        Qualche settimana fa in queste pagine si &egrave; parlato della grande scuola inglese, che in passato ci ha fornito realizzazioni formidabili. Stavolta parliamo di quella tedesca, che volendo pu&ograve; anche essere definita mitteleuropea, dati i forti legami esistenti in campo motoristico tra Germania, Austria e l&rsquo;ex Cecoslovacchia, con un notevole scambio di progettisti e tecnologie. Passa alla prossima pagina Le tipologie dei compressori | Officina &nbsp; NSU, MZ, DKW e BMW  Qualcuno &egrave; sempre andato per la propria strada mentre altri si sono influenzati l&rsquo;un l&rsquo;altro. E grandi tecnici come Albert Roder sono passati da una Casa all&rsquo;altra prima di arrivare a una collocazione definitiva, che nel suo caso &egrave; stata la NSU. Altri avevano i loro uffici di progettazione indipendenti, e lavoravano in base a contratti con i diversi costruttori. Fondamentale e autentico riferimento anche in altri Paesi fu la DIN, che stabil&igrave; standard talvolta seguiti addirittura a livello mondiale. A differenza dell&rsquo;eredit&agrave; inglese, in questo caso si parla non tanto di modelli famosi (che peraltro non sono mancati), ma di una vera scuola tecnica, alla quale l&rsquo;intero universo motociclistico deve molto. Basti pensare ai motori due tempi, per i quali la DKW mostr&ograve; a lungo la strada, nell&rsquo;anteguerra, non tanto con realizzazioni da corsa ultrasofisticate capaci di dominare la scena per anni, quanto con il sistema di lavaggio Schn&uuml;rle a correnti tangenziali e con pistone piatto (o quasi). Finito il secondo conflitto mondiale lo adottarono tutti. E quando decise di entrare nel mondo delle moto, la Yamaha prese come modello la DKW RT 125 (sicuramente la moto pi&ugrave; copiata del Mondo, cosa sicuramente significativa). Dalle strutture e dai tecnici ex DKW rimasti nella Germania Est ebbe origine la MZ che mostr&ograve; al Mondo come dovevano essere fatte un&rsquo;aspirazione a disco rotante e una marmitta a espansione. Non si trattava di novit&agrave; in senso assoluto ma fu la MZ a portarle agli onori della cronaca, a svilupparle razionalmente e a svelare quali vantaggi potessero fornire. Tornando al periodo pre-bellico, le valvole a lamelle vennero impiegate dapprima dall&rsquo;austriaca Titan e poi, per un breve periodo, dalla DKW. Non sfondarono ma la strada venne indicata. Negli anni Sessanta la Sachs impieg&ograve; su un suo ciclomotore, costruito in numeri considerevoli, una semplicissima valvola a lamelle. Non vi era ancora alcuna pretesa prestazionale. A quella e alla definitiva affermazione di queste valvole unidirezionali avrebbe pensato la Yamaha nel decennio successivo. In quanto alla parte ciclistica, per diverso tempo ebbero grande diffusione sulle moto tedesche i telai a doppia culla in lamiera stampata. La forcella Earles, nata in Inghilterra, conobbe la sua massima diffusione in Germania: pare che fosse particolarmente vantaggiosa nell&rsquo;impiego con i sidecar, assai popolari tra gli appassionati tedeschi. Assolutamente formidabile fu anche il contributo della componentistica tedesca.  Passa alla prossima pagina &nbsp; Il dominio tedesco nella componentistica  Basti pensare ai pistoni Mahle, da sempre al top in Formula 1 (e non soltanto) e alle bielle austriache Pankl che da alcuni anni a questa parte si sono imposte nel loro settore. Per lungo tempo sono stati sinonimo di eccellenza i segmenti G&ouml;tze e i cuscinetti di biella, con relativa gabbia dal disegno particolare, prodotti dalla D&uuml;rkopp. In fatto di metallurgia, di processi produttivi, di trattamenti e lavorazioni non si sbaglia certo ad affermare come la Germania sia stata e sia tutt&rsquo;ora all&rsquo;avanguardia. Largamente impiegato in tutto il Mondo &egrave; il processo fusorio Croning, noto anche come shell molding. Migliaia e migliaia di cilindri per gli scooterini sono stati e vengono tutt&rsquo;ora realizzati cos&igrave;. Del riporto per cilindri nikasil &egrave; addirittura superfluo parlare. Domina incontrastato (o quasi) quando non si impiegano le canne in ghisa, lo conoscono tutti e ha mostrato una strada largamente seguita, quella del rivestimento superficiale in nickel con disperse particelle di materiale di elevata durezza (di norma si tratta di carburo di silicio). Quando gli alberi a gomiti compositi dominavano la scena nei motori di altissime prestazioni, quelli assemblati con il sistema Hirth erano considerati il meglio. E quelli prodotti dalla Hoeckle, usati anche dalle Morbidelli 125 (mondiali negli Anni &lsquo;70), hanno continuato a lungo a essere al top. Alcune scelte tedesche, sicuramente tipiche, di tecnico non hanno praticamente nulla. &Egrave; il caso del cambio a sinistra (mentre in Italia e in Inghilterra come noto era a destra). I sostenitori di tale scelta affermavano che era pi&ugrave; sicura in quanto il freno si azionava con il piede destro: ci&ograve; semplificava le cose a chi guidava anche l&rsquo;automobile. Una soluzione assai impiegata &egrave; stata quella che prevedeva la leva di avviamento e il pedale del cambio sullo stesso asse (con due alberi coassiali dei quali uno cavo e di ridotta lunghezza). In quanto all&rsquo;estetica, talvolta bastava un&rsquo;occhiata per capire che si trattava di una moto tedesca. Molti scooter (popolari negli anni Cinquanta) erano di linea piuttosto &ldquo;pesante&rdquo;. Alcune grandi Case sono diventate famose a livello mondiale grazie alla loro partecipazione ai Gran Premi. &Egrave; tipicamente il caso delle italiane negli anni Cinquanta e delle giapponesi nel decennio seguente. Tra le Case tedesche, nel dopoguerra &egrave; stato notevole l&rsquo;impegno di BMW e DKW, ma su tutte spicca la NSU, che nel biennio 1953-1954 conquist&ograve; alla grande il Mondiale nelle due classi a cui partecipava, 125 e 250. In Germania, come pure in Italia, nel dopoguerra mancarono le grosse cilindrate sportive (le BMW e la Z&uuml;ndapp boxer facevano scuola a s&eacute;), che invece resero celebri a livello mondiale i costruttori inglesi. Le principali Case tedesche non erano di piccole dimensioni. Nell&rsquo;anteguerra la DKW fu per diverso tempo la pi&ugrave; grande del Mondo e attorno alla met&agrave; degli anni Cinquanta tale posizione fu appannaggio della NSU.  Motori a corsa lunga oppure superquadri? | Officina       

La DKW ha scritto la storia del due tempi, ispirando la Yamaha. Ma anche MZ, NSU e BMW e le aziende di componentistica&hellip;

L'austera scuola tecnica tedesca | Officina

        La conquista del mondiale Rally Raid da parte di Ross Evan Branch con l&rsquo;indiana Hero &egrave; un avvenimento storico, tuttavia richiede una contestualizzazione. Il pilota del Botswana (nella foto di copertina) &egrave; riuscito a imporsi grazie alla costanza di rendimento, senza conquistare alcuna gara: Branch &egrave; stato secondo alla Dakar e all&rsquo;Abu Dhabi Desert Challenge, quinto nel BP Ultimate Rally-Raid Transib&eacute;rico in Portogallo e alla Desafio Ruta 40 Argentina e infine terzo nel Rally del Marocco. Fratelli Lawrence, pareggio ma non in banca | Quella (S)Volta Che Il trionfo di Ross Evan Branch e Hero  Ci&ograve; gli ha fruttato 88 punti, essendo il sistema di punteggio identico alla MotoGP con l&rsquo;unica eccezione della Dakar, che essendo un Marathon Rally vanta un moltiplicatore di 1,5 con arrotondamento per eccesso. Cos&igrave;, per la vittoria alla Dakar in Arabia Saudita, Ricky Brabec ha incassato 38 punti, il secondo, ossia Branch, ne ha presi 30, il terzo, Adrien Van Beveren, 24. A fare la differenza &egrave; stata principalmente la mancata presenza dei piloti Honda, Sherco e del Gruppo KTM al secondo round, negli Emirati Arabi: in quell&rsquo;occasione hanno preso il via 45 motociclisti, ma 43 appartenevano alla categoria Rally2. A vincere &egrave; stato Aaron Mare con la Hero ma alle sue spalle, complici i problemi al motore di Branch, sono giunti Konrad Dabrowski e Jean Loup Lepan entrambi su KTM. Tuttavia, appartenendo ambedue alla classe Rally2, il quarto posto assoluto di Branch a quasi 40 minuti dal vincitore si &egrave; tramutato in una seconda piazza per il campionato, che ha fruttato venti punti invece di tredici. In terra lusitana invece Branch ha concluso in settima posizione ma terzo &egrave; giunto Bruno Santos, esponente della Rally2, e quarto Antonio Maio, che non ha preso punti per il campionato. L&rsquo;alfiere Hero &egrave; scalato in quinta posizione, guadagnando 11 punti al posto di nove. In Marocco Branch si &egrave; piazzato sesto nella gara vinta da Daniel Sanders con Luciano Benavides terzo, entrambi su KTM, non iscritta al Mondiale. Inoltre quinto &egrave; arrivato Bradley Cox della Rally2. Ci&ograve; ha permesso a Branch di intascare 16 punti anzich&eacute; 10. Pur avendo vinto la Dakar e in Argentina, Brabec si &egrave; piazzato quarto con 63 punti, avendo saltato, oltre agli Emirati Arabi, pure la gara in Portogallo per impegni precedentemente presi con gli sponsor. Ci&ograve; nonostante avrebbe potuto vincere il titolo se nella prima tappa del Rally del Marocco non avesse avvertito dolori alla gamba destra, tali da costringerlo al ritiro una volta raggiunto il bivacco. Immediato l&rsquo;intervento chirurgico alla tibia, mentre i legamenti, che pi&ugrave; lo preoccupavano, risultano tutt&rsquo;uno con il ginocchio. L&rsquo;obiettivo &egrave; di riprendersi in tempo per cercare il tris alla Dakar dopo i successi del 2020 e 2024 con la Honda. La Casa giapponese si &egrave; consolata con il titolo costruttori, grazie anche alle vittorie di Tosha Schareina in Portogallo, dove &egrave; stato il migliore dell&rsquo;intera competizione, e Marocco, dove &egrave; giunto secondo ma preceduto da Sanders. Se la prima volta di una Casa indiana &egrave; stata &ldquo;rocambolesca&rdquo;, non da meno fu il primo Mondiale di un&rsquo;azienda giapponese, nel 1961. A fine 1960 con il ritiro di Carlo Ubbiali e della MV Agusta, la Honda si ritrov&ograve; campo libero in 250, vincendo 10 degli 11 GP e prendendosi il titolo con Mike Hailwood. Il mese dopo, la Casa dell&rsquo;Ala Dorata fece il bis in Argentina con Tom Phillis, iridato della 125 davanti a Ernst Degner. Il tedesco aveva lasciato la MZ dopo la costruzione del muro di Berlino e la rottura del motore in Svezia, pertanto rinunci&ograve; alla trasferta sudamericana, perdendo il titolo per soltanto due punti. L'impresa di Jonny Davies | Quella (S)Volta Che       

Il titolo Rally Raid vinto dal binomio &egrave; frutto dei risultati e... degli &ldquo;aiuti&rdquo; dei rivali e del regolamento

La prima volta di Ross Evan Branch e Hero | Quella (S)Volta Che

        Paese che vai, talento che trovi. Nel caso di Montecchio, piccolo paesino alle porte di Pesaro, il campione da celebrare &egrave; Silvio Grassetti, 3 volte campione italiano e vincitore di altrettanti GP in carriera.&nbsp;Classe 1936, Grassetti &egrave; cresciuto con la passione per le due ruote nel sangue, essendo suo padre un ex dipendente Benelli, nonch&eacute; gestore di un&rsquo;officina a Pesaro. La carriera di Grassetti inizi&ograve; proprio in sella alla Benelli, con due stagioni da privato ed una successiva da ufficiale nel campionato italiano, prima di debuttare nel 1959 nel mondiale, nella classe 250. Grassetti e i duelli con Read e Agostini  In 15 anni di carriera Grassetti ha guidato una lunga di lista di moto &ndash; Benelli, Bianchi, Moto Morini, Yamaha &ndash; ma i migliori risultati sono arrivati in sella alla ceca Jawa, con la quale nel 1969 &ndash; nella 350 &ndash; conquist&ograve; la seconda piazza finale, alle spalle del solo Giacomo Agostini, del quale era stato anche compagno di squadra in Moto Morini 4 anni prima.&nbsp;Il momento pi&ugrave; alto nella carriera del pesarese doveva per&ograve; ancora arrivare. Nel 1971&nbsp;infatti &ndash; in sella alla MZ &ndash; Grassetti cull&ograve; il sogno di vincere il titolo della 250, grazie a 2 successi nelle prime 3 gare, uno dei quali mitologico tra i curvoni di Spa. In quella occasione&nbsp;riusc&igrave; ad avere la meglio di Phil Read, finito a terra all&rsquo;ultima curva nel culmine del loro incredibile duello per il successo.&nbsp;&nbsp;Un campione di tale caratura non poteva dunque non restare nella memoria della propria cittadina natale, che a circa 7 anni dalla sua scomparsa &ndash; nel settembre 2018 &ndash; ha tolto il velo al monumento che lo effigia, e lo eleva a vero e proprio simbolo di Montecchio. MotoGP, Bagnaia: "Barcellona? Non penso all'anno scorso. E' acqua passata"&nbsp;       

Il piccolo comune pesarese ha voluto ricordare per sempre Silvio, grande protagonista nel mondiale 250 e 350 tra gli anni '60 e '70, nonch&egrave; vicecampione nel '71 alle spalle di Agostini

Montecchio celebra il suo campione: inaugurato il monumento dedicato a Grassetti

        Il pi&ugrave; famoso campionato del mondo su due ruote, in questa stagione raggiunge i tre quarti di secolo di vita. Proprio in occasione di questa data cos&igrave; importante il motomondiale/MotoGP introduce una delle modifiche regolamentari pi&ugrave; importanti della sua storia, stiamo parlando ovviamente della Sprint Race e della nuova struttura del weekend di gara. La classe regina raggiunge questa &ldquo;meta&rdquo; prima della Formula 1, che prese il suo ufficiale inizio un anno dopo quello del mondiale delle moto nel 1950. Sar&agrave; un anno decisivo che decreter&agrave; il fallimento, in caso il format introdotto non dovesse piacere, o al contrario in caso di successo il definitivo rilancio della MotoGP. &Egrave; un periodo difficile per le corse su due ruote, soprattutto per quanto riguarda i prototipi, perch&eacute; in molte zone del pianeta stanno perdendo interesse. Tra queste c&rsquo;&egrave; l&rsquo;Italia che, complice il ritiro di Valentino Rossi, vede i circuiti della penisola sempre meno affollati come di conseguenza anche il pubblico davanti la TV. Quindi con questa mossa la Dorna e la FIM cercano di attirare pi&ugrave; attenzione. Seppur in modo molto breve ripercorriamo questi settantacinque anni del mondiale descrivendo le novit&agrave; pi&ugrave; importanti di anno in anno.  Storia del motomondiale  Il primo gran premio del campionato del mondo fu sull&rsquo;isola di Man nel 1949, quando venne fondata la Federazione Internazionale di Motociclismo. La gara fu vinta da Harold Daniell che si aggiudic&ograve; il primo gradino del podio nella classe 500cc. Daniell fu il primo pilota a completare il primo giro del TT - Tourist Trophy, storica e pericolossisima gara che ancora oggi si corre tra le strade dei paesi locali - del TT dell'Isola di Man, in meno di 25 minuti (24min 52.6sec) e con 91,00 mph (140 km/h) di media, un record che resistette per 12 anni. Per quanto riguarda il titolo mondiale invece venne conquistato dal britannico l&rsquo;ex pilota di aerei Leslie Graham in sella alla AJS 500 - moto originaria dell&rsquo;isola oltre manica. All'epoca le categorie del mondiale erano suddivise 125, 250, 350, e la classe 500cc. Delle prime 26 stagioni della 500cc ben 24 furono vinte da piloti su moto italiane come MV Agusta e Gilera, tra questi uno su tutti &egrave; stato Giacomo Agostini che vinse 15 volte il titolo mondiale. Ricordiamo, inoltre, anche le vittorie dei mitici John Surtees e Mike Hailwood sempre su moto tricolore. Nel 1961 i motori due tempi cominciarono a bussare sempre pi&ugrave; alle porte delle corse, viste le prestazioni superiori rispetto alla tecnologia quattro tempi. La prima casa ad utilizzare una due ruote di questo tipo fu la tedesca MZ che riusc&igrave; a creare una motocicletta che svilupp&ograve; 200 CV.  Passa alla prossima pagina per continuare a scoprire la Storia del motomondiale &nbsp; L'arrivo del Giappone  Con gli anni 70 arriv&ograve; l'egemonia giapponese che ebbe inizio nel 1975 con Yamaha, la prima capace di imporsi sui prototipi europei con Giacomo Agostini in sella, che conquist&ograve; il quindicesimo titolo. Insieme alla casa Iwata anche Suzuki cominci&ograve; la sua vittoriosa carriera nel campionato del mondo con Barry Sheene. Da qui in poi le case del sol levante si aggiudicarono tutte le stagioni dal 1975 al 2007, interrotte solo dal trionfo di Stoner con la Ducati. Con l&rsquo;arrivo negli anni 80 dei fenomeni americani come Wayne Rainey, Freddie Spencer, Eddie Lawson e Wayne Gardner, cominci&ograve; a tornare in modo sporadico anche il motore a quattro tempi fino alla sua definitiva introduzione nel nuovo millennio. Quando nasce la MotoGP? Te lo diciamo nella prossima pagina! &nbsp; La nascita della MotoGP  Il nome attuale della classe regina fu utilizzato per la prima volta nel 2000 quando si decise di &ldquo;rebrandizzare&rdquo; il mondiale su due ruote inaugurando un&rsquo;epoca che dura fino ai giorni nostri. Le novit&agrave; introdotte in questo cambio regolamentare furono: -&nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp; l'introduzione motore 4 tempi; -&nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp; la cilindrata motore a 990cc, invece che 500cc Il primo campione di questa nuova epoca fu Valentino Rossi che vinse nella stagione inaugurale della MotoGP continuando la striscia vincente cominciata qualche anno prima, guadagnandosi il soprannome &ldquo;l&rsquo;uomo dei due mondi&rdquo;. Il 2012 fu un ulteriore anno di cambiamento che vide il ripotenziamento dei prototipi arrivando a 1000cc che sopravvive fino ad oggi.  La MotoGP oggi A settantacinque anni dall&rsquo;esordio il motomondiale apporter&agrave; la terza modifica regolamentare della sua storia. Per la prima volta il mutamento non riguarda le specifiche tecniche della moto, ma bens&igrave; il formato del fine settimana di gara. Come ne stiamo parlando da tempo, il weekend verr&agrave; strutturato diversamente con l&rsquo;inserimento della gara Sprint. Per saperne di pi&ugrave; leggi qui tutti i dettagli a riguardo. Le specifiche tecniche di una MotoGP Se in origine erano moto con 500cc di cilindrata, ora quali sono le caratteristiche di un prototipo del mondiale dopo tutti questi cambiamenti?  Cilindrata: 1000 cc. Potenza massima: attorno ai 270 cv. Velocit&agrave; massima: oltre 350 km/h, (record 363 km/h Mugello 2022 Jorge Martin) Layout motore: V4 o quattro cilindri in linea Peso minimo di 157 Kg senza pilota  Ma la componente che si &egrave; rivelata pi&ugrave; importante rispetto al passato &egrave; l'elettronica, che ovviamente nel 1949 era pressoch&egrave; inesistente. MotoGP 2023: cosa aspettarsi? In questo importante anno i favoriti per il titolo sono Bagnaia e Ducati che hanno sviluppato, dopo diverso tempo, una moto davvero competitiva. Inoltre favorita sar&agrave; l'altra casa italiana, Aprilia, che porta in pista un prototipo e un duo di piloti ottimi, insieme al primo team satellite che la squadra di Noale porta in MotoGP. Comunque, restano sempre tra le prime moto a cui far attenzione la Yamaha e Honda che, nonostante non stiano passando un buon periodo, potrebbero rialzare la testa in fretta. Scopri qui tutti gli appuntamenti della MotoGP 2023        

Con la prima stagione nel 1949 il motomondiale taglier&agrave; un traguardo importante, accompagnato da diverse novit&agrave;

La MotoGP compie 75 anni: il più antico campionato nel motorsport

        Qualche mese fa abbiamo parlato delle soluzioni e delle tecnologie che sono arrivate al nostro settore dal mondo aeronautico. Officina: il volano dimenticato Travaso tecnologico&nbsp;  In effetti il discorso &egrave; ancora pi&ugrave; ampio e pu&ograve; essere opportuno riprenderlo in questa sede. D&rsquo;altronde della ricaduta tecnologica da un campo nel quale i costi hanno ben poca importanza e gli investimenti sono enormi hanno beneficiato anche le aziende automobilistiche, che pure dispongono di mezzi ben superiori a quelli delle case motociclistiche. Non &egrave; fuor di luogo qui ricordare che per lungo tempo in passato marchi famosi a livello mondiale nel settore delle due ruote in effetti hanno utilizzato strutture assai modeste e di risorse limitate. Quando subito dopo la seconda guerra mondiale Bert Hopwood entr&ograve; alla Norton, per la quale progett&ograve; il bicilindrico che si sarebbe evoluto fino ad equipaggiare il famoso Commando, rimase stupito del fatto di avere a disposizione una stanza di due metri e mezzo di lato che doveva condividere con un altro tecnico. Edifici quasi fatiscenti e strutture obsolete completavano il quadro. Non c&rsquo;&egrave; da stupirsi che sia ben presto passato alla BSA, sempre come capo progettista. Da noi le cose andavano decisamente meglio, ma le strutture e le dimensioni erano comunque pressoch&eacute; artigianali (eccezion fatta per Piaggio e Innocenti, che per&ograve; non costruivano motociclette). Di fare vere ricerche e sperimentazioni in campo motociclistico non se ne parlava e la situazione fondamentalmente non &egrave; cambiata fino agli anni Settanta. Di ben altri mezzi ha sempre potuto disporre l&rsquo;industria automobilistica, che per&ograve; risultava molto ridimensionata se la si paragonava a quella aeronautica, che poteva anche contare su un imponente supporto statale e per la quale, come detto, i costi non erano un problema. Logico quindi che per decenni sia stato proprio il settore avio a mostrare la strada, in campo motoristico e a livello di materiali e tecnologie. E che dopo il termine del secondo conflitto mondiale parallelamente alla riconversione di aziende e strutture che avevano lavorato in campo aeronautico ci sia stata anche una autentica migrazione di tecnici di notevole livello verso altri settori, tra i quali spiccavano quelli automobilistico e motociclistico. Aurelio Lampredi  Basta ricordare qui nomi come quello del grande Aurelio Lampredi, al quale sono dovute alcune delle migliori realizzazioni della Ferrari degli anni Cinquanta, a cominciare dal quattro cilindri della monoposto con la quale Alberto Ascari ha conquistato il titolo mondiale nel biennio 1952-1953. Passato poi alla Fiat, il grande tecnico toscano ha realizzato motori che hanno fatto la storia, e ha portato l&rsquo;azienda torinese a mettere in produzione di gran serie i suoi primi modelli con distribuzione bialbero (e con comando a cinghia dentata). Dal settore aeronautico e dalla stessa azienda (le Officine Reggiane, autentica fucina di grandi tecnici) proveniva anche Piero Prampolini, al quale si devono celebri motori di serie come il Mondial 175 monoalbero a cilindro inclinato e i famosi Motobi monocilindrici a uovo. In Germania aveva lavorato in campo aeronautico Kaaden, padre dei moderni motori a due tempi di alte prestazioni. Le sue MZ da competizione hanno mostrato al Mondo cosa si poteva ottenere con l&rsquo;ammissione a disco rotante e con gli scarichi a espansione. L&rsquo;elenco potrebbe continuare ma &egrave; forse il caso di parlare delle tecnologie e delle soluzioni &ldquo;ereditate&rdquo; dal settore avio. Che, guarda caso, sono quasi tutte legate alle realizzazioni motociclistiche di pi&ugrave; elevate prestazioni. Tanto per dire, quando l&rsquo;ingegner Carcano ha realizzato alla Guzzi quell&rsquo;autentico capolavoro della 500 a 8 cilindri, ha adottato una soluzione tipica della scuola aeronautica utilizzando due teste e canne in esse avvitate. Avevano del resto fatto la stessa cosa Gianini con il 500 a quattro cilindri in linea progettato per la stessa casa di Mandello e Lampredi per le sue Ferrari da Gran Premio. E forse non &egrave; stato un caso che nel bellissimo 125 bialbero nato in Cagiva nella seconda met&agrave; degli anni Ottanta sia stata adottata una analoga soluzione e che pi&ugrave; o meno nel medesimo periodo lo stesso Lampredi sia stato consulente della azienda varesina. Quel motore, che aveva il cilindro ruotato di 180&deg; (aspirazione davanti e scarico dietro) e che veniva familiarmente chiamato &ldquo;vitone&rdquo;, &egrave; purtroppo rimasto allo stadio di prototipo. I due alberi a camme, che azionavano quattro valvole, erano comandati da una cinghia dentata. Il Guzzi V8  Un&rsquo;altra soluzione di stampo aeronautico impiegata nel Guzzi V8 era costituita dall&rsquo;impiego di pastiglie in materiale tenero (lega di alluminio o di magnesio) piantate nelle due estremit&agrave; degli spinotti, che non erano quindi vincolati assialmente dai consueti anelli elastici in acciaio. &Egrave; qui opportuno ricordare che in campo aeronautico la sicurezza e l&rsquo;affidabilit&agrave; devono essere ai massimi livelli. Se il motore si ferma l&rsquo;aereo precipita e non si arresta tranquillamente a bordo strada comepossono fare un&rsquo;auto o una moto. Per questa ragione si impiegavano le soluzioni appena descritte, che consentivano di eliminare il rischio di cedimenti della guarnizione della testa e di fuoriuscita degli anellini di ritegno dello spinotto dalle loro sedi. Veniva anche adottata la doppia accensione, con ognuna delle due candele collegata a un circuito indipendente, munito del proprio magnete. Le bielle dotate di fusto con sezione ad H possono sembrare relativamente recenti ma venivano utilizzate dalla Hirth e dalla Argus gi&agrave; negli anni Trenta per i loro motori destinati a velivoli leggeri. Alla ditta Hirth &egrave; anche legato il raffinato metodo di collegamento tra le parti che costituiscono gli alberi a gomiti compositi che va sotto il suo nome. Tale sistema, estremamente costoso, prevede l&rsquo;impiego di dentature frontali e di viti di unione assiali. Nel nostro settore lo hanno impiegato alcuni motori da competizione, come i formidabili bicilindrici NSU 250 vincitori del mondiale nel 1953 e nel 1954.       

Non solo: anche le automobili hanno utilizzato le tecnologie aeronautiche

Officina: dagli aerei alle moto

        La Maglia Azzurra ha vinto il Vintage Veteran Trophy: Enrico Tortoli (KTM 250 GS), Giorgio Grasso (Puch Frigerio 250 F3) e Tullio Pellegrinelli (Puch Frigerio 347 F3) sono saliti sul gradino pi&ugrave; alto del podio coronando il sogno di laurearsi campioni del mondo a squadre nella manifestazione internazionale riservata alle moto d&rsquo;epoca da Regolarit&agrave;. Nella foto sotto Tullio Pellegrinelli  Nella manche conclusiva di cross svoltasi ieri, l&rsquo;Italia ha amministrato con intelligenza il vantaggio di squadra che aveva nei confronti della Germania, concludendo con i propri piloti le rispettive heat a ridosso dei primi: Tortoli ha tagliato il traguardo in terza posizione, Grasso e Pellegrinelli in seconda. Nella foto sotto Giorgio Grasso  Nella foto sotto Enrico Tortoli &nbsp; La quarta e ultima giornata di gara ha cos&igrave; decretato il successo dei piloti della Maglia Azzurra, che hanno concluso il loro FIM Enduro Vintage Trophy in 2.26:10.49; seconda la Germania di Uwe Weber (MZ GT 350), Johannes Steinel (Kramer ER 280) e Sven Roth (Kramer ER 410) che ha concluso in 2:29:05.32 e terzo il Portogallo di Joao Paulo Fragoso (Triumph 650), Antonio Silva (KTM GS 250) e Luis Filipe Guerra (Suzuki PE 250) che ha concluso in 2:39:10.82. Tra le squadre di club iscritte nel Vintage Silver Vase, gli italiani sono saliti sul podio con due squadre: primi i campioni in carica del Moto Club Pantera 1, Maurizio Bettini (SWM GS 175), Luigi Mazzoni (KTM GS 340) e Mario Graziani (Gori G81 280) e terzi i portacolori del Moto Club Pantera, Marco Ghilardi (Ancillotti Rombo 125), Roberto Cancelli (KTM 250 GS) e Carlo Badii (KTM 250 GS). Tra le due compagini toscane si &egrave; piazzato il team spagnolo del Moto Club Cerdanya 1 con i piloti Xavier Castey Soler (Bultaco Frontera 360), Ivan Valverde Gomez (Yamaha It 250) e David Gomez Carrion (Montesa H7 360). Copioli: "Risultato di prestigio" Giovanni Copioli, Presidente FMI: &ldquo;Siamo davvero felici per questo risultato ottenuto in una competizione che in pochi anni ha assunto grande prestigio. L&rsquo;impegno profuso dai piloti e da tutta la squadra &egrave; stato davvero encomiabile e questo ha portato a una grande vittoria. Dopo aver organizzato la manifestazione in Italia nel 2021, oggi ci troviamo ad esserne campioni festeggiano il primo posto in Portogallo: questo dimostra l&rsquo;ottimo stato di salute della regolarit&agrave; italiana. Ringrazio Enrico Tortoli, Tullio Pellegrinelli e Giorgio Grasso che hanno deciso di mettersi ancora in gioco, assecondando la loro infinita passione, e hanno aggiunto un bellissimo tassello alle loro carriere gi&agrave; ricche di successi. Complimenti al Moto Club Pantera, capace di piazzare ben due squadre sul podio, e a tutti gli italiani che hanno partecipato alla gara. In conclusione rivolgo un plauso a tutto il nostro gruppo di lavoro&rdquo;.       

L'Italia grande protagonista a Santiago do Cac&eacute;m, la localit&agrave; portoghese che dal 29 settembre al 2 ottobre ha ospitato il FIM Enduro Vintage Trophy &nbsp;

L'Italia in Maglia Azzurra trionfa nel trofeo Vintage Enduro 2022

        Quattro successi al Tourist Trophy, 28 GP vinti nella 500 e quattro nella 350, ma soprattutto quattro titoli iridati della 500 in un quadriennio e un quadrimestre con le MV Agusta. L&rsquo;esperienza di Mike Hailwood con la Casa varesina sembra legata da un filo invisibile al quattro (lo stesso 28 ne &egrave; un multiplo) che peraltro era anche il numero dei cilindri delle MV da lui guidate, fatta eccezione per la 350 impiegata nel 1965. Ducati Story: Troy Bayliss, una carriera nel segno del Rosso &nbsp; La MV Agusta nel destino   Che fosse scritto nel destino lo si poteva intuire dal 22 aprile 1957, quando Stanley Michael Bailey Hailwood, tre settimane dopo aver compiuto 17 anni, disput&ograve; la sua prima gara. Stanley William Bailey Hailwood, benestante, si fece prestare una MV 125 Competizione per il figlio che lo ripag&ograve; con l&rsquo;11&deg; posto. Cinque giorni dopo a Castle Combe, le MV divennero due, con cui fu quarto in 125 e quinto in 250. Mike guidava una MV anche il giorno che vinse per la prima volta, a Blandford Camp, il 10 giugno 1957, al quarto meeting. La prima annata and&ograve; in archivio con cinque successi, due con la 125, uno con la 175 e i restanti con la 203 cm&sup3;. Dal 1958, per competere nel Mondiale, prefer&igrave; per&ograve; le NSU e le Norton di cilindrata maggiore, a cui si aggiunsero pure Ducati 125 e FB Mondial 250. Tre anni dopo, Mike fu campione del Mondo della 250 con la Honda mentre in 500, con la Norton, mise in pericolo la superiorit&agrave; della MV Agusta. Cos&igrave; al GP Nazioni il Conte gli offr&igrave; di guidare le sue quattro cilindri: nella 350 fu preceduto per cinque secondi da Gary Hocking che invece cadde nella classe regina, permettendogli di imporsi con un giro di vantaggio. Due settimane dopo, in Svezia, Hailwood fu secondo nella 500 e settimo nella 350 per un problema alle valvole, cos&igrave; nel 1962 venne scelto dalla MV per affiancare proprio Hocking in entrambe le categorie ma il Tourist Trophy, nel primo round del Mondiale, cambi&ograve; il corso della storia. Mike conquist&ograve; la Junior con cinque secondi di vantaggio sul compagno che, con la morte nel cuore per l&rsquo;incidente dell&rsquo;amico Tom Phillis, vinse la Senior, salvo annunciare il ritiro. Privato dell&rsquo;unico rivale in grado di infastidirlo, Hailwood vinse in scioltezza le successive cinque gare della 500, con vantaggi compresi tra i 23 secondi di Assen e i 3&rsquo;45&rdquo; dell&rsquo;Ulster GP, con l&rsquo;eccezione dell&rsquo;ultima, a Monza. Remo Venturi realizz&ograve; il giro veloce e gli arriv&ograve; dietro per soltanto mezzo secondo mentre tutti gli altri furono doppiati. Meno fortunata l&rsquo;annata in 350, con i secondi posti in Olanda e al Sachsenring, e il ritiro a Dundrod per un guasto alle valvole. La rinuncia agli ultimi due round gli cost&ograve; la seconda posizione in classifica, a beneficio di Tommy Robb che complet&ograve; la doppietta Honda, con Jim Redman campione. &nbsp; Le sfide, i rivali  Decisamente pi&ugrave; combattuta si annunciava l&rsquo;annata 1963 della mezzo litro per il ritorno della Gilera capitanata da Geoff Duke. La nuova minaccia si pales&ograve; alla Coppa d&rsquo;Oro a Imola, dove le moto di Arcore occuparono i primi due gradini del podio. Al Tourist Trophy, invece, Hailwood conquist&ograve; la Senior con un minuto e tredici secondi sulla prima Gilera e quasi sei minuti sulla seconda, facendo pure segnare il nuovo record sul giro e quello di gara, pur dovendo cambiare a lungo con la mano per problemi alla leva. Ad Assen tuttavia fu fermato da un pistone e le Gilera realizzarono un facile 1-2. Il campione in carica torn&ograve; a far valere la sua legge da Spa, dove doppi&ograve; tutti tranne Phil Read, poi domin&ograve; l&rsquo;Ulster GP diventando il primo uomo a completare un giro a oltre 100 miglia orarie. Al Sachsenring divenne invece il primo al Mondo a conquistare tre GP in un weekend e, non contento, stabil&igrave; pure altrettanti primati sul giro: il doppio successo in 350 (al sabato) e 500 con la MV fu intervallato da quello in 250 con la MZ. La certezza matematica del titolo arriv&ograve; a Tampere, in Finlandia, dove non soltanto doppi&ograve; il secondo arrivato ma gli rifil&ograve; un ulteriore mezzo minuto. Per nulla sazio si aggiudic&ograve; pure il GP Nazioni con due giri di vantaggio e il GP Argentina con un giro di margine. Nella 350, oltre al GP Germania Est conquist&ograve; anche il GP Finlandia dopo una rimonta dalla quinta posizione, fu secondo in Olanda e all&rsquo;Ulster, sempre alle spalle di Redman, mentre al TT e in Brianza fu appiedato dal motore. A differenza delle stagioni precedenti, il Mondiale 1964 inizi&ograve; prestissimo con il GP Usa, il primo valido per il Mondiale, il 2 febbraio. Un&rsquo;occasione che Hailwood attendeva con impazienza dopo le delusioni patite nel 1961 e 1962 con la Norton. Eppure, due ore e mezzo prima della gara della 500 decise di cimentarsi nel record dell&rsquo;ora, appartenente dal 1957 a Bob McIntyre. Dopo aver provato a girare in entrambe le direzioni dell&rsquo;ovale di Daytona, opt&ograve; per il senso orario: il suo ritmo inizi&ograve; a calare dopo 45 giri e cos&igrave; pap&agrave; Stan gli espose il cartello &ldquo;Hurry up&rdquo;. Prese alla lettera l&rsquo;invito a sbrigarsi, concludendo l&rsquo;ora compiendo una distanza di 233,03 km, oltre cinque in pi&ugrave; del primato precedente. &nbsp; Le vittorie, poi la tragedia del 1981   Novanta minuti dopo si schier&ograve; per il GP che vide al comando,vnei primi sei giri, Benedicto Caldarella con la Gilera. Procedendo in coppia, completarono i doppiaggi al diciannovesimo giro ma poi l&rsquo;argentino ruppe il cambio e Hailwood si impose con due giri di margine. Per le classi maggiori il Mondiale ripart&igrave; a giugno, al TT, ma il risultato non cambi&ograve;. Mike vinse con 3&rsquo;23&rdquo; di vantaggio, fece tris ad Assen, poker in Belgio e cinquina a Solitude, confermandosi re della categoria. Trionf&ograve; pure al Sachsenring e al GP Nazioni ma salt&ograve; Ulster e Imatra per un infortunio rimediato in 250 che indispett&igrave; il conte Agusta. Pur dubbioso se proseguire il rapporto con la MV, che comunque gli permetteva di guidare le proprie moto in altre gare, non cambi&ograve; bandiera. A fianco gli fu messo il giovane Giacomo Agostini che mostr&ograve; le sue doti battendolo a Riccione. Hailwood replic&ograve; vincendo a Cervia e Imola e prendendosi i primi sette GP della 500, grazie ai quali conquist&ograve; il quarto titolo di fila, un&rsquo;impresa allora senza precedenti nella classe regina. Numerose invece le rotture con la nuova 350 tre cilindri, che si riscatt&ograve; in extremis permettendogli di vincere il GP Giappone. Il mese successivo Mike the Bike accett&ograve; la corte della Honda e, pur partecipando a gare di ogni tipo e rango, dopo la parentesi in auto non sal&igrave; pi&ugrave; su una MV. La signora in nero lo aspettava su una statale il 23 marzo 1981 sotto forma di un camion che fece un&rsquo;inversione a U. La figlia Michelle mor&igrave; sul colpo, Mike due giorni dopo. Ducati Story, Giancarlo Falappa: talento, cuore e follia       

Il britannico fu capace di conquistare quattro titoli consecutivi della 500 con la Casa italiana e di realizzare numerosi record. Ecco quali

MV Agusta Story: Mike Hailwood, l'inimitabile

        La MV nacque per la riconversione civile di un&rsquo;industria aeronautica, impossibilitata nel 1945 a proseguire l&rsquo;attivit&agrave; a causa della sconfitta militare nella Seconda Guerra mondiale. Ma la scelta di costruire moto fu anche influenzata dalla grande passione che il titolare, il conte Domenico Agusta, nutriva per questo veicolo, e in particolare per le corse motociclistiche. Yamaha Mondiale: Nori Haga, l'uomo che lasci&ograve; il segno senza vincere &nbsp; La nascita del reparto corse   Da questa passione deriv&ograve; fin dall&rsquo;esordio industriale la nascita di un reparto corse che inizialmente fu incaricato di realizzare una versione &ldquo;gara&rdquo; della 98 di serie, con la quale piloti privati e ufficiali gi&agrave; nel 1946 ottennero diverse vittorie. Nel 1948, con il rilancio della classe 125 sia sul mercato che nei circuiti di tutt&rsquo;Europa, la 98 fu sostituita da una ottavo di litro di analoghe caratteristiche da 9 CV a 6800 giri. La pi&ugrave; importante affermazione della MV 125 due tempi fu la vittoria di Franco Bertoni nel GP Nazioni del settembre del 1948 sul velocissimo circuito di Faenza, ma proprio in quell&rsquo;occasione esord&igrave; la Mondial 125 bialbero che, guidata da Francesco Lama, un pilota inattivo da quasi nove anni, dovette rinunciare alla vittoria soltanto per un guasto al serbatoio. &nbsp;Il segnale venne recepito: la MV insistette ancora per un anno con il due tempi, divenuto il pi&ugrave; veloce del Mondo nel suo genere, ma in occasione del GP Olanda del 1950 fece debuttare la sua bialbero che nel 1952, raggiunta un&rsquo;invidiabile competitivit&agrave;, si impose con l&rsquo;inglese Cecil Sandford in tre GP su sei e conquist&ograve; i suoi primi due titoli iridati, essendosi aggiudicata anche il Mondiale marche. Nel 1953 e 1954 la classe 125 vide il predominio della NSU e per contrastarlo non bast&ograve; il grande talento di Sandford e Leslie Graham (che nel 1953 perse la vita al Tourist Trophy nella 500 dopo aver vinto la 125) ai quali si era unito l&rsquo;italiano Carlo Ubbiali (gi&agrave; campione del Mondo nel 1951 con la Mondial). Ritiratasi la NSU alla fine del 1954, la MV bialbero torn&ograve; a essere la moto da battere nella classe 125 e la sua superiorit&agrave; &ndash; espressa da 20 CV a 12.000 giri e circa 200 km/h di velocit&agrave; massima con la carenatura integrale &ndash; le valse fino al 1960 una sequenza di cinque titoli mondiali, tutti per mano di Carlo Ubbiali, interrotta soltanto nel 1957 da Tarquinio Provini su Mondial. Dal debutto ai successi   Complessivamente nella 125 la MV vinse sei titoli piloti e sette costruttori. Dalla 125, il reparto corse MV nel 1955 ricav&ograve; una versione maggiorata a 203 cm&sup3; che erogava 27 CV a 11.000 giri e che si rivel&ograve; subito capace di battersi con le pi&ugrave; forti concorrenti della classe 250, tanto da aggiudicarsi il titolo marche. Dopo un simile debutto, la Casa di Cascina Costa non ebbe dubbi sulla sua permanenza nella 250, e per confermarsi al vertice port&ograve; il motore al limite della cilindrata, guadagnando altri cinque cavalli, sufficienti a far vincere al prodigioso Ubbiali il titolo mondiale 1956. &nbsp;Fu Sandford, il pilota che le aveva procurato il primo successo iridato nella 125, passato alla Mondial, a infrangere nel 1957 la supremazia della MV 250, ma fu soltanto una parentesi: nella stagione successiva la quarto di litro di Cascina Costa, questa volta per mano dell&rsquo;asso piacentino Tarquinio Provini, torn&ograve; in possesso del titolo. Nel 1959, per contrastare l&rsquo;aggressivit&agrave; della MZ a due tempi, la MV mise in campo un&rsquo;inedita 250 bicilindrica bialbero da 37 CV a 12.500 giri con cui Ubbiali si riafferm&ograve; campione del Mondo in quella stagione e in quella successiva. Nella classe 250, a quel punto, la MV aveva totalizzato quattro Mondiali piloti e cinque marche. Alla fine del 1960 il conte Domenico Agusta entr&ograve; in conflitto con la FIM a causa dell&rsquo;aumento &ndash; da lui giudicato eccessivo per i costi connessi &ndash; dei GP in calendario. Il risultato della disputa fu l&rsquo;annuncio del ritiro della MV dalle competizioni nazionali e internazionali di Velocit&agrave;. Ma se il proposito fu mantenuto per le classi 125 e 250, non altrettanto fu per la 350 e la 500, dove il reparto corse continu&ograve; ad assistere i piloti e a sviluppare le moto mascherando l&rsquo;attivit&agrave; con la scritta &ldquo;Privat&rdquo; sui serbatoi accanto al marchio. La quattro cilindri bialbero con cui la MV correva nelle due classi maggiori era nata fra le polemiche nel 1950, quando l&rsquo;ingegner Pietro Remor aveva lasciato la Gilera per progettare a Cascina Costa una nuova mezzo litro. Remor nell&rsquo;anteguerra aveva progettato la prima quattro cilindri da corsa costruita in Italia, la Rondine, divenuta Gilera a partire dal 1936. Da allora era sempre rimasto con la Casa di Arcore fino al clamoroso passaggio alla MV. Si grid&ograve; allora al &ldquo;tradimento&rdquo;, perch&eacute; il nuovo motore si rivel&ograve; praticamente una copia della 500 di Arcore: una differenza consistente era soltanto nelle misure di alesaggio e corsa, 52x58 mm la Gilera, 54x54 la MV. &nbsp; I trionfi nella 500  La 500 esord&igrave; nel GP Belgio, a Francorchamps, nel luglio del 1950. La guidava il bolognese Arciso Artesiani, che la port&ograve; al quarto posto; a Monza, nella corsa successiva, sal&igrave; sul podio al terzo posto, si dimostr&ograve; velocissima, ma evidenzi&ograve; gravi carenze sui circuiti misti. Ridisegnata nella ciclistica e modificata nel motore, nel 1952 la MV 500, grazie anche all&rsquo;ingaggio come prima guida dell&rsquo;asso inglese della AJS, Leslie Graham, stravinse gli ultimi due GP della stagione e si present&ograve; al via del Mondiale 1953 con motivate ambizioni, che furono letteralmente demolite dalla morte di Graham nella corsa d&rsquo;esordio, il Tourist Trophy. Quell&rsquo;anno la squadra di Cascina Costa non si riprese, piuttosto si dedic&ograve; a un ulteriore miglioramento della 500 e all&rsquo;allestimento di una versione di 350 cm&sup3;. Nel 1954 il miglior risultato della mezzo litro fu la vittoria nel GP Spagna con Dickie Dale, e anche l&rsquo;anno dopo riusc&igrave; a imporsi una sola volta, a Monza con Umberto Masetti. Il grande cambiamento avvenne nel 1956 con l&rsquo;ingaggio di John Surtees il quale, appena salito sulla quattro cilindri del conte Agusta, vinse i primi tre Gran Premi e, con la complicit&agrave; di un&rsquo;annata da dimenticare per la Gilera, firm&ograve; sull&rsquo;albo d&rsquo;oro del Motomondiale i primi due titoli della MV (piloti e marche) nella classe regina. In quella stessa stagione Surtees conquist&ograve; un altro primato con la vittoria a Spa sulla MV 350. Nel 1957 si assistette al grande ritorno al vertice della Gilera, ma a fine anno la Casa di Arcore, assieme a Mondial eMoto Guzzi, annunci&ograve; la rinuncia alle corse di Velocit&agrave;. Da quel momento nella 500, per diciassette anni consecutivi, la MV vinse il Mondiale piloti, con Surtees, Gary Hocking, Mike Hailwood, Giacomo Agostini e Phil Read, e per quindici anni si aggiudic&ograve; il titolo marche. A questi aggiunse dieci allori piloti e nove costruttori nella 350, con gli stessi protagonisti escluso Read. Nella storia tecnica del Motomondiale il marchio della MV Agusta, che complessivamente ha totalizzato 75 allori iridati, resta indelebile. Si tratta infatti della Casa in grado di portare al massimo livello il motore a quattro tempi prima della dilagante avanzata del due tempi, arrestata soltanto dall&rsquo;imposizione della MotoGP. Esclusiva, Giacomo Agostini: "La Yamaha &egrave; stata come una famiglia per me"       

Seguendo la passione di Domenico Agusta, la riconversione civile dell'ex industria aeronautica si rivel&ograve; un successo. Andiamo a ripercorrerne le tappe

MV Agusta, alle radici della nascita del mito

Nel novembre del 1959 Shunzo Suzuki incontr&ograve; Soichiro Honda, le cui 125 bicilindriche a quattro tempi avevano debuttato in giugno al Tourist Trophy tornando in Giappone con il Trofeo assegnato al Team. Il colloquio fra i due top manager fu storico: i vertici della Suzuki, delusi da alcune cocenti sconfitte nelle due pi&ugrave; importanti corse giapponesi, le salite ai vulcani Fuji e Asama, erano propensi a cancellare qualsiasi programma che prevedesse investimenti nelle competizioni, ma Soichiro in quell&rsquo;occasione riusc&igrave; a infondere fiducia a Shunzo, convincendolo della competitivit&agrave; della Suzuki 125 &ldquo;Colleda&rdquo;, la due tempi sviluppata da alcuni anni dal reparto esperienze di Hamamatsu guidato dagli ingegneri Takeharu Okano e Masanao Shimizu.  La decisione di iscrivere una squadra Suzuki al TT del 1960 nella &ldquo;Ultralightweight&rdquo; (la 125) fu presa nei primi giorni del nuovo anno e non ebbe ripensamenti; nei sei mesi successivi il lavoro sui due fronti, tecnico e organizzativo, procedette frenetico. Venne progettata una nuova moto siglata RT60 con un inedito motore bicilindrico a due tempi e un telaio derivato dall&rsquo;ultima versione della Colleda da corsa; ma al momento dell&rsquo;iscrizione al TT si verific&ograve; un errore divertente: l&rsquo;incaricato di compilare il modulo, sotto la voce &ldquo;costruttore&rdquo; anzich&eacute; Suzuki scrisse &ldquo;Colleda&rdquo;, un nome derivato da una trasformazione del giapponese &ldquo;Kore da&rdquo;, che significa &ldquo;&Egrave; questo!&rdquo;.  La storia della Suzuki, tra tradizione e famiglia  L&#39;isola di Man   Mentre il reparto corse lavorava sul prototipo della RT60, il 4 febbraio 1960 una pattuglia esplorativa vol&ograve; da Tokyo all&rsquo;Isola di Man con il compito di filmare l&rsquo;intero percorso del Mountain, per conoscere ogni possibile insidia del tracciato e rilevare i raggi di ogni curva e le variazioni di quote. A questi obiettivi si aggiunsero colloqui con personaggi che, si riteneva, conoscessero qualche segreto delle MZ 125 e 250, le due tempi pi&ugrave; potenti in quel momento, e un incontro con l&rsquo;asso britannico Geoff Duke, che spieg&ograve; agli attentissimi giapponesi i segreti della guida al TT e accett&ograve; di trascorrere qualche giorno in Giappone alla Suzuki per provare la RT60 e &ldquo;allenare&rdquo; i piloti. La missione inglese si concluse con una visita allo stabilimento della Triumph e l&rsquo;acquisto di alcune tute e caschi da corsa.  Duke arriv&ograve; ad Hamamatsu il 26 aprile e dopo il primo test della moto ne approv&ograve; il motore, ma sugger&igrave; diverse modifiche alla ciclistica. Il suo apporto fu determinante, ma anche se il sei volte iridato aveva definito la RT60 &quot;La due tempi pi&ugrave; veloce mai provata&quot;, il divario di potenza con la Honda di pari cilindrata a quattro tempi rimaneva enorme: tredici cavalli contro 23 CV! A fine maggio il Team Suzuki, guidato dai manager Okano, Shimizu e Hiroyuki Nakano, con i piloti Mitsuo Itoh, Michio Ichino e Toshio Matsumoto e una squadra di meccanici capeggiati da Yasunori Kamiya approd&ograve; all&rsquo;Isola di Man e fece base all&rsquo;Hotel Fernleigh, dove alloggiava anche la MZ con il suo capotecnico, l&rsquo;ingegner Walter Kaaden, e il suo pilota Ernst Degner. Nel corso delle prove, durante le quali i piloti usufruirono della preziosa consulenza di Duke, Itoh cadde malamente e riport&ograve; ferite al ginocchio destro, per cui fu ricoverato all&rsquo;ospedale Nobles di Douglas, dove si ritrov&ograve; in compagnia di Degner&hellip;  Il debutto della Suzuki al TT conferm&ograve; la scarsa competitivit&agrave; delle RT60. La corsa fu dominata dalle MV ufficiali di Carlo Ubbiali, Gary Hocking e Luigi Taveri, che tagliarono il traguardo nell&rsquo;ordine, e le tre 125 giapponesi si piazzarono al 15&deg; posto con Matsumoto, al 16&deg; con Ichino e al 18&deg; con il britannico Ray Fay, proposto dalla Shell in sostituzione dell&rsquo;infortunato Itoh. Il team torn&ograve; in Giappone, compreso Itoh, che i medici avrebbero voluto trattenere in ospedale, ma che scapp&ograve; dalla finestra per ricongiungersi ai colleghi. Ad Hamamatsu il clima che li accolse non fu di delusione, ma di festa. La spedizione era tornata con due risultati: l&rsquo;affidabilit&agrave; delle moto, tutte giunte al traguardo, e un trofeo in bronzo assegnato a Matsumoto. A capo del reparto corse venne nominato Masazumi Ishikawa, un giovane ingegnere laureatosi negli USA all&rsquo;universit&agrave; del Michigan, e sotto la sua direzione i tecnici si misero al lavoro per organizzare la rivincita e non soltanto nella 125, con la RT61, evoluzione della RT60, ma anche nella 250 con una nuova bicilindrica, la RV61. Con l&rsquo;ingaggio di alcuni noti piloti del Continental Circus, il sudafricano Paddy Driver, lo scozzese Alistair King, il neozelandese Hugh Anderson, futuro campione del Mondo, il Team Suzuki divenne internazionale nel 1961. Eppure, il secondo attacco al Tourist Trophy si risolse in una sonora sconfitta: nella 125 nessuna RT61 concluse la corsa e nella 250, di cinque RV61 partite, soltanto due tagliarono il traguardo: Anderson 10&deg; e Ichino al 12&deg;.  Ernst Degner   Il divario di potenza delle moto di Hamamatsu rispetto alle avversarie si era confermato esiziale. Per azzerarlo sarebbero occorsi tempi lunghi e notevoli investimenti. Oppure&hellip; &ldquo;Ho detto al presidente &ndash; spieg&ograve; Jimmy Matsumiya, uno dei responsabili del team &ndash; che la ricerca e lo sviluppo sono una via economicamente molto rischiosa per risolvere i nostri problemi. La via pi&ugrave; semplice &egrave; ottenere ci&ograve; che funziona gi&agrave; bene&rdquo;. Matsumiya parlava in questo modo perch&eacute; aveva gi&agrave; avvicinato, condividendo con lui la passione per il jazz, il pilota ufficiale e ingegnere della MZ Ernst Degner, strettissimo collaboratore del progettista Walter Kaaden. &ldquo;Vorrei rimanere qui in Inghilterra &ndash; gli aveva confidato Degner &ndash; cosa potresti fare per aiutarmi?&rdquo;.    Degner aveva capito che gli si presentava un&rsquo;opportunit&agrave;, ma aveva paura di essere &ldquo;incastrato&rdquo; da tre personaggi del regime comunista che seguivano sempre gli spostamenti del Team MZ. Cos&igrave; l&rsquo;incontro decisivo avvenne ad Assen, e il contratto fu concluso: Degner si impegn&ograve; per iscritto, in cambio di un sostanzioso ingaggio, a mettere la sua esperienza di tecnico e di pilota al servizio della Suzuki. Fuggire con la famiglia dalla Germania Est, che aveva consolidato il suo isolamento dal Mondo con la costruzione (nel 1961, appunto) del Muro di Berlino, non era affatto facile. Dopo aver vinto a Monza, diventando leader del Mondiale 125, Degner pens&ograve; alla fuga. Un&rsquo;opportunit&agrave; si sarebbe presentata il 17 settembre, in occasione del GP Svezia, ma prima si diede da fare per far fuggire la famiglia. Fra i suoi aiutanti c&rsquo;era un tedesco occidentale, soprannominato &ldquo;Petri&rdquo;, che accett&ograve; di attraversare pi&ugrave; volte la frontiera alla guida della sua Lincoln Mercury, con la scusa di visitare la fiera di Lipsia. Cos&igrave; fece e le guardie di confine si abituarono presto a riconoscere lui e la sua macchina. La Lincoln Mercury aveva un grandissimo baule...  L&igrave; il 13 settembre 1961 la moglie di Degner e i suoi figli, addormentati con una forte dose di calmante, si accomodarono il meglio possibile nel vano nascosto, e la fuga riusc&igrave;. Adesso doveva fuggire Degner. In Svezia, Matsumiya fece in modo di alloggiare nello stesso albergo in cui era ospitata la squadra MZ al completo, e Degner riusc&igrave; a ottenere una camera con finestra sul parcheggio, da cui poteva osservare tutti i veicoli del suo team. Il sabato mattina, giorno della corsa, il pilota vide gli uomini e i mezzi della MZ allontanarsi in direzione del circuito, quindi caric&ograve; tutte le sue cose nel bagagliaio della sua auto e raggiunse il paddock. Al terzo giro della corsa delle 125 la MZ di Degner fu costretta al ritiro per la rottura dell&rsquo;albero motore. Fu guasto fortuito o voluto? Non si &egrave; mai saputo.  La sua vittoria in quella corsa valeva il titolo mondiale, e questo non avrebbe creato nessun problema alla Suzuki, ma avrebbe creato difficolt&agrave; al piano di fuga, visto che il paddock era al centro del circuito ed era possibile uscirne soltanto nell&rsquo;intervallo fra una corsa e l&rsquo;altra. Se avesse terminato la gara, avrebbe dovuto attendere la fine di quella successiva per allontanarsi. Degner, lasciato il paddock, si diresse su una Opel a noleggio, con Matsumiya e un altro giapponese suo assistente, verso il porto d&rsquo;imbarco del ferry-boat per la Danimarca. Il piano era perfettamente riuscito.    Il caso-Degner, divenuto politico oltre che sportivo, dest&ograve; interesse in tutto il Mondo. Ai primi di novembre di quel fatidico 1961 Ernst Degner vol&ograve; per la prima volta in Giappone, con l&rsquo;identit&agrave; &ldquo;Eugen Muller di Zurigo&rdquo;. Pochi mesi dopo, la Suzuki si present&ograve; al via del Mondiale 1962 con moto improvvisamente competitive. Quell&rsquo;anno Degner colse per la Casa giapponese la prima vittoria iridata imponendosi al TT nella classe 50 e facendola seguire da altri tre successi consecutivi che alla fine del campionato, in occasione del GP Argentina, gli fruttarono il titolo della minima cilindrata. In Sud America si registr&ograve; inoltre la doppietta di Anderson, che con la Suzuki vinse sia la classe 50, sia la 125, trionfo premonitore della doppietta che lo stesso binomio avrebbe realizzato nel 1963 cogliendo entrambi i titoli di classe.    Una sfilza di vittorie   Da quel momento in avanti, la storia della Suzuki nel Motomondiale divent&ograve; una continua dimostrazione di capacit&agrave; tecniche straordinarie che, pur avviate in origine da un espediente ben oltre il disinvolto, si manifestarono poi in realizzazioni originali e vincenti, stupefacenti per l&rsquo;azzardo, convincenti per i risultati. Dalla 50 bicilindrica, alla 125 quattro cilindri, all&rsquo;abortita (per via dei nuovi regolamenti della FIM) 50 a tre cilindri. Una sequenza di vittorie e di titoli iridati che si interruppe quando la Suzuki (come le altre Case giapponesi) in disaccordo con la FIM sulle pesanti limitazioni tecniche imposte dal 1968, decise di non partecipare pi&ugrave; ufficialmente al Motomondiale.  Non va comunque dimenticata l&rsquo;ultima Suzuki 125 iridata, la bicilindrica che nel 1970, guidata da Dieter Braun, vinse il confronto con qualificatissime avversarie di pari caratteristiche. Limitata s&igrave;, ma ancora vincente! L&rsquo;impegno tecnico/sportivo di tutte le Case motociclistiche giapponesi si rivolse in quel periodo alle corse della formula Daytona, in grado di garantire un notevole ritorno di immagine nel promettente nuovo mercato delle stradali di grossa cilindrata. Bolidi derivati di serie imposero cos&igrave; nei primi anni Settanta il monopolio giapponese nelle corse americane e poi in quelle europee organizzate sull&rsquo;onda del crescente successo di questa formula. Fra le protagoniste regolari di questi eventi, due Suzuki sviluppate ufficialmente da modelli derivati di serie: la 750 tre cilindri due tempi raffreddata ad acqua e la 500 bicilindrica, anch&rsquo;essa a due tempi ma raffreddata ad aria.  Quest&rsquo;ultima, dimostratasi molto competitiva con i migliori piloti privati della 500 del Motomondiale, si classific&ograve; seconda, terza e quinta nel 1971, dietro l&rsquo;imbattibile MV ufficiale prototipo di Giacomo Agostini. Tale imbattibilit&agrave; venne incrinata due anni dopo dalla comparsa della Yamaha, avanguardia del ritorno delle Case giapponesi nella classe regina con prototipi a due tempi che in breve imposero la resa a qualsiasi motore a quattro tempi. La rivoluzione nella 500 non venne per&ograve; dalla Yamaha, bens&igrave; dalla Suzuki, che nel 1974 fece debuttare una moto due tempi a quattro cilindri disposti in quadrato, raffreddata ad acqua e con alimentazione controllata da dischi rotanti. Venne battezzata RG 500 e affidata all&rsquo;emergente Barry Sheene e al veterano Jack Findlay. Fu una doppia rivoluzione: per la struttura a quattro cilindri in quadrato, mai prima adottata su una 500 GP e ripresa poi da diversi concorrenti, e per la decisione di mettere in vendita a un prezzo abbordabile le repliche della Suzuki 500 ufficiale. Una mossa che cambi&ograve; radicalmente il futuro della 500.  MotoGP, Suzuki in crisi di rendimento: dov&#39;&egrave; finita la costanza? 

La storia nelle corse cominci&ograve; grazie alla musica, passione che avvicin&ograve; Matsumiya, responsabile tecnico della Suzuki, a Degner, pilota-ingegnere della MZ, che a fine 1961 fugg&igrave; dalla Germania Est e port&ograve; il proprio know-how in Giappone. Fu l&rsquo;inizio di un percorso fatto anche di realizzazioni originali capaci di rivoluzionare la 500

La Suzuki e le corse, tutto merito del... Jazz

        Jan de Vries, two-time world champion in the 50 class, has died suddenly at the age of 77 following a heart attack. The Dutch rider passed away in his hometown of Purmerend on Thursday 14 January. The winner of 14 Grand Prix, Jan De Vries also reached the podium on 27 occasions, which makes him the most successful Dutch speed rider of all time, closely followed by Egbert Streuer, the winner of three sidecar championships. The championship "shared" with Nieto  Born on 5 January 1944, he was recruited by Van Veen in the late 60s. In 1967 he won the Dutch national title and in 1971 De Vries won his first world championship in the 50 class, a feat he repeated two years later, in 1973, again with a Van Veen Kreidler. His rivalry with Angel Nieto was legendary, the pair sharing a world title in 1972. At the end of the season the two riders had the same number of points and so the title came down to a time calculation, which saw Nieto win by just 21 seconds and 3 tenths. In 1972, Jan De Vries consoled himself with a second national title. The Dutch rider continued to ride the Kridler throughout his career in the cadet class. He also made three appearances in the 125 class, aboard MZ, scoring seven points in all in 1970. De Vries retired from competition in 1973, having won his second world title. Following his success as a rider, the Dutch champion worked with Van Veen for ten years, preparing race bikes. This even saw him become a mechanic for his biggest rival, Angel Nieto, who was crowned 1975 world champion in the 50cc class aboard a Van Veen-Kreidler. Motosprint extends its condolences to the family and friends of Jan Van De Vries. Translated by Heather Watson Cagiva, Kocinski&rsquo;s winning C593 up for auction       

Two-time world champion in the 50 class, De Vries has passed away following a heart attack

Farewell Jan De Vries, the flying Dutchman

Il due volte campione del mondo della classe 50 Jan de Vries &egrave; morto improvvisamente all&rsquo;et&agrave; di 77 anni per un arresto cardiaco, nella sua citt&agrave; natale di Purmerend. Il pilota olandese &egrave; mancato gioved&igrave; 14 gennaio ma la notizia &egrave; stata divulgata soltanto qualche giorno dopo.  Vincitore di 14 Gran Premi e capace di salire 27 volte sul podio, Jan De Vries &egrave; il pilota olandese di maggior successo di sempre nella velocit&agrave; ed &egrave; secondo soltanto Egbert Streuer, che ha vinto tre titoli mondiali nei sidecar.  Quel mondiale &quot;condiviso&quot; con Nieto   Nato il 5 gennaio 1944, alla fine degli anni &#39;60 era stato arruolato da Van Veen. Nel 1967 conquist&ograve; il titolo di campione nazionale olandese, e nel 1971 De Vries vinse il suo primo mondiale nella classe 50 per confermarsi due anni pi&ugrave; tardi, nel 1973 sempre su una Van Veen Kreidler.  E&rsquo; passata alla storia la sua rivalit&agrave; con Angel Nieto, con il quale nel 1972 ha condiviso un titolo mondiale: alla fine della stagione, infatti, i due si erano piazzati a pari punti, e per assegnare il titolo venne fatto un calcolo dei tempi: Nieto vinse cos&igrave; il mondiale per 21 secondi e 3 decimi. Nel 1972 Jan De Vries si consol&ograve; con la vitoria del suo secondo titolo nazionale.  Per tutta la sua carriera nella classe cadetta rest&ograve; in sella alla Kridler. Fece anche tre apparizioni nella classe 125, in sella ad una MZ, nel 1970, cogliendo in tutto 7 punti.  De Vries si era ritirato dalle competizioni nel 1973, dopo aver vinto il suo secondo mondiale.  Dopo i suoi successi come pilota, il campione olandese ha lavorato per Van Veen per dieci anni come preparatore di motociclette da corsa. Divenne cos&igrave; anche meccanico per il suo pi&ugrave; grande rivale, lo spagnolo Angel Nieto, che si laure&ograve; campione del mondo nella classe 50cc nella stagione 1975 su un Van Veen-Kreidler.  Alla famiglia e agli amici di Jan Van De Vries, le condoglianze di Motosprint.  Lutto nel motociclismo: &egrave; morto Arturo Tiz&oacute;n  &nbsp; 

Due volte campione del mondo della classe 50, perse il terzo titolo per un soffio da Angel Nieto. Se n&rsquo;&egrave; andato per un arresto cardiaco

Addio a Jan De Vries, l&rsquo;olandese volante

        Le classi Moto2 e Moto3 sono tornate in scena: dopo le giornate di prove al Ricardo Tormo adesso &egrave; la volta dei test privati sulla pista di Jerez. Prove utili anche per studiare a fondo la nuova Moto2 motorizzata Triumph e gestita dalla centralina Magneti Marelli.  VR46 PROTAGONISTA - Ieri sono state tante le scuderie impegnate ai box nel luned&igrave; che ha aperto i test. Per lo Sky Racing Team VR46 &nbsp;Luca Marini e il rookie Nicol&ograve; Bulega sono scesi in pista per la Moto2, accompagnati dai colleghi di team della classe cadetta, Dennis Foggia e Celestino Vietti. E proprio due alfieri della compagine guidata da Valentino Rossi sono stati protagonisti delle rispettive classi: Luca Marini, il fratello minore del nove volte iridato, ha siglato il miglior tempo della giornata sull&rsquo;asfalto andaluso, fermando il cronometro sull&rsquo;1&rsquo;41&Prime;827, che &egrave; anche il nuovo record non ufficiale della pista, mentre Dennis Foggia ha spuntato un ottimo secondo tempo in Moto3. MOTO2 -Mettendo a segno &lsquo;solo&rsquo; 36 tornate, Luca Marini ha preceduto di 42 millesimi il britannico Sam Lowes, che invece ha siglato ben 87 giri. Sul podio di giornata lo svizzero Thomas Luthi, tornato in Moto2 dopo aver militato nella classe regina con il Team Marc VDS. Alex Marquez ha piazzato il quarto tempo, a 124 millesimi da Marini, precedendo i connazionali Jorge Navarro e Xavi Vierge. Andrea Locatelli ha stampato l&rsquo;ottavo crono alle spalle del tedesco Marcel Schroetter. A completare la top ten due rookies della Moto2: Nicol&ograve; Bulega, che paga solo un ritardo di 1&Prime;076, e Fabio Di Giannantonio, a 1&Prime;138. Undicesimo tempo per un altro rookie italiano: Enea Bastianini a 1&Prime;302 da Luca Marini. Assente a questo grande inizio perch&eacute; impegnato alla presentazione della scuderia, Jorge Martin, campione del mondo Moto3 e portacolori KTM nella formazione ufficiale della media cilindrata. MOTO3 &ndash; Nella classe cadetta il miglior crono appartiene a Gabriel Rodrigo, in 1&rsquo;47&rsquo;&rsquo;254&rsquo;&rsquo;, ma il portacolori del VR46 Dennis Foggia stampa il secondo tempo a poco pi&ugrave; di 3 decimi di distacco. Quinto tempo fra le Moto3 per Stefano Nepa che precede Riccardo Rossi, mentre Celestino Vietti &egrave; ottavo, a poco pi&ugrave; di 1&rsquo;2&rsquo;&rsquo; di distacco da Rodrigo. Qui i tempi della prima giornata di test. Oggi si replica!        

Nella prima giornata di test privati il fratellino di Rossi stampa il primato ufficioso davanti a Sam Lowes e Thomas Luthi. In Moto3 Gabriel Rodrigo &egrave; il primo della classe cadetta, ma Dennis Foggia &egrave; vicino

Moto2: Luca Marini da record nei test a Jerez

        Avrebbe dovuto essere un giorno di festa perch&eacute; lui era uno dei candidati principali al titolo europeo della classe EMX85, invece Igor Cuharciuc &egrave; stato protagonista di un brutto incidente durante la gara del sabato, che gli &egrave; costata la vita. Se n'&egrave; andato cos&igrave;, sulla pista di Loket, in Repubblica Ceca,&nbsp; Igor, un pilota che aveva 14 anni e aveva fatto dello sport e del motocross il suo obiettivo principale. A soli 7 anni, nel 2010, aveva conquistato il titolo della classe 50 nella sua Moldavia.  Poi era passato di successo in successo, fino a conquistare il quinto posto nella classe 85 South East Zone con una vittoria e tre secondi posti. Questo risultato gli aveva consentito di accedere alla finale one-shot a Loket, in concomitanza con il mondiale di Motocross. Dopo l'incidente la gara &egrave; stata subito fermata e il team medico &egrave; intervenuto immediatamente, insieme all'elisoccorso. Purtroppo, per&ograve;, per Igor non c'&egrave; stato niente da fare. In segno di rispetto, la gara dell'Europeo di Motocross 85 dell'indomani &egrave; stata cancellata. Motosprint si unisce a FIM Europe, alla FIM, a Youthstream, alla ACCR, Federazione della Repubblica Ceca e al Motoclub di Loket esprimendo le condoglianze alla famiglia, agli amici e al team di Igor.       

Il quattordicenne pilota moldavo ha perso la vita in un incidente nella gara dell'Europeo 85 in Repubblica Ceca

Motocross: Igor Cuharciuc muore a Loket

 L'ex-pilota e rinomato ingegnere australiano Warren Willing &egrave; scomparso venerd&igrave; scorso. La carriera di Warren Willing nel mondo del motociclismo ebbe inizio nel&nbsp;1970 nei campionati&nbsp;nazionali in Australia e Nuova Zelanda, prima di entrare nel Campionato del Mondo 750cc. A seguito&nbsp;un tragico incidente in&nbsp;0 in Irlanda del Nord nel 1979, le&nbsp;gravi lesioni alle gambe lo costrinsero&nbsp;al ritiro dalle competizioni.  Due anni pi&ugrave; tardi, inizi&ograve; il suo secondo capitolo, in qualit&agrave; di tecnico e&nbsp;team manager. Il suo pi&ugrave; grande successo &egrave; stato&nbsp;il triplo alloro in&nbsp;500cc conquistato con Wayne Rainey tra il 1990 e il&nbsp;1992, quando lavorava capo-meccanico nel team di "King" Kenny Roberts, autore della stessa tripletta iridata nel decennio precedente.  Nel 2000, fu poi uno degli artefici-chiave della vittoria del figlio del "re",&nbsp;Kenny Roberts Jr, nel team ufficiale Suzuki.  Dal 2004 ha lavorato a stretto contatto con la KTM e, successivamente, al fianco di piloti del calibro di&nbsp;Casey Stoner, Mika Kallio,&nbsp;Julian Simon&nbsp;e Hiroshi Aoyama.  Nel 2011, l'australiano ha avuto una breve esperienza con la MZ Racing, in soccorso del team&nbsp;di Martin Wimmer,&nbsp;che conosceva dai tempi della 8 ore di Suzuka del&nbsp;1987.  Pi&ugrave; di recente, aveva&nbsp;assunto un ruolo di consulenza in Ducati nel periodo di transizione tra l'uscita di Filippo Preziosi e l'ingresso di Gigi Dall'Igna come&nbsp;Direttore Generale e Responsabile Tecnico di Ducati Corse.  

L'ex-pilota ingegnere australiano Warren Willing &egrave; scomparso venerd&igrave; scorso. La sua carriera inizi&ograve; nel 1970. Contribu&igrave; anche ai 3 titoli di Kenny Roberts

La MotoGP perde Warren Willing

  &Egrave; durata solo 24 ore la supremazia della squadra italiana nella classifica del Trofeo Junior dopo la vittoria di tappa di luned&igrave; alla Sei Giorni Enduro del Sachsenring in Germania. La seconda giornata di oggi ha infatti registrato il clamoroso colpo di scena del doppio ritiro di due dei nostri quattro giovani.  A fermarsi sono stati Thomas Oldrati (Husaberg E1) per problemi all'iniezione che ha bloccato la pompa della benzina e Gianluca Martini (Beta E2) tradito dall'accensione per una probabile infiltrazione di fango.  Se il sogno dei giovani in Maglia Azzurra &egrave; svanito, oggi va invece segnalata la bella rimonta della nostra squadra del Trofeo Mondiale terza nella classifica di tappa, recuperando due posizioni anche nella classifica generale dove da quinta &egrave; passata terza. Dei sei nostri piloti oggi ha brillato nuovamente Alex Salvini (Husqvarna) sesto assoluto e terzo della E2, mentre Manuel Monni (KTM E3), nella foto, ha chiuso quattordicesimo assoluto e quarto della E3. Bene anche gli altri azzurri della squadra del Trofeo Mondiale tutti nelle prime quindici posizioni delle proprie classi: Maurizio Micheluz (HM-Honda E1), Oscar Balletti (Beta E2), Mirko Gritti (KTM E3) come pure Deny Philippaerts (Beta E2) apparso oggi in netto recupero dopo una prima giornata in cui non &egrave; mai riuscito ad interpretare nel migliore dei modi le lunghe prove speciale che stanno caratterizzando questa Sei Giorni tedesca.  Chi oggi non ha perso un colpo &egrave; invece stata nuovamente la Francia che ha ancora incrementato il proprio vantaggio in classifica sulla sempre pi&ugrave; sorprendente formazione dell'Australia. Nel Trofeo Junior si &egrave; imposta la Francia, passata dalla quinta posizione di luned&igrave; nella classifica generale addirittura al secondo posto.  Domani nuovo percorso che si trasferir&agrave; nella zona di Schkopau, famosa cittadina sede della mitica MZ e patria dell'enduro "Made in Germania"              come Bergamo in Italia.       CLASSIFICHE UFFICIOSE         Trofeo Mondiale: 1. Francia; 2. Australia a 7'49"; 3. Italia 9'09"; 4. USA 11'10"; 5. Svezia 12'44" .      Generale: 1. Francia; 2. Australia 12'00"; 3. Italia 16'00"; 4. Finlandia 18'00"; 5. Spagna 19'00"; 6. USA 20'00".      Trofeo Junior: 1. Francia; 2. Gran Bretagna 2'22"; 3. USA 5'40"; 4. Australia 8'30"; 5. Svezia 9'15"      Generale: 1. Gran Bretagna; 2. Francia 038"; 3. USA 6'00"; 4. Australia 7'00".        Dario Agrati  

2&deg;&nbsp;giorno. Italia Junior sfortunata

Sei Giorni Enduro in Germania

  &nbsp;Lo spagnolo Pol Espargar&ograve; (Kalex) &egrave; stato il pi&ugrave; veloce nel primo turno di prove libere del Gp del Mugello classe Moto2.  Il pilota del Team Pons ha fatto segnare il tempo 1.53.139, mentre alle sue spalle c'&egrave; il pilota italiano Andrea Iannone (SpeedUp) staccato di soli 90 millesimi di secondo. Terzo tempo per lo svizzero Thomas Luthi (Suter) quindi l'inglese Bradley Smith (Tech3) con il quarto tempo. Simone Corsi (FTR) &egrave; in sesta posizione alle spalle di Marc Marquez (Suter). Solo nono Claudio Corti (Kalex), mentre Alex De Angelis (FTR) ha chiuso con il 14/o tempo in 1.54.521.&nbsp;  A terra &egrave; finito Mike di Meglio con la MZ che sta usando al posto della SpeedUp che ora &egrave; nelle mani di Andreozzi. Cambio anche nel team Desguaces la Torre con Massimo Roccoli che in questa gara &egrave; sulla Bimota che era di Angel Rodriguez.&nbsp;

Lo spagnolo subito veloce, Andrea a 90 millesimi

Mugello: Espargar&ograve; davanti a Iannone

  E' il portoghese Miguel Olivera (Suter-Honda) il pi&ugrave; veloce del secondo turno di prove libere della Moto3, con il tempo 1.59.753.  Alle spalle di Oliveira c'&egrave; il tedesco Sandro Cortese (KTM) staccato di 0,271s, mentre il terzo tempo di questa sessione &egrave; di Maverick Vinales (FTR-Honda).  Bene Niccol&ograve; Antonelli (FTR-Honda)che ha ottenuto il sesto tempo a 0,881s da Oliveira. Si &egrave; fatto vedere anche Alex Marquez, fratello minore di Marc Marquez, il protagonista della Moto2, che ha ottenuto il nono tempo nel secondo turno di prove libere del Gp di Spagna, collezionando anche una scivolata. Alex marquez corre come wild card nel Gp di Spagna, poich&egrave; attualmente impegnato nel CEV.&nbsp;  Il secondo turno delle libere della moto3 si &egrave; svolto sotto la pioggia, che non ha mai smesso di disturbare le attivit&agrave; in pista. Solo 21/o Romano Fenati (FTR-Honda) che nella prima sessione di questa mattina aveva fatto segnare il miglior tempo. Meglio di lui in questa occasione ha fatto Alessandro Tonucci (FTR-Honda) che ha chiuso in 19/a posizione.  Ecco i tempi della seconda sessione di libere della Moto3 a Jerez:      1Miguel OLIVEIRA Suter Honda1'59.753    2Sandro CORTESE KTM2'00.024    3Maverick VI&Ntilde;ALES FTR Honda2'00.029    4Jakub KORNFEIL FTR Honda2'00.141    5Luis SALOM Kalex KTM2'00.296    6Niccolo ANTONELLI FTR Honda2'00.634    7Efren VAZQUEZ Honda &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp;2'00.644    8Adrian MARTIN Honda &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp;2'00.762    9Alex MARQUEZ Suter Honda2'00.980    10Jack MILLER Honda &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp;2'00.981    11Zulfahmi KHAIRUDDIN KTM &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp;2'01.179    12Brad BINDER Kalex KTM2'01.212    13Danny KENT KTM &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp;2'01.262    14Jasper IWEMA FGR Honda2'01.319    15Alberto MONCAYO Kalex KTM2'01.510    16Louis ROSSI FTR Honda2'01.536    17Isaac VI&Ntilde;ALES FTR Honda2'01.633    18Danny WEBB Mahindra2'01.763    19Alessandro TONUCCI FTR Honda2'01.848    20Hector FAUBEL Kalex KTM2'02.066    21Romano FENATI FTR Honda2'02.160    22Marcel SCHROTTER Mahindra2'02.313    23Josep RODRIGUEZ FTR Honda2'02.719    24Alex RINS Suter Honda2'02.730    25Arthur SISSIS KTM &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp;2'02.950    26Niklas AJO KTM &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp;2'03.072    27Kenta FUJII TSR Honda2'03.265    28Luigi MORCIANO Ioda &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp;2'03.576    29Alexis MASBOU Honda &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp;2'04.454    30Toni FINSTERBUSCH MZ FTR2'05.073    31Alan TECHER TSR Honda2'05.331    32Simone GROTZKYJ Oral &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp;2'06.101    33Giulian PEDONE Oral &nbsp; &nbsp; &nbsp; &nbsp;2'06.683    34Ivan MORENO FTR Honda2'07.121    &nbsp;

Bene in Moto3 il portoghese, Antonelli sesto

Jerez: Oliveria domina le seconde libere

  Claudio Corti si &egrave; aggiudicato l'ultima giornata nei Test Irta di Jerez. Il pilota lombardo, nonostante abbia avuto qualche difficolt&agrave; alle mani per alcune vesciche sui palmi, si &egrave; aggiudicato il miglior tempo in 1.41.893. Corti dunque si congeda dalla fase pre stagional&ograve;e con buone sensazioni per l'inizio che sar&agrave; in Qatar. La Kalex &egrave; sempre di pi&ugrave; la sua moto, mentre con la Suter Claudio viveva di alti e bassi.  Secondo tempo in 1.41.987&nbsp;per il mattatore dei primi due giorni, lo svizzero Thomas Luthi, che invece con la Suter si trova benissimo. In quest'ultimo giorno di test Luthi ha fatto 25 giri, pi&ugrave; dei 17 di Corti, che si &egrave; dovuto fermare pi&ugrave; volte per farsi medicare le mani.&nbsp;  Terzo lo spagnolo Pol Espargar&ograve; con la kalex del Team Pons, staccato da Luthi di 0,166s, poi il nostro Andrea Iannone con la SpeedUp del Team Speed Master. Iannone ha chiuso questi test con il tempo 1.42.534, che &egrave; poco pi&ugrave; di mezzo secondo pi&ugrave; lento di Corti.&nbsp;  Quinto tempo per il redivivo Marc Marquez, in 1.42.585. Lo spagnolo ha mostrato una costanza e una determinazione ammirevole oltre a uno stile di guida decisamente efficace in molte parti della pista. Marquez ha tenuto, inoltre, un profilo basso, e gli uomini del team lo hanno protetto dalle incursioni dei giornalisti, favorendo il lavoro nel box.&nbsp;  Si rivedono Toni Elias (7&deg;) e Julian Simon (8&deg;) nei primi 10 della classifica, cosa che nei precedenti test era accaduta di rado. Nono tempo per Alex De Angelis. Il pilota di San Marino ha finalemente trovato una via per lavorare sulla Suter e sembra che molti dei problemi visti in questi test pre stagionali siano stati risolti. Alex ha girato in 1.42.741.&nbsp;  Decisamente indietro Simone Corsi (20&deg;) e Roberto Rolfo (27&deg;). Il romano sta ancora lavorando sulla nuova ciclistica della FTR, mentre &nbsp;il piemontese sta riprendendo la mano con la Moto2 dopo una stagione di SBK.&nbsp;      Luca Bologna    Ecco i tempi dell'ultimo giorno di Test della Moto2 a Jerez:  1 Claudio CORTI Italtrans Racing Team 1:41.983  2 Thomas LUTHI Interwetten Paddock 1:41.987   3 Pol ESPARGARO Pons 40 HP Tuenti 1:42.149   4 Mika KALLIO Marc VDS Racing Team 1:42.301   5 Marc MARQUEZ Team Catalunyacaixa Repsol 1:42.430   6 Andrea IANNONE Speed Master 1:42.534   7 Toni ELIAS Mapfre Aspar Team 1:42.670   8 Julian SIMON Avintia Racing Moto2 1:42.680   9 Alex DE ANGELIS NGM Mobile Forward Racing 1:42.741   10 Scott REDDING Marc VDS Racing Team 1:42.794   11 Takaaki NAKAGAMI Italtrans Racing Team 1:42.825   12 Esteve RABAT Pons 40 HP Tuenti 1:42.908   13 Mike DI MEGLIO S/Master Speed Up 1:42.948   14 Bradley SMITH Tech 3 Racing 1:42.978   15 Dominique AEGERTER Technomag-CIP 1:42.995   16 Johann ZARCO JIR Moto2 1:43.067   17 Nico TEROL Mapfre Aspar Team 1:43.129   18 Yuki TAKAHASHI NGM Mobile Forward Racing 1:43.191   19 Xavier SIMEON Tech 3 Racing 1:43.259   20 Angel RODRIGUEZ Desguaces La Torre SAG 1:43.279   21 Simone CORSI Ioda Racing Project 1:43.437   22 Axel PONS Pons 40 HP Tuenti 1:43.537   23 Max NEUKIRCHNER Kiefer Racing 1:43.550   24 Ratthapark WILAIROT Thai Honda Gresini Moto2 1:43.621   25 Gino REA Federal Oil Gresini Moto2 1:43.636   26 Roberto ROLFO Italian Technomag-CIP 1:43.726   27 Eric GRANADO JIR Moto2 1:44.338   28 Ricky CARDUS Argui&ntilde;ano Racing Team 1:44.360  29 Randy KRUMMENACHER GP Team Switzerland 1:44.374   30 Marco COLANDREA SAG Team 1:44.445   31 Damian CUDLIN QMMF Racing Team 1:44.827   32 Alexander LUNDH Cresto Guide MZ Racing 1:44.996 

Il lombardo detta legge, poi Luthi e Espargar&ograve;

Test Jerez Moto2: Corti lascia il segno

  Thomas Luthi ci ha preso gusto a stare davanti. Il pilota svizzero ex campione del mondo della 125, ha bissato il risultato positivo della prima giornata di prove a Jerez, finendo anche oggi avanti a tutti con il bel tempo 1.42.158.  Il secondo migliore di giornata &egrave; Claudio Corti, che &egrave; sempre pi&ugrave; a suo agio sulla Kalex. Il pilota lombardo sta gestendo bene questi test cercando di non strafare. Il suo tempo, 1.42.548 &egrave; per&ograve; a quasi 4 decimi da Luthi.&nbsp;  Terzo tempo per Marc Marquez con &nbsp;la Suter in 1.42.557, poi Scott Redding anche lui con la Kalex come Corti, in 1. 42.557. La prestazione di Marquez testimonia come l'iberico possa convivere con la diplopia. Rispetto a ieri, infatti, Marquez ha anche migliorato i suoi tempi, dimostrando di essere tornato uno dei protagonisti della serie.&nbsp;  Il meteo ha comunque detto la sua in questo secondo giornodi test con il vento che non ha mai smesso di soffiare sul circuito andaluso. Questa condizione sembra aver provocato qualche problema ad Andrea Iannone. "C'&egrave; troppo vento - ha detto il pilota di Vasto - e non abbiamo potuto lavorare come volevamo. Abbiamo fatto dei test con il nuovo telaio, ci sono ancora delle cose da modificare ma va abbastanza bene".&nbsp;  Iannone, proprio per il fatto di essere stato impegnato in prove con la nuova moto non ha girato molto forte, suo &egrave; il tempo 1.44.308, che vale il 22&deg; riferimento di giornata.&nbsp;  Tra gli italiani da segnalare Alex De Angelis con la Suter del Team Forward, che ha chiuso 12&deg;. "Abbiamo avuto anche noi problemi con il vento - ha detto Alex - ma non poi cos&igrave; tanto. Le raffiche erano costanti cos&igrave; abbiamo potuto comunque fare il lavoro che ci eravamo preposti".&nbsp;  Solo 20&deg; Simone Corsi, alle prese con il nuovo telaio della FTR. "La moto va bene - ha detto Simone - ma non riusciamo a capire perch&egrave; con questa moto non riesco ad andare forte con le gomme nuove. I tempi escono solo con gomme consumate, sui 20/25 giri. Il vento? Quello non &egrave; un problema, avete visto Luthi? Il suo riferimento parla chiaro".&nbsp;      Luca Bologna    Tempi Moto2 Test Jerez Giorno 21 Thomas LUTHI Interwetten Paddock 1:42.158 2 Claudio CORTI Italtrans Racing Team 1:42.548 3 Marc MARQUEZ Team Catalunyacaixa Repsol 1:42.557  4 Scott REDDING Marc VDS Racing Team 1:42.638  5 Pol ESPARGARO Pons 40 HP Tuenti 1:42.656  6 Takaaki NAKAGAMI Italtrans Racing Team 1:42.881  7 Mika KALLIO Marc VDS Racing Team 1:42.891  8 Bradley SMITH Tech 3 Racing 1:43.012  9 Julian SIMON Avintia Racing Moto2 1:43.037  10 Esteve RABAT Pons 40 HP Tuenti 1:43.076  11 Toni ELIAS Mapfre Aspar Team 1:43.112  12 Alex DE ANGELIS NGM Mobile Forward Racing 1:43.147  13 Randy KRUMMENACHER GP Team Switzerland 1:43.389  14 Gino REA Federal Oil Gresini Moto2 1:43.486  15 Max NEUKIRCHNER Kiefer Racing 1:43.611 16 Yuki TAKAHASHI NGM Mobile Forward Racing 1:43.653  17 Angel RODRIGUEZ Desguaces La Torre SAG 1:43.702  18 Mike DI MEGLIO S/Master Speed Up 1:43.711  19 Xavier SIMEON Tech 3 Racing 1:43.796  20 Simone CORSI Ioda Racing Project 1:43.862  21 Johann ZARCO JIR Moto2 1:43.943  22 Andrea IANNONE Speed Master 1:44.038  23 Nico TEROL Mapfre Aspar Team 1:44.066  24 Ratthapark WILAIROT Thai Honda Gresini Moto2 1:44.260  25 Dominique AEGERTER Technomag-CIP 1:44.264  26 Axel PONS Pons 40 HP Tuenti 1:44.666  27 Roberto ROLFO Italian Technomag-CIP 1:44.721  28 Ricky CARDUS Argui&ntilde;ano Racing Team 1:44.765  29 Damian CUDLIN QMMF Racing Team 1:45.248  30 Eric GRANADO JIR Moto2 1:45.349  31 Alexander LUNDH Cresto Guide MZ Racing 1:45.357  32 Marco COLANDREA SAG Team 1:45.482  33 Elena ROSELL QMMF Racing Team 1:46.542 

Lo svizzero &egrave; ancora in testa nel secondo giorno di prove, bene Corti

Test Jerez Moto2: Luthi si ripete

  E' Maverick Vinales su FTR Honda il pi&ugrave; veloce della seconda giornata dei test Irta di Jerez de la Frontera.  Il giovanissimo spagnolo al pari di Sandro Cortese e Danny Webb (su KTM), rispettivamente secondo e terzo, ha migliorato il suo tempo di ieri girando in 1.47.386, pi&ugrave; veloce del pilota tedesco di un paio di decimi e di quasi mezzo secondo rispetto all'inglese.  Non ha migliorato invece Romano Fenati che, in sella alla FTR-Honda della FMI, non &egrave; sceso sotto l'1.48.375. Balzo in avanti di Masbou che si pone alle spalle del pilota ascolano, cosi come di Nicol&ograve; Antonelli che migliora il tempo di ieri portandolo a 1.48.645.  Prosegue il lavoro in casa Oral e Mahindra, due moto accomunate dall'utilizzo del motore progettato e prodotto dall'engineering modenese capitanata dall'ing. Forghieri.  Per Grotzkyj Giorgi ancora un programma di lavoro per verificare alcune componenti del cambio oltre che, dare informazioni ai tecnici a casa per permettergli di realizzare le ultime e necessarie modifiche nel tempo restante prima della gara del Qatar dell'8 Aprile.  Per Tatasciore invece, seconda caduta i due giorni di test.  Quella di oggi per&ograve;, anche se senza conseguenze fisiche per lui, lo ha costretto anticipatamente nel box visti i danni riportati dalla sua M3 Oral. Continua invece l'apprendistato di Jonas Folger sulla Ioda TR002 di Giampiero Sacchi. Chiude la lista dei tempi odierni cosi come ieri, Luigi Morciano.  Luca Bologna  &nbsp;  Tempi Moto31 Maverick VI&Ntilde;ALES Avintia Racing Moto3 1:47.386 2 Sandro CORTESE Red Bull KTM Ajo 1:47.625 3 Danny KENT Red Bull KTM Ajo 1:47.854 4 Romano FENATI Team Italia FMI 1:48.375 5 Alexis MASBOU Caretta Technology 1:48.564 6 Niccolo ANTONELLI San Carlo Gresini Moto3 1:48.6457 Miguel OLIVEIRA Estrella Galicia 0&acute;0 1:48.717 8 Alberto MONCAYO Bankia Aspar Team 1:48.751 9 Hector FAUBEL Bankia Aspar Team 1:48.863 10 Arthur SISSIS Red Bull KTM Ajo 1:48.937 11 Zulfahmi KHAIRUDDIN AirAsia-SIC-Ajo 1:48.940 12 Niklas AJO TT Motion Events Racing 1:49.176 13 Luis SALOM RW Racing GP 1:49.224 14 Alan TECHER Technomag-CIP-TSR 1:49.261 15 Jakub KORNFEIL Redox-Ongetta-Centro Seta 1:49.403 16 Alex RINS Estrella Galicia 0&acute;0 1:49.522 17 Louis ROSSI Racing Team Germany 1:49.53118 Alessandro TONUCCI Team Italia FMI 1:49.598 19 Jack MILLER Caretta Technology 1:49.957 20 Brad BINDER RW Racing GP 1:50.236 21 Efren VAZQUEZ JHK Laglisse 1:50.350 22 Danny WEBB Mahindra Racing 1:50.549 23 Kenta FUJII Technomag-CIP-TSR 1:50.635 24 Adrian MARTIN JHK Laglisse 1:51.129 25 Marcel SCHROTTER Mahindra Racing 1:51.200 26 Isaac VI&Ntilde;ALES Ongetta-Centro Seta 1:51.519 27 Manuel TATASCIORE Ambrogio Next Racing 1:51.797 28 Ivan MORENO Andalucia JHK Laglisse 1:52.109 29 Jonas FOLGER IodaRacing Project 1:52.178 30 Toni FINSTERBUSCH Cresto Guide MZ Racing 1:52.286 31 Simone GROTZKYJ Ambrogio Next Racing 1:52.652 32 Jasper IWEMA Moto FGR 1:52.932 33 Luigi MORCIANO Ioda Team Italia 2:06.588 

Lo spagnolo torna in alto, ma Fenati non molla

48 risultati per 'MZ'