP: il primo a imporsi fu Makoto Tamada su Honda. E anche i 4 GP del Pacifico corsi a Motegi sono stati vinti dai freni Brembo. Il bilancio delle gare corse a Motegi parla di 9 vittorie per Honda, 5 per Ducati (di cui 3 consecutive con Loris Capirossi), 4 per? Yamaha e 1 per Suzuki. Nelle ultime 8 edizioni 7 volte hanno trionfato i piloti spagnoli e in 3 di queste ha vinto Dani Pedrosa. Nel 2017 ha per&ograve; vinto Andrea Dovizioso. &nbsp;       

La frenata pi&ugrave; stressante per l&rsquo;impianto frenante e per i piloti &egrave; la curva 11, a 90 gradi: le MotoGP arrivano a 308 km/h e frenano per 5,1 secondi per scendere a 86 km/h

MotoGP in Giappone: l’analisi di Brembo

        Il prossimo anno nel mondiale Superbike torner&agrave; a tempo pieno un pilota giapponese particolarmente esperto: Ryuichi Kiyonari. Con pi&ugrave; di 20 anni di esperienza nelle corse e presenze sia in MotoGP sia nel mondiale Superbike, oltre ai campionati nazionali, Kiyonari correr&agrave; con la Honda nel progetto di HRC, che torna in maniera ufficiale nelle derivate di serie.&nbsp; Il 36enne giapponese ha corso recentemente nella categoria JSB1000 nel Campionato All-Japan Road Race. Inoltre ha vinto quattro volte l&rsquo;iconica gara delle 8 Ore di Suzuki. LA TRADIZIONE GIAPPONESE - Con il suo ritorno nel WorldSBK, Kiyonari rilancer&agrave; la lunga tradizione di piloti giapponesi nella classe principale delle derivate di serie, interrotta negli ultimi anni. Kiyonari torna a tempo pieno nel paddock della Superbike dopo 10 anni: ha debuttato infatti nel 2008. Nel 2009 ha ottenuto tre vittorie e ha contribuito a portare a 62 i successi dei rappresentanti del Sol Levante dall&rsquo;inizio della serie.&nbsp; Per la maggior parte, per&ograve; queste vittorie portano la firma di Noriyuki Haga, che &egrave; considerato il pi&ugrave; grande pilota giapponese della storia della SBK. Nelle 10 stagioni disputate tra il 1998 ed il 2009, Haga ha conquistato 43 vittorie e ha lottato per le prime posizioni nell&rsquo;era di Colin Edwards, Troy Bayliss, Troy Corser e James Toseland. Vicecampione del mondo nel 2000, nel 2007 e nel 2009, Haga ha perso il mondiale per pochissimi punti.&nbsp; LA STORIA - E proprio il titolo mondiale manca ancora nella storia del motociclismo nipponico. Il primo pilota giapponese a correre del mondiale Superbike &egrave; stato Takuma Aoki, che ha vinto nel 1996. Poi ci sono stati anche Makoto Tamada, Akira Kagayama e l&rsquo;indimenticabile Norick Abe, che ha corso in SBK nel 2005 e nel 2006, prima di chiudere la propria carriera in MotoGP.&nbsp; Il Giappone non ha conquistato il mondiale ma vanta un record: il pi&ugrave; giovane pilota della storia del campionato - ed il pi&ugrave; giovane di sempre ad essere salito sul podio - &egrave; Yuichi Takeda, vincitore di Gara 1 a Sugo nel 1996, all&rsquo;et&agrave; di 18 anni, 8 mesi e 27 giorni. Da allora il primato &egrave; imbattuto. Ora Kiyonari con il suo ritorno nel mondiale Superbike si prepara a scrivere un&rsquo;altra pagina di storia.       

Ingaggiato da HRC per fare squadra con Camier, Ryuichi Kiyonari fa ripartire la lunga tradizione di piloti giapponesi nel paddock del mondiale Superbike

SBK: con Kiyonari riparte la tradizione giapponese

        La MotoGP &egrave; sbarcata in Giappone per il 16&deg; appuntamento del mondiale, in programma dal 19 al 21 ottobre al Twin Ring Motegi. IL CIRCUITO - Costruito dalla Honda nel 1997, &egrave; situato sulle colline che circondano la citt&agrave; di Motegi, sull&rsquo;Isola di Honsh?, la pi&ugrave; grande del Paese. Il nome Twin Ring deriva dall&rsquo;unione dei termini inglese Twin e tedesco Ring e serve ad indicare la presenza su quest&rsquo;area di due tracciati: un ovale e un circuito stradale che si intersecano fra le curve 5-6 e 11-12. Le MotoGP utilizzano il circuito stradale che &egrave; contraddistinto da poche curve veloci e molte lente, intervallate da rettilinei di media lunghezza: sono addirittura 7 le curve affrontate dalle moto a meno di 100 km/h.   Proprio l&rsquo;abbondanza di curve da seconda marcia lo rende fin dal suo primo impiego nel Mondiale, nel 1999, uno dei pi&ugrave; impegnativi per i freni complice la difficolt&agrave; di raffreddare i dischi tra una staccata e l&rsquo;altra.   Il buon grip offerto dal fondo perfetto inoltre migliora la coppia frenante scaricata a terra e di conseguenza aumenta le sollecitazioni a cui sono sottoposti i freni. Per queste ragioni il regolamento della FIM impone l&rsquo;uso dei dischi da 340 mm. L&rsquo;anno scorso, nonostante la pioggia caduta per l&rsquo;intera gara, i primi 9 al traguardo e 13 dei primi 15 hanno impiegato i dischi in carbonio. Merito anche dei tecnici Brembo che li hanno assistiti in pista, spiegando loro le modalit&agrave; per il corretto utilizzo del carbonio con la pioggia.  Secondo i tecnici Brembo che assistono il 100 per cento dei piloti della MotoGP 2018, il Twin Ring Motegi rientra nella categoria dei circuiti altamente impegnativi per i freni. In una scala da 1 a 5 si &egrave; meritato un indice di difficolt&agrave; di 5, valore identico a Sepang e a due piste europee. L&rsquo;IMPEGNO DEI FRENI &ndash; I tecnici di Brembo hanno divulgato una serie di statistiche interessanti sull&rsquo;utilizzo dei freni a Motegi. Ben 10 delle 14 curve del Twin Ring richiedono l&rsquo;impiego dei freni e per 5 di queste l&rsquo;utilizzo supera i 4 secondi. Ci&ograve; spiega i 35 secondi al giro di funzionamento dell&rsquo;impianto frenante, equivalente al 33 per cento della gara, percentuale record del Mondiale a pari merito con Jerez. La presenza di 3 frenate di modesta entit&agrave; (da 41 a 94 metri l&rsquo;una) abbassa la decelerazione media che si ferma sugli 1,1 g. comunque superiore al valore fatto registrare dalla Honda Civic Type R in frenata da 100 a 0 km/h.   Sommando tutte le forze esercitate da un pilota sulla leva Brembo del freno dalla partenza alla bandiera a scacchi il valore supera i 12 quintali: in pratica l&rsquo;equivalente di 25 esemplari del robot ASIMO progettato dalla Honda ed esposto nel museo interno al Twin Ring Motegi. LE FRENATE PI&Ugrave; IMPEGNATIVE - Delle 10 frenate del circuito 3 sono considerate altamente impegnative per i freni; mentre 4 sono di media difficolt&agrave; e 3 sono light. La pi&ugrave; stressante per l&rsquo;impianto frenante e i piloti &nbsp;&egrave; la curva 11 a 90 gradi, con 1,5 g di decelerazione: le MotoGP vi arrivano a 308 km/h e frenano per 5,2 secondi necessari a scendere a 86 km/h. In questo intervallo di tempo i piloti esercitano un carico sulla leva di 7,6 kg mentre le moto percorrono 263 metri e la pressione del liquido freno Brembo HTC 64T schizza a 13,2 bar.   Decelerazioni di 1,4 g si registrano invece alle curve 1, 3 e 5: quest&rsquo;ultima in particolare si contraddistingue per lo sforzo richiesto al pilota (7,9 kg sulla leva) e al liquido frenante (13,6 bar) necessari per frenare da 270 km/h a 76 km/h in 4,9 secondi e 222 metri.   I valori sono pi&ugrave; contenuti alla curva 3 ma comunque superiori alla media delle altre curve del tracciato: lo spazio di frenata &egrave; di 211 metri in un tempo di 4,4 secondi per una diminuzione di velocit&agrave; di 177 km/h (da 271 km/h a 94 km/h). Prestazioni Brembo - Da quando, nel 2004 il GP del Giappone si disputa a Motegi le moto con freni Brembo hanno sempre vinto la gara delle MotoGP: il primo a imporsi fu Makoto Tamada su Honda. E anche i 4 GP del Pacifico disputati a Motegi sono stati vinti dai freni Brembo. Il bilancio delle gare corse a Motegi &egrave; il seguente: 8 vittorie per Honda, 5 per Ducati (di cui 3 consecutive con Loris Capirossi) e Yamaha, 1 per Suzuki. Nelle ultime 7 edizioni 6 volte hanno trionfato i piloti spagnoli e in 3 di queste ha vinto Dani Pedrosa. L&rsquo;anno scorso ha per&ograve; vinto Andrea Dovizioso.       

La curva pi&ugrave; impegnativa &egrave; la 11, a 90 gradi: le MotoGP arrivano a 308 km/h e frenano per 5,2 secondi per scendere a 86 km/h in 5,2 secondi

MotoGP a Motegi: Brembo la vede così

        La MotoGP si prepara ad approdare sul tracciato giapponese di Motegi per la diciottesima volta. Per gli amanti delle statistiche, MotoGP.com ha elaborato alcuni dati sulla partecipazione del motomondiale sul circuito del Twin Ring.   Dal 2002, anno d&rsquo;inizio dell&rsquo;attuale Campionato del Mondo&nbsp;MotoGP, la Honda ha vinto sei volte.     Dani Pedrosa &egrave; il pilota di maggior successo sulla pista  nipponica, per lui sono tre vittorie nella classe regina, una in 250 e  un in 125cc. Quattro piloti hanno vinto tre GP a Motegi, Loris Capirossi  (tre&nbsp;in MotoGP), Toni Elias (due&nbsp;in 250cc e uno&nbsp;in MotoGP), Mika  Kallio (due&nbsp;in 125cc e uno&nbsp;in 250cc) e Jorge Lorenzo (tre&nbsp;in MotoGP)     Ducati ha vinto quattro volte nella classe regina a Motegi, l&rsquo;ultima porta la firma di Casey Stoner nel 2010. Il miglior risultato  nelle stagioni seguenti sono state le quinte posizioni di Adrea  Dovizioso nel 2014 e nel 2015.     L&rsquo;ultimo giapponese a salire sul podio di Motegi &egrave; stato Hiroshi Aoyama, secondo in 250cc nel 2009.     I piloti di casa hanno realizzato otto vittorie al Twin  Ring:&nbsp;Masao Azuma &ndash; 125cc/1999, Shinya Nakano &ndash; 250cc/1999, Daijiro Kato  - 250cc/2000, Youichi Ui &ndash; 125cc/2001, Tetsuya Harada &ndash; 250cc/2001,  Makoto Tamada &ndash; MotoGP&trade;/2004 e&nbsp;Hiroshi Aoyama &ndash; 250cc nel 2005 e 2006.     Suzuki ha vinto a Motegi con Kenny Roberts Jr nel 1999, il  primo anno del circuito nel calendario mentre&nbsp;nel 2000 centr&ograve; la piazza  d&rsquo;onore. Dopo il 2002 il miglior risultato per la Casa di Hamamatsu fu  una quinta posizione, quella di John Hopkins nel 2005.     Per Maverick Vi&ntilde;ales la gara in Giappone sar&agrave; la centesima.         

La MotoGP approda in Giappone per la diciottesima volta. Pedrosa &egrave; il pi&ugrave; vittorioso, con cinque vittorie nelle tre classi. Ducati ha vinto quattro volte

MotoGP, tutti i numeri di Motegi

Dorna ha diffuso una serie di curiosit&agrave; e statistiche sulla presenza della classe regina al GP del Giappone. Quest'anno sar&agrave; la 17&ordf; occasione in cui si correr&agrave; al&nbsp;circuito di Motegi.  Dall'introduzione della&nbsp;MotoGP a&nbsp;quattro tempi nel 2002, la Honda ha trionfato cinque volte.  Yamaha ha vinto in MotoGP quattro volte, due&nbsp;delle quali nelle ultime&nbsp;due stagioni.  Anche Ducati pu&ograve; vantare quattro vittorie a Motegi: l'ultima risale a quella conquistata da&nbsp;Casey Stoner nel 2010. Da allora, il miglior risultato per la casa di Borgo Panigale &egrave; stato il quinto posto di&nbsp;Andrea Dovizioso nella scorsa stagione.  Suzuki e Kenny Roberts Jr. hanno vinto il primo Gran Premio nella classe regina 500cc&nbsp;tenutosi a Motegi nel 1999. L'anno successivo l'americano concesse il bis; dopo l'introduzione dei quattro tempi,&nbsp;il miglior pazzamento&nbsp;per la casa di Hamamatsu fu il quinto posto di&nbsp;John Hopkins nel 2005.  Dani Pedrosa &egrave; il pilota con il maggior numero di vittorie a Motegi con&nbsp;ben 4 successi:&nbsp;due volte in MotoGP, uno in 250cc e in 125cc. Lo seguono altri quattro piloti a quota tre vittorie: Loris Capirossi (3 x MotoGP), Toni Elias (2 x 250cc, 1 x Moto2), Mika Kallio (2 x 125cc, 1 x 250cc) e Jorge Lorenzo (3 x MotoGP).  Otto i piloti locali che hanno trionfato nel GP di casa:  Masao Azuma - 125cc/1999  Shinya Nakano - 250cc/1999  Daijiro Kato - 250cc/2000  Tetsuya Harada - 250cc/2001  Youichi Ui - 125cc/2001  Makoto Tamada - MotoGP/ 2004  Hiroshi Aoyama - 250cc/2005 e 2006.

Dorna ha diffuso una serie di curiosit&agrave; e statistiche sulla presenza della classe regina al GP del Giappone. Pedrosa il pilota con pi&ugrave; vittorie

MotoGP, corsi e ricorsi a Motegi

  Il Motomondiale torner&agrave; in Brasile nel 2014, all&rsquo; Autodromo Internacional Nelson Piquet de Brasilia (che attende l&rsquo;omologazione della FIM).  Carmelo Ezpeleta, CEO Dorna Sports: &laquo;Il Brasile &egrave; uno dei mercati motociclistici pi&ugrave; importanti del mondo. In sud America la tempistica per la copertura televisiva &egrave; ottima, e in pi&ugrave; tornare qui &egrave; stato uno degli obiettivi di MotoGP da molti anni. Fino ad ora era stato impossibile perch&eacute; come ben sapete la sicurezza &egrave; fondamentale per noi. Credo sia un progetto importante per noi. Attualmente il Brasile &egrave; involucrato in moltissimi progetti come il Campionato del Mondo di calcio e le Olimpiadi, quindi &egrave; anche importante per loro, non solo il Governo federale, ma anche per il promotore IMX che &egrave; una delle compagnie pi&ugrave; importanti in sud America&rdquo;.  L&rsquo;ultima volta della MotoGP in Brasile fu nel 2004, quando Makoto Tamada vinse quello che allora si chiamava Rio Grand Prix.      Segui @motosprint    !function(d,s,id){var js,fjs=d.getElementsByTagName(s)[0];if(!d.getElementById(id)){js=d.createElement(s);js.id=id;js.src=&rdquo;//platform.twitter.com/widgets.js&rdquo;;fjs.parentNode.insertBefore(js,fjs);}}(document,&rdquo;script&rdquo;,&rdquo;twitter-wjs&rdquo;);  

Il Mondiale torna in Brasile

  MISANO (Rimini) mercoledi 14 settembre 2011 &ndash; A pochi giorni dal round di Imola c'&egrave; aria di novit&agrave; in Superbike. Nei test di Misano Melandri ha spinto la Yamaha sette decimi sotto il primato della pista dando paga alla Ducati del dominatore Carlos Checa. Il ravennate ha chiuso con 1'35&rdquo;8 mentre lo spagnolo si &egrave; fermato a 1'36&rdquo;0, comunque meglio rispetto al giro record (1'36&rdquo;520) realizzato durante la doppia marcia trionfale del giugno scorso. E' un sorpasso particolarmente significativo perch&egrave; in quella occasione Marco era andato a picco (terzo con 19&rdquo; di ritardo e poi caduto) perdendo definitivamente contatto con la vetta del Mondiale. Marco ha collaudato con successo le evoluzioni di elettronica (freno motore e controllo di trazione) realizzati con la collaborazione del reparto corse giapponese. E' il segnale che la Yamaha non ha fermato lo sviluppo e attende con impazienza la conclusione della trattativa con il fantomatico investitore anglo-sudafricano che ha messo sul tavolo 8 milioni di &euro; per gestire la struttura ufficiale nelle prossime due stagioni. Se l'affare va in porto Melandri e Laverty resteranno sulla YZF-R1.Collaudo estremamente soddisfacente anche per la Bmw Italia con Ayrton Badovini che, in assenza del team interno (che ha girato solo con il tester Steve Martin) per la prima volta ha indossato i galloni di capitano occupandosi dello sviluppo delle coperture che la Pirelli ha approntato per il round australiano che aprir&agrave; il Mondiale 2012 a fine febbraio. Il biellese ha girato in 1'36&rdquo;1, ad un soffio dai mostri sacri. Deludente invece il provino Superbike di Toni Elias che dopo la scivolata di martedi oggi non ha fatto meglio di 1'37&rdquo;8, sette decimi peggio di Martin che ha smesso di correre cinque anni fa.In Kawasaki il pi&ugrave; veloce &egrave; stato Joan Lascorz, 1'36&rdquo;1. Oggi Vermeluen ha gettato la spugna fermato da dolori al ginocchio destro distrutto anno scorso a Brno. L'australiano non &egrave; pi&ugrave; in grado di guidare e difficilmente correr&agrave; ad Imola. Chris, ex iridato Supersport, a soli 29 anni &egrave; ad un passo dal ritiro. Con Max Biaggi convalescente per la frattura al piede sinistro l'Aprilia ha fatto girare solo il tester Alex Hofmann: 1'36&rdquo;9. I tempi finali (ufficiosi): 1. Melandri (Yamaha) 1'35&rdquo;8; 2. Checa (Ducati) 1'36&rdquo;0; 3. Laverty (Yamaha) 1'36&rdquo;0; 4. Badovini (Bmw) 1'36&rdquo;1; 5. Lascorz (Kawasaki) 1'36&rdquo;1; 6. Sykes (Kawasaki) 136&rdquo;2; 7. Rea (Honda) 1'36&rdquo;7; 8. Hofmann (Aprilia) 1'36&rdquo;9; 9. Martin (Bmw) 1'37&rdquo;1; 10. Xaus (Honda) 1'37&rdquo;4; 11. Elias (Bmw) 1'37&rdquo;8; 12. Tamada (Honda) 1'38&rdquo;8.

Test SBK Misano: Melandri da record

  MISANO (Rimini) martedi 13 settembre 2011 &ndash; Marco Melandri (Yamaha) ha realizzato il miglior tempo in 1'36&rdquo;0 nella prima giornata di test Superbike a Misano. Il leader iridato Carlos Checa (Ducati) si &egrave; fermato a 1'36&rdquo;3, comunque sotto il giro veloce nella gara Mondiale del giugno scorso in 1'36&rdquo;520. Modesto il primo riferimento di Toni Elias sulla Bmw Italia. L' iridato della Moto2 e pilota Honda HRC nella MotoGP non &egrave; andato oltre 1'38&rdquo;1. Con l'altra S1000RR della formazione tricolore Ayrton Badovini &egrave; sceso fino a 1'36&rdquo;8 e perfino il tester Steve Martin (1'37&rdquo;9) &egrave; stato pi&ugrave; veloce dello spagnolo. La Bmw Italia ha dichiarato prima del test che Elias non sar&agrave; il sostituto del ritirato James Toseland nei tre round finali del Mondiale. Assente Max Biaggi per la frattura del piede sinistro, Aprilia ha lasciato a casa anche Leon Camier, ormai sul piede di partenza, concentrando il lavoro di sviluppo sul tedesco Alex Hofmann tester del team. La Honda sta collaudando con Ruben Xaus il ride by wire che dovrebbe servire a migliorare i controlli del motore: per l'adozione in gara per&ograve; manca ancora la deroga regolamentare che dar&agrave; via libera alle marche che non usano questo componente sul modello stradale. I test si chiudono mercoledi.I tempi di martedi (ufficiosi): 1. Melandri (Yamaha) 1'36&rdquo;0; 2. Checa (Ducati) 1'36&rdquo;3; 3. Laverty (Yamaha) 1'36&rdquo;3; 4. Sykes (Kawasaki) 1'36&rdquo;5; 5. Badovini (Bmw) 1'36&rdquo;8; 6. Rea (Honda) 1'36&rdquo;9; 7. Lascorz (Kawasaki) 1'36&rdquo;9; 8. Hofmann (Aprilia) 1'37&rdquo;0; 9. Martin (Bmw) 1'37&rdquo;9; 10. Xaus (Honda) 1'38&rdquo;0; 11. Elias (Bmw) 1'38&rdquo;1; 12. Vermeulen (Kawasaki) 1'38&rdquo;4; 13. Tamada (Honda) 1'39&rdquo;8.                Paolo Gozzi      

 Melandri subito veloce a Misano

      NURBURGRING - Carlos &egrave; stato il pi&ugrave; veloce nelle prove pre Superpole della Superbike al Nurburgring. Lo spagnolo, negli ultimi minuti delle prove, &egrave; andato nuovamente molto forte, chiudendo con 395 millesimi di vantaggio su Eugene Laverty, secondo e a lungo al comando del turno, candidandosi come il pilota pi&ugrave; accreditato a siglare la Superpole. Dietro al nordirlandese della Yamaha si &egrave; piazzato Max Biaggi, terzo, che ha preceduto Leon Hasla, quarto e Michel Fabrizio, quinto. Solo ottavo Marco Melandri, che &egrave; parso un po' in difficolt&agrave; con un distacco dal vertice di quasi due secondi.I tempi delle prove libere pre Superpole 1. Carlos Checa (Althea Racing) Ducati 1098R 1'54.652 2. Eugene Laverty (Yamaha World Superbike Team) Yamaha YZF R1 1'55.047 3. Max Biaggi (Aprilia Alitalia Racing Team) Aprilia RSV4 Factory 1'55.565 4. Leon Haslam (BMW Motorrad Motorsport) BMW S1000 RR 1'56.181 5. Michel Fabrizio (Team Suzuki Alstare) Suzuki GSX-R1000 1'56.200 6. Jakub Smrz (Team Effenbert-Liberty Racing) Ducati 1098R 1'56.459 7. Noriyuki Haga (PATA Racing Team Aprilia) Aprilia RSV4 Factory 1'56.478 8. Marco Melandri (Yamaha World Superbike Team) Yamaha YZF R1 1'56.585 9. Troy Corser (BMW Motorrad Motorsport) BMW S1000 RR 1'56.593 10. Sylvain Guintoli (Team Effenbert-Liberty Racing) Ducati 1098R 1'56.685 11. Leon Camier (Aprilia Alitalia Racing Team) Aprilia RSV4 Factory 1'56.713 12. Mark Aitchison (Team Pedercini) Kawasaki ZX-10R 1'56.858 13. Joan Lascorz (Kawasaki Racing Team) Kawasaki ZX-10R 1'56.864 14. Jonathan Rea (Castrol Honda) Honda CBR1000RR 1'56.886 15. James Toseland (BMW Motorrad Italia SBK Team) BMW S1000 RR 1'56.894 16. Tom Sykes (Kawasaki Racing Team Superbike) Kawasaki ZX-10R 1'57.159 17. Ayrton Badovini (BMW Motorrad Italia SBK Team) BMW S1000 RR 1'57.354 18. Maxime Berger (Supersonic Racing Team) Ducati 1098R 1'57.472 19. Roberto Rolfo (Team Pedercini) Kawasaki ZX-10R 1'58.340 20. Makoto Tamada (Castrol Honda) Honda CBR1000RR 1'58.451                    Guarda gli orari di prove e gare                    Guarda le classifiche del mondiale 2011                    Chi vincer&agrave; al Nurburgring? Gioca al TotoSBK e vinci subito                    Checa &egrave; imbattibile? Di la tua sul forum                    Guarda le date del calendario 2012 del mondiale SBK            

Lo spagnolo precede Laverty, Max Biaggi e Haslam

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