        Dalla sabbia di Arnhem al di Frauenfeld, il terzo Gran Premio consecutivo di questa infinita estate iniziata in Indonesia e che si concluder&agrave; in Cina dopo 9 gare in 12 settimane &egrave; pronto per prendere vita sulla pista elvetica che ha ospitato il suo primo GP nel 1981.  Cairoli vittorioso a Frauenfeldnel 2016 @L.Resta Da Geboers a Cairoli, 43 anni di storia a Frauenfeld Da allora nomi come quelli di Eric Geboers, Michele Rinaldi, Johnny O&rsquo;Mara (alla sua unica partecipazione in un GP) e Georges Jobe si sono alternati dal 1981 al 1983. 33 anni dopo &egrave; Antonio Cairoli ad aggiudicarsi la vittoria in MXGP, quando il Mondiale di Motocross fa il suo ritorno a Frauenfeld, anche se su una pista allestita accanto al paddock allestito nello zuccherificio di Frauenfeld tra i verdi campi coltivati a pascolo o a barbabietole. Dopo di lui due vittorie di Jeffrey Herlings (KTM), unico fin qui a vantare due successi, con Jorge Prado (GASGAS), primo in MX2 nel 2018.  Arnaud Tonus torner&agrave; in gara in Svizzera come nel 2023 @L.Resta Renaux, Fernandez e Benistant di ritorno alle gare Dal 2018 al 2023 la MXGP non ha pi&ugrave; visitato la Svizzera, facendo il suo ritorno a Frauenfeld e questa volta sulla pista storica, solo lo scorso anno, quando a vincere furono Thibault Benistant (Yamaha) in MX2 e Maxime Renaux (Yamaha) in MXGP. Per pura coincidenza i due piloti della casa giapponese faranno il loro ritorno alle gare dopo gli infortuni che li hanno tenuti fuori per diversi mesi, proprio sul tracciato dove conquistarono il successo a Pasqua del 2023. Renaux che &egrave; appena stato annunciato nel team Francia al Nazioni 2024, torna dopo diversi interventi alla caviglia infortunata in Spagna nel 2023, mentre Benistant, assente da 10 GP, fa il suo ritorno dopo l&rsquo;infortunio rimediato nelle prove cronometrate del Gran Premio di Francia. Ritorno alle gare anche per Ruben Fernandez (Honda), out sin dal GP di Argentina Patagonia e operato al ginocchio.  Prado "inseguito" da Herlings sul monitor @L.Resta Gajser, Prado ed Herlings, tutti in 35 punti In testa alla MXGP Tim Gajser (Honda) ha visto il suo vantaggio su Prado, scendere gradualmente da 36 punti in Repubblica Ceca a 24 in Belgio, a 17 in Svezia e ora a 9 punti, mentre Herlings &egrave; stato in grado di passare da -71 dalla tabella rossa dopo Maggiora ai 35 dopo la doppietta di Arnhem, rilanciandosi definitivamente nella lotta a tre per il titolo. La gara di Frauenfeld potrebbe proporre nuovamente la variabile pioggia alla domenica, cosa che potrebbe giovare un ruolo importante a favore dello sloveno, cos&igrave; come Romain Febvre (Kawasaki), sempre a podio in Svizzera, tranne che nel 2017, Glenn Coldenhoff (Fantic), Jeremy Seewer (Kawasaki), al 200&deg; GP consecutivo in carriera e Calvin Vlaanderen (Yamaha) potrebbero inserirsi nella lotta per il podio, variando i delicati equilibri del campionato. Discorso a parte per i nostri piloti, con Andrea Bonacorsi (Yamaha) e Mattia Guadagnini (Husqvarna), rispettivamente 12&deg; e 13&deg; in classifica e Ivo Monticelli (beta) e Alberto Forato (Honda) a ridosso della top 20.  Mattia Guadagnini in gara ad Arnhem @L.Resta       

Mancano solo quattro Gran Premi alla fine della stagione 2024 della MXGP e ancora tutto &egrave; possibile. La classe regina &egrave; combattuta come nel 2021 e la MX2 monopolio di Husqvarna. Quale sar&agrave; il verdetto di Frauenfeld?

MXGP: Svizzera -4 alla fine

        Come prima gara dell&rsquo;anno non c&rsquo;&egrave; davvero male, il meteo che prometteva pioggia a catinelle vira al nuvoloso al sabato e al sole pieno alla domenica, regalando gare spettacolari ed emozionanti. Il 2024 si apre con Jorge Prado (GASGAS) ancora in rosso che raggiunge il, settimo posto tra i vincitori di tutti i tempi alla pari con un certo Eric Geboers a quota 39 successi. In MX2 il bianco delle Husqvarna va fortissimo con De Wolf e Coenen ma occhio al rosso della GASGAS in agguato con Langenfelder e Rossi. Yamaha pi&ugrave; indietro, bene Zanchi, Adamo lotta con la moto.  Il podio della MX2, da sx: Langenfelder, De Wolf e Haarup Jorge Prado: 10 Che dire, vittoria, tabella rossa e miglior tempo in entrambe le manche di gara; gli scappa la vittoria in qualifica ma chiss&agrave; che non sia addirittura un segno di un ulteriore passo avanti verso la maturit&agrave; e l&rsquo;evitare rischi inutili dopo una partenza non delle migliori. Visto il numero di cadute che ci sono state nella gara del sabato, scelta giusta. Impressionante  Prado ha guidato senza prendere rischi e badando al sodo Romain Febvre: 9 Il francese lo scorso anno si era presentato al via in condizioni non ancora ottimi, complice un intervento agli avambracci, quest&rsquo;anno non &egrave; ancora quello delle 5 vittorie consecutive del 2023 ma poco ci manca. Romain porta a casa 7 punti pi&ugrave; della scorsa stagione ed &egrave; pure sorridente. Sornione  Un ottimo inizio di stagione per Febvre Tim Gajser 8 1/2 Il risultato non dice abbastanza rispetto a quanto si sia visto in pista, lo sloveno &egrave; forse il pi&ugrave; temibile avversario di Prado nella corsa al titolo ma questo saranno le prossime gare a dircelo, di sicuro al sua CRF nuova fa paura e lui &egrave; in un grande stato di forma. Antagonista&nbsp;  Tim Gajser spettacolare in volo tra gli alberi della Patagonia Pauls Jonass: 9 La vera sorpresa del primo Gran Premio del 2024 &egrave; senza ombra di dubbio lui, il lettone gi&agrave; Campione del Mondo della MX2 nell&rsquo;ormai lontano 2017. Dal suo passaggio alla 450 mai era stato cos&igrave; incisivo e se &egrave; vero che questa era la pista che pi&ugrave; si conf&agrave; alle sue caratteristiche di guida, lo aspettiamo alla verifica in Spagna. Sorprendente&nbsp;  Un inizio sorprendentemente buono per Jonass Jeffrey Herlings: 5 Ok, &egrave; la prima dell&rsquo;anno, ok &egrave; il primo GP dopo tanti mesi di stop, per&ograve; su un terreno a lui piuttosto congeniale ci si aspettava qualcosa di pi&ugrave;&hellip;meglio voltare pagina e andare avanti cercando di ritrovare velocit&agrave; e risultati. Deludente  Herling &egrave; apparso sotto tono in Patagonia Kay De Wolf: 9 Visto il regalo del compagno di squadra a due curve dalla fine, il 10 non glielo diamo, per&ograve; questo De Wolf sembra davvero essere in forma mondiale e dopo le tante disavventure del 2023 non era propriamente una cosa scontata. Bentrovato  Aggressivo ed efficace, De Wolf &egrave; stato il pi&ugrave; concreto in Argentina Simon Langenfelder: 8 A tratti impressionante per velocit&agrave;, guida e agonismo messo in mostra, Simon rimane a mio avviso il favorito per la lotta al titolo, dove alcuni hanno letto un calo a causa della poca preparazione fisica, io vedo intelligenza e maturit&agrave; nel saper valutare i rischi che presentava un tracciato molto impegnativo. Accorto  Langenfelder guida la gara davanti a Lucas Coenen in gara due Mikkel Haarup: 8 Al sabato Mikkel stava per portare a casa un weekend da dimenticare, alla domenica ha ribaltato la situazione, mettendo in mostra grande concretezza e velocit&agrave;, regalando a Triumph un fine settimana da incorniciare. Primo GP, primo hole-shot, primo podio, chapeau. Generoso  Mikkel Haarup ha scritto una pagina importante della storia di Triumph Lucas Coenen: 7 Ah Lucas, Lucas, ce ne fossero di talenti come il tuo in circolazione! Vero fenomeno della MX2, il giovane belga, il pi&ugrave; piazzato dei gemelli Coenen per intenderci, fa vedere cose mirabolanti ma butta via al vento la prima tabella rossa della vita conquistata al sabato. Gara uno, pronti via, gi&ugrave; a terra da solo, polso dolorante, ritiro. Gara due, prende il comando e a due curve dal termine, bam, ancora gi&ugrave;: Se solo mettesse tutto assieme sarebbe stratosferico. Esuberante  La bella partenza di Lucas Coenen in gara uno, dopo poco una caduta la vanificher&agrave; Marc-Antoine Rossi: 8 Ecco un&rsquo;altro giovanissimo fenomeno, quello che gioca di pi&ugrave; di tutti con la moto, che la mette come vuole, sia in aria che sulla pista e che sorride a 32 denti, mostrando tutta la solarit&agrave; di un vero corso. Dategli qualche gara e questo qui romper&agrave; le scatole a tutti, occhio per&ograve; a non esagerare. Spettacolare  Marc-Antoine Rossi veloce ma ancora immaturo Ferruccio Zanchi: 8 Il giovane toscano scrive la sua storia e da casa Giacomo Gariboldi fa il paragone con quella del cinque volte Campione del Mondo Tim Gajser che 10 anni fa debuttava nel Mondiale MX2 proprio con Honda a 17 anni, tanti quanti ne ha Ferruccio che per ora, alla prima gara con HRC, ha fatto meglio dello sloveno. Se son rose...  Ottima la prima prova iridata di Zanchi con la Honda Andrea Adamo: 7 Ha grinta da vendere questo ragazzo che invece di montarsi la testa e darsi delle arie dopo il primo titolo conquistato l&rsquo;anno scorso, si da un gran da fare per restare a galla, il feeling con la sua moto non &egrave; ancora al top e questa era una pista con la quale bisogna sentirsi proprio a posto per spingere, coraggio, ci sono ancora 19 GP da qui alla fine. Grintoso  Dopo un ottima gara di qualifica, la domenica di Adamo &egrave; stata pi&ugrave; complicata       

Il primo appuntamento stagionale con la MXGP ha dato i suoi verdetti; Prado vince alla prima uscita mondiale e la MX2 &egrave; uno spettacolo. Promossi e rimandati del Gran Premio di Argentina-Patagonia

MXGP Argentina: le pagelle

        Trentacinque anni fa Hakan Carlqvist and&ograve; a tutta birra, non soltanto in senso metaforico. Mentre il mondiale Cross della 250 era di scena a Maracay (Venezuela), dove la Cagiva faceva doppietta con Pekka Vehkonen, monopolizzando il podio in Gara 1, la classe regina si cimentava alla Cittadella di Namur (Belgio). MotoGP, Sete Gibernau e la pole al venerd&igrave; | Quella (S)Volta Che L'impresa di Hakan Carlqvist  Un giorno storico per la disciplina perch&eacute; un quinto e un sesto posto furono sufficienti a Eric Geboers per affermarsi campione della 500, diventando il primo campione del Mondo nelle tre classi, laureandosi &ldquo;Monsieur 875&rdquo; (la somma di 125, 250 e 500). D&rsquo;altra parte, forte di 60 punti di vantaggio su Kurt Nicoll e 61 su David Thorpe a due round dal termine, con la vittoria di manche che ne assegnava 20, il trionfo del belga era scontato. Il 7 agosto 1988 per&ograve; i riflettori si accesero anche su un altro fenomeno, lo svedese Hakan Carlqvist, che ci ha lasciati anzitempo sei anni fa. Un&rsquo;autentica sorpresa perch&eacute; l&rsquo;ex giocatore di hockey su ghiaccio &ndash; era arrivato fino alla serie B prima di concentrare tutti i suoi sforzi in sella &ndash; in quella stagione non era mai salito sul podio, anche a causa di una Kawasaki privata. L&rsquo;ultimo successo di manche risaliva al 26 aprile 1987 in Gara 1 a Sittendorf (Austria). Complici i 34 anni di et&agrave;, il meglio sembrava alle spalle e in effetti dopo aver conquistato il suo secondo iride, nel 1983 con la Yamaha nella 500 (il primo era stato nel 1979 in 250), Carlqvist (nella foto di copertina) si era aggiudicato soltanto due manche, anche per l&rsquo;obsolescenza della moto dei tre diapason guidata fino al 1986. Un declino che sembrava aprirgli le porte della pensione, visto che nessun team era disposto a metterlo sotto contratto per il 1989. Hakan se la prese a male ma fece parlare la pista: a Namur fu primo nelle prove cronometrate e gi&agrave; all&rsquo;uscita dal cancelletto prese il comando della prima manche. In due giri fece il vuoto, distanziando i i rivali di tredici secondi con l&rsquo;eccezione d Thorpe che lo tallonava a un secondo e mezzo. Ma al quarto giro l&rsquo;inglese urt&ograve; un paletto di legno, e si frattur&ograve; lo scafoide. La gag a base di birra di Hakan Carlqvist  Pur rimasto solo &ldquo;Carla&rdquo; continu&ograve; a spingere tanto che al termine del nono giro il gap su Mark Banks era salito a 39&rdquo;6. Non fu questo per&ograve; a fruttargli un posto nel pantheon del motorismo, quanto la gag escogitata con uno dei fratelli, che gli dava le segnalazioni. &ldquo;Uno dei sogni della mia vita &ndash; raccont&ograve; la settimana dopo all&rsquo;inviato di Motosprint &ndash; era riuscire a bere, durante un GP, una birra in uno dei due bar lambiti dal tracciato di Namur e, ci&ograve; nonostante, vincere la manche. Per molti anni ci ho corso e anche vinto ma non avevo mai avuto un vantaggio sufficiente per fermarmi&rdquo;. Lo svedese arrest&ograve; la sua Verdona a bordo pista, vicino allo Chalet du Monument, un caff&egrave; situato nella parte bassa del circuito. Qui il fratello gli pass&ograve; un boccale di birra che Hakan svuot&ograve; per poi ripartire. Non contento, affront&ograve; gli ultimi metri salutando con il braccio sinistro il pubblico ma conserv&ograve; 27&ldquo;6 su Banks e 57 secondi su Geboers che, precedendo Nicoll, fu aritmeticamente campione. L&rsquo;alcool in corpo non ne rallent&ograve; le prestazioni nemmeno in Gara 2, vinta con 11&rdquo;5 su Kees Van der Ven. Fu il suo 21&deg; e ultimo GP vinto, festeggiato con lo champagne. Una bevuta dopo l&rsquo;altra, memore di quanto accadde a St. Anthonis, nel GP Olanda del 1983, ultima gara stagionale. Quel giorno era diventato campione del Mondo ma gli organizzatori &ndash; incredibilmente &ndash; dimenticarono le magnum di bollicine per i premiati. Meglio bere prima dell&rsquo;arrivo, deve aver pensato quel giorno a Namur il mitico Carlqvis&hellip; EWC: la vittoria Yamaha | Quella (S)Volta Che       

A 35 anni dall&rsquo;incredibile impresa dello svedese, che a Namur, nel giorno di Geboers, trionf&ograve; nella 500 nonostante un pit stop per... un boccale!

Hakan Carlqvist, un'impresa a tutta birra | Quella (S)Volta Che

        Figlio di un concessionario di moto, il giovane Malherbe ha iniziato a correre giovanissimo, arrivando al primo titolo mondiale in 500c nel 1980, ripetendosi nel 1981 e nel 1984, terminando secondo nel 1983, 1985 e 1986, totalizzando ben 41 vittorie di Gran Premio. Ritiratosi dalle gare di motocross era passato alla Parigi Dakar, nell&rsquo;era eroica della gara africana, restando paralizzato nel 1988 a seguito di un orribile incidente.  Andr&eacute; Malherbe con la Honda 500 precede Roger De Coster nel 1980 @P.Haudiquert Icona di stile e inguaribile ottimista  Sempre pacato e sorridente Andr&eacute; ha frequentato per diversi anni il paddock del Mondiale motocross, presenziando soprattutto le gare che si svolgevano in Belgio, dove incontrava alcuni dei suoi rivali pi&ugrave; importanti, come Dave Thorpe e il compianto Georges Job&egrave;. Icona di stile, nel massimo splendore della sua carriera usava arrivare nel paddock con una Ferrari rossa, indossando il mitico logo Hollywood sui pantaloni della divisa. Il suo ritorno nel paddock da tetraplegico coincise con la conquista del titolo della 500cc. di un&rsquo;altra leggenda purtroppo scomparsa recentemente, Eric Geboers. Malherbe, nonostante fosse relegato ad una vita in sedia a rotelle, era un inguaribile ottimista e non si tirava mai indietro davanti ad una chiacchierata con gli appassionati di turno che andavano a salutarlo. Le sue battaglie con Hakan Carlqvst e Dave Thorpe resteranno tra le pagine pi&ugrave; emozionanti di questo sport.  Nle paddock di Namur nel 1989, un anno dopo l'incidente. Sulla pista belga aveva vinto il primo GP in 500 @P.Haudiquert       

Tre volte campione del mondo FIM 500cc Motocross, Malherbe si &egrave; spento all'et&agrave; di sessantasei anni. Nato a Huy, in Belgio, Andr&eacute; ha conquistato il primo alloro nel 1973, vincendo il Campionato Europeo FIM 125cc di Motocross con la Zundapp, ripetendosi nel 1974.&nbsp;

Ci ha lasciati André Malherbe, leggenda del cross anni ’80

        Il Mondiale Motocross nel 2022 &egrave; tornato alla normalit&agrave;, con il programma di due giorni, prove libere, cronometrate e manche di qualifica del sabato; warm up e le due manche della domenica. Diciotto Gran Premi, con trasferte oltreoceano in Argentina e Indonesia e finale in Turchia. Dopo questi impegni, &egrave; arrivato il momento delle pagelle di fine anno della MXGP, tra promossi, bocciati e rimandati, ovviamente con un po&rsquo; di ironia e il massimo rispetto per chi fa uno sport faticoso e rischioso, dove cadute, incidenti e infortuni sono sempre in agguato&hellip; Italiano Prestige: Forato campione nella MX1 Tim Gajser 10  Nel 2015, il primo titolo iridato in MX2 e il bis nel 2016, al suo primo anno di MXGP. Doppietta nel 2019 e nel 2020, il terzo posto l&rsquo;anno scorso e quest&rsquo;anno il ritorno sul gradino pi&ugrave; alto del podio. Cinque titoli, come l&rsquo;avversario Jeffrey Herlings (che per&ograve; ha due titoli in MXGP contro i quattro di Gajser in top class), e i leggendari De Coster, Job&eacute;, Geboers e Smets. Tim &egrave; tra i grandi con pieno merito e in questa stagione ha di fatto dominato: dieci GP vinti contro i tre di Jeremy Seewer; 14 manche vinte contro le sei di Renaux e la tabella rossa &egrave; stata sulla sua moto per tutti i diciotto GP stagionali. &Egrave; facile dire che mancavano Herlings, Febvre e Cairoli&hellip; la realt&agrave; &egrave; che Tim &egrave; cresciuto ed &egrave; sempre pi&ugrave; completo: ha imparato che la stagione iridata &egrave; molto lunga e ci sono momenti in cui bisogna accontentarsi del piazzamento e ragionare in ottica campionato. Cos&igrave;, dopo le vittorie di fila in Germania e Indonesia, a tre quarti di stagione, con un vantaggio di oltre 120 lunghezze su Jorge Prado, ha lasciato agli altri la battaglia per l&rsquo;effimera vittoria di GP e ha pensato soltanto a evitare errori e raggiungere la matematica certezza del titolo, arrivata in Finlandia, terzultimo GP stagionale. Negli ultimi GP &egrave; tornato cannibale, mostrando di cosa sia capace, con un cambio di passo irresistibile nel finale della seconda manche a Saint Jean d&rsquo;Angely (dove aveva vinto una sola volta) e nella rimonta di Gara 1 in Turchia. A essere pignoli, a volte ha sofferto sulla sabbia: dodicesimo in gara due a Riola Sardo, soltanto settimo in Belgio e sesto in Finlandia. Jeremy Seewer 8   Secondo in campionato. Verrebbe da dire: come al solito. Nulla contro Jeremy, che tra l&rsquo;altro &egrave; una delle persone pi&ugrave; squisite nel paddock, ma ci siamo convinti che alle sue indubbie qualit&agrave; tecniche manchi qualcosa di importante, questo purtroppo non gli ha mai permesso di emergere prepotentemente. Secondo nel mondiale Junior 125 (2011); secondo nell&rsquo;europeo EMX250 (2013), due volte secondo nel mondiale MX2 (2016 e 2017), tre volte secondo nel mondiale MXGP (2019, 2020 e 2022), non pu&ograve; non meritarsi la nomina di eterno secondo. Tre GP vinti quest&rsquo;anno (ne aveva vinti due nei tre anni precedenti di MXGP), probabilmente gli manca la cattiveria, quella che pu&ograve; fare la differenza e che non &egrave; riuscito a dargli neanche Jacky Vimond, che per la prima volta quest&rsquo;anno gli ha fatto da trainer. Non si pu&ograve; per&ograve; negare a Jeremy una grande regolarit&agrave; di risultati (nove podi stagionali) e il merito di avere guidato la truppa Yamaha al titolo costruttori. Jorge Prado 8  Il ni&ntilde;o prodigio del Motocross iridato, primo titolo mondiale (di due, entrambi in MX2) a soli diciotto anni, nel suo terzo anno nella massima categoria, &egrave; salito per la prima volta sul podio di fine campionato: terzo. Nella prima parte della stagione, fino al GP Trentino, sembrava il rivale diretto di Gajser, poi un leggero infortunio (lussazione a una spalla) e a tre quarti di stagione una non ben definita malattia lo hanno rallentato ma nel finale &egrave; riuscito, con il podio in Francia e un sesto posto in Turchia, ad assicurarsi il terzo posto finale in campionato, grazie anche all&rsquo;ultimo GP rovinoso di Coldenhoff e di Renaux. Sempre imbattibile nelle partenze (16 holeshot), Prado &egrave; stato il pilota ad aver raccolto pi&ugrave; podi stagionali (10) dopo Gajser (tredici). Maxime Renaux 9  &nbsp;Da non confondere con la berlina francese prodotta negli anni &rsquo;90! Campione del mondo Junior 125 nel 2015, poi cresciuto con il team italiano Yamaha SM Action fino al titolo mondiale MX2 dell&rsquo;anno scorso, Maxime, al primo anno di MXGP, si &egrave; dimostrato molto competitivo, vincendo la manche di qualifica nel primo GP stagionale, Matterley Basin, e salendo sul podio (secondo) nel GP seguente, a Mantova. Alla fine sono stati sette i podi stagionali, con una vittoria di GP (Spagna, a 22 anni fatti da pochi giorni) e sei manche vinte. Prima dell&rsquo;infortunio in Germania Maxime era secondo alle spalle di Gajser. Poi, con i due GP saltati era comunque in lotta per il podio finale del campionato nell&rsquo;ultimo GP in Turchia ma dopo aver vinto la qualifica al sabato e la prima manche, in Gara 2 dopo aver segnato l&rsquo;holeshot &egrave; incappato in una caduta che ha danneggiato anche la moto e ha concluso ottavo di manche e quarto in campionato. Comunque &egrave; lui il Rookie of the Year. Romain Febvre 8  Soltanto otto GP per l&rsquo;ex iridato francese, al primo anno in Kawasaki e reduce dal brutto infortunio del Supercross di Parigi. Ha stupito subito, al rientro nel GP Germania, quinto assoluto. Ha sfiorato il podio a Lommel (quarto) e ha chiuso la stagione tornando sul podio (terzo) con la vittoria di Gara 2 in Turchia. Glenn Coldenhoff 7,5  Un po&rsquo; a sorpresa, il terzo uomo dello squadrone Yamaha MXGP, a 31 anni, &egrave; riuscito a raccogliere il miglior risultato finale in MXGP: un quinto posto che senza la debacle nell&rsquo;ultimo GP (Turchia) poteva addirittura essere il terzo gradino del podio iridato. L&rsquo;olandese, specialista del Nazioni (dominatore nell&rsquo;individuale nel 2018 e 2019, protagonista delle due vittorie olandesi), ha dato ragione al patron Louis Vosters, che ha voluto fortemente tenere in squadra il suo connazionale, che lo ha ripagato con una buona stagione ed &egrave; stato protagonista dello storico podio tutto Yamaha a Hyvinkaa (Finlandia): primo Coldenhoff, secondo Seewer, terzo Renaux. Per Glenn, anche altri cinque podi nella stagione. Brian Bogers 7  Ecco il secondo olandese nella Top 10 iridata: &egrave; il taciturno Brian Bogers che dopo qualche buon piazzamento l&rsquo;anno scorso (12&deg; nella classifica finale MXGP), in questa stagione &egrave; riuscito a salire tre volte sul podio, raccogliendo anche una storica vittoria (la prima in carriera) sul suo terreno preferito, la sabbia, nientemeno che a Lommel, con un primo posto in Gara 1 e il terzo posto in Gara 2. Sesto in campionato. Calvini Vlaanderen 7  Ed ecco il terzo olandese, settimo in campionato, proprio alle spalle del connazionale Bogers. E proprio come Bogers, Vlaanderen si &egrave; tolto la soddisfazione della prima vittoria in campionato, e anche lui ha scelto, ovviamente, un terreno sabbioso, quello di Riola Sardo, dove ha dominato il fine settimana: miglior tempo nelle cronometrate, vittoria nella manche di qualifica e vittoria in entrambe le manche iridate. Ruben Fernandez 7  Prima stagione nella massima categoria per il robusto spagnolo, che l&rsquo;anno scorso, in MX2, aveva ottenuto cinque podi; poi, negli ultimi due GP, era stato schierato in MXGP per dare man forte a Tim Gajser. Ruben si &egrave; confermato molto veloce anche con la 450, anche se a volte &egrave; stato troppo aggressivo nella guida, per&ograve; &egrave; gi&agrave; stato capace di raccogliere due podi, in Lettonia (terzo) e in Indonesia (terzo) e di guadagnarsi il posto al fianco di Gajser nel team ufficiale HRC 2023. Alberto Forato 7   Il veneto, undicesimo nella classifica finale MXGP, &egrave; stato il primo degli italiani nella categoria e, ancora nel Team SM Action GASGGAS, al suo secondo anno con la 450, ha fatto sicuramente passi avanti. Settimo nel primo GP (Matterley Basin), su alcune piste ha impressionato per velocit&agrave;: ad Arco, miglior tempo nelle cronometrate (in Gara 2 &egrave; caduto mentre insidiava Prado per il quarto posto), quarto in Gara 1 in Lettonia, settimo in Gara 1 in Spagna, nel GP successivo, Francia, si &egrave; infortunato al via di Gara 1 ed &egrave; stato fuori tre GP. Nel finale della stagione si &egrave; ripreso, ottenendo buoni piazzamenti e in Turchia &egrave; giunto quinto, in rimonta in Gara 1 e settimo in gara due. Ha messo in mostra buone doti e, considerando che raramente &egrave; partito nel gruppo buono, sarebbe bello vederlo su una moto ufficiale. Mattia Guadagnini 6  Quarto nel mondiale MX2 l&rsquo;anno scorso, era la nostra punta di diamante per la 250 di quest&rsquo;anno ma forse, per eccessive aspettative, dopo i primi sette GP non aveva ottenuto neanche un podio (quarto posto in Argentina) ed era settimo in campionato, cos&igrave; anche in previsione del 2023 &egrave; stato spostato in MXGP. Non male l&rsquo;esordio con la 450 (ottavo in Sardegna e sesto in Spagna), poi Mattia &egrave; stato protagonista di una brutta caduta in Francia. In seguito ha ottenuto qualche buon piazzamento (sesto in Gara 1 in Germania) e nient&rsquo;altro. Troppo poco onestamente per una stagione da ricordare, finch&eacute; proprio all&rsquo;ultimo GP in Turchia ha effettuato buone partenze, chiudendo quinto il GP, a sei punti dal podio. E ci fa sperare per il Nazioni&hellip; Ben Watson 5  Maggiora, seconda manche: Ben Watson parte in testa e fa un giro davanti a tutti, e finisce quarto di manche. Unica perla in una stagione da dimenticare. Troppo poco per un pilota che l&rsquo;anno scorso era ufficiale Yamaha e che quest&rsquo;anno era ancora ufficiale, con la verde Kawasaki, che nelle mani di Febvre &egrave; subito tornata a brillare. Forse la sua ultima stagione in MX2 (2020), con due vittorie di GP, aveva illuso un po&rsquo; tutti. Alvin Ostlund 5  Undicesimo al mondiale MX2 del 2020, ha vissuto il secondo anno di MXGP. Infortunato a met&agrave; 2021, sembrava pronto per il 2022 ma i risultati non sono mai arrivati, pur essendo in un team di esperienza. MotoGP, ecco il calendario provvisorio: il Mugello resiste, ipotesi Kazakistan       

Gajser il migliore, Renaux promosso a pieni voti, positivo anche Febvre. Italiani sopra la sufficienza

MXGP: le pagelle di fine stagione

Dopo l&rsquo;annunciato fallimento della pista che doveva ospitare il Gran Premio di MotoGP, come riportato da Motosprint in questo articolo a firma di Mirko Colombi, ecco la conferma dello spostamento del GP della MXGP su un altro tracciato. L&#39;evento, originariamente previsto per l&#39;Iitti-KymiRing, torner&agrave; invece a disputarsi a Hyvink&auml;&auml; dove si tenne l&rsquo;ultima volta nel 2014 ma da allora, nell&#39;autunno del 2017, la pista ha subito alcuni lavori di ristrutturazione.&nbsp;    Il nuovo calendario della MXGP 2022 con l&#39;aggiornamento della sede del GP di Finlandia  Cairoli l&#39;ultimo vincitore in MXGP   Hyvink&auml;&auml; &egrave; una citt&agrave; situata a circa 50 chilometri dalla capitale Helsinki e fa parte del Campionato del Mondo FIM di motocross sin dalla sua prima apparizione nel 1965. Tra i vincitori su questo tracciato troviamo nomi del calibro di Sylvain Geboers, Harry Everts, Kees Van Der Ven e Dave Strijbos, solo per citarne alcuni; gli ultimi due a vincere, in MXGP e in MX2 sono invece stati Antonio Cairoli e Jeffrey Herlings. Il circuito presenta una pista principale, una per moto da 85 cc e una pista per bambini, oltre a un percorso di enduro e un circuito di speedway, che fanno di ogni appassionato di motociclismo un posto da sogno.    Il podio della MXGP del 2014, da sx, Steven Frossard (Kawasaki), Antonio Cairoli (KTM) e Kevin Strijbos (Suzuki) 

Infront Moto Racing e Lahti Events Ltd., l&#39;organizzatore del prossimo MXGP di Finlandia, la FIM e la FIM Europe, hanno annunciato la nuova sede del Gran Premio di Finlandia che si terr&agrave; il 13 e 14 agosto

MXGP di Finlandia: annunciata la nuova sede

L&#39;Enduropale del Touquet entrerebbe di diritto nei racconti dei &quot;Mille e una Notte&quot;, in cui i partecipati alla gara non sono 1000, ma come vuole il significato in arabo, innumerevoli. Quindi, proprio come i 1200 piloti ammessi al via che prima della partenza di domenica, vivono un sabato notte di attesa, tra una birra e l&rsquo;altra o qualche bicchiere di troppo di vin br&ucirc;l&eacute;. Il dopo gara dell&rsquo;Enduropale del Touquet &egrave; invece molto simile alla &ldquo;quiete dopo la tempesta&rdquo;; la celebre poesia di Giacomo Leopardi in cui la vita riprende pi&ugrave; animata dopo un forte&nbsp;temporale come quello scatenato dai 1200 partecipanti a questa gara.    Si, perch&eacute;, dal 1975, si disputa nella cittadina di Le Touquet Paris Plage in Normandia davanti all&#39;Oceano della Manica, quella che dal 2006 &egrave; divenuto l&rsquo;Enduropale del Touquet Pas-de-Calai. Parliamo della gara di fuoristrada pi&ugrave; famosa del mondo ideata da Thierry Sabine, che prima ancora di dare vita nel 1978 alla Parigi-Dakar, lavorando da addetto stampa del comune di Le Touquet, per promuovere il turismo invernale della cittadina, organizz&ograve; il primo Enduro del Touquet essendo un grande appassionato di enduro con anche un curriculum di pilota nel mondiale rally e sport prototipi comprendente una 17 posizione alla 24 Ore di Le Mans del 1975.    La genialit&agrave; di Sabine nel creare ed organizzare eventi divenuti delle icone mondiali del motosport, hanno acquistato sempre pi&ugrave; importanza anche dopo la sua scomparsa avvenuta il 14 gennaio 1986 quando mor&igrave; a soli 36 anni, insieme a quattro passeggeri, mentre era alla guida del suo elicottero finito contro una duna del deserto del Mali, mentre controllava la sicurezza della Dakar. Annullata nel 2021 per l&#39;emergenza mondiale Covid-19, quella che sar&agrave; la 46esima edizione dell&#39;Enduropale del Touquet, salvo imprevisti, &egrave; fissata per il 25, 26, 27 febbraio ed ha gi&agrave; raggiunto il massimo di 1200 piloti ammessi al via, che per tre ore gareggeranno davanti a un pubblico che dagli anni ottanta-novanta-new millennio, ha sempre avuto un seguito di oltre 200mila spettatori. Certo, quest&#39;anno la situazione Covid-19 anche in Francia non promette nulla di buono, ma all&#39;aria aperta del percorso ad anello di 13 km lungo l&#39;immensa spiaggia di Le Touquet Paris Plage, saranno sicuramente molti gli appassionati presenti.    Perch&eacute; cos&igrave; tanto pubblico   Nella storia di tutte le gare di fuoristrada nessuna ha mai una simile partecipazione di pubblico, riconoscendo all&#39;Enduropale del Touquet la pi&ugrave; bella, incredibile ed appassionate competizione al mondo in un misto di cross-enduro. Questo perch&eacute; in Francia essere &quot;motard&quot; (cio&egrave; tradotto in italiano: motociclisti, n.d.r.) &egrave; sempre stata una filosofia di vita per chi anche in pieno inverno guida le proprie moto stradali, scooter, caff&egrave; racers, customs, motorini, ciclomotori o strani tre ruote indossando svariate giacche di pelle, jeans, stivali country, casco, guanti imbottiti.    Per tutti questi appassionati di due ruote l&#39;Enduropale del Touquet non &egrave; solo una gara bellissima da seguire, ma l&#39;occasione migliore per ritrovarsi durate il periodo invernale per una due giorni di festa vivendola insieme a gente comune e di ogni et&agrave; incuriosita dallo spettacolo di una gara unica di livello planetario in un mix di passione, interesse spettacolo e partecipazione di piloti e pubblico.    Quale possa essere il successo dell&#39;Enduropale del Touquet &egrave; facilmente intuibile se si pensa che l&#39;organizzazione per far fronte all&#39;enorme invasione di motards provenienti da tutta la Francia, ma anche da Belgio, Germania, Olanda Gran Bretagna, affida la cura del servizio d&#39;ordine all&#39;Arm&eacute;e del Terre (la fanteria dell&#39;esercito francese), comprendente circa 500 militari, a cui aggiungere 200 uomini della Gendarmerie National, un centinaio di vigili del fuoco, 5 elicotteri di pronto intervento e riprese video/foto, 300 addetti al percorso ingaggiati direttamente dal Comune di Le Touquet, uno staff dei vari settori organizzativi composto da oltre 200 persone.    Lo spirito dell&#39;Enduropale del Touquet   Quale sia lo spirito che spinge un esercito di 1200 partecipanti a prendere il via all&#39;entusiasmante gara dell&#39;Enduropale del Touquet va individuata nel semplice desiderio di gareggiare in una gara che alla fine non avr&agrave; n&eacute; vinti, n&eacute; vincitori un misto che di agonismo pure e di partecipazione decoubertiana; perch&eacute; all&#39;Enduropale del Touquet l&#39;importante &egrave; poter arrivare in fondo superando le mille difficolt&agrave; e le insidie delle dune sabbiose di questa immensa spiaggia della Normandia magari anche percorrendo un solo giro del percorso di 13 chilometri nonostante si sia piazzato dopo i primi mille che hanno tagliato il traguardo. Naturalmente ci sono anche i super piloti che affrontano l&#39;Enduropale del Touquet dopo una lunga preparazione di mesi iniziata gi&agrave; a ottobre con l&#39;obiettivo di vincere ed incassare non solo il ricco montepremi in palio, ma i lauti bonus di case e sponsor per cui gareggiano in una gara unica davanti a un pubblico inesistente in ogni altra parte del mondo, presenza media, dirette TV nazionali.  Tanti i campionissimi dell&#39;Enduropale del Touquet   Negli anni l&rsquo;Enduropale del Touquet ha scomodato campionissimi del cross tra cui Hakan Carlqvist, Kees van Der Ven, Eric Geboers, Gerard Rond, Arnaud Demeester e della Dakar come Aubert Auriol, Cyril Neveu. In tempi pi&ugrave; recenti il crossista Adrien Van Beveren vincitore tre volte, mentre Milko Potisek ha fatto sua l&#39;ultima edizione del 2020. Ad avere il record di vittorie all&#39;Enduropale del Touquet &egrave; il francese Arnaud Demeester vincitore per ben 7 volte (1995-1996-1998-2002-2005-2007-2008). 5 le affermazioni consecutive dell&#39;olandese Kees Van Der Ven (1982-1983-1984-1985-1986). 4 le vittorie del francese Jean Claude Mouss&eacute;e (1999-2004-2012-2013), mentre 3 quelle di Thierry B&eacute;thys (2000-2001-2003), di Adrien van Beveren (2014- 2015-2016) e dell&rsquo;indimenticato Eric Geboers (1988-1989-1990).  I francesi Timotei Potisek e Milko Porisek si sono invece imposti due volte ciascuno; Timotei (2006-2009), Milko (2018-2020), mentre nel 2019 si &egrave; imposto il neo pilota del Team Honda Racing RedMoto Enduro, Nathan Watson autentico specialista delle gare su sabbia vincitore nel 2021 del campionato francese su sabbia. All&#39;Enduropale del Touquet hanno partecipato in passato piloti italiani della Dakar come Ciro De Petri e Claudio Terruzzi. Della pattuglia tricolore a brillare nelle ultime edizioni &egrave; stato Maurizio Micheluz; 33&deg; all&#39;arrivo nel 2020 nonostante la frattura del malleolo del piede sinistro al primo giro, dopo avere concluso 21&deg; nel 2018 e 24&deg; nel 2017. Nelle 45 edizioni disputate dell&rsquo;Enduropale del Touquet la Yamaha ha vinto 19 volte, 13 Honda, 6 KTM, 3 Husqvarna, 1 Ossa, Maico, Kawasaki, Suzuki. 31 i successi dei piloti francesi, 6 belgi, 5 olandesi, 2 svedesi, 1 britannici.    Come si corre l&#39;Enduropale del Touquet   La gara si svolge sulla spiaggia di Le Touquet Paris-Plage e Stella Plage senza seguire il tratto delle dune che fanno parte di ambienti sensibili e siti Natura 2000 nel divieto di circolazione permanete di veicoli tra le dune e in spiaggia. Il percorso &egrave; di 13 km e comprende 3 lunghi rettilinei separati da rallentamenti da curve e chicane per ridurre la velocit&agrave; con zona assistenza riservata, per pilota, solo a due addetti ai lavori. La classifica finale viene stabilita in base al numero di giri completi completati dopo tre ore di gara, e secondo l&#39;ordine di taglio del traguardo nell&#39;ultimo giro.  Per i piloti Junior il percorso &egrave; di 3,5 km sul lungomare Touquet-Paris nella zona settentrionale ed &egrave; riservato a partecipanti dai 13 ai 17 anni, in gara per 1h30 con rifornimento. I pi&ugrave; giovani dagli 11 anni ai 15 possono partecipare alla bara sullo stesso percorso di 3,5 km degli Junior. Dal 2015 gareggia anche la categoria piloti Vingage con gara al venerd&igrave; in un round di 1 ora con rifornimento su percorso di 6,7 km.    Come &egrave; andata l&#39;ultima edizione del 2020   A vincere l&rsquo;ultima, 45esima, edizione dell&rsquo;Enduropale del Touquet disputata nel 2020, &egrave; stato Milko Potisek alla sua seconda affermazione. Alle spalle del pilota francese della Yamaha, il belga Jeremy Van Horebeek con la Honda e terzo l&rsquo;inglese Nathan Watson con la KTM vincitore anche del campionato francese su sabbia 2019/2020.  &ldquo;&Egrave; una sensazione incredibile vincere il mio secondo Enduropale del Touquet&rdquo;, dichiar&ograve; Potisek alla fine delle tre ore di gara. &ldquo;Questa &egrave; la gara su spiaggia pi&ugrave; importante del mondo, con cos&igrave; tanta storia. Vincere qui &egrave; incredibile. Ho solo cercato di rimanere sempre concentrato limitando al minimo gli errori&rdquo;.  Nathan Watson, vincitore nel 2019 ce l&rsquo;ha messa tutta ma alla fine si &egrave; dovuto accontentare della terza posizione causa una penalit&agrave; di uno stop-and-go di un minuto al via, costringendolo a una lunga riconcorsa per met&agrave; gara che lo ha purtroppo rallentato nel finale.  Enduropale del Touqet 2020 Top Ten Classifica  1. Milko Potisek (Yamaha) 15 giri 2. Jeremy Van Horebeek (Honda) +3m 26s 3. Nathan Watson (KTM) +5m 42s 4. Camille Chapeli&egrave;re (KTM) +6m 5s 5. Todd Kellett (Yamaha) +7m 55s 6. Lars Van Berkel (Husqvarna) +12m 21s 7. Richard Fura (Yamaha) +1 giro 8. Axel Van De Sande (Yamaha) +1 giro 9. Valentin Guillod (Honda) +1 giro 10. Steve Ramon (Yamaha) +1 giro    Foto credit: KTM Images -Maindr&ugrave;-Ville Touquet 

Annullata nel 2021 per l&#39;emergenza mondiale Covid-19, la che sar&agrave; 46esima edizione &egrave; fissata per il 25, 26, 27 febbraio ed ha gi&agrave; raggiunto il massimo di 1200 piloti ammessi al via

Enduropale del Touquet: la carica dei mille

        Erano 20 anni che nella classe regina del Mondiale di Motocross non si vedeva il numero 1 schierato al cancello di partenza, l&rsquo;ultimo ad usarlo fu Michael Pichon, Campione del Mondo nel 2002 e iscritto l&rsquo;anno successivo con il numero 1 sulla sua Suzuki &ldquo;Corona&rdquo; ufficiale gestita dal team di Sylvain Geboers. Il numero 1 per&ograve; non gli port&ograve; molta fortuna visto che l&rsquo;eroe francese dei due mondi, titolato sia negli Stati Uniti che in Europa, si fece male durante la stagione e fu in seguito lasciato a piedi dalla Suzuki. Jeffrey Herlings, &ldquo;provocato&rdquo; sui social ha giocato a lungo in queste settimane sul numero che avrebbe usato nella prossima stagione e ora ha finalmente sciolto le riserve, pubblicando un post e annunciando il passaggio al mitico numero 1.  Herlings a Mantova con il numero 1 appena conquistato @MXGP Herlings: "Non ho mai avuto le palle per farlo"  L&rsquo;olandese ha accompagnato la foto che lo ritrae con il nuovo numero con queste parole: &ldquo;Dopo 5 campionati del mondo, nel 2022 correr&ograve; finalmente col grande numero 1. Non ho mai avuto le palle per farlo, ma chiss&agrave;, a questo punto della mia carriera potrebbe essere l'ultima possibilit&agrave; per poterci correre, quindi voglio cogliere l'occasione mentre &egrave; l&igrave;. &Egrave; un piccolo cambiamento per tutti dopo tutti quegli anni con #84, ma sono super entusiasta di farlo. E dopo il numero 1 torner&ograve; sicuramente al numero 84 poich&eacute; il numero 84 sono io.&rdquo;  Il numero 1 "indossato" da Herlings nel 2018 a Imola per celebrare la conquista del titolo @ktm Pichon: &ldquo;Trovo che la scelta di Herlings di usare il numero uno sia giusta"  Visto il simbolico passaggio di consegne abbiamo raggiunto al telefono l&rsquo;ultimo che ha vestito il numero 1 in gara nella classe regina che ha manifestato tutta la sua approvazione per la scelta dell&rsquo;olandese: &ldquo;Trovo che la scelta di Herlings di usare il numero uno sia giusta, io non sono troppo per i numeri che i piloti scelgono di usare per business. Sai, quando ero piccolo e andavo a vedere le gare della 500 o della 250, i top rider usavano i numeri della classifica finale della stagione precedente e da tifoso devo dire che aiutava molto a capire i valori in campo. Io ero un ragazzino, vedevo correre Malherbe, Thorpe o Geboers e quando vedevi passare l&rsquo;1, il 2, il 3 o il quattro, sapevi quanto era stato forte quel pilota e di anno in anno capivi se stava migliorando o se regrediva. Lo trovavo interessante e mi piaceva il fatto che creasse una naturale gerarchia tra i piloti.&nbsp;Trovo che i numeri di oggi dicano poco, a parte per qualche numero particolare, quando sono simbolici, come nel caso di Gajser. Io comunque sono sempre per l&rsquo;uso dell&rsquo;1 e spero che porti fortuna a Herlings quest&rsquo;anno.&rdquo;  La Suzuki RM 250 di Pichon con il numero 1 in bella vista Pichon: "io usai il 2 da vicecampione, l&rsquo;1 da Campione nel 2002 e nel 2003"  Mai troppo diplomatico il pilota di Le Mans ha anche aggiunto: &ldquo;Per quello che mi riguarda devo dire che cambiavamo spesso numero, all'inizio non li sceglievamo, io usai il 2 da vicecampione, l&rsquo;1 da Campione nel 2002 e nel 2003 e trovo che non fosse affatto male. Penso che Herlings abbia fatto questa scelta perch&eacute; &egrave; molto fiero del titolo vinto l&rsquo;anno scorso e ne ha tutto il diritto. Ha vinto in modo rocambolesco, senza ottenere solo successi e ha fatto di tutto per vincere questo titolo; certo, devo dire che avrei preferito fosse stato Cairoli a vincere, portando a casa il decimo, chiudendo con un acuto ma Antonio non ha certo demeritato e ha avuto una carriera splendida.&rdquo; Vedremo a fine stagione se la scelta fatta porter&agrave; fortuna a Herlings e se sar&agrave;, proprio come Pichon fece nel 2002, anche il primo pilota dopo vent&rsquo;anni a vincere avendo il numero uno gi&agrave; sulla tabella della sua moto.       

Il Campione del Mondo della MXGP ha scelto il numero col quale disputer&agrave; il prossimo mondiale e dopo tanti anni al cancello di partenza sulla sua KTM non ci sar&agrave; pi&ugrave; l&rsquo;84 sostituito dall'1. Abbiamo chiesto a Michael Pichon, ultimo ad usare questo numero, cosa ne pensa della scelta dell'olandese

MXGP: il ritorno del numero 1

Il Mondiale vinto nel 1990 da Alex Puzar ebbe un effetto di promozione e diffusione del Motocross in Italia addirittura superiore a quello del primo titolo di un pilota italiano, quello di Rinaldi nel 1984. C&rsquo;era infatti molta pi&ugrave; presenza dello sport motoristico in TV e sui media grazie anche agli sponsor, e anche perch&eacute; l&rsquo;istrionico Alex sapeva essere personaggio e attirava i giovani. Arrivato a inizio 1989 in Suzuki, proprio da Rinaldi, per correre il Mondiale 125, Puzar l&rsquo;anno prima era stato quarto in campionato 125 con la KTM.  &ldquo;Ero molto veloce con la 125 e credo che gi&agrave; in quel 1989 avrei potuto vincere il titolo, penso di poter dire che ero pi&ugrave; forte di Trampas Parker. Al primo GP a Faenza andai sul podio, terzo, e nel terzo GP arriv&ograve; la prima vittoria assoluta, su Dave Strijbos e Parker. Ero pronto, forse ci manc&ograve; qualcosa tecnicamente, avevo diverse parti ufficiali di ciclistica della moto di Rodney Smith dell&rsquo;anno prima, ma il motore 125 ufficiale arriv&ograve; dopo met&agrave; stagione, perch&eacute; Strijbos che era il pilota ufficiale Suzuki in 125 (team di Sylvain Geboers, ndr) si era infortunato dopo quattro GP. Alla fine persi per il Mondiale per soltanto sedici punti&rdquo;.  AMA Pro Motocross: Adam Cianciarulo fuori per il resto della stagione  La vittoria in 250   Poi nel &rsquo;90 sei passato in 250 e hai vinto al primo anno.  &ldquo;Con la 250 nel periodo invernale mi preparai davvero a testa bassa, e per gli allenamenti in moto andavamo sempre sulle piste pi&ugrave; bucate e &ldquo;toste&rdquo; e a volte in piste provvisorie nei greti di un fiume, tra sabbia e sassi. Fu un anno incredibile: tutto quello che doveva funzionare, funzion&ograve;. Non avevo pressione, perch&eacute; il pilota di punta era John Van Den Berk, ma al primo GP in Austria, a Schwanenstadt, conquistai le due manche, su Parker la prima e su Michele Fanton la seconda. La moto era fantastica, credo di poter dire che quelle Suzuki siano state le migliori moto con cui ho corso!&rdquo;.    Stagione dominata, con ben sette GP vinti e alla fine pi&ugrave; di cento punti di vantaggio sul secondo, Pekka Vehkonen con la Yamaha. Riportasti alla Suzuki il titolo 250 che mancava dal 1983, dalla vittoria di Georges Job&egrave;; il belga (scomparso nel 2012 a 51 anni dopo una forma di leucemia) aveva vinto nella 250 con Suzuki, anche nel 1980. Tu rimanesti in 250 con la Suzuki di Rinaldi. Nel 1991 eri certamente sulla strada per bissare il titolo, ma arriv&ograve; l&rsquo;infortunio al ginocchio.  &ldquo;S&igrave;, un brutto infortunio che influ&igrave; anche sugli anni successivi finch&eacute; nel 1995 non tornai sulla 125, tornando a vincere...&rdquo;.  Il 1991 fu il tuo ultimo anno con la Suzuki. Dopo un bilancio di tre anni con un titolo e due podi mondiali (secondo nella 125 nel 1989 e terzo nella 250 nel 1991), come definiresti il percorso del Marchio Suzuki nel Motocross?  &ldquo;La mia esperienza &egrave; stata positivissima, ho sempre avuto tutto quello che serviva, moto performanti ed ero nel team di riferimento del Mondiale. E anche uno sponsor che ci affiancava che si chiamava Chesterfield... La Suzuki ha una grande storia, hanno vinto tantissimo, la mia idea &egrave; che quando volevano vincere tiravano fuori la moto vincente e non ce n&rsquo;era per nessuno. Delle giapponesi &egrave; forse l&rsquo;azienda pi&ugrave; piccola, eppure riuscivano ad avere capacit&agrave;, risorse umane e l&rsquo;esperienza per pareggiare e superare le capacit&agrave; e i risultati delle Case concorrenti&rdquo;.  L&#39;addio della Suzuki   La Suzuki usc&igrave; dal Mondiale a fine 1983 e poi ancora a fine 2017.  &ldquo;A me dispiace moltissimo non vedere le Suzuki in pista nel mondiale Motocross, perch&eacute; io la Suzuki vorrei vederla ovunque c&rsquo;&egrave; racing. Ma probabilmente, o sicuramente, &egrave; una questione di scelte e di impegni presi su base economica. Il budget necessario per sviluppare le moto nei vari campionati non &egrave; basso e mi sembra che in questo momento loro stiano concentrando tutti gli sforzi economici sulla MotoGP, dove effettivamente la moto sta andando molto forte&rdquo;.    Non pensi che la non presenza al Mondiale sia un problema per il mercato del prodotto di serie?  &ldquo;S&igrave;, secondo me &egrave; un problema, lo sarebbe per qualsiasi azienda. Se non sei al Mondiale, se non si vedono i piloti in sella alle tue moto o, nel caso di altre aziende, non si vedono i piloti che utilizzano il tuo prodotto, &egrave; pi&ugrave; difficile restare competitivi sul mercato. Si tratta di scelte aziendali, quando devi gestire un budget, per&ograve;, non esserci non &egrave; un bene: anche se la moto standard pu&ograve; essere ottima, resta comunque importante sviluppare la moto con i piloti che fanno il Mondiale... c&rsquo;&egrave; un riscontro, un banco di prova, un feedback rilevante di una stagione corsa ai massimi livelli, e questo va ben oltre il discorso del semplice ritorno d&rsquo;immagine di un pilota in gara con la Suzuki...&rdquo;.  Pensi torneranno nel Mondiale?  &ldquo;Me lo auguro. Al momento la mia impressione &egrave; che puntino a vincere in MotoGP e non sono lontani dall&rsquo;obiettivo. Per motivi di lavoro (Puzar &egrave; uno dei responsabili dell&rsquo;azienda Progrip, ndr) frequento anche la MotoGP e posso garantire che nell&rsquo;ambiente Suzuki c&rsquo;&egrave; tantissima passione per il Motocross, e c&rsquo;&egrave; un materiale umano con grande esperienza, e quando vorranno potranno tornare lottando al vertice!&rdquo;.  EMX250, in Olanda Nicholas Lapucci allunga in campionato 

Grazie al titolo in 250 del 1990, il piemontese divenne uno dei big del mondiale e contribu&igrave; in modo de terminante alla diffusione del Cross in Italia: &quot;La Suzuki ha una grande storia, magari non ha le stesse dimensioni degli altri colossi giapponesi, ma quando voleva vincere, lo faceva grazie all&rsquo;esperienza e alle risorse umane&quot;

Motocross, Alex Puzar: &ldquo;Suzuki, la mia moto migliore&rdquo;

        Se con Alex Puzar e il Team Rinaldi) la Suzuki torn&ograve; a vincere il titolo 250, il 15 luglio 1990, soltanto due settimane dopo arriv&ograve; a Wohlen, in Svizzera, anche il titolo 125. Dove la Casa di Hamamatsu non prevaleva dal 1984, l&rsquo;anno di Rinaldi. La Suzuki aveva deciso di abbandonare il Mondiale in forma ufficiale a fine 1983, ma aveva continuato a fornire materiale speciale al team di Rinaldi e poi dal 1989 al team gestito da Sylvain Geboers, fratello di Eric, che aveva organizzato una squadra (Team Bieffe Suzuki) assieme a Giuseppe Luongo schierando Dave Strijbos, Pedro Tragter e un giovanissimo Stefan Everts. L&rsquo;anno successivo, arriv&ograve; nel team lo statunitense Donny Schmit, che al primo anno in Europa vinse subito il titolo 125. Due anni pi&ugrave; tardi, Schmit conquist&ograve; il titolo 250 con la Yamaha di Rinaldi, e purtroppo ci ha lasciati a soltanto ventinove anni per una leucemia, lui che era tornato negli USA a fine &lsquo;94. Dal Minnesota, il biondo Donny era arrivato in Suzuki in quel 1990 come un outsider, ma all&rsquo;esordio iridato a Montevarchi il 22 aprile 1990 si present&ograve; con una splendida doppietta. Domin&ograve; l&rsquo;intera stagione rifilando al connazionale Bob Moore pi&ugrave; di 70 punti di distacco; terzo, il diciassettenne Everts. Kevin Schwantz, l'uomo simbolo della Suzuki Figlio d'arte  Prima di approdare al Mondiale, Stefan Everts non era certo uno sconosciuto, essendo figlio di Harry Everts, quatto volte iridato e anche lui personaggio di spicco nell&rsquo;albo d&rsquo;oro Suzuki. Il primo titolo, nel 1975, Harry lo vinse con la mitica austriaca Puch 250 con due carburatori, ma poi regal&ograve; alla Casa giapponese tre Mondiali 125 conse cutivi: 1979, 1980 e 1981. A raccontarci il passaggio di consegne in casa Suzuki tra gli Everts &egrave; proprio Stefan, recordman con 10 titoli mondiali. Il quale torna al 1987, quando a 14 anni era un pilota della categoria junior 125 in Belgio. &ldquo;Era inverno, mi stavo allenando con una Honda 125 sulla pista di Balen (Hondapark), Sylvain Geboers mi vide e rest&ograve; impressionato dalla mia guida&rdquo;. Sylvain Geboers da pilota aveva corso nei primi anni &rsquo;70 lottando al vertice in 250 da ufficiale Suzuki e poi da team manager per la Suzuki aveva vinto nel periodo &rsquo;82-&rsquo;83 due titoli in 125 con il fratello Eric e uno in 250 con Geoges Job&eacute;. &ldquo;S&igrave;, un grande personaggio. Quella sera stessa, Sylvain chiam&ograve; mio padre: &lsquo;Harry, faccio qualche telefonata &ndash; gli disse &ndash; voglio cercare una Suzuki per tuo figlio&rsquo;. Sylvain era ancora in stretto contatto con il quartier generale Suzuki, ma il suo non era pi&ugrave; team ufficiale perch&eacute; la Suzuki aveva fermato nel 1983 il programma relativo al Mondiale e per il 1988 non c&rsquo;era intenzione di rientrare, ma accettarono di supportarmi e mi inviarono dal Giappone due moto e i ricambi per la stagione. Il materiale e l moto arrivarono due giorni prima della mia prima gara in Belgio e fino ad allora mi ero allenato con una Honda 125&rdquo;.  Come and&ograve;? &ldquo;Partecipai alla gara del campionato belga con alle spalle soltanto un giorno di allenamento con la Suzuki e fu un disastro... non avevo esperienza con quella moto e feci due partenze pessime Nel corso di quell&rsquo;anno Sylvain Geboers e Giuseppe Luongo stavano organizzando un nuovo team per il 1989, con il supporto della Casa madre Suzuki, con cui Sylvain aveva sempre buoni rapporti, mentre Luongo aveva ottimi contatti con sponsor italiani; cos&igrave; nacque il Team Bieffe Suzuki. Venni selezionato come terzo pilota accanto a Strijbos e Tragter&rdquo;. Era il rilancio della Suzuki in 125. &ldquo;S&igrave;, io per&ograve; nel 1989 avevo soltanto 16 anni, ero l&igrave; per imparare e fare esperienza. Il primo anno ebbi qualche infortunio e finalmente a met&agrave; stagione firmai il primo podio, terzo a Dalecin in Cecoslovacchia. Anche il 1990 non and&ograve; molto bene ma verso fine stagione salii sul podio in Svizzera a Wohlen, quando il mio compagno Schmit vinse il titolo. Era un debuttante in Europa, non sapevamo chi fosse, ma vinse subito al primo anno!&rdquo;. Le vittorie  Poi arriv&ograve; il 1991, con il primo titolo. &ldquo;Ho grandi ricordi: vinsi la prima manche stagionale ad Arco di Trento: su quel terreno particolare, ghiaioso, ero velocissimo. In quel GP compresi di essere pronto per lottare per il titolo. Nei due GP successivi Schmit fu primo e io secondo, poi a Kaposvar (Ungheria) non mi aspettavo molto e invece firmai la pole e vinsi le due manche. Schmit si sent&igrave; sotto pressione e fece un errore in gara 2 e si infortun&ograve; a un polso e compromise la stagione. C&rsquo;era un altro statunitense, Moore sulla KTM, con cui combattere per il titolo, ma fui io a prevalere. Avevo 18 anni, ero il pi&ugrave; giovane pilota ad aver vinto un Mondiale&rdquo;. Per il 1992 ci furono tanti cambiamenti. &ldquo;Rinaldi pass&ograve; alla Yamaha, il Team Suzuki 125 si ferm&ograve; e la struttura di Sylvain Geboers pass&ograve; alla 250 e rinnovai con loro per due anni. In quel 1992 c&rsquo;era la formula delle tre manche ed era fondamentale la partenza. Vinsi il primo GP a Valkenswaard ma non mi ero ancora adattato a gestire la potenza della 250 in partenza. Restai in testa al campionato fino alla brutta caduta in Germania, dove in ospedale mi asportarono la milza. Anche nel 1993 continuarono i problemi nelle partenze e per questo discutevo con il team, alla fine persi tranquillit&agrave; e fiducia in me stesso. Quando devi combattere con un Greg Albertyn che nel 90% delle partenze &egrave; in testa &egrave; davvero dura e dopo continue discussioni con Sylvain decisi che non avrei continuato con loro, era il secondo anno che mancavo il titolo e quello fu il mio ultimo anno con Suzuki: a met&agrave; stagione 1993 parlai con il team manager Alec Wright e optai per il passaggio alla Kawasaki per l&rsquo;anno successivo&rdquo;. Nel frattempo in quel 1993 la Suzuki vinse il titolo con l&rsquo;olandese Tragter in 125 e nel Team Suzuki di Sylvain Geboers, nel 1994, arriv&ograve; il titolo 250 con il sudafricano Albertyn, al terzo trionfo iridato. Resta nella storia di Stefan Everts quel 1991 in Suzuki con il proprio primo titolo mondiale. &ldquo;Vincere il primo titolo &egrave; sempre qualcosa di speciale. Il mio apprezzamento per la chance che Sylvain mi diede &egrave; sempre altissimo. &Egrave; lui che mi vide girare quel giorno e mi port&ograve; al Mondiale, e la Suzuki &egrave; una parte speciale della mia storia: ho visto mio padre vincere l&rsquo;ultimo suo titolo (nel 1981) con la Suzuki e io dieci anni dopo ho vinto con la stessa Casa! Una splendida storia. Nel team di Sylvain ero come un figlio, per loro, ma a un certo punto era giusto trovare la mia strada&rdquo;.  Anni dopo, con dieci Mondiali da pilota e sette come manager del team KTM ufficiale MX2 (dal 2008 al 2015) sei tornato in Suzuki. &ldquo;A fine anno 2015 con Sylvain ci siamo riavvicinati nel paddock. La relazione con la KTM non era al top, certo non c&rsquo;era niente contro Pit (Beirer) o la dirigenza ma a un certo momento con il team e il pilota non c&rsquo;era pi&ugrave; il feeling. Parlai a lungo con Sylvain e lui aveva bisogno di un team manager, eravamo felici di fare questa avventura insieme. &Egrave; durata soltanto due anni e poi la Suzuki ha deciso di smettere. S&igrave;, &egrave; stata una cosa praticamente improvvisa. La mia visione di guidare un team e di arrivare i risultati era piuttosto diversa rispetto al management giapponese; noi volevamo i risultati, e non essere l&igrave; soltanto fare presenza. Nello sviluppo della moto in Giappone erano molto conservativi, ma nelle corse devi prenderti dei rischi, devi provarci e in quegli anni non lo hanno fatto. Quando hai una sfida devi combattere e spingere per il risultato&hellip; forse in quel momento non era il loro obiettivo&rdquo;. &Egrave; certo che si sente la mancanza di Suzuki nel Mondiale Motocross. &ldquo;Quello che so &egrave; che gi&agrave; a fine 1983 avevano smesso di correre senza preavviso e io ero l&igrave;, vidi la reazione di mio padre, che si ritrov&ograve; a piedi. Poi a me &egrave; capitato lo stesso e ho vissuto un periodo molto difficile. Avevamo lavorato giorno e notte per il team. Non so se e quando rientreranno... negli anni &rsquo;90 tornarono ma adesso non so cosa accadr&agrave;&rdquo;. In quei due anni c&rsquo;erano stati anche ottimi risultati con Jeremy Seewer in MX2 (due volte secondo nella classifica finale MX2 con cinque vittorie di GP), e in MXGP il GP Belgio vinto da Kevin Strijbos. &ldquo;Aggiungerei anche il primo podio di Jasikonis in Portogallo nel 2017, perch&eacute; Arminas non lo conosceva nessuno, per me &egrave; stata una grande soddisfazione. Nel giorno del successo di Strijbos a Lommel, Seewer fu secondo sul podio MX2 e Bas Vaessen primo nella gara dell&rsquo;europeo EMX2. Tre categorie e tre podi, un weekend fantastico... quel giorno avevamo il &lsquo;retro look 1992&rsquo; la livrea striata delle Suzuki di quell&rsquo;anno. Per me il lavoro stava soltanto partendo, con l&rsquo;obiettivo dei risultati, per il team qualcosa stava cambiando...&rdquo;. La storia della Suzuki, tra tradizione e famiglia       

Dieci anni dopo l&rsquo;ultimo titolo di pap&agrave; Harry, Stefan Everts conquist&ograve; il Mondiale della 125 con la Suzuki. Per l&rsquo;allora diciottenne belga fu l&rsquo;inizio dell&rsquo;epopea da record dei dieci trionfi iridati: "A loro devo tantissimo: quando Sylvain Geboers mi segnal&ograve; che avevo 14 anni, dal Giappone mi presero immediatamente e poco dopo mi lanciarono sul palcoscenico pi&ugrave; importante"

Motocross: Stefan Everts, nel nome del padre

Gli anni d&rsquo;oro di Joel Robert e Roger De Coster condussero la Suzuki a 21 titoli mondiali fino al 1984. L&rsquo;ultimo di quella serie fu speciale, perch&eacute; la Suzuki aveva abbandonato le competizioni nel Motocross proprio l&rsquo;anno prima, nel 1983, ma lasci&ograve; a Michele Rinaldi la possibilit&agrave; di correre con la 125 dell&rsquo;83 anche nella stagione 1984. E quell&rsquo;anno, l&rsquo;emiliano divenne il primo italiano iridato nel Cross. A coronamento di una storia iniziata nel 1983, da compagno di squadra di Eric Geboers. &ldquo;Ricordo benissimo quel mio primo viaggio in Giappone &ndash; dice Rinaldi &ndash; fu una forte emozione, anche per il mio tecnico Iller Aldini che mi seguiva in quella nuova avventura. Avevo corso soltanto con Marche italiane (TGM e Gilera) ed entravo in un nuovo mondo. Ci aspettavano con le moto pronte e capimmo subito che c&rsquo;era un&rsquo;organizzazione perfetta che pensava a tutto, non soltanto dal punto di vista tecnico. Avevamo a disposizione diverse cose da provare e stava al pilota scegliere cosa preferisse. Le moto erano probabilmente il meglio possibile in quegli anni, con una serie di successi impressionante. Quel primo anno sia con Eric che con il fratello Sylvain Geboers, che gestiva il team al Mondiale, si instaur&ograve; subito un&rsquo;ottima relazione. Qualcuno avrebbe potuto pensare che, essendo il team manager il fratello del pilota, ci sarebbe stato un trattamento preferenziale, ma non si &egrave; mai verificato, e ho avuto sempre un ottimo rapporto con il team&rdquo;.  Fabrizio Pirovano, l&#39;uomo che regal&ograve; il titolo Supersport alla Suzuki  I ricordi dell&#39;avventura con la Suzuki   Com&rsquo;era lavorare con i giapponesi?  &ldquo;Sia con la TGM, ma l&igrave; ero un ragazzino, che con la Gilera, ero pi&ugrave; coinvolto sullo sviluppo della moto, era il pilota che dava continuamente indicazioni su dove intervenire, mentre in Suzuki dovevi soltanto scegliere cosa preferivi tra il materiale che avevi gi&agrave; a disposizione. La 125 era una vera e propria moto ufficiale, perfetta e super affidabile&rdquo;.    Tu e Geboers vinceste venti manche sulle 24 disputate nel 1983. Eric vinse il titolo, tu ti togliesti la soddisfazione di tre vittorie di GP: Lombardore, Mongay (Spagna) e Leningrado. Ma durante la stagione arriv&ograve; l&rsquo;imprevedibile.  &ldquo;Ad agosto, Sylvain Geboers e Hiroide Tamaki, l&rsquo;ingegnere che di fatto aveva creato quelle Suzuki vincenti, si presentarono a casa mia per dirmi con grande dolore che la Suzuki si fermava nel mondo delle competizioni. C&rsquo;era evidentemente un cambio di rotta dal Giappone: &lsquo;La Suzuki &egrave; la prima a inventarsi cose innovative e vincenti nelle corse ma &egrave; l&rsquo;ultima a trasferirle sul prodotto di serie... quindi dobbiamo lavorare e concentrarci sul prodotto di serie&rsquo; spiegarono. Confesso di aver pianto di fronte a quella notizia. Ovviamente nel Circus iridato fu un fulmine a ciel sereno, qualcosa di inaspettato, e la bomba scaten&ograve; una caccia al posto in un team competitivo per chi era nelle squadre ufficiali Suzuki. Sylvain ed Eric si accasarono alla Honda per il 1984, Harry Everts si ferm&ograve;, Georges Job&eacute; pass&ograve; alla Kawasaki. Io, per&ograve;, ero l&rsquo;unico ad avere il contratto per due anni quindi mi dissero che, se volevo, potevo continuare, ma con il materiale &rsquo;83. Sapevo che quella moto era comunque competitiva. Avevo il materiale per andare avanti, ricambi, moto e tutto, ma rimaneva a me la gestione della stagione, quindi cercai gli sponsor per raggiungere il budget necessario&rdquo;.  E arriv&ograve; il titolo.  &ldquo;L&rsquo;ultimo titolo di quelle mitiche Suzuki ufficiali, il decimo consecutivo di una Suzuki in 125... e il mio primo da team manager. Gi&agrave;, team manager di me stesso. Sapete che non avrei voluto vincere in quel modo, con l&rsquo;infortunio di Corrado Maddii nell&rsquo;ultimo GP a Ettelbruck, ma io stesso avevo subito un infortunio in quella stagione prima dell&rsquo;inizio del Mondiale, nel Supercross di Bercy, e nel primo GP la spalla usc&igrave; ancora e fui costretto a operarmi saltando ben tre GP. Quell&rsquo;anno vinsi comunque pi&ugrave; di tutti, cinque Gran Premi...&rdquo;.  Poi hai continuato con la tua struttura sempre con i colori Suzuki.  &ldquo;Per il 1985, avendo vinto il Mondiale, in Suzuki si sentivano in dovere di farmi continuare con la mia squadra e il top management lasci&ograve; che io potessi ottenere qualcosa, ovvero delle parti speciali, quindi eravamo semiufficiali e nell&rsquo;85 passai in 250. Mi lasciarono anche un paio delle 500 raffreddate ad acqua che avevano preparato per Harry Everts, moto speciali, uniche, che andavano molto bene (Rinaldi ci vinse il titolo italiano 500, nell&rsquo;85, ndr) e andai avanti fino al 1987. Quando la Suzuki France, attraverso una concessionaria, mi offr&igrave; di correre la Dakar, che era da sempre un mio sogno. Accettai e corsi la Dakar, un&rsquo;esperienza importante anche se fin&igrave; alla nona tappa dopo una caduta e l&rsquo;ennesima lussazione alla spalla&rdquo;.    Quarto nel Mondiale 250 del 1985, secondo nel 1986 e ancora quarto nel 1987, ma proprio quei continui problemi fisici ti convinsero a smettere.  &ldquo;Era una decisione gi&agrave; nell&rsquo;aria e difficile da rimandare, inoltre avevo messo insieme un team strutturato tecnicamente molto bene, con gli uomini giusti e la fiducia degli sponsor e mi dissi di diventare team manager. Prendemmo un pilota per il 1988: il primo fu Rodney Smith, dalla California, e termin&ograve; la stagione 250 al terzo posto&rdquo;.  Nell&rsquo;89 arriv&ograve; Alex Puzar in 125 e lott&ograve; alla grande per il titolo con Trampas Parker, arrivando secondo, e nella 250 Smith fin&igrave; settimo. Nel &rsquo;90 John Van den Berk e Puzar corsero con la 250; l&rsquo;olandese si classific&ograve; terzo e a vincere il Mondiale fu Alex. Per il secondo titolo mondiale di un pilota italiano c&rsquo;era ancora il marchio di Michele Rinaldi.  &ldquo;Il contratto per il &rsquo;91 era gi&agrave; rinnovato per entrambi, ma a dicembre del 1990 John and&ograve; a correre a Bercy, cosa che per contratto non poteva fare (per conflitto tra lo sponsor del team e quello presente sul pettorale della gara) e dovetti rompere il contratto con lui. Quell&rsquo;anno Puzar si infortun&ograve; altrimenti avrebbe rivinto, dato che a tre quarti di stagione era nettamente in testa. Quel &rsquo;91 fu l&rsquo;ultimo anno con la Suzuki. Ad agosto &rsquo;90, dopo aver vinto il titolo con Puzar, la Yamaha mi chiese di correre con loro per il 1991: io lasciai aperto il discorso e a fine anno parlai con Lin Jarvis. In Giappone a novembre 1990 c&rsquo;era anche Sylvain Geboers con me, e la Suzuki aveva deciso di chiudere con la 125, cos&igrave; si liberava anche lo spazio per Sylvain per passare in 250 con la Suzuki. Le trattative si completarono nel &rsquo;91 e avvenne il passaggio in Yamaha per il 1992&rdquo;.  E arriv&ograve; il primo titolo per il team Rinaldi-Yamaha in 250 con il compianto Donny Schmit... ma tornando alla Suzuki, qual &egrave; il tuo ricordo di tutti quegli anni?  &ldquo;Io ho vissuto l&rsquo;epoca Suzuki da pilota e manager ma in modo piuttosto indipendente perch&eacute; loro avevano chiuso con le corse. La Suzuki preparava il pacchetto e lo consegnava, non c&rsquo;era uno sviluppo con i test, c&rsquo;era soltanto da scegliere le diverse opzioni tecniche. Invece nel caso di Yamaha non c&rsquo;era una loro organizzazione che seguiva lo sviluppo nelle gare, con molta pi&ugrave; libert&agrave; di lavorare qui noi in Europa sulle parti speciali&rdquo;.  Poi a fine 2017 la Suzuki &egrave; uscita (di nuovo) dal mondiale Motocross...  &ldquo;Un pezzo importante che si &egrave; perso, importante sia per chi lo sosteneva che per i concorrenti. Sar&ograve; un po&rsquo; nostalgico ma quando io iniziai a correre, Suzuki significava Roger De Coster, Sylvain Geboers, Mark Barnett negli USA, e altri piloti che hanno fatto la storia del Motocross, miti che non si possono dimenticare. Ha lasciato un vuoto, e lo ha fatto gi&agrave; due volte. L&rsquo;assenza della Suzuki si sente nel Mondiale. Sono scelte che purtroppo si pagano nelle vendite del prodotto per i clienti. La moto di un Marchio nel Motocross non deve per forza vincere ma deve essere di qualit&agrave; e si deve vedere alle gare altrimenti sei penalizzato nelle vendite, perch&eacute; il mercato &egrave; una nicchia di clienti molto competenti e esigenti. Ovviamente spero rientrino presto&rdquo;.  Kevin Schwantz, l&#39;uomo simbolo della Suzuki 

L&#39;emiliano vinse da pilota e poi da manager, lanciando in orbita Puzar. &quot;Quando iniziai a correre, la Marca era sinonimo di leggende come De Coster, Geboers, Barnett. Quando firmai con loro, la loro moto era il top dell&#39;epoca&quot;

Motocross: Michele Rinaldi, orgoglio tricolore

Il mondiale MXGP si prepara a far tappa nei Paesi Bassi, sullo storico circuito di Valkenswaard, considerato un gioiello della corona nella storia fin dal suo debutto nel calendario iridato, nel lontano 1974. Allora fu Sylvain Geboers a conquistare la vittoria nella classe 250cc del Gran Premio d&#39;Olanda, ma oggi il pilota con pi&ugrave; vittorie sul tracciato sabbioso &egrave; Jeffrey Herlings: il pilota KTM Factory che &egrave; in cima alla classifica della pista con 8 vittorie: 7 in MX2, 1 in MXGP. A distanza ravvicinata c&rsquo;&egrave; il suo compagno di squadra Antonio Cairoli che ha ottenuto 7 vittorie a Valkenswaard, compresa la sua prima vittoria in carriera, nel Gran Premio nel 2007, in MX2. Gli altri 6 successi li ha firmati tutti nella classe regina.  Un tracciato storico   Dal 1992, la pista sabbiosa &egrave; presente sul calendario MXGP quasi ogni anno: &egrave; mancata solo nel 2005 e nel 2006. La MXGP nei Paesi Bassi pu&ograve; essere considerata un Gran Premio di casa per molti dei migliori piloti, in quanto la maggior parte di loro in Belgio o in Olanda, Paesi noti per essere il centro del motocross in Europa e la maggior parte dei piloti ha una bella esperienza sulla pista di sabbia olandese.  Tutti contro Herlings   Un pilota che possiamo aspettarci in prima linea &egrave; Jeffrey Herlings: questo non &egrave; solo il suo GP di casa, e le 8 vittorie lo confermano, e il campione della KTM &egrave; considerato uno dei piloti pi&ugrave; veloci del mondo, soprattutto quando si tratta di correre sulla sabbia. E a Matterley Basin ci ha fatto subito capire che &egrave; capace di torna rea vincere.  Il suo principale sfidante sar&agrave; &ndash; con grandi probabilit&agrave; &ndash; proprio il suo compagno di squadra Antonio Cairoli: anche se non &egrave; ancora al 100% dal punto di vista fisico, &egrave; stato comunque in grado di salire sul podio nel GP di Gran Bretagna. E a cosa Valkenswaard niente gli impedisce di andare ancora a segno.  Tim Gajser, portacolori del Team HRC, cercher&agrave; di continuare sulla striscia positiva della Gran Bretagna, dove &egrave; arrivato secondo. Inoltre, non dimentichiamo che Gajser &egrave; stato il vincitore della MXGP al Motocross delle Nazioni lo scorso anno, che si &egrave; disputato proprio a Assen, oltre a vincere anche la MXGP del Belgio a Lommel, considerata essere una delle piste pi&ugrave; difficili del mondo. Insomma, lo sloveno ha dimostrato di saper correre sulla sabbia e sarebbe un contendente forte per le vittorie in gara, se dovesse rimanere fuori dai guai. Anche il suo compagno di squadra Mitch Evans arriva in Olanda con una rinnovata fiducia dopo aver concluso al quinto posto assoluto in Gran Bretagna: e l&#39;australiano potrebbe essere nuovamente in battaglia nella zona alta della classifica.  Glenn Coldenhoff &egrave; un altro pilota che pu&ograve; sorprenderci nel suo GP di casa. Dopo la sua epica vittoria in doppia gara nella classe Open ad Assen per il GP delle Nazioni, ci si aspetta di vedere Coldenhoff di nuovo velce sulla tortuosa pista di sabbia di Valkenswaard.  Arminas Jasikonis, alfiere della Rockstar Energy Husqvarna Factory, &egrave; arrivato quanto assoluto l&#39;anno scorso a Valkenswaard con due quarti posti, mentre il suo compagno di squadra Pauls Jonass arriver&agrave; a Valkenswaard puntando a fare meglio del GP britannico, dove ha raggranellato solo un 12esimo posto in gara 1 e un DNF in gara 2. Lo scorso anno qui ha dimostrato di essere veloce velocit&agrave; anche il Team Honda SR Motoblouz, con Jeremy Van Horebeek e Arminas Jasikonis.  Da tenere d&rsquo;occhio anche il pilota della Monster Energy Kawasaki MXGP Clement Desalle e il portacolori della Monster Energy Yamaha Factory MXGP Gautier Paulin. L&#39;anno scorso Desalle &egrave; arrivato secondo assoluto e anche quest&#39;anno punter&agrave; in alto, rientrando dopo un duro infortunio.  VOTA IL SONDAGGIO: Chi vincer&agrave; a Valkenswaard? 

Il secondo round del mondiale Motocross questo weekend sullo storico circuito di Valkenswaard. Il pilota da battere &egrave; Jeffrey Herlings

MXGP: aspettando l&rsquo;Olanda

        Pirelli ha vinto il Mondiale di Motocross per la 70a volta dal 1980: dopo il Gran Premio di Bulgaria, infatti, la casa di pneumatici italiana ha matematicamente conquistato il titolo anche nella classe MXGP dopo aver ottenuto quello della classe MX2 nel Gran Premio di Svizzera. Pirelli, dunque, ha ottenuto il titolo iridato della classe MXGP con tre Gran Premi di anticipo rispetto alla fine del Campionato e quello della classe MX2 addirittura quando mancavano ancora quattro Gran Premi da disputare TITOLO IN ANTICIPO - &nbsp;Pirelli pu&ograve; festeggiare in anticipo piloti che possono contendersi il titolo, Jeffrey Herlings e Antonio Cairoli in MXGP e Jorge Prado e Pauls Jonass in MX2, sono tutti piloti KTM che utilizzano pneumatici Pirelli Scorpion MX32. L&rsquo;impegno e i successi di Pirelli nel Campionato Mondiale FIM Motocross sono ormai costanti da anni e il brand della P lunga &egrave; l&rsquo;unico costruttore di pneumatici a poter vantare un palmares di ben 70 titoli mondiali.  LA STORIA - Numerosi i titoli vinti con i pi&ugrave; importanti rappresentanti di questa disciplina: 7 mondiali al fianco del belga Stefan Everts, 6 con Antonio Cairoli, 9 (3 ciascuno) insieme ai piloti belgi Andr&eacute; Malherbe, Eric Geboers e J&ouml;el Smets, altri 3 con il britannico David Thorpe fino ai pi&ugrave; recenti: i 3 conquistati con l&rsquo;olandese Jeffrey Herlings e i due vinti negli ultimi due anni con lo sloveno Tim Gajser, solo per citare alcuni dei piloti che nel corso degli anni hanno scelto di affidarsi a Pirelli e che con la casa di pneumatici italiana hanno vinto le loro sfide. LE CASE - Pirelli &egrave; riuscita &nbsp;a instaurare un rapporto di collaborazione con le case motociclistiche oltre a quello fondamentale con i piloti. Ben 20 mondiali sono stati vinti con KTM, 16 con Yamaha e altrettanti con Honda, oltre ai 10 con Suzuki, i 3 con Husaberg e i 2 con Cagiva. In particolare, con l&rsquo;azienda di Mattighofen, Pirelli dal 2008 ad oggi ha vinto ben 16 titoli mondiali: sei consecutivi con Antonio Cairoli nella classe regina e tre con Jeffrey Herlings in MX2, oltre a quelli vinti con Ken Roczen, Marvin Musquin, Jordi Tixier e Pauls Jonass. Dall&rsquo;inizio della stagione 2018, i piloti Pirelli hanno vinto ben 53 gare su un totale di 54 disputate (26 su 27 in MXGP e tutte in MX2). UN TERRENO DI PROVA - &ldquo;Siamo davvero molto felici di aver raggiunto questo straordinario traguardo&rdquo;, ha commentato Piero Misani, Direttore della Business Unit Moto di Pirelli. &ldquo;Per Pirelli il Campionato Mondiale FIM Motocross &egrave; un&rsquo;attivit&agrave; di vertice in cui abbiamo sempre creduto e continuiamo a credere molto. Questo Mondiale rappresenta per Pirelli anche un perfetto terreno di prova per sviluppare i pneumatici con i quali da decenni arricchiamo il nostro palmares al fianco dei pi&ugrave; grandi Campioni del motocross. Auguro un finale di stagione ricco di soddisfazioni ai nostri quattro piloti che si contendono i titoli iridati in MXGP e MX2&rdquo;. &nbsp;PNEUMATICI DI SERIE - &ldquo;Settanta titoli in meno di quarant&rsquo;anni penso rendano perfettamente l&rsquo;idea del valore del lavoro svolto da Pirelli in questi anni nello sviluppo dei pneumatici per l&rsquo;offroad&rdquo;, ha aggiunto&nbsp;Giorgio Barbier, Responsabile Attivit&agrave; Sportive di Pirelli Moto. &ldquo;La gamma Scorpion MX, ed in particolare i pneumatici Scorpion MX32, sono ormai un marchio di fabbrica riconosciuto ed apprezzato in tutto il mondo tra coloro che praticano il motocross a livello agonistico o amatoriale. Cos&igrave; come avviene per i prodotti stradali e per quanto riguarda il nostro impegno nel Campionato Mondiale FIM Superbike, anche nello sviluppo dei pneumatici offroad la nostra filosofia resta sempre la stessa perch&eacute; i piloti del Campionato Mondiale FIM Motocross utilizzano pneumatici strettamente di gamma che qualsiasi motociclista pu&ograve; regolarmente acquistare sul mercato&rdquo;.  &nbsp;       

Nel GP di Bulgaria il Costruttore italiano ha matematicamente conquistato il titolo in MXGP: ora sono 70 i mondiali vinti dal 1980 ad oggi

Pirelli da record nel Motocross

        Una morte quasi assurda quella di Eric Geboers: il pilota belga capace di conquistare cinque titoli mondiali nel motocross, &egrave; morto annegato, a soli 56 anni. E&rsquo; avvenuto ieri, in un piccolo lago in Belgio: il pluricampione del mondo ha visto il suo cagnolino buttarsi in acqua e si &egrave; lanciato per cercare di salvarlo. Non &egrave; pi&ugrave; riemerso: le ricerche per ritrovare il suo corpo sono state sospese ieri sera e sono ricominciate questa mattina, ma ancora senza esito. La carriera &ndash; Eric Geborts, classe 1962, aveva inviato a correre nel mondiale di motocross nelle piccole cilindrate. Nel 1980 si piazz&ograve; terzo con la Suzuki, l&rsquo;anno dopo sfior&ograve; il titolo e nelle due stagioni seguenti riusc&igrave; a conquistare l&rsquo;alloro. Dopo il secondo titolo era passato alla classe regina in sella alla Honda, ottenendo due altri terzi posti nel 1985 e nel 1986. L&rsquo;anno dopo pass&ograve; in 250 e nel 1987 vinse il terzo titolo. La stagione successiva torn&ograve; nella classe 500, aggiudicandosi il suo quarto titolo al primo tentativo e ripetendosi nuovamente nel 1990 in sella alla Honda CR. Si era ritirato dalle competizioni di moto il 5 agosto del 1990, ma, per un certo periodo ha corso nei campionati automobilisti, come il FIA GT. Dopo il ritiro dalle competizioni attive era diventato team manager, insieme al fratello Sylvain, della squadra Suzuki, che quest&rsquo;anno segue i piloti Steve Ramon e Clement Desalle. Faceva parte anche dell'organizzazione del Gran Premio del Belgio di motocross. Alla famiglia e agli amici di Eric Geboers, le condoglianze di Motosprint.       

Il cinque volte iridato &egrave; stato il primo a conquistare il titolo in tutte e tre le classi: 125, 250 e 500. Si era lanciato nel lago per salvare il suo cane

Motocross in lutto: Eric Geboers muore annegato

Il rapporto tra Stefan Everts e Suzuki &egrave; iniziato nel 2016. Dopo appena due stagioni disputate, non si sa bene cosa succeder&agrave; alla squadra belga nel 2018. Perch&eacute; salvo improvvisi ripensamenti, sembra destinato a terminare l&rsquo;impegno ufficiale della Suzuki nel mondiale Motocross.&nbsp;&nbsp; Si chiude, quindi, una storia lunghissima: Everts aveva acquisito la squadra da Sylvain Geboers, leggendario manager delle RM ufficiali sin dagli anni &lsquo;80; dopo essere stato anche lui, pilota ufficiale della Suzuki. Questa squadra con sede in Belgio, e guidata quindi da stelle belghe del Cross, ha rappresentato la Suzuki nel Mondo per una trentina d&rsquo;anni. E ora ci si domanda se Everts riuscir&agrave; a portare avanti un team praticamente privato, considerando l&rsquo;enorme problema rappresentato dalla ricerca di sponsor disposti a suppprtare programmi di questo livello?&nbsp;&nbsp; &nbsp; L&rsquo;INIZIO - Era la fine del 2006, quando Stefan Everts dopo aver vinto il decimo titolo iridato (il sesto di fila con la Yamaha), aveva appena conquistato anche entrambe le manche del suo ultimo Nazioni, a Matterley Basin (Gran Bretagna): nella press conference di fine giornata annunci&ograve; il suo passaggio&nbsp;alla KTM come team manager della squadra ufficiale nel Mondiale. Fu un annuncio che fece scalpore, e fu anche l&rsquo;inizio della carriera di Everts come manager. Niente scrivania, ma tanto lavoro sul campo: a volte, anche in sella per i test. In quel ruolo Stefan Everts ha seguito piloti del calibro di Rattray, Musquin, Roczen e Herlings. E proprio il rapporto con Herlings ha forse indebolito il suo ruolo nella squadra KTM per la MX2 (dal 2010 il team MX1, poi MXGP, era gestito da Claudio De Carli). A fine 2014 Everts non era pi&ugrave; a capo della MX2, ma aveva assunto un ruolo di &ldquo;direttore&rdquo; del settore Cross sempre per conto della KTM, con particolare attenzione alle giovani leve. Fu un ruolo di ripiego, infatti gi&agrave; a met&agrave; 2015 si inizi&ograve; ad accostare il suo nome alla Suzuki. E in novembre arriv&ograve; l&rsquo;annuncio ufficiale: Everts, 42 anni, aveva raggiunto un accordo con Sylvain Geboers (lo storico manager Suzuki nel Cross andava in pensione) e rilev&ograve; il team ufficiale nel Mondiale. La squadra era diventata di sua propriet&agrave;. C&rsquo;era anche una bella storia da celebrare: Stefan tornava in Suzuki a 25 anni dal 1991, anno del suo primo titolo mondiale, in sella alla RM 125.&nbsp; &nbsp; SOSTEGNO GIAP - Il team Suzuki nel 2016 aveva perso gli sponsor Rockstar e Teka, ma con il pieno appoggio della Suzuki, quindi con il sostegno dal Giappone, Stefan ingaggi&ograve; il neozelandese Ben Townley (iridato MX2 nel 2004) di ritorno dagli USA per sostituire Clement Desalle che era passato in Kawasaki. Al suo fianco Everts piazz&ograve; l&rsquo;esperto belga Kevin Strijbos. C&rsquo;era anche un giovane spilungone lituano, voluto da Everts: Arminas Jasikonis.&nbsp;&nbsp; La stagione non fu esaltante, alla fine il migliore fu Strijbos, undicesimo in classifica finale (assente in quattro GP per infortunio) e vincitore a Lommel; Townley dopo due infortuni interruppe la carriera: chiuse diciottesimo, con sette GP disputati. Jasikonis inizi&ograve; a fare esperienza e chiuse ventiquattresimo. Nella MX2, Jeremy Seewer divenne la rivelazione della stagione, ma Herlings si rivel&ograve; imbattibile.&nbsp;&nbsp; Everts ha continuato a sperare in un main sponsor che non &egrave; arrivato neanche per la stagione appena conclusa. Stefan aveva puntato su Strijbos e Jasikonis. Ma il primo si &egrave; infortunato e ha saltato ben otto GP (classificandosi quattordicesimo) mentre Jasikonis ha dato spettacolo ma ha raccolto soltanto un podio (con il terzo posto ad Agueda); in classifica ha chiuso tredicesimo. Nella MX2 &egrave; andata molto meglio, con Seewer che ha lottato per il titolo con Jonass, ma alla fine &egrave; stato secondo (con cinque vittorie di GP). Il nuovo arrivato, l&rsquo;australiano Hunter Lawrence, &egrave; cresciuto molto nel corso della stagione al punto da vincere l&rsquo;ultimo GP, in Francia; in classifica finale ha chiuso nono, con tre podi. Poi &egrave; stato il migliore della 250 al Nazioni.&nbsp;&nbsp; &nbsp; QUALCOSA DI BUONO C&rsquo;E&rsquo; - Quindi le due stagioni di Stefan Everts alla guida del Team ufficiale Suzuki non sono state esaltanti, ma sono tutt&rsquo;altro che negative: gli va dato merito di aver portato giovani di talento come Jasikonis e Lawrence, per esempio. In pista e nel paddock la squadra si &egrave; sempre presentata ad altissimo livello, e c&rsquo;era un ottimo &ldquo;progetto giovani&rdquo; (vedi Zachary Pichon, il figlio di Mickael) seguito dal pap&agrave; di Stefan, il leggendario Harry, da tutti riconosciuto come uno dei migliori preparatori al mondo (basta pensare alla carriera fatta da Stefan). Ora &egrave; difficile capire che ne sar&agrave; di questa squadra professionale, con una struttura importante e un bagaglio di esperienza invidiabile. In un primo momento sembrava certo che Everts potesse continuare, almeno in MXGP, gestendo il team senza l&rsquo;appoggio ufficiale della casa (sempre la Suzuki), e forse c&rsquo;&egrave; ancora una speranza che questo possa accadere. Ma al momento non c&rsquo;&egrave; nessuna notizia da Lommel, dove il team ha la sua sede.&nbsp;&nbsp; Qualche notizia certa riguarda i piloti, cio&egrave; gli ex piloti del team di Everts: Jasikonis sembra destinato a salire su una Honda 450 (team Assomotor), mentre Lawrence ha annunciato un accordo con Geico Honda e sar&agrave; schierato nel nuovo team Honda (MX2) gestito da Livia Lancelot e supportato da Gariboldi. Il giovane Pichon dovrebbe essersi accasato in un team KTM.&nbsp;&nbsp; Per quanto riguarda Jeremy Seewer (vicecampione MX2 e destinato alla MXGP nel 2018 per limiti d&rsquo;et&agrave;) &egrave; in cerca di un team, anche se in tasca ha un contratto con Suzuki fino al 2019...  &nbsp; 

Senza supporto ufficiale il futuro del team &egrave; in dubbio. i piloti sono gi&agrave; in fuga &nbsp;

Suzuki, l&rsquo;enigma continua

Sabato scorso a Balen, in Belgio, si &egrave; svolta la quarta edizione della "Tree Planting Action", ovvero l'iniziativa di piantagione di nuovi alberi fortemente voluta dagli ex campioni del mondo di Motocross Eric Geboers, Joel Smets e Stefan Everts, con il sostegno della Federazione Motociclistica Belga e della Comunit&agrave; di Motocross delle Fiandre, per dare vita alla quarta "Motocross CO2 Forest".  Con questa iniziativa la community del Motocross intende compensare le emissioni di CO2 causate dall'attivit&agrave; sportiva, a conferma della loro preoccupazione per l'impatto ambientale del Motocross sul cambiamento climatico.    Attraverso questa messa a dimora di alberi, la community del Motocross vuole anche ricordare ai politici fiamminghi le promesse di trovare nuove location per sviluppare altri circuiti di motocross. Nonostante il gran numero di campioni di questa disciplina che vivono nelle Fiandre, infatti, qui ci sono soltanto quattro piste per l'allenamento.  Nella citt&agrave; di Balen gli ex campioni del mondo hanno potuto consegnare al Ministro dell'Ambiente fiammingo, signora Joke Schauvliege, un assegno che rappresenta simbolicamente i 30.089 alberi piantati negli ultimi quattro anni. Queste piantagioni sono avvenuti in collaborazione con l'associazione ambientale delle Fiandre "Bos+".  Presenti anche diversi politici di tutti i partiti, che hanno partecipato insieme ai piloti e agli appassionati di motocross alla piantagione dei nuovi alberi.  Fiammetta La Guidara

In Belgio, la piantagione di nuovi alberi con gli iridati di Motocross Geboers, Smets e Everts. Ben 30.089 alberi piantati negli ultimi quattro anni

Le foreste del Motocross

Il dieci volte iridato nel motocross Stefan Everts &egrave; il&nbsp; nuovo Team Principal della squadra ufficiale di Motocross 2016. Per celebrare il momento Suzuki ha realizzato un video, girato al quartier generale del Geboers Racing di Lommel, in Belgio. Nel video c'&egrave; l'intervista con Everts, con Geboers e con il padre di Everts, che pure si &egrave; laureato campione del mondo con Suzuki.    Stefan Everts, 42 anni, ha rilevato il suo attuale ruolo da Sylvain Geboers la settimana scorsa e guider&agrave; il team ufficiale di MXGP e MX2 nei prossimi mondiali di motocross.  Stefan Everts &egrave; il pilota pi&ugrave; vittorioso al mondo nel Motocross, con dieci titoli conquistati nelle classi 125, 250, 500 e MX1. Ha iniziato a correre all'et&agrave; di quattro anni ed &egrave; stata la seconda persona, dopo Eric Geboers, a diventare "Mr 875 c" vincendo il titolo in tutte e tre le classi. Nella sua carriera, che &egrave; durata 15 anni (si &egrave; ritirato el 2006) ha accumulato un totale di 101 vittorie nei GP. Il suo primo titolo &egrave; arrivato nel 1991, con Suzuki, a 18 anni.

Il pilota di Motocross pi&ugrave; vittorioso al mondo con i suoi 10 titoli mondiali &egrave; diventato il Team Principal di Suzuki. Succede a Sylvain Geboers

Stefan Everts Team Principal Suzuki

Tra i sicuri protagonisti dello Starcross di Mantova in programma il 21 e 22 febbraio, l'olandese Glenn Coldenhoff, ventiquattro anni di origine caraibica, che non passa inosservato per il suo stile di guida veloce, alla ricerca continua del sorpasso anche con le traiettorie pi&ugrave; fantasiose.  Primo nella MX2 al Tazio Nuvolari, nel 2013 abita nella moderna e bella Eindhoven ed &egrave; portacolori del team Rockstar Energy Suzuki MXGP insieme Desalle e Strijbos. Viene da una stagione 2014 difficile, condizionata da un infortunio in allenamento che lo ha tenuto lontano dalle piste per diversi Gran Premi. Ma, nonostante questo, ha portato a casa un quinto posto nel mondiale MX2, mettendo a segno la sua prima vittoria iridata al GP di Gran Bretagna e un secondo posto al GP di casa. Quest'anno correr&agrave; nella classe regina, la MXGP. E lo Starcross sar&agrave; l'occasione per vederlo al debutto in Italia sulla nuova moto.  Glenn perch&eacute; hai deciso di correre a Mantova?  "Mi piace molto la pista e ho sempre amato correre allo Starcross. Due anni fa ho vinto la classe MX2 a Mantova. Ho degli ottimi ricordi, per questo sono molto motivato a tornare". &nbsp; Cosa ti piace di pi&ugrave; dell'Italia?  "Amo l'Italia. Qualche anno fa vi ho soggiornato per tre mesi insieme a Chicco (Chiodi, ndr) e ci siamo divertiti molto. Mi piace la pizza italiana. Ogni volta che sono in Italia la mangio... si tratta di qualcosa che non si pu&ograve; mancare" .  Come definisci la tua scorsa stagione?  "E' stata davvero buona fino al mio infortunio. Ho fatto tre podi in cinque gare e ho vinto due manche. Ma poi sono caduto male mentre mi stavo allenando. Davvero un brutto infortunio al ginocchio. Sono rimasto fuori dalle gare per tre mesi e mezzo. Ed &egrave; sempre difficile tornare da un infortunio. Ho lottato per tornare al punto in cui ero prima. Finalmente all'ultima e pi&ugrave; importante&nbsp; gara dell'anno, il Nazioni in Lettonia &egrave; andata di nuovo bene e mi sono divertito molto: ho colto il 2&deg; posto assoluto in MX2. E 'stato bello finire cos&igrave; la stagione".  Come stai fisicamente adesso dopo l'infortunio ?  "Ora sto di nuovo bene. Ma ho lavorato duramente per far tornare il ginocchio com'era prima". &nbsp; Come ti stai preparando per la nuova stagione?  "Sta andando bene. Mi sono allenato insieme a Kevin Strijbos praticamente tutto il tempo. Ho imparato molto da lui. All'inizio &egrave; stato un po' difficile adattarsi alla 450 MXGP. Ho dovuto cambiare un po' il mio stile di guida. Ora mi ci trovo abbastanza bene".  Perch&eacute; hai deciso di andare ad allenarsi negli Stati Uniti?  "Siamo sempre alla ricerca del bel tempo, di buone piste e delle condizioni perfette per prepararci. Non ero mai stato in California prima, ma ora ho avuto questa opportunit&agrave; dalla Suzuki e dalla famiglia Vaessen. Era stato sempre un sogno per me guidare negli Stati Uniti, e quindi la decisione &egrave; stata semplice!"  Come trovi i tracciati americani rispetto a quelli europei?  "Le piste americane sono molto pi&ugrave; veloci e agevoli. A Los Angeles c&rsquo;&egrave; sempre un tempo straordinario e devono bagnare la pista per evitare che sia polverosa. Se necessario innaffiano la pista tutto il giorno. Le persone dei motoclub lavorano sodo per farci avere condizioni perfette in pista. Hanno un paio di commissari su ogni salto grande, e una vettura ci segue a bordo pista per portare via i sassi pi&ugrave; grossi. Si pagano 25/30 dollari al giorno, ma sicuramente vale la pena. E infatti ogni giorno ci sono tante persone che vanno a girare".    Come giudichi&nbsp; la Suzuki 450?  "Subito dopo la gara del Nazioni ho iniziato i test sulla RMZ 450 del 2015. Mi trovo abbastanza bene sulla 450. Suzuki ha preparato un'ottima moto. Abbiamo fatto diversi test per settarla come piace a me. Il team Geboers ha gi&agrave; tanta esperienza con la 450 quindi &egrave; stato abbastanza facile rendere la moto adatta per il mio stile di guida. Mi sento a mio agio su questa nuovo moto e mi piace molto".  Quali sono i tuoi obiettivi per il mondiale quest'anno?  "Sar&agrave; il mio primo anno nella nuova classe MXGP. E sar&agrave; un anno di apprendistato per me: acquisire una certa esperienza e evitare infortuni sar&agrave; fondamentale. Punto a chiudere la stagione iridata nella top 10".  Vincere una gara in MXGP sar&agrave; possibile con Cairoli in pista?  "E' possibile, Tony non regala mai niente a nessuno. Tutti puntiamo a diventare Campioni del mondo. Ma negli ultimi anni lui ha dimostrato di essere il migliore. Penso che la stagione che verr&agrave; sar&agrave; molto interessante".  Chi &egrave; Glenn Coldenhoff fuori dalle piste?  "Semplicemente un ragazzo normale e amichevole".  Sei fidanzato?  "Sicuro, con Nikki che oltre ad essere molto bella mi aiuta sempre in tutto".  Quali sono i tuoi hobby?  "Amo giocare tennis e andare a pesca quando ho tempo..." &nbsp; Cosa rappresenta lo Starcross per te?  "Pista straordinaria, fan calorosi, ottima organizzazione e grande gara su una pista che considero tra le pi&ugrave; tecniche al mondo"  Come ti stai preparando per lo Starcross?  "Prima di affrontare il GP Qatar abbiamo pianificato di partecipare alle tre gare internazionali pi&ugrave; importanti in Europa: Hawkstone Park, Valencia e Mantova. Mi sto preparando al meglio".  Punterai a vincere?  "Ci prover&ograve; senz'altro! Ma devo essere realistico. Questo &egrave; il mio primo anno in 450 e quando arriver&ograve; a Mantova sar&agrave; solo la mia terza gara in 450. Al cancelletto ci saranno molti agguerriti piloti quindi sarebbe gi&agrave; un'ottima cosa se riuscissi a concludere la gara nella top 5". Fiammetta La Guidara

Tra i sicuri protagonisti dello Starcross di Mantova in programma il 21 e 22 febbraio, l'olandese Glen Coldenhoff,  al debutto nella classe regina

Starcross: c'&egrave; anche Coldenhoff!

Continua il nostro excursus nel passato delle due ruote artigliate con il video dedicato al GP d'Italia di Motocross del 1988, realizzato da Mauro Valentinuzzi.  Le immagini ci portano sul tracciato piemontese di Lombardore per il mondiale di motocross, che quell'anno approdava in Italia dopo cinque round. Nella classe regina, che all'epoca era la 500, saldamente al comando della classifica iridata era il belga Eric Geboers su Honda (nella foto), che veniva da una serie di vittorie.  Sulla pista torinese in gara1&nbsp; vinse proprio Geboers, che poi si aggiudicher&agrave; il mondiale, mentre gara2 fu appannaggio di Jacky Vimond, con Geboers quarto alle spalle di Dietmar Lacher su Honda, vincitore del Gran Premio d'Italia in virt&ugrave; di un secondo e di un terzo posto.  Con il successo del 1988, Geboers divent&ograve; il primo pilota al mondo ad aver conquistato il titolo nelle classi 125, 250 e 500. Alle sue spalle si piazzarono Kurt Nicoll su Kawasaki e David Thorpe su Honda. Fiammetta La Guidara &nbsp;  &nbsp;

Un video con le immagini pi&ugrave; spettacolari della classe regina nel GP sul tracciato  di Lombardore. L'uomo da battere era Eric Geboers

Amarcord: GP d'Italia di cross 1988

  Luned&igrave; 9 aprile, a Valkenswaard, in Olanda ci sar&agrave; la prima stagionale del mondiale di motocross, quest&rsquo;anno sar&agrave; una vera e propria maratona iridata: MX1, MX2, MX3 e Mondiale Femminile saranno riuniti insieme per un evento ricchissimo. Per MX1 e MX2, invece, il calendario quest&rsquo;anno comprende sedici Gran Premi (lo scorso anno erano quindici).        Cairoli, il leader della MX1 negli ultimi tre anni, &egrave; il protagonista pi&ugrave; atteso. C&rsquo;&egrave; un gruppetto di piloti che punta a strappargli il numero 1. Steven Frossard, francese del Team Yamaha Rinaldi,  Clement Desalle, belga del Team Suzuki Geboers, Christophe Pourcel, francese del Team Kawasaki Pro Circuit, Evgeny Bobryshev, russo del Team Honda Martin,  David Philippaerts, toscano che sembra si sia gi&agrave; ripreso dall&rsquo;infortunio avvenuto lo scorso agosto. Il gruppo va poi allargato aggiungendo piloti del calibro di Gautier Paulin, Tanel Leok, Jonathan Barragan, Ken DeDycker, Sebastien Pourcel, Kevin Strijbos, Rui Goncalves, Xavier Boog e i nostri Davide Guarneri, Matteo Bonini, Pierfilippo Bertuzzo e la TM, la moto italiana quest&rsquo;anno &egrave; affidata al ventiseienne francese Anthony Boissiere.    Nella MX2 il pilota destinato a prendere lo scettro di Ken Roczen, passato al Supercross USA, sembra essere il suo (ex) compagno di squadra Jeffrey Herlings. Dovr&agrave; fare i conti con l'inglese Tommy Searle (Kawasaki Pro Circuit), il compagno di squadra Van Horebeek, con i due piloti Yamaha, lo svizzero Arnaud Tonus  e l&rsquo;americano Zach Osborne  Tra gli italiani ci augura di vedere nelle posizioni che contano Alessandro Lupino con l'Husqvarna ufficiale del Team Ricci, Simone Zecchina (Team JTech Yamaha), Ivo Monticelli (Suzuki Valenti), Andrea Cervellin (TM Team Van Beers), Giacomo Marchetti (Racing KTM) e Samuel Zeni (JTech Yamaha).

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