        Il commiato &egrave; iniziato con i ringraziamenti: &ldquo;A tutti quelli di KMC e KRT, per aver creduto in me e avermi dato l&rsquo;opportunit&agrave; di mettermi alla prova al livello pi&ugrave; alto. Ho imparato e sono cresciuto tanto come persona e come motociclista dal primo giorno che sono salito in sella alla Superbike ufficiale Ninja ZX-10R&rdquo;. Jonathan Rea ha salutato la Kawasaki ricordando i sei Mondiali consecutivi vinti ma anche le lezioni di vita e le risate. Infine ha concluso sottolineando la gioia e la felicit&agrave; portate ai tifosi e ai proprietari di moto Kawasaki in giro per il Mondo. Hakan Carlqvist, un'impresa a tutta birra | Quella (S)Volta Che Il contributo di Rea  Ed &egrave; proprio pensando a questi ultimi che avviamo il nostro ragionamento: la Casa giapponese ha indubbiamente dato tanto al nordirlandese ma crediamo che il pilota abbia fornito un contributo decisamente superiore. Le cifre lo dimostrano, a partire dai titoli piloti vinti dai portacolori Kawasaki: gli otto allori la pongono al secondo posto in Superbike dietro l&rsquo;imprendibile Ducati. Senza Rea per&ograve; le Verdone avrebbero soltanto due Mondiali piloti, vinti nel 1993 con Scott Russell e nel 2013 con Tom Sykes. Ci&ograve; farebbe precipitare la Kawasaki in quarta posizione dietro anche a Honda (sei titoli piloti) e Aprilia (tre). Inoltre soltanto con Rea la Kawasaki &egrave; riuscita a vincere il titolo costruttori: senza il suo zampino non ci sarebbe alcun titolo marche in bacheca, facendo cos&igrave; persino peggio di Yamaha (due allori) e Suzuki (uno). Ancora pi&ugrave; impressionante &egrave; il contributo di Rea sulle singole prestazioni, a partire dalle vittorie di manche: anche qui, con 178 successi, la Kawasaki &egrave; la seconda forza delle derivate di serie e lo rester&agrave; almeno per un altro lustro visto il vantaggio di cui gode su Yamaha, che ha toccato quota 100 vittorie soltanto l&rsquo;anno scorso a Most, e Honda. Senza Rea, per&ograve;, capace di imporsi 104 volte con la Ninja, la Kawasaki avrebbe &ldquo;appena&rdquo; 74 vittorie e quindi scalerebbe alle spalle dei due principali costruttori al Mondo di moto e scooter. Per trovare una vittoria Kawasaki non firmata dal Cannibale bisogna tornare indietro al round inaugurale del 2020: in Australia Alex Lowes vinse Gara 2. I numeri  L&rsquo;anno prima Toprak Razgatlioglu fece doppietta con Puccetti Racing in Francia, mentre nel 2018 Tom Sykes conquist&ograve; Gara 1 ad Assen. Da quando nel 2015 ha avuto come compagno di squadra Rea, l&rsquo;inglese ha vinto 12 manche: aggiungendo il successo di Lowes e i due del turco, ma escludendo Rea, dal 2015 a oggi le ZX-10R hanno ottenuto 15 vittorie. Briciole rispetto alle 104 conseguite nel frattempo da Jonathan. Impressionante anche il suo apporto alla voce podi: Rea ne ha raccolti 217 nell&rsquo;esperienza con la grande Kappa, permettendole cos&igrave; di spingersi a 538 podi complessivi nel mondiale Superbike. Un valore enorme ricordando che la Yamaha ha scavallato quota 400 a maggio, traguardo che la Honda vede all&rsquo;orizzonte da tempo ma che le sfugge come un miraggio: a fine 2016 la Casa dell&rsquo;Ala Dorata era a 392 podi ma da allora ne ha conquistati appena cinque, di cui tre con Alvaro Bautista nel 2020 e 2021. Senza Rea, la Kawasaki sarebbe nuovamente dietro a Yamaha e Honda, oltre alla Ducati. L&rsquo;unica voce sulla quale Rea ha inciso relativamente poco &egrave; quella delle pole: lo dimostrano le 42 volte in cui ha primeggiato in Superpole, inferiori ai valori di Troy Corser e Sykes, di cui 38 con la Kawasaki. Per le Verdone le pole sono 105, quindi il futuro compagno di Andrea Locatelli ha inciso per poco pi&ugrave; di un terzo. E anche senza queste la Kawasaki resterebbe seconda dietro le Rosse di Borgo Panigale. MotoGP, Sete Gibernau e la pole al venerd&igrave; | Quella (S)Volta Che       

La Casa di Akashi &egrave; diventata la seconda forza storica della Superbike: senza Jonathan sarebbe ancora la quarta...

Kawasaki, senza Rea sai cosa ti perdi? | Quella (S)Volta Che

        Diverse soluzioni tecniche si sono ormai da tempo standardizzate, lo abbiamo ripetuto spesso. Per esempio, per i motori di potenza specifica pi&ugrave; elevata sono da tempo d&rsquo;obbligo il raffreddamento ad acqua e la distribuzione bialbero. Perch&eacute; potesse avvenire questa selezione tra i vari schemi costruttivi possibili c&rsquo;&egrave; voluto un tempo che in certi casi &egrave; stato considerevole. Altre soluzioni si sono imposte rapidamente ma poi hanno dovuto subire un graduale lavoro di affinamento. &nbsp;&Egrave; il caso delle teste con camera di combustione a tetto e quattro valvole, nelle quali l&rsquo;angolo tra queste ultime &egrave; via via diminuito, fino ad arrivare ai valori odierni (sui quali &egrave; fermo ormai da una trentina d&rsquo;anni). Diamo quindi un&rsquo;occhiata a come si sono affermate ed evolute alcune di queste soluzioni. I dilemmi degli alberi a gomiti | Officina Distribuzioni: i comandi  Quando si iniziarono a impiegare le distribuzioni con albero a camme in testa, i tecnici dovettero decidere come azionarli. Apparve subito chiaro come si potesse scegliere tra tre possibili sistemi: a catena, a cascata di ingranaggi e ad alberello con due coppie di ingranaggi conici. Ognuno aveva i suoi punti di forza e i suoi punti deboli. Tutti e tre comunque erano in grado di svolgere bene il loro compito. Il comando a catena ben presto si &egrave; rivelato meno adatto degli altri a essere impiegato sui motori da competizione. Era infatti meno rigoroso (per via delle oscillazioni della catena stessa e dell&rsquo;allungamento causato dall&rsquo;usura a livello delle articolazioni) e risentiva della forza centrifuga. Realizzare sistemi di tensionamento efficaci e affidabili non &egrave; stato facile. Le cascate di ingranaggi erano eccellenti ma costose: richiedevano lavorazioni molto accurate ed erano quasi sempre fonte di una non trascurabile rumorosit&agrave; meccanica (soltanto gli ingranaggi elastici avrebbero reso possibile un funzionamento silenzioso ma sarebbero apparsi molto tempo dopo). Il fatto &egrave; che il gioco tra i denti degli ingranaggi, corretto a temperatura ambiente, aumentava notevolmente a caldo. A causa della dilatazione termica delle pareti dell&rsquo;alloggiamento in cui erano piazzati, cresceva infatti la distanza tra i cuscinetti sui quali erano montati i loro assi. Un lieve gioco era comunque vantaggioso anche perch&eacute; consentiva di non risentire di eventuali lievi errori di allineamento (non penserete mica che la dilatazione in alto, ossia a livello della testa, sia proprio uguale a quella in basso?). La soluzione si &egrave; subito rivelata eccellente per i motori da corsa. Nella produzione di serie, vanno ricordate soltanto (o quasi) le splendide Benelli monocilindriche d&rsquo;anteguerra, le poche quadricilindriche MV Agusta stradali e le formidabili Honda della serie VFR. Nei motori monocilindrici, che fino a pochi anni fa erano tutti raffreddati ad aria, &egrave; sorto il problema dell&rsquo;alloggiamento della catena o della cascata di ingranaggi. Poteva essere integrale con il cilindro e la testa, ossia essere ricavato nelle loro stesse fusioni? E doveva esserci un passaggio per l&rsquo;aria tra esso e tali componenti? Con il tempo ha prevalso lo schema che non lo prevedeva. Un&rsquo;alettatura asimmetrica (meno sviluppata dal lato del passaggio catena o ingranaggi) non &egrave; mai una cosa buona. Per evitare deformazioni a caldo della canna sono stati adottati elevati spessori di parete. Da un certo punto in poi, grazie all&rsquo;uso di leghe di alluminio dall&rsquo;elevata conduttivit&agrave; termica e a un miglioramento del disegno, i problemi legati a questa soluzione sono stati eliminati. In passato l&rsquo;alloggiamento della catena o della cascata di ingranaggi &egrave; stato talvolta ricavato in una cartella separata, che veniva poi fissata per mezzo di viti alla testa, al cilindro e al basamento (o al suo coperchio laterale, con il quale era in diversi casi integrale). Poich&eacute; vi era un passaggio aria tra la parete laterale del cilindro e tale cartella, quest&rsquo;ultima per forza di cose tendeva a lavorare a una temperatura inferiore e quindi a dilatarsi in misura minore (con conseguente creazione di tensioni). Con il raffreddamento ad acqua e il vano per la catena (o gli ingranaggi) integrale, da tempo tutto questo appartiene al passato.  Distribuzioni e comandi  I comandi ad alberello e coppie coniche ebbero notevole diffusione fino agli anni Cinquanta, sia sui motori da competizione (basta ricordare il loro impiego da parte di Case come Bianchi, Norton, Mondial, NSU e BMW) che su quelli di serie. In seguito, sono diventati praticamente esclusiva della Ducati, che sui modelli di serie li ha adottati addirittura fino a met&agrave; anni Ottanta. I principali problemi in questo caso erano il costo elevato (per la grande precisione necessaria nelle impegnative lavorazioni e la complessit&agrave; dell&rsquo;assemblaggio) e la difficolt&agrave; di silenziamento. La dilatazione in senso verticale fa aumentare la distanza tra l&rsquo;albero a gomiti e quello a camme. Inoltre la testa, ove &egrave; installata la coppia conica superiore, si dilata anche in senso trasversale. L&rsquo;alberello doveva quindi essere in due pezzi, uniti con un giunto adatto. La Norton ha fatto a lungo ricorso a un giunto Oldham, che consente leggeri allontanamenti dal parallelismo tra le due parti dell&rsquo;alberello, oltre a una variazione della loro distanza in senso verticale. Nelle ultime Manx &egrave; per&ograve; passata a un accoppiamento scanalato, soluzione preferita dai costruttori tedeschi. La Ducati ha utilizzato invece un giunto a baionetta, con l&rsquo;estremit&agrave; dell&rsquo;alberello ove si trova l&rsquo;ingranaggio conico superiore inserita in un cuscinetto a sfere orientabile. &Egrave; interessante ricordare che nelle sue monocilindriche da corsa degli anni Cinquanta la Ducati impiegava alberelli con differenti diametri (da 11 a 15 millimetri), che venivano scelti a seconda dei circuiti. Quelli con diametro minore torcevano maggiormente durante il funzionamento in gara e ci&ograve; determinava una variazione nella fasatura di distribuzione! Nel presente il sistema ad alberello e coppie coniche &egrave; impiegato soltanto su un bicilindrico Kawasaki.  Se i pistoni girano troppo velocemente | Officina       

Come azionare l&rsquo;albero a camme in testa? Catena, cascata oppure alberello con due coppie di ingranaggi conici

Distribuzioni e comandi: le opzioni | Officina

        Su una parete, i loghi delle squadre di calcio, capitanati dal sensazionale Bologna che accarezza la conferma in Champions League. Dall&rsquo;altra, i simboli legati agli altri sport, dal rugby con la partnership assieme alla Federazione italiana, ai motori, con il team ufficiale Yamaha MotoGP, Lamborghini e la Federazione Motociclistica Italiana. Che con i suoi Talenti Azzurri &ldquo;invade&rdquo; il Campus Macron a Valsamoggia. &ldquo;Nel cuore della Motor Valley&rdquo; ricorda l&rsquo;amministratore delegato Gianluca Pavanello, dato che l&rsquo;azienda di abbigliamento e accessori sportivi sulla Nuova Bazzanese &egrave; pressoch&eacute; a met&agrave; strada tra Ducati e Ferrari.  La partnership La nuova partnership tra FederMoto e Macron per tutte le attivit&agrave; legate alla FMI viene presentata alla vigilia del CIV 2025, fiore all&rsquo;occhiello delle attivit&agrave; sportive federali arricchito da due nuove categorie (Sportbike e Production Bike) e dalla gara Sprint. Per celebrare l&rsquo;evento, il presidente Giovanni Copioli porta con s&eacute; gran parte dei 75 ragazzi del Progetto Pata Talenti Azzurri FMI, altra eccellenza della FederMoto. Una marea azzurra che non comprende chi &egrave; reduce da gare oltreoceano &ndash; Luca Lunetta e Guido Pini &ndash; o prepara la doppietta italiana del mondiale Cross (Ferruccio Zanchi e Valerio Lata) o &egrave; in Portogallo per l&rsquo;inizio del mondiale Enduro, a cominciare da Kevin Cristino e Manuel Verzeroli. Assenti giustificati, eppure sembra ugualmente infinita la schiera di giovani di belle speranze presente. Da Luana Giuliani, a suo agio sul set con Penelope Cruz cos&igrave; come in pista, a Fabio Mazzola, promessa del Trial reduce da un trionfo al &ldquo;Nazioni&rdquo;, fino a Niccol&ograve; Mannini, leader dell&rsquo;Europeo 125 di Cross. &Egrave; inevitabile credere che i futuri Pecco Bagnaia, Andrea Verona e Andrea Adamo (per citare soltanto campioni del Mondo) siano presenti al Campus Macron. &ldquo;In una struttura impressionante per vastit&agrave; &ndash; sottolinea Copioli &ndash; siamo ancora pi&ugrave; orgogliosi dell&rsquo;accordo che ci lega a una grande azienda&rdquo;. Become your own hero: diventa l&rsquo;eroe di te stesso. Il claim dell&rsquo;azienda bolognese sembra fatto apposta per lo sport degli eroi. &ldquo;Ed &egrave; l'augurio pi&ugrave; bello che puoi fare a una persona: significa realizzarsi" aggiunge Pavanello, tratteggiando il sogno di fronte ai giovani piloti delle otto discipline coinvolte nel progetto Talenti Azzurri: Velocit&agrave;, Supermoto, Trial, Quad, Enduro, Speedway, Flat Track e Motocross. &ldquo;Noi siamo qui per formarli e allevarli &ndash; conclude Raffaele Prisco, coordinatore della direzione tecnica FMI &ndash; i risultati sono favorevoli ma non ci fermiamo&rdquo;.        

L'unione di due grandi realt&agrave; per continuare un progetto unico

Nuova partnership tra FederMoto e Macron: "Siamo orgogliosi dell’accordo”

        Il weekend del mondiale Superbike all'Autodromo Internacional do Algarve di Portimao ha regalato grande spettacolo al vertice grazie a Toprak Razgatlioglu e Nicol&ograve; Bulega, sempre in bagarre nelle tre gare, tutte concluse in volata con le vittorie del turco. Nessuno &egrave; riuscito a tenere il loro passo e gli unici ad avvicinarsi sono stati Andrea Locatelli e Alvaro Bautista, entrambi a podio nel corso del round portoghese. Passi in avanti anche per Axel Bassani con la Bimota, mentre la &ldquo;cugina&rdquo; Kawasaki non spicca il volo con Garrett Gerloff, autore di un weekend dimenticabile ma non ai livelli di Andrea Iannone e, soprattutto, un disastroso Scott Redding: ecco i voti ai protagonisti (positivi e non) della SBK in Algarve.  SBK, Jonathan Rea pensa al rientro: Assen allettante, Cremona plausibile Toprak e Bulega stellari, Loka incanta con la Yamaha  TOPRAK RAZGATLIOGLU 10 Lasciatosi alle spalle un primo round da incubo a Phillip Island, il turco &egrave; tornato ad essere imbattibile (quasi) come lo scorso anno, almeno sulla sua pista preferita. E tenersi dietro un Bulega cos&igrave;, non &egrave; da tutti. NICOL&Ograve; BULEGA 9,5 Una prova di maturit&agrave; pazzesca, quella mostrata dal ducatista in Portogallo. Tener testa a Toprak in tutte e tre le manche nella sua pista &egrave; un'impresa riuscita a pochi, ma il Nicol&ograve; di quest'anno non teme nessuno. ANDREA LOCATELLI 9 Tra i migliori del weekend. La Yamaha &egrave; chiaramente in difficolt&agrave;, ma il numero 55 &egrave; in perfetta sintonia con la R1 e ha spezzato l'egemonia di Ducati e BMW salendo inaspettatamente sul podio nella prima contesa. ALVARO BAUTISTA 8 Al di l&agrave; dello &ldquo;zero&rdquo; di Gara 1 e dell'ennesima diatriba con Redding, lo spagnolo &egrave; stato il primo degli altri, diventando uno spettatore privilegiato dello spettacolo offerto dai primi due tra Superpole Race e Gara 2. AXEL BASSANI 7,5 Non ci si aspettava molto dal pilota di Feltre viste le difficolt&agrave; patite nei test, ma in gara ha tirato fuori una bella competitivit&agrave; ottenendo il miglior risultato da quando guida la Bimota, surclassando il compagno di squadra Alex Lowes. Bravo Axel.  CIV, a Misano inizia l'era della Sportbike: ecco la nuova classe entry level Continua l'articolo nella prossima pagina &nbsp; Difficolt&agrave; per Gerloff e Iannone, male Redding  GARRETT GERLOFF 5,5 Dopo i test invernali sembrava che il texano potesse essere decisamente pi&ugrave; veloce con la Ninja ZX-10RR ufficiale, ma se non altro la situazione &egrave; migliorata rispetto al disastroso primo round e la Top 10 non &egrave; pi&ugrave; lontanissima. ANDREA IANNONE 5 Tutto ci&ograve; che poteva andare storto, l'ha fatto. Penalit&agrave; in griglia, penalit&agrave; in gara, incomprensioni durante la bandiera rossa e ritiro prematuro in Gara 2 dopo il ride through: il portacolori Go Eleven deve dimenticarsi in fretta di questo weekend. SCOTT REDDING 4 Si &egrave; parlato di lui esclusivamente a causa dell'ennesima incomprensione con Bautista che ha portato entrambi in ghiaia in Gara 1, ma per quanto riguarda i risultati, non c'&egrave; molto da dire. Un solo punto raccolto lo rende il peggior ducatista del weekend.  Moto2: dietro al podio di Arbolino c'&egrave; lo zampino di... Jorge Martin       

Il campione in carica e il ducatista si sono confermati al top in Algarve, con Locatelli e Bautista &ldquo;primi degli altri&rdquo;. Weekend da dimenticare per Iannone e, soprattutto, Scott

SBK Portimao, pagelle: Toprak e Bulega stellari, Redding “attaccabrighe”

        Nicol&ograve; Bulega pu&ograve; vincere il titolo SBK 2025? Lo abbiamo chiesto a Marco Melandri, che ci ha offerto la sua opinione sull&rsquo;inizio di stagione del Mondiale riservato alle derivate di serie.  Continua nella prossima pagina MotoGP, Chili: "Se a Bagnaia romperanno le scatole dovr&agrave; guardarsi attorno" &nbsp; Melandri: "Bulega &egrave; il favorito in SBK"  Nicol&ograve; Bulega pu&ograve; gi&agrave; essere considerato il favorito per il titolo?  &ldquo;Direi proprio di s&igrave;. Sapevo che dall&rsquo;anno scorso sarebbe ulteriormente cresciuto. Anche nel 2024 aveva dimostrato la sua superiorit&agrave; in Australia, ma quest&rsquo;anno &egrave; pi&ugrave; convinto e consapevole. In una parola, ha pi&ugrave; esperienza. Inoltre tecnicamente la Ducati &egrave; stata aiutata quest&rsquo;anno: la cosa brutta &egrave; che le cose sono state chiare a due settimane dal via, quindi nel caso della BMW e del suo telaio i test invernali sono stati pressoch&eacute; inutili. I giri motore in pi&ugrave; per la Ducati permettono di usare una rapportatura molto pi&ugrave; corta, cos&igrave; la moto rallenta e curva molto meglio. La Rossa ha un grande vantaggio: nel 2018 a noi tolsero 600 giri, e ci tagliarono le gambe in una stagione in cui avremmo potuto vincere il titolo&rdquo;.  Quali possono essere ora per lui gli ostacoli principali?  &ldquo;Soltanto se stesso, il pericolo &egrave; che possa abbassare la guardia o dare tutto per scontato. Lui &egrave; superiore al momento, quindi sulla carta pu&ograve; vincere sempre, ma non deve sedersi sugli allori o pensare che sia gi&agrave; tutto fatto&rdquo;.  Da quando &egrave; nel paddock SBK Bulega &egrave; sempre progredito, senza mai vivere un momento di difficolt&agrave;: pensi che, con le avversit&agrave; affrontate tra i prototipi, si sia creato la scorza per un ipotetico momento di appannamento nel corso della stagione? &nbsp;&ldquo;Per come va, mi pare pronto a gestire anche un momento di difficolt&agrave;. &Egrave; talmente tanto in controllo che penso possa capire in fretta il motivo di una difficolt&agrave;, per poi gestirla nel modo giusto&rdquo;.  Chi pu&ograve; essere il suo principale antagonista per il titolo in virt&ugrave; di quanto visto finora?  &laquo;Credo che Toprak Razgatlioglu vender&agrave; cara la pelle. L&rsquo;ho sentito molto arrabbiato, quindi lotter&agrave; ancora di pi&ugrave;. Alvaro Bautista? Non saprei: l&rsquo;Australia &egrave; una delle sue piste preferite quindi &egrave; difficile dire se potr&agrave; crescere. Ripeto: credo che per Bulega il primo rivale sia se stesso, poi gli altri. Mi aspetto una crescita di Toprak, anche in virt&ugrave; delle difficolt&agrave; che sia lui che la BMW hanno sempre incontrato a Phillip Island. In generale mi aspetto i valori dello scorso anno per la lotta al titolo, con un Bulega per&ograve; cresciuto&rdquo;. Quale consiglio daresti a Bulega per il prosieguo della stagione?  &ldquo;In questo momento non credo abbia bisogno di grandi consigli, deve soltanto guidare e divertirsi. Se capita un intoppo se ne pu&ograve; parlare, per cercare la soluzione, ma al momento &egrave; meglio lasciare che tutto scorra&rdquo;.        

L'intervista a Marco: "Quest&rsquo;anno Nicol&ograve; &egrave; pi&ugrave; convinto e consapevole, ha pi&ugrave; esperienza. Inoltre tecnicamente la Ducati &egrave; stata aiutata"

SBK, Melandri: "Il rivale di Bulega è se stesso"

        Ogni tanto mio marito mi manda video originali trovati su Instagram. Qualche giorno fa me ne ha spedito uno che mi ha fatto pensare: non ridere o piangere, bens&igrave; riflettere. Per questo mi fa piacere raccontarvelo e magari conoscere anche il vostro punto di vista. Si tratta di un video ambientato in Cina, una ragazza &egrave; in sella a una moto (sembrerebbe una Honda CRF 250), arriva al semaforo ed essendo bassa di statura riesce a malapena a toccare con la punta del piede. Barcolla un po&rsquo;, accanto a lei un poliziotto, a sua volta in moto, la aiuta a tornare in equilibrio. La solitudine di Sandra Gomez Cantero | Io Guido da Sola Motocicilisti "all'altezza"  Video successivo: un&rsquo;altra ragazza che guida una moto da strada arriva al semaforo e scende, poich&eacute; anche lei bassa di statura, e non riesce quindi a mantenersi in equilibrio. Ultimo video, sempre una ragazza, questa volta in motorino: quando arriva a parcheggiarlo, sempre per motivi di stazza, lo mette prima sul cavalletto laterale e poi deve compiere sforzi immani per riuscire a collocarlo su quello centrale. Cosa pensereste voi dopo aver assistito a una scena del genere? Il mio pensiero &egrave; stato immediato: se a un incrocio o semaforo non si riesce a &ldquo;gestire&rdquo; bene la moto poich&eacute; questa &egrave; troppo alta o pesante, pu&ograve; essere una situazione pericolosa, sia per chi guida che per gli altri conducenti. Sostengo questo perch&eacute; una volta io stessa mi sono trovata in una situazione di questo tipo: per una questione non di stazza, ma di scarsa dimestichezza, mi sono trovata con la moto con lo sterzo a fine corsa (stavo prendendo la patente e ho scoperto che lo sterzo della moto non &egrave; come quello del motorino&hellip;), e per poco non sono caduta. Sono andata poi a leggere i commenti legati al video e in tanti, compreso mio marito, elogiavano queste ragazze che nonostante tali difficolt&agrave; non perdevano la voglia di guidare una moto. Poi, per&ograve;, mi sono imbattuta nella spiegazione di un ragazzo cinese. &ldquo;Qui in Cina, sia uomini che donne siamo tutti bassi e a scuola guida ci insegnano a scendere dalla moto ai semafori se non riusciamo a reggere la moto in equilibrio&rdquo;. Una prassi che ha un po&rsquo; spiazzato il mio ragionamento e mi ha fatto rivalutare la situazione, anche se nessuno mi toglie dalla testa che tutto questo sia pericoloso. Pensando che proprio in Asia ci sono numerosi grandi costruttori di moto, questi potrebbero ovviare al problema per i riders asiatici, magari con quegli abbassatori sdoganati dalla Ducati, in primis per la pista, ma con l&rsquo;obiettivo finale dei consumatori. Ma chiss&agrave; cosa accadrebbe se in Italia ci comportassimo allo stesso modo a un semaforo: qualche idea ce l&rsquo;ho... WorldWCR: Lucie Boudesseuel, dal record al Mondiale | Io Guido da Sola       

Per qualcuno, le difficolt&agrave; in moto iniziano quando... ci si ferma

I social e i riders all'altezza | Io Guido da Sola

        Poche settimane fa vi avevamo raccontato dell&rsquo;asta giudiziale per la cessione di Energica Motor Company. Fin dal 2018 l&rsquo;azienda non &egrave; riuscita a incassare pi&ugrave; di quanto spendeva: nel 2018 la perdita registrata a bilancio &egrave; stata di 7.271.800 Euro, l&rsquo;anno dopo di 7.698.732, mentre nel 2020 &egrave; scesa a 5.576.736, Nel 2021 il rosso contabile &egrave; tornato a salire, raggiungendo 8.395.248 Euro, per poi spingersi a 12.631.504. Non tragga in inganno la perdita del 2023, pari a 6.047.686 Euro perch&eacute; discende da un crollo del Valore della Produzione (i ricavi) dai 20,7 milioni del 2022 a 8,9. Il termine per la presentazione delle offerte era il 29 gennaio alle ore 15. Energica: asta del 31/01 non aggiudicata  Il prezzo base era di 5,7 milioni di Euro, con offerta minima di 4,275 milioni e rialzi da ventimila Euro l&rsquo;uno, ma il 31 gennaio &egrave; stata annunciata la non aggiudicazione perch&eacute; nessuna offerta &egrave; pervenuta entro il termine previsto. Una disdetta per le 32 persone che secondo i documenti ufficiali vantano rapporti di lavoro subordinato con l&rsquo;azienda, anche se un paio avevano gi&agrave; presentato le dimissioni a dicembre e probabilmente hanno salutato la compagnia. Non avranno fatto i salti di gioia nemmeno i 107 concessionari Energica localizzati in 43 Nazioni differenti. &Egrave; probabile che i potenziali acquirenti si attendano un ribasso nelle prossime settimane, anche se bisogna sottolineare come i 5,7 milioni di Euro fissati nel bando di gara siano congrui. Per arrivare a tale importo il dottor Claudio Trenti, incaricato della perizia, ha sommato il valore della componente materiale con quella immateriale. La prima, discendente dalla relazione di stima dell&rsquo;Istituto Vendite Giudiziarie di Modena, ha contribuito per 4.368.067 Euro, dati dalla somma delle rimanenze di magazzino (3.381.065 Euro), dai beni strumentali (660.758 Euro), dalle giacenze presso terzi (153.483 Euro), dai beni presso terzi (138.000 Euro) e da una zona definita secretata per 34.761 Euro. La parte del leone di quest&rsquo;area off limits sono quattro batterie prototipali da 18mila Euro complessivi e una moto Ego Simo bianca targata da settemila Euro, mentre destano curiosit&agrave; due go-kart incompleti senza valore. Dando un occhio alle giacenze di magazzino la parte principale &egrave; costituita da 54.880 celle 32, valutate 725.925 Euro, seguite da 2169 connettori di ricarica, ciascuno dei quali &egrave; quotato meno di 100 Euro. Tra i beni strumentali compaiono tre furgoni, le telecamere esterne per l&rsquo;impianto di videosorveglianza, che valgono 300 Euro, cos&igrave; come un container del 2006 di color verde Energica. Un carrello elevatore &egrave; indicato a 800 Euro, mentre un sollevatore elettroidraulico del 2021 tocca i tremila Euro. Diecimila euro &egrave; poi la stima di uno scanner laser 3D e 190mila valgono tre magazzini verticali tipo silo contenenti varia minuteria e componentistica per la linea di produzione. Passando invece alle moto, le Ego Corsa che sono state impiegate nella Coppa del Mondo della MotoE (nelle sue prime quattro stagioni, dal 2019 al 2022, prima dell&rsquo;era Ducati con il nuovo status di Mondiale), per le quali viene espressamente indicato che sono da pista non immatricolabili, sono quotate seimila Euro ciascuna. Tuttavia due esemplari sprovvisti di batteria vedono il loro prezzo crollare a mille Euro cadauna. Per le SS9 stradali il prezzo &egrave; di 11.500 Euro, per una Evo Ribelle RS 12.500 e per le Experia 13.500. Completano il tutto 1.345.891 Euro di componenti immateriali e tangibili, tra cui brevetti, know-how, disegni, marchi e software proprietari. Ducati: addio Pramac MotoGP, arriva TAS | Quella (S)Volta Che       

L&rsquo;asta giudiziale per la Casa modenese &egrave; andata deserta e si attende un ribasso per il prezzo base di 5,7 milioni. Una cifra gi&agrave; congrua

Il tesoretto Energica | Quella (S)Volta Che

        Quasi un compleanno quello della Desmo450MX che scese in pista per la prima volta il 17 marzo del 2024, per gareggiare nella prima tappa del Campionato Italiano Prestige di Motocross a Mantova con Alessandro Lupino e che sar&agrave; svelata al pubblico il 3 aprile alle 16.00 in una World Premiere su Ducati.com e sul canale YouTube di Ducati.  Un dettaglio della sospensione posteriore della Desmo450 MX da gara @Ducati A un anno dall'esordio in pista, ecco la Desmo450 MX&nbsp; La neonata di Borgo Panigale, allora un vero e proprio prototipo, quasi un laboratorio su due ruote, conquist&ograve; la pole position e la vittoria in gara uno, c&rsquo;entrando il podio all&rsquo;esordio nelle competizioni. Ora quella moto &egrave; divenuta realt&agrave; per i clienti che vorranno acquistarla a partire dal prossimo giugno al prezzo di 12.990&euro;.  Le due Desmo450MX di Seewer e Guadagnini @Ducati       

Il 3 Aprile sar&agrave; una data storica per la casa di Borgo Panigale che si appresta a svelare al mondo la nuova nata che sar&agrave; messa in vendita presso una rete selezionata di concessionari

Ducati: è l’ora della Desmo450 MX

        Nonostante l&rsquo;errore di Marc Marquez, il bilancio del team Lenovo Ducati post Austin &egrave; comunque positivo, con Bagnaia vincitore della gara lunga dopo che il #93 aveva vinto la Sprint del sabato. Davide Tardozzi &egrave; comunque soddisfatto guardando nell&rsquo;insieme dei team Ducati con Di Giannantonio e Morbidelli autori di un gran weekend, Alex Marquez solidissimo e Fermin Aldeguer in crescita nonostante la caduta mentre era quinto.  Tardozzi: &ldquo;Ducati dimostra di avere la moto di riferimento in MotoGP&rdquo;  Il team manager di Lenovo Ducati ha rilasciato una lunga intervista al giornale spagnolo as.com nel paddock del COTA toccando diversi temi, dall&rsquo;errore di Marquez, alla vittoria di Bagnaia, ai progressi di Alex Marquez ed Aldeguer. &ldquo;Come succede spesso, quando si hanno due piloti si piange e si ride. E&rsquo; un peccato il piccolo errore di Marc perch&eacute; gli &egrave; costato la gara, per&ograve; ha vinto Pecco e quindi siamo contenti perch&eacute; ha ritrovato la vittoria, nonostante Marc abbia dimostrato quanto fosse veloce. Siamo anche dispiaciuti per la caduta di Fermin Aldeguer perch&eacute; ha tirato un po&rsquo; troppo quando stava facendo una gara eccezionale. In ogni caso, Ducati sta dimostrando di avere la moto di riferimento.&rdquo;&nbsp; Parlando di Marc e Pecco prosegue: &ldquo;Abbiamo parlato con Marc di quello che &egrave; successo ma resta tra noi, per&ograve; Pecco aveva bisogno di un giorno come questo. Dico sempre che in Qatar vedremo il vero Pecco, anche se qui ha fatto una grande gara. Ho due figli e devo essere contento per uno e dispiaciuto per l&rsquo;altro. Devo parlare dell&rsquo;errore che ha commesso Marc e lo abbiamo fatto, per&ograve; confido in lui e che questo errore gli servir&agrave; per il futuro.&rdquo; Continua l'articolo nella prossima pagina &nbsp; Davide: &ldquo;Sapevamo che Marc avrebbe fatto quello che ha fatto prima della partenza&rdquo;  Nella seconda parte della intervista rilasciata ad as.com, Tardozzi ha parlato anche di Alex Marquez primo in classifica al momento e della mossa di Marc prima della partenza. &ldquo;Sono molto contento per Alex perch&eacute; se lo sta meritando. E&rsquo; una posizione che merita perch&eacute; Pecco ha avuto alcuni problemi all&rsquo;inizio della stagione e Marc ha commesso un errore qui, Alex si merita di comandare la classifica. E&rsquo; chiaro che il Mondiale &egrave; l&rsquo;obiettivo e quando si pu&ograve; vincere si vince, per&ograve; vanno anche fatti punti come ha fatto Alex qui. E mancano ancora 19 gare&hellip;&rdquo;&nbsp; Sulla mossa di Marc prima della partenza dice: &ldquo;Sapevamo che Marc avrebbe fatto quello che ha fatto prima della partenza e dopo di lui lo hanno fatto quasi tutti.&rdquo;       

&ldquo;Quando si hanno due piloti, si piange e si ride&rdquo; ha commentato ad as.com il team manager dei Lenovo Ducati dopo la gara texana

MotoGP, Tardozzi: “L’errore di Marquez? Abbiamo parlato, ma resta tra noi”

        Alex Crivill&egrave;&nbsp;prima del weekend texano della MotoGP non aveva dubbi sul un rientro di Pecco Bagnaia nella lotta iridata con i fratelli Marquez.  La profezia di Alex e le dichiarazioni&nbsp;  Lo spagnolo, infatti, aveva detto di non dare gi&agrave; per sconfitto Bagnaia per il titolo dopo due weekend stagionali. Profezia che, come abbiamo visto, poi nella gara lunga si &egrave; avverata grazie al primo errore stagionale di Marc Marquez che in un colpo solo ha mandato suo fratello in cima alla classifica iridata di un punto e fatto rientrare Bagnaia a -12 in vista del GP del Qatar la prossima settimana.&nbsp; &ldquo;Mi aspettavo un Marc Marquez forte &ndash; ha dichiarato il campione 1999 prima della gara &ndash; un Alex Marquez altrettanto forte dopo i test prestagionali. Mi aspettavo inoltre un Pecco Bagnaia probabilmente pi&ugrave; in forma. Non ha trovato la Ducati che desiderava, sono cambiate delle cose e sperava di lottare con Marc. Qualcosa che tuttavia non &egrave; potuto succedere. Durante l&rsquo;anno vedremo un Pecco sicuramente pi&ugrave; forte e che lotter&agrave; minimo con Alex. Minimo lotter&agrave;.&rdquo;&nbsp; Sia Crivill&egrave; che la maggior parte di chi segue il Mondiale ha dato per favorito Marc Marquez per la terza doppietta consecutiva e se non fosse caduto le previsioni si sarebbero avverate. Nessuno &egrave; riuscito a tenere il passo dell&rsquo;otto volte iridato, per&ograve; Bagnaia ha sempre la caratteristica di non disperarsi per le grandi differenze e minimizzare i danni. Ad Austin ha raccolto i frutti delle prime due gare nelle quali ha dovuto soffrire molto.&nbsp; Continua l'articolo nella prossima pagina &nbsp; Bagnaia e Marquez verso il Qatar  Settimana prossima la MotoGP far&agrave; tappa in Qatar, pista sulla quale, in teoria, Marquez non dovrebbe avere il grande vantaggio visto nelle prime cinque gare (almeno fino alla caduta), e dove non si trova particolarmente a suo agio avendo vinto solo nel 2014. Dall&rsquo;altro lato Bagnaia ci ha vinto nel 2024 e la vittoria di Austin gli ha dato un boost enorme in vista dei tracciati sui quali il #63 si sente pi&ugrave; a suo agio. In tutto questo c&rsquo;&egrave; Alex Marquez che li guarda dalla cima della classifica&hellip; &nbsp;       

Il campione della 500 del 1999 mette in guardia tutti su Pecco e sul mondiale ancora aperto

MotoGP, la profezia di Alex Crivillè su Bagnaia

        La gara caotica di ieri ha rimarcato quanto l&rsquo;Italia sia al top per quanto riguarda piloti e moto, con Ducati a monopolizzare le prime quattro posizioni e Bezzecchi a tenere alto il team ufficiale Aprilia in attesa del rientro di Martin in Qatar.  Sei italiani nei primi otto al traguardo della gara  Il dato sicuramente pi&ugrave; significativo della gara texana &egrave; che al traguardo sono arrivati tutti i piloti italiani iscritti alla gara, l&rsquo;ultimo a punti (P15 e primo punto in classifica) &egrave; stato Lorenzo Savadori con l&rsquo;Aprilia ufficiale (sostituto di Martin in questo inizio di campionato).&nbsp; Tra Bagnaia vincitore e Lorenzo Savadori quindicesimo ci sono altri cinque piloti della pattuglia azzurra: un eroico Di Giannantonio terzo nonostante fisicamente fosse a pezzi (Austin con il suo serpentone iniziale &egrave; la pista peggiore per chi ha problemi alle spalle fresche di operazione) e Morbidelli &ldquo;subito&rdquo; dietro in quarta posizione con la GP24. Arrivano poi in fila indiana in sesta, settima ed ottava posizione Marco Bezzecchi, autore di una grande rimonta e di un tentativo di sorpasso a Zarco in un punto pressoch&eacute; impossibile (all&rsquo;esterno di curva 2), Bastianini migliore KTM al traguardo ed anche lui autore di una grandissima rimonta dal fondo della griglia e Marini prima Honda al traguardo in ottava posizione dopo una gara lineare e senza strafare.&nbsp;  E in campionato? Cinque azzurri nei primi dieci  La classifica di campionato dopo la spettacolare gara texana rispecchia pi&ugrave; o meno quello che &egrave; stato il GP di Austin, con ben cinque italiani nei primi dieci. Fuori dalla top 10 solo Bastianini, dodicesimo a tre punti da Miller, e Savadori penultimo con 1 punto. La pattuglia azzurra in campionato &egrave; guidata da Bagnaia in terza posizione a 12 punti dai fratelli Marquez, seguono le due Ducati VR46 a posizioni invertite rispetto alla gara con Morbidelli davanti a Di Giannantonio. Bezzecchi, nel suo inizio di stagione ad handicap, &egrave; ottavo con 24 punti davanti a Marini in nona posizione con 20 punti, seconda Honda in classifica dopo Zarco settimo.       

La gara texana ha marcato un risultato importante per la pattuglia azzurra della Top Class ovvero sei italiani nei primi otto classificati e cinque nei primi dieci in campionato

MotoGP Austin: Italians do it better (anche nel Mondiale)

        Erano tutti in griglia pronti per salire in sella e prendere parte alla gara della domenica del GP di Austin. Il meteo non sembrava favorevole. Pista bagnata, ma stava andando asciugandosi. Pu&ograve; essere vista come la scena finale di un film di Hollywood, ma &egrave; tutto vero.&nbsp; La maggior parte dei piloti montavano le gomme da bagnato - come l&rsquo;assetto moto - tranne gli ultimi in griglia che avevano optato per le slick rischiando il tutto per tutto. Quando a due minuti dallo spegnimento del semaforo Marc Marquez decide di rientrare ai box e cambiare la moto, scegliendo quella da asciutto e creando il panico totale.&nbsp; Una scelta premeditata, sicuramente non improvvisata, come si evince in seguito dal video replay.  Cosa &egrave; successo negli ultimi minuti? Un video pubblicato sul canale instagram della MotoGP svela il retroscena della scelta del #93. Il tutto inizia con Marc che chiama il suo capotecnico e gli dice: "Questa moto deve essere rain, e se non &egrave; full rain nessun problema. L&rsquo;altra deve essere con le slick" Rigamonti esegue e avvisa i meccanici al box: "La moto numero 2 deve essere da asciutto, convertitela in dry" Marquez vuole sapere la scelta dei suoi rivali principali: "Pecco va con gomme da bagnato?" Rigamonti: "S&igrave;" Marquez: "Alex?" Rigamonti: "Non lo so" Poi continua a dialogare con Marco e chiede una conferma regolamentare: "Se adesso vado a prendere l&rsquo;altra moto parto dalla pit lane in ultima posizione, giusto? Senza Long lap penalty?" Rigamonti annuisce: "S&igrave;, ti schieri ultimo" Marquez sembra soddisfatto della risposta, ma Rigamonti ci pensa qualche secondo e si rivolge a Tardozzi: &ldquo;Davide, se adesso lui vuole partire dal box con la moto slick&hellip;" Non lo fa neanche finire e gli dice: "Si becca il ride through" Ma il pilota spagnolo &egrave; convinto: "Sicuro, parto ultimo e basta"             Visualizza questo post su Instagram  Un post condiviso da MotoGP&trade; (@motogp)      Continua l'articolo nella prossima pagina &nbsp; Il regolamento MotoGP Il regolamento dice che i piloti non possono pi&ugrave; fare aggiustamenti sulla moto a partire dai -3 minuti allo start. Ma nel caso della mossa di Marc in realt&agrave; ci spiega che, lo spagnolo sarebbe dovuto partire dalla pit-lane nel giro di warm up, per poi occupare la casella conquistata in qualifica (dunque il 1&deg; posto) e scontare un ride through, cio&egrave; l'attraversamento della corsia dei box, a gara in corso. Il seguente caos dovuto a questa scelta ha portato la direzione gara per&ograve; a rinviare la partenza dato che pi&ugrave; di 10 piloti sono rientrati a cambiare moto.       

Poco prima del via la mossa che ha generato il panico in pista, ecco la spiegazione di quanto accaduto

MotoGP, il retroscena del caos pre partenza tra Marc e la Ducati: “Resta tra noi, non dire niente”

        Possiamo dire che la copertina del numero della scorsa settimana alla fine si &egrave; rivelata azzeccata. Fabio Di Giannantonio, Franco Morbidelli e Marco Bezzecchi sono stati tra i grandi protagonisti della gara di Austin. E in parte lo &egrave; stata anche la Honda, che prima delle due scivolate di Johann Zarco e Joan Mir era in lotta per la Top 10 con ben tre dei suoi quattro piloti. Ma a esaltarci, in terra statunitense, sono stati soprattutto i nostri piloti. Al netto dell&rsquo;errore di Marc Marquez che gli ha facilitato il percorso verso la vittoria, Francesco Bagnaia ha fatto una &ldquo;gara alla Pecco&rdquo;, tornando a guidare come ci aveva abituato fino all&rsquo;anno scorso e dimostrando di aver iniziato a prendere le giuste misure alla Ducati versione 2025. &ldquo;Diggia&rdquo; ha concretizzato quanto di buono aveva fatto intravedere in Argentina, sfiorando la pole e portando a casa un podio che vale quasi come una vittoria. &ldquo;Franky&rdquo; ha guidato ancora una volta l&igrave;, nella Top 5, dando spettacolo con i suoi sorpassi ed evidenziando una forma psicofisica invidiabile. A sorridere, in America, sono stati anche gli altri due azzurri presenti in pianta stabile nel campionato: Enea Bastianini con la KTM &egrave; tornato &ldquo;Bestia&rdquo;, chiudendo nelle zone che contano con una gara delle sue, tutte in rimonta nella parte finale. E Luca &ldquo;Maro&rdquo; Marini ha fatto finalmente meglio dei suoi compagni di marca in Honda: grintoso ed efficace fino all&rsquo;ultimo giro, ha concluso a poca distanza da Bezzecchi e Bastianini. Se ci aggiungiamo anche le gare da podio di Matteo Bertelle in Moto3 e di Tony Arbolino in Moto2, possiamo dire che il motociclismo di casa nostra pu&ograve; lasciare Austin con maggiore fiducia verso il Qatar e le future gare europee&hellip; BUONA LETTURA!        

L&rsquo;Italia delle due ruote &egrave; stata grande protagonista ad Austin, soprattutto nella top class

Box del direttore: SOGNO AMERICANO

        In Italia, a catalizzare l&rsquo;interesse della grande maggioranza degli appassionati sono da sempre le gare di Velocit&agrave;. I GP in primo luogo, ma anche le corse in circuito con moto derivate dalla serie (da decenni si tratta fondamentalmente delle Superbike). In passato erano molto popolari anche le gare in Salita e (soprattutto) le maratone stradali, prima che venissero vietate. In alcuni altri Paesi, per&ograve;, le gare in pista sulle lunghe distanze hanno avuto, e talvolta hanno ancora, un seguito straordinario, quasi paragonabile a quello dei Gran Premi. Viene subito in mente il Bol d&rsquo;Or, che in Francia ha un&rsquo;importanza analoga a quella della 24 Ore automobilistica di Le Mans. La prima edizione si disput&ograve; oltre cent&rsquo;anni fa, e dopo l&rsquo;interruzione dal 1960 la gara &egrave; ripresa in grande stile nel 1969, raggiungendo subito una grandissima popolarit&agrave;. Negli anni Settanta si &egrave; formata una vera e propria scuola di piloti di gran fondo e i francesi sono diventati i migliori specialisti del Mondo per le gare di questo tipo.  Continua nella prossima pagina MXGP: il ritorno di Herlings &nbsp; Le Case europee e l'Endurance  In Giappone c&rsquo;&egrave; la 8 Ore di Suzuka, seguita al punto da generare un tifo quasi calcistico tra gli appassionati delle diverse marche. In Spagna per lungo tempo si &egrave; svolta una massacrante 24 Ore sul circuito stradale del Montjuic, a Barcellona, divenuta giustamente famosa in patria e all&rsquo;estero. Si correva su strade normalmente aperte al traffico, all&rsquo;interno di un parco fittamente alberato. Il percorso era tortuoso e inoltre non era pianeggiante: da una parte si saliva e dall&rsquo;altra si scendeva. Negli anni Sessanta questa gara, caratterizzata da una crescente partecipazione straniera, fu teatro di fiere battaglie soprattutto tra monocilindriche di cilindrata contenuta. Le Ducati, costruite sia a Bologna che a Barcellona (dalla Mototrans), vinsero cinque volte tra il 1957 e il 1964. La Bultaco trionf&ograve; nel 1969 e nel 1972 (quando la sua 360 sconfisse moto di cilindrata ben maggiore). Grandi vittorie vennero ottenute dalla Laverda nel 1971, con la coppia Brettoni-Angiolini, e nel 1973 e 1975 dalla Ducati con gli specialisti Benjamin Grau e Salvador Canellas, davanti a fior di policilindriche giapponesi ufficiali o semiufficiali. Al Bol d&rsquo;Or, su circuiti velocissimi (Montlh&eacute;ry, poi al Paul Ricard) le moto italiane si comportarono ottimamente ma non riuscirono a vincere. A tenere alto il vessillo dall&rsquo;industria europea fu la Triumph tricilindrica vincendo nel 1970 (occasione nella quale venne iscritta come BSA) e nel 1971. Queste due vittorie furono per&ograve; il suo autentico canto del cigno. In Italia, sull&rsquo;onda dell&rsquo;entusiasmo generato dal boom dalle maxi-moto all&rsquo;inizio degli anni Settanta, suscitarono interesse gare pi&ugrave; corte (della durata di 500 km o di sei ore), riservate alle derivate di serie, che si svolsero su piste come Monza, Modena e Vallelunga. Tuttavia non decollarono mai per davvero, complice la modesta affluenza del pubblico, a conferma del fatto che pi&ugrave; che altro siamo dei velocisti&hellip;  Continua nella prossima pagina &nbsp; Laverda e Ducati  Analizziamo la tecnica delle moto europee protagoniste negli anni Settanta, i pi&ugrave; gloriosi per questa specialit&agrave;, con la partecipazione di tutte le pi&ugrave; importanti Case, tra le quali le nostre Ducati, Laverda e Guzzi. L&rsquo;inglese Triumph-BSA era una tricilindrica con distribuzione ad aste e bilancieri e misure caratteristiche soltanto lievemente sottoquadre. L&rsquo;alesaggio di 67 mm era infatti abbinato a una corsa di 70. La trasmissione primaria era a catena, e il cambio con presa diretta. L&rsquo;albero a gomiti monolitico poggiava su quattro supporti di banco tra i quali i due centrali erano dotati di bronzine. Le bielle forgiate erano in lega di alluminio al rame e avevano una lunghezza pari al doppio della corsa. Le punterie e le aste venivano azionate da due alberi a camme piazzati nel basamento. La lubrificazione era a carter secco. La potenza del modello di serie veniva indicata in 58 cavalli a 5850 giri/min. In Italia ottennero vari successi le moto ottimamente preparate dall&rsquo;importatore Bepi Koelliker. La Laverda si impose rapidamente come una realt&agrave; con la quale nelle gare di Endurance e in quelle per le derivate dalla serie tutti dovevano fare i conti. Robustissime e affidabili, le 750 bicilindriche della Casa di Breganze andarono alla grande nelle 500 chilometri nostrane, mentre all&rsquo;estero si imposero nella 24 Ore di Barcellona (1971) e in quella di Oss, in Olanda, facendosi valere anche al Bol d&rsquo;Or. Il motore, con alesaggio di 80 mm e corsa di 74 mm, era ampiamente surdimensionato in numerosi suoi componenti. La distribuzione era a due valvole, inclinate tra loro di 70&deg;, con un albero a camme in due parti che veniva mosso da una catena duplex collocata centralmente. Nella testa erano incorporate di fusione due calotte in ghisa nelle quali erano ricavate le pareti delle camere di combustione, ma anche le sedi delle valvole e il foro per la candela. L&rsquo;albero a gomiti era di tipo composito e poggiava su quattro supporti di banco muniti di cuscinetti a rotolamento. Le bielle, forgiate in acciaio da cementazione, lavoravano alla testa su rullini ingabbiati ed erano lunghe 1,96 volte la corsa. La lubrificazione era a carter umido, con pompa a ingranaggi. L&rsquo;olio che fuoriusciva dai due cuscinetti di banco centrali raggiungeva i perni di biella grazie a due convogliatori centrifughi vincolati ai volantini dell&rsquo;albero. La trasmissione primaria era a catena e il cambio era del tipo con presa diretta. Le moto italiane che negli anni Settanta si impegnarono maggiormente nell&rsquo;Endurance, ottenendo anche i migliori risultati, furono le Ducati bicilindriche. Nate con una cilindrata di 750 cm&sup3;, entrarono in produzione nel 1971 con il modello GT, rapidamente seguito dalla 750 Sport, affiancata (e ben presto sostituita) nel 1973 dalla ben pi&ugrave; performante Super Sport, con distribuzione desmodromica in versione monoalbero, gi&agrave; utilizzata sulle monocilindriche della serie a carter larghi (250, 350 e 450). Il motore della 750 aveva un&rsquo;architettura a V di 90&deg;, subito definita a L dato che un cilindro era pressoch&eacute; verticale e l&rsquo;altro orizzontale. Grazie a questo schema costruttivo si poteva disporre di un ottimo raffreddamento e di una buona equilibratura. In ogni testa erano alloggiate due valvole, inclinate tra loro di 80&deg;, che venivano comandate sia in apertura che in chiusura da bilancieri azionati dall&rsquo;unico albero a camme. A sua volta, quest&rsquo;ultimo era mosso da un sistema ad alberello e coppie coniche comandato direttamente dall&rsquo;albero a gomiti. I pistoni forgiati erano alloggiati in cilindri in lega di alluminio muniti di canna in ghisa. L&rsquo;albero a gomito era in tre parti unite per forzamento alla pressa, e lavorava interamente su cuscinetti a rotolamento. La trasmissione primaria era a coppia di ingranaggi e il cambio del tipo con presa diretta, di conseguenza l&rsquo;albero a gomito ruotava in senso inverso rispetto a quello in cui giravano le ruote. L&rsquo;alesaggio e la corsa erano rispettivamente di 80 e 74,4 mm. La moto vincitrice a Barcellona nel 1973 venne maggiorata a 864 cm&sup3; aumentando l&rsquo;alesaggio di 6 mm, e inoltre aveva gli scarichi alti. Quella che trionf&ograve; con media da record due anni dopo aveva il basamento tagliato lateralmente a livello della coppa, cosa che consentiva di disporre in basso i tubi di scarico senza il rischio di contatti con l&rsquo;asfalto in piega. Pure in questo caso la cilindrata era di 864 cm&sup3;. Per inciso, il 1975 fu un anno ricco di successi per le bicilindriche Ducati, che si imposero anche a Daytona e nel Trofeo maxi-moto.  Continua nella prossima pagina &nbsp; Guzzi e Bultaco  Le Guzzi a V di 90&deg; mostrarono il loro valore in pi&ugrave; occasioni al Bol d&rsquo;Or. Dotate di distribuzione ad aste e bilancieri, con due valvole in testa inclinate di 70&deg;, avevano l&rsquo;albero a gomito in un sol pezzo che lavorava interamente su bronzine. Merita infine di essere ricordata la semplice, robusta e leggera Bultaco 360 che vinse al Montjuic nel 1972. Ultima rappresentante dei motori due tempi nelle competizioni di questo tipo, aveva un motore monocilindrico di schema convenzionale, con un alesaggio di 83,7 mm e una corsa di 64, che derivava da quello impiegato sulla Pursang da Cross. Il punto di forza era la guidabilit&agrave;, che la rendeva decisamente adatta a un circuito come quello spagnolo.        

Parecchie Case del Vecchio Continente si impegnarono nelle corse di durata: le proposte di Ducati, Triumph, Laverda, Guzzi e Bultaco

Gli anni d'oro delle europee dell'Endurance | Tecnica

        Per conquistare il suo secondo successo alla 200 Miglia di Daytona, Josh Herrin aveva dovuto attendere tredici anni ma poi, una volta sbloccatosi, non si &egrave; pi&ugrave; fermato. E quest&rsquo;anno ha fatto poker, conquistando il terzo trionfo consecutivo sul catino della Florida. Un&rsquo;impresa senza precedenti, sebbene fosse l&rsquo;ottantatreesima edizione della 200 Miglia pi&ugrave; celebre al Mondo, a cui si ispir&ograve; a inizio anni Settanta Checco Costa, padre di quel Claudio che ide&ograve; la Clinica Mobile, per dare vita alla 200 Miglia di Imola.  Continua nella prossima pagina &nbsp; L'impresa di Herrin &nbsp; A rendere ancora pi&ugrave; incredibile il trionfo del ducatista &egrave; stato l&rsquo;allungo portato a una decina di giri dalla conclusione, facendo anche segnare un crono di 1&rsquo;47&rdquo;879, nuovo record della gara e superiore per soli 46 millesimi alla miglior pole di tutti i tempi, realizzata un anno fa da Richie Escalante. Un forcing utile per liberarsi della compagnia di Tyler Scott e dello stesso Escalante. Al traguardo il trentaquattrenne Re della SBK del MotoAmerica, portacolori del Celtic/Economy Lube+Tire/ Warhorse HSBK Ducati ha faticato a trovare le parole: &ldquo;Essere menzionato assieme a Scott Russell e Miguel Duhamel (primatisti con cinque successi, nde) &egrave; speciale. Inoltre ora detengo anche il record per il pi&ugrave; lungo intervallo di tempo tra la prima e l&rsquo;ultima vittoria alla 200 Miglia&rdquo;. Se Duhamel vinse per la prima volta nel 1991 e riusc&igrave; a ripetersi in un&rsquo;ultima occasione nel 2005, Herrin &egrave; salito per la prima volta sul gradino pi&ugrave; alto del podio della gara regina di Daytona nel 2010, e 15 anni dopo si &egrave; ripetuto. Il successo 2025 &egrave; anche il sesto podio alla 200 Miglia, perch&eacute; nel 2009 al debutto fu secondo, battuto per 551 millesimi dal compagno di squadra Ben Bostrom, in un&rsquo;edizione storica perch&eacute; fu la prima corsa in notturna. Al 36&deg; giro di quella gara le luci alla chicane iniziarono a fare i capricci e cos&igrave; la Direzione Gara fu costretta a far uscire la Safety. In quegli istanti per&ograve; Tommy Aquino fu tamponato e fin&igrave; contro il muro, portando all&rsquo;esposizione della bandiera rossa. Alla ripartenza, dopo due giri dietro la Safety Car, la gara ripart&igrave; salvo essere neutralizzata di nuovo per un ulteriore incidente, preludio agli ultimi sei giri, fortunatamente senza interruzioni. L&rsquo;anno dopo, sempre in notturna, Herrin sal&igrave; un gradino, vincendo sulla Yamaha con 7&rdquo;964 su Dane Westby, mentre il giornalista italiano Andrea Padovani chiuse diciassettesimo e Dario Marchetti diciannovesimo, entrambi a tre giri dal vincitore. Nel 2011, invece, Herrin fu solamente quinto mentre nel 2015 si piazz&ograve; secondo, beffato all&rsquo;ultima curva dal sorpasso di Danny Eslick, vincitore per 86 millesimi. In quell&rsquo;edizione non vi furono pit stop perch&eacute; quattro bandiere rosse permisero ai team di rifornire e cambiare le gomme con le moto ai box. Herrin &egrave; ora a un successo e a un podio di distanza da Russell e Duhamel. A quota quattro vittorie &egrave; appaiato a Eslick, quest&rsquo;anno sesto, in occasione della sua ventesima apparizione alla 200 Miglia. Eslick era in sella alla Triumph, che ha conquistato anche la quarta piazza con il britannico Peter Hickman, 14 trionfi al Tourist Trophy, e il quinto posto con Brandon Paasch, vincitore a Daytona nel 2021 e 2022. Invece Richard Cooper, quattro successi alla North West 200, &egrave; stato costretto ad alzare bandiera bianca a 23 giri dalla fine per un guasto alla sua Speed Triple quando era nella Top 5. L&rsquo;altro stradista d&rsquo;Oltremanica, il leggendario Michael Dunlop (29 vittorie al TT), si &egrave; dovuto accontentare del nono posto, a un giro, nonostante guidasse una Ducati Panigale V2 proprio come Herrin. McWilliams, non &egrave; mai troppo tardi | Quella (S)Volta Che       

l terzo successo di fila, il quarto trionfo in un arco di 15 anni: Herrin &egrave; divenuto il padrone della Daytona 200

Herrin, lo specialista | Quella (S)Volta Che

        La copertina del round di Portimao se la sono presa Toprak Razgatlioglu e Nicol&ograve; Bulega, ma sul virtuale gradino dei piloti migliori del fine settimana c&rsquo;&egrave; spazio anche per qualcun altro, ossia Andrea Locatelli. Numeri alla mano Andrea ha raccolto ovviamente meno dei due avversari, ma in condizioni piuttosto differenti.&nbsp;Anche in questo 2025 Yamaha sta infatti continuando a faticare, a causa di una R1 vetusta che ad oggi non pu&ograve; ritenersi allo stesso livello di BMW e soprattutto Ducati, le due moto attualmente vincenti in SBK. La classifica costruttori per il momento sorride con la terza posizione, ma la strada imboccata nelle ultime stagioni non &egrave; certamente positiva, e nemmeno l&rsquo;arrivo di un asso come Jonathan Rea ha invertito la rotta.  Locatelli ancora di salvezza Yamaha In tale scenario l&rsquo;unico in grado di mantenere la nave a galla &egrave; cos&igrave; Locatelli, che a Portimao ha mascherato con classe le lacune della R1, cogliendo non solo il podio in Gara 1 &ndash; tenendosi alle spalle per tutta la corsa un Danilo Petrucci in costante pressing &ndash; ma anche un quinto posto in Superpole Race ed un quarto in Gara 2. Risultati da top rider, quello status a cui Andre ambisce non senza le giuste credenziali.&nbsp;Per soggiornare con costanza nel salotto buono della classifica per&ograve; serve anche una moto all&rsquo;altezza, cos&igrave; i prossimi mesi potrebbero essere per il bergamasco cruciali. Sul tavolo infatti vi &egrave; il possibile rinnovo con Yamaha, del quale le parti hanno gi&agrave; iniziato a discutere, ma le strade per Andrea potrebbero essere varie.&nbsp;Radio paddock infatti riferisce come pi&ugrave; di una squadra stia perlomeno pensando a Locatelli, che come tanti potrebbe ambire a salire in sella alla miglior moto della griglia &ndash; la Ducati &ndash; seppure alle corrette condizioni ambientali ed economiche. Per certo a Portimao Andrea si &egrave; messo in mostra e ha fatto parlare la pista, la cosa migliore per un pilota che deve scrivere la prossima pagina della sua carriera.&nbsp;La palla quindi ora passa a Yamaha, che in attesa di crescere dal punto di vista tecnico &ndash; il nuovo motore per ora non si &egrave; visto, mentre il telaio &egrave; stato ritoccato per quanto concerne le rigidezze &ndash; deve iniziare a gestire il proprio parco piloti, con il rischio di lasciarsi scappare colui che al momento ha raccolto cinque degli ultimi sei &ndash; dal primo round 2024 ad oggi &ndash; podi della casa in Superbike. SBK Portimao, Bulega: "Limitare Ducati? E' un discorso un po' del cavolo"       

Il podio di Gara 1 &egrave; solo l&rsquo;apice del solido weekend del bergamasco, che ora passa la palla a Yamana. Sul tavolo c&rsquo;&egrave; rinnovo, ma non &egrave; l&rsquo;unica possibilit&agrave; &nbsp;

SBK: Locatelli brilla “nonostante” Yamaha e… si mette sul mercato

Sabato e domenica molto diversi ad Austin, sia in termini di risultati, che di meteo. La MotoGP delle Americhe ha rappresentato un terzo appuntamento stagionale da &quot;solito trio&quot;, costituito da tre ducatisti. Nell&#39;ordine: Alex Marquez, Marc Marquez, Pecco Bagnaia. Stilati in base alla classifica piloti. Il migliore del weekend &egrave;, per noi, un certo numero 63.&nbsp;  Petrucci nella SBK di Portimao: &quot;Iannone mi ha spinto fuori due volte&quot;  MotoGP Americhe: Pecco (ancora) c&#39;&egrave;  Pecco Bagnaia - Voto 10&nbsp;  Lo definiscono diesel, ma col turbo. Il sorpasso sferrato a Marc nella Sprint &egrave; servito poco nell&rsquo;immediato, ma ha fatto capire che, in ogni caso, Pecco ci prover&agrave;. Fedelt&agrave; premiata dalla buonasorte. Approfitta dell&rsquo;errore di Marquez, comunque meritando: nella Sprint il numero 63 ha dimostrato di crederci, &egrave; stato ripagato nel Gran Premio. Tornare al successo dopo il finale insoddisfacente 2024 lo rimette in gioco. APPROFITTATORE  Alex Marquez - Voto 9&nbsp;  A Sprint finita tra Marc e Pecco, dichiara: &ldquo;Nel loro duello, cosa ero io? Uno spettatore&rdquo;. E si ripete in gara, senza mai attaccare Bagnaia. Il paradosso? L&rsquo;unico dei tre che mai ha vinto, &egrave; leader di classifica. Prendere punti in questo campionato &egrave; importante, ricordando cosa ha fatto Martin nel 2024. SPETTATORE&nbsp;  Fabio Di Giannantonio - Voto 9  Con la clavicola abbastanza a posto, torna in un posto gi&agrave; occupato nel 2023, ambito e mancato nel 2024. Il podio. Infortuni patiti e operazioni subite sembrano lasciate alle.. spalle. Torna sul podio, grazie a un meritato terzo posto. Mancava da uno dei tre gradini dal 2023, in una Lusail dove guadagn&ograve; tre cose: medaglia d&rsquo;argento Sprint, vittoria di Gran Premio, contratto con Ducati in VR46. BEN TORNATO    CoTA e la MotoGP: Aldeguer non c&#39;&egrave;  Marc Marquez - Voto 5&nbsp;  Il terreno amico, si rivela nemico. Sbagliare quando si &egrave; al limite, pu&ograve; capitare, ma lo fa mentre &egrave; in testa e fuori dalla bagarre. Prova a continuare, ma perdere la pedana destra lo ha consiglia al ritiro. E&rsquo; successo quanto sospettavamo: l&rsquo;otto volte iridato &ldquo;funziona&rdquo; al meglio quando &egrave; sotto pressione o in effettiva bagarre. Distrarsi &egrave; vietato per chiunque. L&rsquo;errore lascer&agrave; strascichi psicologici? NEMICO  Joan Mir&nbsp; - Voto 4   Cade nella Sprint, cade nel Gran Premio. Per l&rsquo;ennesimo weekend zero punti presi dal maiorchino, anzi: la collezione di tonfi si fa sempre pi&ugrave; impressionate. Su una migliorata Honda, la situazione &egrave; ancora pi&ugrave; grave. Ripetere la striscia negativa, instaurata a met&agrave; 2022, sarebbe pericoloso. ANCORA?!&nbsp;  Fermin Aldeguer - Voto&nbsp; 3&nbsp;  Tre punti presi in tre appuntamenti completati. Potrebbe essere uno score accettabile per un rookie di classe, se questo non fosse a bordo di una Desmosedici GP24, MotoGP compravatamente vincente. In pratica, il murciano &egrave; l&rsquo;ultimo dei ducatisti e terzultimo in classifica. Malino. TRE 

Il numero 93 cade, Pecco torna alla vittoria, il portacolori Gresini esce dal CoTA da leader: trio presenza fissa a podio. Male Aldeguer, ultimo dei ducatisti

GP Austin, pagelle: Bagnaia approfittatore, Marc ingordo, Alex primo incomodo

        Fermin Aldeguer era certamente tra i rookie pi&ugrave; attesi di quest'inizio di stagione, per certi versi anche maggiormente rispetto al campione del mondo in carica della Moto2 Ai Ogura. La spiegazione &egrave; da rintracciare nella narrazione che ruota attorno al talento del giovane spagnolo, esploso, sportivamente parlando, sul finale della stagione 2023, quando domin&ograve; le ultime quattro gare della stagione (nell'anno del titolo di Pedro Acosta). Nella passata stagione, l'attuale pilota Gresini non ha rispettato le aspettative della vigilia che lo vedevano come favorito assoluto per il titolo, tuttavia, le tre vittorie maturate e i vari exploit di un talento cristallino, seppur ancora grezzo, hanno convinto Ducati ed il team Gresini, a portarlo in MotoGP e ad affiancarlo ad Alex Marquez.&nbsp;&nbsp;  Talento Aldeguer: il rischio del grande potenziale&nbsp; Dopo un inizio di stagione comprensibilmente complicato (tredicesimo a Buriram e sedicesimo in Argentina), ad Austin &egrave; fuoriuscito, in modo anche intenso e prorompente, tutto il talento del rookie classe 2005, andato sempre in crescendo sin dal primo turno del venerd&igrave;, fino ad una gara da protagonista che gli ha fatto assaporare l'ebbrezza della sua prima top five di carriera. Nella seconda parte della gara texana, Aldeguer &egrave; sembrato compiere "d'un tratto" uno step in avanti nel suo apprendistato, tanto da sfiorare la top five e risultando il pilota pi&ugrave; veloce in pista fino al momento dell'ingenua caduta, avvenuta a due tornate dalla bandiera a scacchi. "Diventare" competitivo in top class &egrave; un processo certamente pi&ugrave; lungo e complesso che non pu&ograve; ridursi ad una singola prestazione, tuttavia se il buongiorno si vede dal mattino, all'interno del team Gresini possono essere soddisfatti. Inoltre, il layout di Austin non &egrave; certamente tra i pi&ugrave; facili da interpretare, specialmente per una matricola, un'ulteriore conferma del potenziale del murciano, il quale, tra poco meno di una settimana, spegner&agrave; le venti candeline.&nbsp;  MotoGP Austin: Bagnaia e la vittoria pi&ugrave; significativa, in terra nemica       

Lo spagnolo &egrave; caduto a due giri dalla fine mentre si trovava in quinta posizione ed era tra i pi&ugrave; veloci in pista

MotoGP: ad Austin brilla Fermin Aldeguer, il rookie più atteso

Hanno forse scelto il weekend pi&ugrave; errato per farlo, vista la concomitanza tra SBK e MotoGP &ndash; che tra l&rsquo;altro si riproporr&agrave; anche per il prossimo appuntamento dei due campionati &ndash; ma a Portimao Toprak Razgatlioglu e Nicol&ograve; Bulega hanno dimostrato di meritare la MotoGP. O meglio, hanno dimostrato di meritare il miglior palcoscenico possibile per quanto concerne le due ruote. Che ad oggi, al di l&agrave; di preferenze e tifo, nonch&eacute; anche un po&rsquo; per scelta di chi tira i fili, &egrave; la MotoGP. &nbsp; In Portogallo infatti Nicol&ograve; e Toprak hanno regalato spettacolo, e soprattutto hanno fatto la differenza rispetto a tutto il resto della griglia SBK. Sempre. Da venerd&igrave;, quando Bulega ha mostrato un passo incredibile e Toprak si &egrave; portato al pari al primo giro della FP2 nonostante una FP1 passata interamente nel box, fino a domenica, con tre gare dal copione identico.    Un altro passo  Tralasciando chi ha vinto e chi ha fatto secondo, sono altri i numeri che rappresentano la differenza fatta dal duo nei confronti della concorrenza. In Gara 1 &ndash; l&rsquo;unica gara lunga svolta sulla completa distanza &ndash; il terzo classificato &ndash; il bravissimo Andrea Locatelli &ndash; ha incassato quasi otto secondi, mentre in Superpole Race e Gara 2 &ndash; di 11 giri &ndash; Alvaro Bautista ha incassato quasi quattro secondi e mezzo prima e tre secondi e mezzo poi. Insomma, nessuno ha anche solo potuto pensare di mantenere il ritmo imposto da Toprak e Nicol&ograve;, nemmeno per pochi giri. &nbsp; Viene quindi da sottolineare come i due abbiano fatto un altro sport, e come forse di conseguenza la SBK possa quasi stargli stretta, tanto da meritare una occasione in quello che &egrave; ad oggi &egrave; riconosciuto come il campionato d&rsquo;&eacute;lite, la MotoGP. Per quanto concerne Toprak, che la MotoGP sia il suo obiettivo non &egrave; certo un segreto: dai primi test con la Yamaha ad oggi il turco lo ha gradualmente ammesso sempre di pi&ugrave; il proprio desiderio di compiere il salto, ma le sue condizioni &ndash; team ufficiale o nulla &ndash; hanno rappresentato un ostacolo finora insormontabile.  &nbsp;  Nel frattempo &egrave; arrivato il secondo titolo SBK, e la carta d&rsquo;identit&agrave; recita ora 28 anni, lasciando intendere come l&rsquo;ultimo treno stia per passare. Con il contratto con BMW in scadenza i tempi sono maturi, anche se nell&rsquo;altro paddock l&rsquo;unica sella ufficiale in scadenza a fine 2025 &egrave; quella di Luca Marini in Honda, il che rende una volta di pi&ugrave; tutto pi&ugrave; difficile.    Bulega e quel possibile ritorno al passato  Anche Nicol&ograve; Bulega &egrave; in scadenza di contratto con il team Ducati Aruba, pur vivendo una situazione molto diversa. Nico il paddock MotoGP lo ha gi&agrave; vissuto, e se ne &egrave; andato per ritrovare quella gioia di correre che aveva smarrito, ritrovata in SBK a suon di vittorie e prestazioni altisonanti. Tanto che forse nemmeno lo sfiora il pensiero di tornare dove le cose non hanno funzionato, anche se il Bulega di oggi sembra davvero avere tutti i requisiti per riscrivere la storia. &nbsp; Solo il tempo ci dir&agrave; cosa accadr&agrave;. Probabilmente entrambi resteranno in SBK, per regalarci nuove battaglie da libri di storia come quelle di Portimao. E nessuno sarebbe contrario, ma forse un&rsquo;occasione dove i riflettori puntano maggiormente sarebbe quasi dovuta, per due piloti che stanno dimostrando di avere il piglio dei talenti purissimi. Consultando il passato gi&agrave; due piloti diedero spettacolo in SBK in una stagione per poi debuttare insieme in MotoGP in quella successiva. I nomi del duo? Troy Bayliss e Colin Edwards...  SBK Portimao, Petrucci: &quot;Iannone mi ha spinto fuori due volte&quot; 

Entrambi con il contratto in scadenza a fine anno, Nicol&ograve; e Toprak hanno dimostrato a Portimao di essere ad un altro livello rispetto al resto della griglia SBK, e con un futuro da scrivere...

Razgatlioglu e Bulega: vi meritate la MotoGP

Il primo &quot;zero&quot; dell&#39;anno di Marc Marquez coincide con la prima vittoria di Pecco Bagnaia, un momento destinato a diventare importante in prospettiva del proseguo della stagione, per pi&ugrave; motivi specifici. In primis per ci&ograve; che rappresenta per Bagnaia, sia dal punto di vista emotivo che fattuale. Vincere ad Austin, su una delle piste notoriamente a firma Marquez, vuol dire tanto, significa lanciare un messaggio allo stesso campione spagnolo, ricordandogli chi &egrave; il rivale principale per il titolo; significa ristabilire le gerarchie Ducati avendo battutto Alex Marquez e, in aggiunta, e forse aspetto ancora pi&ugrave; importante, equivale ad una carica importante di morale e autostima per un pilota s&igrave; abituato a reggere la pressione ma che non ha attraversato un inizio di stagione agevole.    Il piano iniziale di Bagnaia  Nel corso dei test invernali un Bagnaia spesso in difficolt&agrave; tanto con la GP25 quanto nei confronti di un Marquez esplosivo ed estremamente in forma, aveva pi&ugrave; volte manifestato e dichiarato come il piano ideale di inizio stagione per contenere il &quot;93&quot; sarebbe stato quello di limitare i danni il pi&ugrave; posibile in termini di classifica nelle prime tre gare dell&#39;anno, corse su tracciati maggiormenti congeniali al campione di Cervera. Dopo questo primo trittico, il bilancio, sotto questo punto di vista, pu&ograve; esser (tutto ad un tratto), positivo.  Solo 11 punti dividono i due compagni di squadra ed inoltre Bagnaia &egrave; riuscito a issare la sua bandiera proprio nella terra prediletta di Marquez; un biglietto da visita decisamente allettante ed efficace in vista della seconda parte del piano (da attuare dal Qatar in poi e soprattutto sui circuiti europei, quelli pi&ugrave; cari a Bagnaia), che prevede, adesso, la piena consapevolezza dei propri mezzi e soprattutto il raggiungimento del feeling ottimale con la moto versione 2025.&nbsp;  I numeri di Pecco Bagnaia: 40 vittorie, superato Carlo Ubbiali  Le statistiche di Bagnaia all&#39;interno dell&#39;orbita MotoGP non fanno che parlare di un pilota talmente affermato da risultare ridondante il solo sottolinearlo. Il successo di Austin coincide con la vittoria numero 40 se considerate tutte le classi, traguardo che sancisce il sorpasso ai danni del nove volte iridato Carlo Ubbiali, fermo a 39, nonch&eacute; l&#39;avvicinamento ad Anton Mang e Max Biaggi, appaiati a quota 42. Inoltre, il trionfo in Texas rappresenta il trentesimo sigillo in sella alla Ducati, divenendo cos&igrave; il pilota pi&ugrave; vincente di sempre con la casa di Borgo Panigale. Infine, da segnalare l&#39;accostamento ai danni di Daniel Pedrosa, fermo a 31 vittorie in MotoGP, ovvero un solo successo in pi&ugrave; di Bagnaia che nel corso del 2025 avr&agrave; l&#39;occasione di compiere agevolmente il sorpasso.    GP Americhe, Marc Marquez: &ldquo;Ero convinto della mia strategia di partire ultimo in griglia&rdquo; 

Il campione di Chivasso ritrova sorriso e 25 punti fondamentali ai fini del proseguo di un campionato che pu&ograve; finalmente accendersi

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