        Alex Debon ha annunciato il ritiro. No, non il suo ma quello del figlio omonimo. Con un post su Facebook, il 30 aprile scorso il quarantottenne di Castell&oacute;n ha infatti comunicato l&rsquo;interruzione dell&rsquo;attivit&agrave; motoristica dell&rsquo;erede. Queste le sue parole: &ldquo;Abbiamo smesso di correre, siamo usciti dalla scuola di Pakosta e abbiamo interrotto tutti gli allenamenti e l&rsquo;attivit&agrave; sportiva di mio figlio Alex&rdquo;. Moto2: Joe Roberts pu&ograve; riscrivere la storia | Quella (S)Volta Che Lo stop di Alex Debon  La Pakosta 37 Riders &egrave; diretta da Paco Marmol, preparatore del due volte iridato Pedro Acosta. Tre i circuiti impiegati per gli allenamenti: Cartagena, Fortuna e Yepes. Il costo mensile &egrave; di 150 Euro e prevede sia un allenamento su asfalto, tramite l&rsquo;impiego di pit bike e moto Yamaha (R3, R6 e R1), che nel Dirt Track, con l&rsquo;utilizzo della Honda FTR 223. In questa scuola si sono formati, oltre al portacolori GASGAS-Tech 3, anche Fermin Aldeguer, Daniel Holgado, Angel Piqueras, Alex Escrig e Alvaro Carpe. Debon padre, invece, appese il casco al chiodo nel 2010, anno dell&rsquo;introduzione della Moto2: il suo adattamento alla nuova classe fu incredibile, con il secondo posto nel debutto della categoria, in Qatar, dietro al povero Shoya Tomizawa, ma fu il suo unico podio stagionale. Dal 1998 al 2009 invece Debon corse in 250, conquistando due successi nel 2008, a Le Mans e Brno, accompagnato entrambe le volte sul podio da Marco Simoncelli, campione del Mondo quell&rsquo;anno: ogni successo gli valse 18mila Euro, versati dallo sponsor, l&rsquo;Aeroporto di Castell&oacute; che &ldquo;scuc&igrave;&rdquo; pure 12mila Euro per il secondo posto al Mugello e 6000 per il terzo in Giappone. A rendere ancora pi&ugrave; magica quell&rsquo;annata fu il matrimonio con Anais, dalla cui unione &egrave; nato nel settembre 2011 Alex junior. Nel febbraio 2015, per&ograve;, i due arrivarono alla separazione. A fine 2017 Debon torn&ograve; nel Mondiale, nelle vesti di coach di Jorge Lorenzo che aveva gi&agrave; aiutato nel 2006 e 2007 quando il maiorchino conquist&ograve; due titoli iridati della 250: in quel biennio Debon disput&ograve; solamente nove GP poich&eacute; impegnato come tester Aprilia. Fu per&ograve; una collaborazione &ldquo;mordi e fuggi&rdquo; perch&eacute; gi&agrave; prima dell&rsquo;Argentina 2018 Lorenzo gli diede il benservito. Nel frattempo, Alex Debon Estornell iniziava a muovere i primi passi in sella, servendosi del numero 96. Nel 2021 disput&ograve; il campionato andaluso Campillos. Netti i miglioramenti l&rsquo;anno seguente, con il quarto posto finale nella Coppa di Spagna di MiniVelocidad nella MiniGP 110 quattro tempi. L&rsquo;approdo in Moto4 l&rsquo;anno scorso non ha prodotto i frutti sperati perch&eacute; Debon ha concluso 18&deg; il campionato nazionale. Come se non bastasse all&rsquo;ultimo round a novembre, al Montmel&oacute;, Alex &egrave; caduto nelle libere e si &egrave; fratturato il malleolo sinistro. Il medico l&rsquo;ha giudicato unfit, impedendogli di partecipare alle gare. In sella &egrave; tornato a fine dicembre e con l&rsquo;anno nuovo ha cambiato team, firmando con Bultaco&ndash;Blumaq. Il debutto stagionale, in aprile a Jerez, &egrave; stato buono: quarto in Gara 1 e terzo in Gara 2. &ldquo;Incredibile inizio di stagione e pensare che un mese fa non avevamo n&eacute; moto n&eacute; squadra. Il team e tutti noi abbiamo lavorato duramente per dargli molto affetto e supporto in questi giorni&rdquo; il commento del pap&agrave; sui social. Nemmeno un mese dopo il colpo di scena: &ldquo;Ieri abbiamo ricevuto un decreto giudiziario in cui la madre rifiuta di firmare il consenso affinch&eacute; il figlio faccia ci&ograve; che ama e di cui &egrave; appassionato, la pratica del motociclismo. Mio figlio Alex e io siamo molto dispiaciuti per l&rsquo;impotenza che viviamo in questo momento&rdquo;. Da allora Debon senior &egrave; sparito dai radar. La nuova vita di Ben Spies | Quella (S)Volta Che       

Finito suo malgrado al centro di una spinosa vicenda, il figlio dell&rsquo;ex vincitore di GP &egrave; stato costretto allo stop

Il precoce ritiro dell'altro Alex Debon | Quella (S)Volta Che

        Per conquistare il suo secondo successo alla 200 Miglia di Daytona, Josh Herrin aveva dovuto attendere tredici anni ma poi, una volta sbloccatosi, non si &egrave; pi&ugrave; fermato. E quest&rsquo;anno ha fatto poker, conquistando il terzo trionfo consecutivo sul catino della Florida. Un&rsquo;impresa senza precedenti, sebbene fosse l&rsquo;ottantatreesima edizione della 200 Miglia pi&ugrave; celebre al Mondo, a cui si ispir&ograve; a inizio anni Settanta Checco Costa, padre di quel Claudio che ide&ograve; la Clinica Mobile, per dare vita alla 200 Miglia di Imola.  Continua nella prossima pagina &nbsp; L'impresa di Herrin &nbsp; A rendere ancora pi&ugrave; incredibile il trionfo del ducatista &egrave; stato l&rsquo;allungo portato a una decina di giri dalla conclusione, facendo anche segnare un crono di 1&rsquo;47&rdquo;879, nuovo record della gara e superiore per soli 46 millesimi alla miglior pole di tutti i tempi, realizzata un anno fa da Richie Escalante. Un forcing utile per liberarsi della compagnia di Tyler Scott e dello stesso Escalante. Al traguardo il trentaquattrenne Re della SBK del MotoAmerica, portacolori del Celtic/Economy Lube+Tire/ Warhorse HSBK Ducati ha faticato a trovare le parole: &ldquo;Essere menzionato assieme a Scott Russell e Miguel Duhamel (primatisti con cinque successi, nde) &egrave; speciale. Inoltre ora detengo anche il record per il pi&ugrave; lungo intervallo di tempo tra la prima e l&rsquo;ultima vittoria alla 200 Miglia&rdquo;. Se Duhamel vinse per la prima volta nel 1991 e riusc&igrave; a ripetersi in un&rsquo;ultima occasione nel 2005, Herrin &egrave; salito per la prima volta sul gradino pi&ugrave; alto del podio della gara regina di Daytona nel 2010, e 15 anni dopo si &egrave; ripetuto. Il successo 2025 &egrave; anche il sesto podio alla 200 Miglia, perch&eacute; nel 2009 al debutto fu secondo, battuto per 551 millesimi dal compagno di squadra Ben Bostrom, in un&rsquo;edizione storica perch&eacute; fu la prima corsa in notturna. Al 36&deg; giro di quella gara le luci alla chicane iniziarono a fare i capricci e cos&igrave; la Direzione Gara fu costretta a far uscire la Safety. In quegli istanti per&ograve; Tommy Aquino fu tamponato e fin&igrave; contro il muro, portando all&rsquo;esposizione della bandiera rossa. Alla ripartenza, dopo due giri dietro la Safety Car, la gara ripart&igrave; salvo essere neutralizzata di nuovo per un ulteriore incidente, preludio agli ultimi sei giri, fortunatamente senza interruzioni. L&rsquo;anno dopo, sempre in notturna, Herrin sal&igrave; un gradino, vincendo sulla Yamaha con 7&rdquo;964 su Dane Westby, mentre il giornalista italiano Andrea Padovani chiuse diciassettesimo e Dario Marchetti diciannovesimo, entrambi a tre giri dal vincitore. Nel 2011, invece, Herrin fu solamente quinto mentre nel 2015 si piazz&ograve; secondo, beffato all&rsquo;ultima curva dal sorpasso di Danny Eslick, vincitore per 86 millesimi. In quell&rsquo;edizione non vi furono pit stop perch&eacute; quattro bandiere rosse permisero ai team di rifornire e cambiare le gomme con le moto ai box. Herrin &egrave; ora a un successo e a un podio di distanza da Russell e Duhamel. A quota quattro vittorie &egrave; appaiato a Eslick, quest&rsquo;anno sesto, in occasione della sua ventesima apparizione alla 200 Miglia. Eslick era in sella alla Triumph, che ha conquistato anche la quarta piazza con il britannico Peter Hickman, 14 trionfi al Tourist Trophy, e il quinto posto con Brandon Paasch, vincitore a Daytona nel 2021 e 2022. Invece Richard Cooper, quattro successi alla North West 200, &egrave; stato costretto ad alzare bandiera bianca a 23 giri dalla fine per un guasto alla sua Speed Triple quando era nella Top 5. L&rsquo;altro stradista d&rsquo;Oltremanica, il leggendario Michael Dunlop (29 vittorie al TT), si &egrave; dovuto accontentare del nono posto, a un giro, nonostante guidasse una Ducati Panigale V2 proprio come Herrin. McWilliams, non &egrave; mai troppo tardi | Quella (S)Volta Che       

l terzo successo di fila, il quarto trionfo in un arco di 15 anni: Herrin &egrave; divenuto il padrone della Daytona 200

Herrin, lo specialista | Quella (S)Volta Che

        Terza Practice stagionale e terza volta davanti a tutti per Marc Marquez che fa il bello e cattivo tempo sulla sua pista preferita. Prima vola (letteralmente) sul bagnato nel turno della mattina e poi vola sull&rsquo;asciutto nel turno del pomeriggio rifilando distacchi abissali agli avversari.&nbsp; &ldquo;Non &egrave; stata una giornata perfetta &ndash; esordisce Marc nel media scrum &ndash; perch&egrave; non abbiamo iniziato nel migliore dei modi. Ho fatto un errore che non avrei dovuto fare in quel momento perch&eacute; erano i primi giri, ma pu&ograve; capitare. Avevo molta confidenza ed ero molto fluido in pista, guidavo come se non ci fosse acqua, ma in quel punto ce n&rsquo;era e ho avuto aquaplaning. Non ho rallentato perch&eacute; non stavo guidando oltre il limite ma ho cercato di fare attenzione nei punti critici della pista.&rdquo; Poi aggiunge: &ldquo;Questo pomeriggio mi sono sentito bene con le gomme da asciutto. Non sono i distacchi ed i risultati reali, domani saremo tutti pi&ugrave; vicini ma &egrave; bello cominciare con una buona confidenza. Domani saranno importanti i 30&rsquo; delle FP2 per provare le gomme e mettere tutto a posto, l&rsquo;obiettivo &egrave; la prima fila.&rdquo;&nbsp; I potenziali avversari secondo Marquez  Come diceva prima, i risultati della Practice di oggi non rispecchiano la realt&agrave; dei valori perch&eacute; le condizioni mutevoli hanno scombinato la classifica portando al Q2 diretto volti che normalmente non si vedono, come Joan Mir e Fermin Aldeguer. &ldquo;Domani si vedr&agrave; di pi&ugrave; la realt&agrave;. Penso che Acosta e Vinales saranno pi&ugrave; vicini, qui ci sono tante curve stop&amp;go e la KTM &egrave; una ottima moto in quel particolare, specialmente nell&rsquo;accelerazione dalla prima marcia. Per il resto come si &egrave; visto oggi tutte le Ducati saranno davanti.&rdquo; Sull&rsquo;arte dei salvataggi spiega: &ldquo;E&rsquo; importante capire cosa fare in ogni situazione. In pista si fanno praticamente le stesse cose in ogni giro, nel flat e dirt track ed anche nel motocross ogni giro &egrave; diverso e si pu&ograve; sperimentare di pi&ugrave;. Quando mi alleno con la mia Panigale non posso sperimentare nulla perch&eacute; un piccolo errore pu&ograve; portare grandi danni. Il mio primo salvataggio risale al 2010 in curva 3 a Barcellona, in Moto2 ho salvato tante cadute perch&eacute; soffrivo tantissimo di chattering con quella moto e giocavo con il gomito per salvare le cadute.&rdquo;       

&ldquo;Tanti salvataggi in Moto2 li ho fatti per via del chattering all&rsquo;anteriore&rdquo; commenta lo spagnolo di Ducati dopo il primo tempo nelle Practice texane

GP Americhe, Marquez: “Mi aspetto Vinales e Acosta vicini, KTM forte in accelerazione ”

        Nuova gara nel continente americano e seconda puntata della rubrica &ldquo;Paese che vai, pilota che trovi&rdquo;. Per la #RoadToAustin oggi vediamo tutti i piloti americani del Motomondiale, da quelli pi&ugrave; vincenti ai one season wonder. A differenza dell&rsquo;Argentina che ha prodotto solamente Porto, Rodrigo e Valentin Perrone, la scuola nordamericana del motomondiale ha prodotto un numero enorme di piloti, titolati o meno, che hanno dato spettacolo sui tracciati di tutto il mondo.&nbsp;  Kenny Roberts capostipite e primo titolato, Freddie Spencer l&rsquo;eroe delle due classi  Se qualche traccia di pilota americano si &egrave; intravista sul finire degli anni 60, &egrave; dagli anni 70 che dal Nord America arrivano in massa piloti dalle grandi doti di guida, provenienti dal campionato nazionale AMA. Il capostipite della colonia americana del Motomondiale &egrave;, senza dubbio, il grande Kenny Roberts. Kenny debutta in 250 nel 1974 con la Yamaha e non lascer&agrave; mai pi&ugrave; le moto di Iwata, diventandone team manager poi tra gli anni 80 e 90.&nbsp; Kenny arriva 4&deg; in 250 nel 1978 con due vittorie e due secondi posti, ma &egrave; in 500 che ottiene le fortune maggiori con ben tre titoli consecutivi tra il 1978 ed il 1980. Nel 1981 chiude terzo e nel 1983 chiude secondo per due punti alle spalle di Freddie Spencer. Un altro grande degli anni 80 e tre volte iridato proprio come il &ldquo;marziano&rdquo; Kenny Roberts &egrave; nientemeno che &ldquo;Fast&rdquo; Freddie Spencer, fino all&rsquo;anno scorso capo dello Steward Panel della FIM. Freddie debutta nel 1980 in 500 con la Yamaha ma sar&agrave; con la Honda che far&agrave; i risultati migliori. Nel 1983 batte di appena due punti Kenny Roberts, mentre nel 1985 fa la storia vincendo nello stesso anno 250 e 500. Dall&rsquo;86 la sua carriera &egrave; in discesa: solo 4 punti tra l&rsquo;86 e l&rsquo;88 prima di appendere il casco al chiodo. Nell&rsquo;89 &egrave; Giacomo Agostini a convincerlo a rientrare in scena: 33, 5 punti con un quinto posto in spagna come miglior risultato in gara. Centra 2 punti nel 93 con la ROC Yamaha.  Continua l'articolo nella prossima pagina &nbsp; Pat Hennen primo americano vincitore in 500, Randy Mamola re senza corona  Se Kenny Roberts &egrave; stato il primo americano iridato, Pat Hennen, che &egrave; scomparso lo scorso anno a 71 anni, &egrave; stato quello che ha centrato il primo successo in Top Class. Il nativo dell&rsquo;Arizona ha debuttato nel 1976 con Suzuki andando a bersaglio in Finlandia nello stesso anno. Hennen ha poi messo a referto altre due vittorie: una nel 1977 in Inghilterra e una nel 1978 in Spagna, stagione poi abortita dopo il secondo posto al Mugello per via di un incidente al Senior TT.&nbsp; Se Stirling Moss &egrave; stato il re senza corona per eccellenza in Formula 1, lo stesso ruolo lo ha ricoperto nel Motomondiale un certo Randy Mamola. Californiano di San Jose, Randy ha debuttato nel 1979 disputando tutte e tre le classi: 250, 350 e 500 in sella a Yamaha e Suzuki con tre podi in 250 e due in 500. Dal 1980 al 1982 vince 5 gare e sale altre 9 volte sul podio chiudendo due volte secondo il Mondiale: nel 1980 alle spalle di Kenny Roberts e nel 1981 alle spalle di Lucchinelli, mentre nel 1983 &egrave; terzo. Centra ancora il titolo platonico di vicecampione nel 1984 con la Honda alle spalle di Eddie Lawson e in Yamaha nel 1987 alle spalle di Wayne Gardner. Randy Mamola &egrave; stato uno dei primi funamboli del motomondiale, prima dell&rsquo;arrivo di Kevin Schwantz.  Continua l'articolo nella prossima pagina &nbsp; La dinastia dei fenomeni: Lawson, Schwantz, Rainey, Kocinski  Abbiamo nominato poco fa Eddie Lawson parlando di Randy Mamola, ed ecco che apriamo questo capitolo ripercorrendo la sua storia. Californiano di Upland, Eddie debutta in 500 nel 1983 con la Yamaha dopo tre apparizioni in 250 con la Kawasaki nel 1981. Nel 1984 centra subito il bersaglio grosso vincendo il Mondiale davanti a Randy Mamola, mentre nel 1985 chiude secondo alle spalle di Freddie Spencer. Con Yamaha vince anche i titoli del 1986 e 1988 prima di accasarsi in Honda e portarsi a casa il suo quarto titolo iridato nel 1989. A conti fatti, Lawson &egrave; il pilota americano pi&ugrave; titolato.&nbsp; Se parliamo di funamboli non si pu&ograve; non citare il mitico #34 Kevin Schwantz. Texano di Houston, Kevin debutta direttamente in 500 con la Suzuki nel 1986. Nel biennio 86-87 raccoglie appena 13 punti, mentre dal 1988 si scatena. Nel 1988 vince in Giappone e Germania chiudendo ottavo, nel 1989 le vittorie diventano 6 per chiudere al quarto posto. Sfiora l&rsquo;iride nel 1990 trovando sulla sua strada un grande Wayne Rainey. Il binomio Schwantz-Rainey nei primi anni 90 d&agrave; vita a grandissimi duelli per vittorie e titoli iridati. L&rsquo;alloro per Kevin arriva nel 1993 ma in circostanze piuttosto &ldquo;fortunose&rdquo; per via dell&rsquo;incidente che interrompe la carriera di Rainey a Misano. Nel 1994 non riesce a difendere il suo numero 1 che finisce sul cupolino dell&rsquo;australiano Doohan. Schwantz chiude la sua carriera a met&agrave; del 1995 dopo un infortunio pesante al polso. Tra i fenomeni di fine anni 80 e inizio anni 90 &egrave; impossibile non citare il grande Wayne Rainey. Californiano di Los Angeles, Wayne debutta nel Mondiale in 250 nel 1984 con la Yamaha. Passa in 500 nel 1988 e subito chiude il campionato al terzo posto, arrivando poi secondo alle spalle di Lawson nel 1989. Dal 1990 fino a Misano 1993 la 500 &egrave; praticamente sua: tre titoli iridati consecutivi tra il 1990 ed il 1992. Mentre &egrave; avviato verso il quarto alloro consecutivo, il 5 settembre 1993 si interrompe bruscamente la sua carriera per via di un incidente a primo impatto banale ma che si rivela devastante per la sua colonna vertebrale che sbatte sul cordolo del Curvone spezzandosi e rendendo Rainey paraplegico.&nbsp; Tra la fine degli anni 80 e l&rsquo;inizio degli anni 90 il Motomondiale ha conosciuto anche John Kocinski. Nativo di Little Rock in Arkansas, John ha debuttato in 250 nel 1988 con la Yamaha. Nel 1989 vince due gare ma chiude solamente quattordicesimo. Il 1990 &egrave; l&rsquo;anno del suo primo ed unico alloro nel Motomondiale con 7 vittorie e 12 podi complessivi. Nel 93 inizia la stagione in Suzuki per trasferirsi in Cagiva. Corre in 500 dal 1991 al 1999 con Yamaha, Cagiva ed Honda centrando due terzi posti a fine stagione nel 1992 e 1994.  Continua l'articolo nella prossima pagina &nbsp; Tale padre, tale figlio: Kenny Roberts Jr come pap&agrave; Kenny. Hayden ultimo iridato  Se in Formula 1 solamente Damon Hill e Nico Rosberg hanno bissato il titolo del proprio padre, nel Motomondiale l&rsquo;unico binomio titolato padre-figlio &egrave; quello dei Roberts, con Kenny Jr iridato nel 2000. Californiano di Mountain View, Kenny Jr debutta in 250 nel 1993 con la Yamaha. Ottiene risultati di rilievo nella quarto di litro solamente nel 1995 con un ottavo posto finale in campionato. Nel 1996 passa in 500 con la Yamaha, nel biennio 97-98 corre con la Modenas KR3 del padre Kenny Senior. Passa in Suzuki nel 1999, vince 4 gare e chiude al secondo posto alle spalle di Alex Crivill&eacute;. Con altre 4 vittorie vince il titolo del 2000 davanti a Valentino Rossi. Dal 2001 al 2005 centra altri tre podi con la Suzuki tra 500 e MotoGP, nel 2006 guida la KR211V nel team del padre centrando gli ultimi due podi della carriera. L&rsquo;ultimo iridato della dinastia americana &egrave; l&rsquo;indimenticato Nicky Hayden. Nativo di Owensboro, Kentucky Kid ha debuttato in MotoGP nel 2003 nel team ufficiale Honda Repsol al fianco di Valentino Rossi, instaurando con lui subito un grande rapporto di amicizia. Dal 2003 al 2008 Nicky corre con la Honda ufficiale vincendo in totale tre gare, una nel 2005 a Laguna Seca e due nel 2006, Assen e ancora Laguna Seca. Il punto pi&ugrave; alto in MotoGP &egrave; ovviamente il titolo iridato del 2006 davanti a Valentino Rossi per soli 5 punti. Nel 2009 passa in Ducati, tre soli podi fino al 2013 prima del ritorno in Honda nel biennio 2014-2015. Menzioni onorevoli  Tra i piloti americani passati dal Motomondiale bisogna ricordare, in rigoroso ordine alfabetico: Mike Baldwin, 6 podi nel Motomondiale tra il 1979 e il 1988, Cameron Beaubier, nel 2009 in 125 e in Moto2 nel biennio 2021-2022 senza risultati di rilievo, Doug Chandler, 6 podi in 500 tra il 1991 ed il 1994, Colin Edwards, 12 podi in MotoGP tra il 2004 e il 2011, John Hopkins, 4 podi in MotoGP con la Suzuki nel 2007, Ben Spies, 1 vittoria e 6 podi in MotoGP dal 2010 al 2012.       

Kenny Roberts Senior, Freddie Spencer, Eddie Lawson, Kevin Schwantz, Wayne Rainey, John Kocinski, Kenny Roberts Jr e Nicky Hayden tra gli iridati della scuola americana

Dagli USA con furore: tutti gli americani del Motomondiale

        Sono pochi i piloti di motociclismo capaci durante e dopo la carriera di &ldquo;bucare lo schermo&rdquo;, ossia di presenziare come ospiti o protagonisti anche in trasmissioni tv generaliste e lontane dal mondo delle ruote, ed uno di questi &egrave; Max Biaggi. Una tendenza confermata anche ieri sera, quando Max &egrave; stato uno degli ospiti di &ldquo;Che tempo che fa&rdquo;, la oramai storica trasmissione condotta da Fabio Fazio.&nbsp;Qui il romano &ndash; ospite del classico tavolo di conversazione tra ospiti che conclude la puntata &ndash; ha spaziato tra diversi temi, riguardanti sia la propria carriera che i successivi anni. Del resto questo 2025 &egrave; un anno speciale per Max, che festeggia il 15&deg; anniversario del suo primo titolo SBK, nonch&eacute; il 30&deg; del suo secondo alloro in 250. Per il grande pubblico Max non &egrave; solo il pluricampione ma anche l&rsquo;autore dell&rsquo;impennata pi&ugrave; famoso di sempre, quella sul rettilineo di Brno nel 1998.&nbsp;&ldquo;Non fu una cosa proprio calcolata &ndash; il racconto di Biaggi - stavo festeggiando la vittoria sul traguardo, ma la moto ha preso vento da sotto e ho rischiato. Per fortuna ho frenato in tempo, ma quando sono atterrato ho fatto un po&rsquo; di danni&rdquo;.  Continua l'articolo nella prossima pagina &nbsp; Biaggi, il record di velocit&agrave;, lo sci e la famiglia Tra i tanti traguardi tagliati da Biaggi nel post carriera c&rsquo;&egrave; anche il record di velocit&agrave; &ndash; per moto elettriche parzialmente aerodinamiche sotto i 300 chili &ndash; fatto segnare in Florida nel novembre 2021, in sella alla Voxan Wattman.&nbsp;&ldquo;E&rsquo; stato un esperimento, con una moto nata da un&rsquo;idea di un gruppo di ingegneri di Monaco. Il motore &egrave; stato realizzato da una casa automobilistica tedesca, e sprigionava circa 470 cavalli, quando le MotoGP attuali sfiorano i 300. Ho toccato i 456 km/h. Le prime volte che ho superato i 400 km/h c&rsquo;erano dei coni a terra, che delimitavano il punto da cui iniziare a decelerare, ma io non li ho proprio visti, perch&eacute; ad una certa velocit&agrave; l&rsquo;occhio non vede pi&ugrave; nel modo corretto. Di conseguenza hanno messo dei coni enormi (sorride ndr)&rdquo;.&nbsp;Ora Max si dedica alle sue passioni, tra le quali spicca lo sci, insieme ovviamente alla famiglia.&nbsp;&ldquo;Come genitore sono un po&rsquo; troppo attento, a mio figlio (Leon, nato nel 2010 e fratello minore di Ines, nata l&rsquo;anno precedente ndr) non ho ancora dato il motorino. Ora sono assistente maestro di sci: &egrave; una grande passione, che mi ha fatto tornare a studiare, dato che ho svolto sia prove scritte che orali. Alle prime selezioni eravamo circa 300, con un&rsquo;et&agrave; media tra i 16 e i 21 anni: mi sono sentito un nonno, ma &egrave; stata una bella sfida&rdquo;. GP Austin "casa" di Marquez?! Occasione giusta per Bagnaia       

Max ospite a "Che tempo che fa": "Ho fatto un po' di danni in quella occasione. Ora sono assistente maestro di sci: alle selezioni sembravo un po' il nonno di tutti"

Biaggi: "A Brno nel '98 ho rischiato, a mio figlio non ho ancora dato il motorino"

Sono pochi i piloti di motociclismo capaci durante e dopo la carriera di &ldquo;bucare lo schermo&rdquo;, ossia di presenziare come ospiti o protagonisti anche in trasmissioni tv generaliste e lontane dal mondo delle ruote, ed uno di questi &egrave; Max Biaggi. Una tendenza confermata anche ieri sera, quando Max &egrave; stato uno degli ospiti di &ldquo;Che tempo che fa&rdquo;, la oramai storica trasmissione condotta da Fabio Fazio. &nbsp; Qui il romano &ndash; ospite del classico tavolo di conversazione tra ospiti che conclude la puntata &ndash; ha spaziato tra diversi temi, riguardanti sia la propria carriera che i successivi anni. Del resto questo 2025 &egrave; un anno speciale per Max, che festeggia il 15&deg; anniversario del suo primo titolo SBK, nonch&eacute; il 30&deg; del suo secondo alloro in 250. Per il grande pubblico Max non &egrave; solo il pluricampione ma anche l&rsquo;autore dell&rsquo;impennata pi&ugrave; famoso di sempre, quella sul rettilineo di Brno nel 1998. &nbsp; &ldquo;Non fu una cosa proprio calcolata &ndash; il racconto di Biaggi - stavo festeggiando la vittoria sul traguardo, ma la moto ha preso vento da sotto e ho rischiato. Per fortuna ho frenato in tempo, ma quando sono atterrato ho fatto un po&rsquo; di danni&rdquo;.    Continua l&#39;articolo nella prossima pagina  &nbsp;  Biaggi, il record di velocit&agrave;, lo sci e la famiglia  Tra i tanti traguardi tagliati da Biaggi nel post carriera c&rsquo;&egrave; anche il record di velocit&agrave; &ndash; per moto elettriche parzialmente aerodinamiche sotto i 300 chili &ndash; fatto segnare in Florida nel novembre 2021, in sella alla Voxan Wattman. &nbsp; &ldquo;E&rsquo; stato un esperimento, con una moto nata da un&rsquo;idea di un gruppo di ingegneri di Monaco. Il motore &egrave; stato realizzato da una casa automobilistica tedesca, e sprigionava circa 470 cavalli, quando le MotoGP attuali sfiorano i 300. Ho toccato i 456 km/h. Le prime volte che ho superato i 400 km/h c&rsquo;erano dei coni a terra, che delimitavano il punto da cui iniziare a decelerare, ma io non li ho proprio visti, perch&eacute; ad una certa velocit&agrave; l&rsquo;occhio non vede pi&ugrave; nel modo corretto. Di conseguenza hanno messo dei coni enormi (sorride ndr)&rdquo;. &nbsp; Ora Max si dedica alle sue passioni, tra le quali spicca lo sci, insieme ovviamente alla famiglia. &nbsp; &ldquo;Come genitore sono un po&rsquo; troppo attento, a mio figlio (Leon, nato nel 2010 e fratello minore di Ines, nata l&rsquo;anno precedente ndr) non ho ancora dato il motorino. Ora sono assistente maestro di sci: &egrave; una grande passione, che mi ha fatto tornare a studiare, dato che ho svolto sia prove scritte che orali. Alle prime selezioni eravamo circa 300, con un&rsquo;et&agrave; media tra i 16 e i 21 anni: mi sono sentito un nonno, ma &egrave; stata una bella sfida&rdquo;.  GP Austin &quot;casa&quot; di Marquez?! Occasione giusta per Bagnaia 

Max ospite a &quot;Che tempo che fa&quot;: &quot;Ho fatto un po&#39; di danni in quella occasione. Ora sono assistente maestro di sci: alle selezioni sembravo un po&#39; il nonno di tutti&quot;

Biaggi: &quot;A Brno nel &#39;98 ho rischiato, a mio figlio non ho ancora dato il motorino&quot;

        Che il Tourist Trophy (e le corse su strada in generale) abbiano un potere attrattivo particolare nei confronti di piloti e Team Manager britannici &egrave; fuori discussione e in questi giorni ne abbiamo avuto un'importante dimostrazione. Intervistato dall'emittente televisiva inglese TNT Sports, Michael Laverty ha infatti annunciato che il suo team, il MLav Racing, prender&agrave; parte alla North West 200 e al TT sull'Isola di Man con due BMW affidate a piloti di altissimo livello. Come reso noto dallo stesso Michael, la cui squadra &egrave; attualmente impegnata nel mondiale Moto3 con Eddie O'Shea e Marcos Uriarte, a difenderne i colori nelle due road races pi&ugrave; importanti al mondo saranno Mike Browne e Ian Hutchinson. Il primo &egrave; ormai passato da astro nascente a vero e proprio outsider delle posizioni di vertice, mentre il secondo ha bisogno di ben poche presentazioni visto che si tratta di un pilota in grado di vincere ben sedici TT in carriera ed &egrave; attualmente l'unico nella storia ad averne conquistati cinque nello stesso anno (2010). Complici i problemi di salute e gli infortuni patiti, gli ultimi anni sono stati difficili, ma &ldquo;Hutchy&rdquo; avr&agrave; tutte le carte in regolare per tornare al top. GP Argentina, Di Giannantonio: "Mi rode, ho perso tempo con Binder" Continua nella prossima pagina &nbsp;  Il Bathams Racing avanti con Rutter e Neve  Per il terzo anno consecutivo, il team Bathams Racing sar&agrave; al via delle principali corse stradali con la coppia formata da Michael Rutter e Craig Neve. Quest'ultimo continuer&agrave; a gareggiare tra le &ldquo;big bikes&rdquo; con una Honda CBR1000RR-R e in Supersport con la Triumph Street Triple 765 RS, mentre la grande novit&agrave; riguarda &ldquo;The Blade&rdquo;: il re di Macau correr&agrave; con le 1000 soltanto la North West 200, mentre al TT si concentrer&agrave; solo sulla Supertwin con una Yamaha R7. Il 52enne non ha la men che minima intenzione di appendere il casco al chiodo, ma quest'anno avr&agrave; anche un importante impegno nel British Superbike come Team Manager della medesima squadra. SBK, Bautista soddisfatto dei test: "A mio agio senza stravolgere la moto"       

La squadra di Michael Laverty ha reso noto che prender&agrave; parte alla NW200 e al Tourist Trophy con due veri e propri top rider. Annunciati anche i piani di Rutter

Dalla Moto3 al TT: il team MLav al via con Browne e... Hutchinson!

        Riservato, ma sempre disponibile. Non ama particolarmente la luce dei riflettori, ma inevitabilmente Bartosz Zmarzlik deve convivere con la popolarit&agrave; dato che, grazie ai risultati conseguiti, pu&ograve; diventare il pilota pi&ugrave; vincente nella storia dello Speedway. F16 (facile immaginare il motivo) &egrave; il soprannome che gli hanno affibbiato i tifosi del Club polacco dello Stal Gorzow, nel quale ha militato dal 2010 al 2022.  Continua nella prossima pagina CIV: le ultime novit&agrave; di mercato &nbsp; Bartosz Zmarzlik punta al record  A poche settimane dal 30&deg; compleanno, nella stagione 2025 Zmarzlik pu&ograve; eguagliare il record di sei titoli mondiali che appartiene ad altre due leggende del controsterzo: Tony Rickardsson e il compianto Ivan Mauger. L&rsquo;ultimo prima del polacco a vincere tre titoli di fila, nel periodo 1968- 70. Con le tre medaglie d&rsquo;oro consecutive, Zmarzlik &egrave; salito a quota cinque negli ultimi sei anni. Un ulteriore primato, Bartosz lo ha conquistato nel 2024: con 26 vittorie nei Grand Prix, ha superato l&rsquo;australiano Jason Crump, fermo a quota 25. Un andamento clamoroso che per&ograve; sorprende soltanto relativamente chi, nel 2012, vide il suo debutto iridato, con un terzo posto a diciassette anni &ndash;&nbsp;precedendo il &ldquo;maestro&rdquo; Tomasz Gollob &ndash; nella pista di casa di Gorzow. Nel 2015 vinse il GP Challenge, garantendosi un posto in pianta stabile nei Grand Prix 2016, dove fin&igrave; subito sul podio finale (terzo). Ai cinque Mondiali aggiunge un titolo iridato Under 21, tre vittorie nel mondiale Senior a squadre con la Polonia, quattro con la Nazionale Under 21. Una leggenda che non vuole fermarsi, come racconta per la prima volta al pubblico italiano.  Continua nella prossima pagina &nbsp; Bartosz Zmarzlik: a tu per tu  A quasi 30 anni hai vinto tutto nella tua specialit&agrave;: quando inizia la tua storia?  &ldquo;Se ben ricordo, quando avevo tre anni. Mio padre mi costru&igrave; una piccola moto su misura&rdquo;.  In che modo ti sei avvicinato allo Speedway?  &ldquo;Vidi un volantino, nel negozio di alimentari a Barlinek, che promuoveva una gara a Wawrow, avevo sei anni. Chiesi a mia madre di accompagnarmi per vedere l&rsquo;evento. Entrarono in pista dei bambini della mia et&agrave;, mi piacque molto. Cos&igrave; iniziai con una moto da mini-Speedway&rdquo;.  La tua prima vittoria in un GP a Gorzow, nella pista di casa, arriv&ograve; a diciannove anni e in veste di wild card: a dieci anni di distanza, cosa rimane di quell&rsquo;impresa?  &ldquo;Prima di quella gara mi dissi: ce la posso fare. Fu un grande giorno, ricordo che al termine della gara abbracciai la mia moto. Fu un&rsquo;emozione fantastica, molto simile al mio primo titolo mondiale. &Egrave; veramente difficile descrivere quanto fossi felice, indescrivibile&rdquo;.  Nel 2019 hai vinto il premio come miglior atleta dell&rsquo;anno in Polonia, organizzato dalla testata sportiva Przeglad Sportowy. Hai battuto nientemeno che Robert Lewandowski, oggi stella del Barcellona: lo Speedway che supera il calcio. Un momento indimenticabile, che rester&agrave; negli annali del controsterzo.  &ldquo;Ho subito pensato a un errore. Anche se siamo in Polonia, il calcio &egrave; molto pi&ugrave; seguito dello Speedway, e Robert &egrave; una star internazionale. Ricordo di essere rimasto senza parole, non riuscivo a dire nulla. &Egrave; stata una vera sorpresa, quel giorno lo Speedway ha mostrato tutto il suo &lsquo;potere&rsquo;. Penso sia stato 57 un momento molto importante per lo Speedway, per la sua diffusione&rdquo;.  Vieni da tre titoli mondiali consecutivi, sei salito a cinque in totale. Il record di sei, che appartiene a Rickardsson e al compianto Ivan Mauger, &egrave; a un passo.  &ldquo;Amo correre e far&ograve; qualsiasi cosa in mio potere per andare sempre pi&ugrave; veloce. Se poi volete sapere cosa desideri per il mio futuro, onestamente non condivido i miei sogni, mi piace tenerli per me&rdquo;.  Una delle tue migliori abilit&agrave; &egrave; quella dei sorpassi &ldquo;impossibili&rdquo;, come quello nella finale del GP Repubblica Ceca del 2020 su Tai Woffinden: allungato sulla moto, con le natiche sul parafango posteriore, sei riuscito a recuperare cinque metri in pochi secondi. &Egrave; il sorpasso della vita?  &ldquo;S&igrave;, molto simile a un altro nei confronti di Artem Laguta a Wroclaw. Penso ce ne siano stati tanti altri, ma quello di Praga &egrave; stato davvero folle. Ho pensato: ora o mai pi&ugrave;. E l&rsquo;ho fatto!&rdquo;.  Quanto &egrave; stato importante Gollob, il &ldquo;Dio dello Speedway&rdquo;, nella tua crescita?  &ldquo;Tomasz ha fatto molto per lo Speedway in Polonia, e mi ha aiutato molto. Ho raggiunto i miei obiettivi in breve tempo, e mi sento privilegiato per aver avuto al mio fianco Gollob, soprattutto all&rsquo;inizio della mia carriera. Mi piace ancora porgli domande, e lui risponde sempre a tutto!&rdquo;.  In questa stagione c&rsquo;&egrave; in programma una puntata anche in Italia, a Lonigo, come due anni fa, oppure a Terenzano?  &ldquo;Difficile da dire, stiamo valutando. Avevamo Lonigo nei nostri piani, ma poi abbiamo cambiato le nostre idee. Vedremo cosa succeder&agrave; nelle prossime settimane&rdquo;.  ZPM Racing si fa in tre per il 2025       

"Ho conquistato cinque titoli e ho permesso allo Speedway di battere anche il&hellip; calcio"

Speedway: Bartosz Zmarzlik, l'uomo dei record

        Brutto &egrave; scrivere cos&igrave;, ma vero. La "maledizione" dei numero 1 continua, e prende in oggetto oggi Jorge Martin, Campione del Mondo in carica classe MotoGP. Lui ha meritato l'unica tabella non assegnabile a ufficio, ha deciso di usarla, per&ograve; ancora manca in gara. Con tutti questi appuntamenti saltati, l'eventuale discorso bis &egrave; rimandato al prossimo anno. E prima dello spagnolo di Madrid, stessa sorte l'hanno vissuta illustri colleghi. Sport in TV, oggi 14 marzo: MotoGP e SBK  Hayden, 2006 e mai pi&ugrave;: mamma, mi si &egrave; ristretta la Honda! Vincente nel 2006 a bordo della RC211 V da 990 centimetri cubi, "ristretto" sulla RC212 V in versione 800. Nicky Hayden ha scritto la storia per gli USA con la cinque cilindri, ma alla guida della quattro ha fatto... malino. La nuova MotoGP dell'Ala dorata, nonostante il titolo preso dall'americano, venne pensata per Dani Pedrosa.&nbsp; Totale: Kentucky Kid a malepena riusciva a montarci da fermo, mentre in azione la situazione era pure peggio. Infatti, quella tabella numero 1 dur&ograve; poco, giusto una stagione, e via. Il 2007 fu da dimenticare, anche se in HRC lo ricordando bene.&nbsp;  Continua l'articolo nella prossima pagina &nbsp; Stoner 2007-2011: problemi, infortuni e ritiro In due occasioni l'australiano esib&igrave; il numero pi&ugrave; ambito: 2008, a seguito della prima impresa marcata assieme alla Ducati. 2012, bis firmato con la Honda l'anno prima. Anche per Casey Stoner due modelli diversi: Desmosedici GP7 da 800 centimetri cubi, poi RC211 V, sempre da 800. Per conto della Rossa, le fatiche presere il posto delle gioie. Ma l'ultimo anno di carriera venne speso sulla RC212 V in equipaggiamento "mille", piena cubatura. Aver annunciato l'imminente ritiro a campionato da poco iniziato e l'infortunio di due terzi stagionali sanc&igrave; la fine della sua parabola, ritenuta "uno spreco" dai pi&ugrave;.  Continua l'articolo nella prossima pagina &nbsp; Lorenzo 2010, 2012 e 2015: numero 1 usato solo nel 2011 Tris iridato per il maiorchino nella massima categoria a due ruote e una curiosit&agrave;: solo dopo aver sigillato il mondiale edizione 2010 Jorge Lorenzo ha usato il numero 1, quindi nel 2011. Perch&eacute; quando ha bissato nel 2012 e triplicato nel 2015, va ricordato col "suo" 99 nel 2013 e 2016. Le cose mica gli andarono male, per&ograve; nemmeno benissimo. Al di l&agrave; delle personali ragioni di marketing e immagine, il pilota decise di declinare l'esclusiva tabella per due volte consecutive, come se la ritennese portatrice di jella. E non fu l'unico a pensarla cos&igrave;.  Continua l'articolo nella prossima pagina &nbsp; Pecco Bagnaia, unico virtuoso del numero 1 in MotoGP L'articolo fa intuire che, in qualche modo, chi ha scelto il numero 1 ha accettato il compromesso del rischio di poterlo perdere. Fuori dalla statistica rimangono Valentino Rossi, Marc Marquez, Joan Mir e Fabio Quartararo, in quali hanno mantenuto i rispettivi 46, 93, 36 e 20. Ovviamente, mantenuti dopo la conquista dei propri allori, sebbene solo Rossi e Marquez abbiano (almeno) bissato. Invece, l'eccezione fa la regola con Pecco Bagnaia, piacevolmente. L'italiano di Torino ha vinto il mondiale nel 2022, ha preso l'uno per il 2023, stesso anno da bis. Poi, ok: nel 2024 ha perso il duello contro Jorge Martin, ma almeno una volta il numero 1 &egrave; risultato propizio a un pilota della classe regina a quattro tempi.  Continua l'articolo nella prossima pagina &nbsp; Jorge Martin, che 2025 ti aspetta?&nbsp; Basta con le corse no, macch&eacute;. Ma i sogni iridati sono da archiviare, almeno nell'anno corrente. Quando torner&agrave; in azione Jorge Martin? Qatar o Jerez, in ogni modo tardi. Gli altri piloti stanno accumulando chilometri in sella, punti e sicurezza. A Martinator manca tutto ci&ograve;. Per superare tutti, servirebbe qualcosa che va oltre al miracolo e, si sa, in MotoGP di miracoli non se ne fanno. Talento e bravura non c'entrano, la questione &egrave; fisica, numerica e confidenziale. Sulla RS-GP il numero 1 - esatto - ci ha girato poco e niente. Il discorso &egrave; da rimandare al 2026.        

Jorge &egrave; fuori da giochi 2025: prima del pilota Aprilia, anche Hayden, Stoner e Lorenzo hanno sofferto e ceduto le armi ai rivali, mentre Pecco l'unico a ripetersi

Martin, maledizione numero 1: solo Bagnaia ha bissato il titolo MotoGP

        Marc Marquez contro Valentino Rossi, anche quando i due piloti non condividono la pista. Allora, sentiamo: dove sarebbe il duello del giorno? La risposta si trova a Buriram: nel Gran Premio MotoGP di Thailandia, il catalano &egrave; riuscito a prendere quanto mancato all'urbinate. La vittoria con la Ducati ufficiale. Pirelli in MotoGP dal 2027: le ragioni di una scelta  Continua l'articolo nella prossima pagina &nbsp; Rossi cominci&ograve; al peggio in Rosso Gi&agrave; quel test d'assaggio si rivel&ograve; un boccone amaro per Valentino: a Valencia nel 2010 prov&ograve; la Desmosedici, proponendo uno sguardo allibito a fine test. Le successive stagioni 2011 e 2012, caratterizzate da cilindrata 800 in primis, 1000 poi, furono un vero disastro per lui. Qualche podio qua e l&agrave;, ma il primo gradino. Anzi, Rossi collezion&ograve; cadute, delusioni, ritiri. E le sue quotazioni andarono in calo, malgrado a Borgo Panigale fecero di tutto per aiutarlo. C'&egrave; da dire a difesa del numero 46 un dato oggettivo: quella Ducati non era l'attuale. Macch&egrave;. Continua l'articolo nella prossima pagina &nbsp; Marquez comincia al meglio in Rosso Sprint e Gran Premio. Nel modificato format, un pilota non potrebbe chiedere di pi&ugrave;. I 37 punti guadagnati al Chang International Circuti valgono leadership e ruolo nel box Lenovo Factory da prima punta. in teoria, se guardiamo la classifica. Marc Marquez, per&ograve;, &egrave; arrivato in ufficiale nel miglior momento di Ducati, per giunta forte di un anno a bordo della Desmosedici Gresini. Senza nulla togliere al catalano, ma il percorso gli &egrave; stato favorevole. Poi, certo: battere tutti cos&igrave;, giocando, dimostra il suo valore.        

In due stagioni complete, Valentino manc&ograve; l'obiettivo, mentre Marc esce in doppietta da Buriram al primo tentativo

Riesce dove fallì Rossi: Marc vincente con Ducati ufficiale in MotoGP

        E' stata una mattinata da record, quella che ha aperto la seconda giornata di test della Moto2 sul circuito di Jerez de la Frontera. Con un crono di 1'39.998, Manuel Gonzalez &egrave; stato infatti il primo pilota a scendere sotto al 1'40 chiudendo davanti a tutti la sessione mattutina in sella alla Kalex del team IntactGP. un crono stratosferico, se si considera che nel 2010 erano le MotoGP a girare in 1'39 a Jerez, ma che evidenzia sia il talento del pilota (gi&agrave; campione del mondo in Supersport 300), sia la competitivit&agrave; delle mescole Pirelli. Lo spagnolo precede di 220 millesimi un nuovamente competitivo Barry Baltus, particolarmente a proprio agio con i colori Fantic Racing, con il brasiliano Diogo Moreira a completare il podio virtuale con il team Italtrans. Spazio nelle prime cinque posizioni anche per Deniz Oncu ed Aron Canet, seguiti da Senna Agius e Albert Arenas a completare una Top 7 tutta Kalex. Il primo &ldquo;degli altri&rdquo; &egrave; Jake Dixon, ottavo con la Boscoscuro del team MarcVDS, con Marcos Ramirez e Adrian Huertas (nuovaamente miglior rookie) a chiudere i dieci. SBK, Montella spiega la scelta del numero: "Il 5? Un ritorno alle origini" Vietti e Arbolino inseguono, infortunio per Lopez  Il primo degli italiano &egrave; Celestino Vietti, tredicesimo con la Boscoscuro del team SpeedUp, mentre Tony Arbolino &egrave; risalito leggermente rispetto al Day 1 con il quindicesimo tempo nella sessione mattutina con un best lap di oltre un secondo pi&ugrave; rapido rispetto a quello di ieri. Da segnalare, invece, l'assenza di Alonso Lopez: lo spagnolo, compagno di squadra dello stesso Vietti, ha concluso anzitempo i test per via di una frattura al mignolo della mano sinistra sottoponendosi immediatamente ad un'operazione con l'obiettivo di tornare in moto per il primo GP della stagione in programma tra poco pi&ugrave; di una settimana in Thailandia. Nuova squadra, stesso obiettivo: Ruda pronto a difendere il titolo nel CIV Moto3       

Il Day 2 sul circuito andaluso si &egrave; aperto con lo spagnolo davanti a tutti. Celestino il miglior italiano, mentre Lopez ha dovuto fare i conti con un infortunio alla mano

Moto2, Test Jerez: Gonzalez da record a metà giornata, Vietti 13°

        Giornalisti e operatori TV mollano la morsa stretta attorno a Marc Marquez, e lui si dilegua rapidamente, lasciandosi alle spalle montagne bianchissime e Desmosedici rosse come il fuoco. L&rsquo;immagine &egrave; relativa a marted&igrave; 21 gennaio, secondo giorno di Campioni in Pista 2025, bellissimo evento organizzato dalla Ducati a Madonna di Campiglio e relative vette. Appunto, riuscir&agrave; l&rsquo;otto volte iridato a ripetere &ndash; o migliorare &ndash; picchi di carriera toccati e ripetuti, poi diventati una discesa, simil valanga distruttiva per se stesso? Essere tornato a vestire panni ufficiali &egrave;, per il quasi trentaduenne di Cervera, una sorta di cane che prova a mangiarsi la coda. Strano, per il &ldquo;mastino&rdquo; della MotoGP, ma vero. Il concetto ruota attorno alle seguenti parole: qui si deve vincere, oppure si... deve vincere. Nient&rsquo;altro. Marc ci &egrave; ampiamente riuscito in 125, Moto2, nella classe regina risulta tutt&rsquo;ora il pi&ugrave; giovane a trionfare (da ventenne nel 2013), sulla Honda ha collezionato sei allori, guadagnando l&rsquo;appellativo di uomo-immagine. Anzi, di bandiera. Ma con la Ducati &egrave; diverso, e se n&rsquo;&egrave; accorto dal calore e dalle pretese che i tifosi nutrono.  Passa alla prossima pagina MotoGP, la Ducati GP24.9 baster&agrave; per vincere ancora? &nbsp; Marquez in Rosso come Hamilton  A sessioni di interviste completate, lass&ugrave; si era fatto pomeriggio. Un volo avrebbe riportato l&rsquo;acquisto pi&ugrave; discusso in Spagna, dove la gi&agrave; saggiata Panigale V2 gli avrebbe tolto di dosso tensioni e fatiche promozionali. Lui non vedeva l&rsquo;ora: espletate le doverose mansioni istituzionali, gli occhi del catalano si sono abbassati, con la testa impostata per tornare a casa. Sella e asfalto per ricaricarlo. Ha lasciato la compagnia pure Pecco Bagnaia, per&ograve; con uno sguardo diverso: Marc sembrava &ldquo;pieno&rdquo;, malgrado sapesse a priori che, entrando nel Team Lenovo Factory emanato da Borgo Panigale, avrebbe avuto un programma fitto di richieste e incontri, distruggendo in termini di immagine e comunicazione la diretta concorrenza a due ruote, partendo proprio dallo stesso Bagnaia, il padrone di casa. Soltanto Lewis Hamilton, rimanendo in ambito motoristico, ha tolto visibilit&agrave; a Marquez, attraverso la foto con cui Sir Lewis si &egrave; presentato a Maranello luned&igrave; 20 gennaio, esattamente quando la Ducati lanciava la stagione. Si sta paragonando Lewis a Marc, perch&eacute; il bulldog inglese della Formula 1, a suo dire, prova ancora appetito, alimentato dall&rsquo;ultimo Mondiale ottenuto che, gioco del destino, risale al 2020. Quello fu un anno speciale per l&rsquo;oggi quarantenne originario di Stevenage, contrariamente orribile per Marc, costretto allo stop, per un incidente del quale porta segni indelebili. La bacheca del britannico ha continuato ad appesantirsi nell&rsquo;arco del 2021, anno in cui Marquez ha firmato l&rsquo;ultima affermazione assieme alla Honda. Il numero 93, seppur ancora acciaccato, nuovamente fermo, sperava che l&rsquo;Ala Dorata avesse forza e voglia di reagire alla supremazia Ducati, tanto da crederci (un po&rsquo;) fino al 2023, per poi rinunciare a seguito del terribile weekend speso al Sachsenring, che lo ha visto volare in aria, sparato malamente dalla (per niente competitiva) RC213V. Basta, la decisione era stata presa: Marc voleva una Ducati, &ldquo;chissene&rdquo; se questa non era ufficiale. Pur di andarsene, era disposto a tutto. Nei paddock iridati e nei corridoi di Borgo Panigale la voce girava, tra impiegati e addetti della catena di montaggio che si confrontavano alla macchinetta del caff&egrave;: &ldquo;Ho sentito che prendiamo Marquez&rdquo; l&rsquo;input del dipendente A. &ldquo;Ma se gi&agrave; lo abbiamo&rdquo; la risposta del dipendente B. &ldquo;Mica mi riferisco ad Alex, che gi&agrave; corre con la Desmosedici del Team Gresini. Io pensavo a Marc&rdquo;. Attimo di attesa, e poi: &ldquo;Soccia, davvero?! E dove verrebbe schierato? Le formazioni Ducati sono al completo&rdquo;. Le orecchie di Nadia Padovani, precedentemente avvisate, fischiavano: &ldquo;Volete vedere che lo porto qui io?&rdquo;. Lo ha fatto, complice la malcelata contrattualit&agrave; stilata dall&rsquo;HRC e dalla struttura Repsol, sprovviste di clausole in caso di addio per una squadra indipendente. E Gresini, pi&ugrave; indipendente di cos&igrave;, non poteva figurare. Marc ha detto &ldquo;ciao&rdquo; agli amici gestiti da Alberto Puig, sapendo che quello era un addio. Frasi di commiato, parecchia retorica, ma addio era e, forse, rimarr&agrave;. In mente aveva, in primis, tornare primo. Senza giochi di parole o convenevoli. La Desmosedici lo aspettava, l&rsquo;ha assaggiata a Valencia a fine campionato 2023, di fronte a una folla che ricordava i test sostenuti da Valentino Rossi sulla stessa pista a conclusione del 2010. Il pesarese indossava un casco raffigurante un enorme punto interrogativo, di fronte ai dubbi sulla scelta compiuta. Soltanto guidando, avrebbe trovato risposte. E furono negative, come i deludenti risultati del brutto biennio 2011-2012. E in fabbrica, pi&ugrave; dei caff&egrave;, esigevano degli ammazzacaff&egrave;, a digerire uno smacco tutto fuorch&eacute; preventivato. Con Marquez la situazione &egrave; differente, dato che in Gresini ha ritrovato il sorriso, frutto dell&rsquo;ottima forma fisica, dei risultati positivi e di una quattro cilindri alla quale pu&ograve; dare del &ldquo;Lei&rdquo;, senza che sia il &ldquo;Voi&rdquo; pronunciato verso l&rsquo;ultima Honda, capace di scaraventarlo a terra spesso e (mal)volentieri. Quando ha raggiunto il fratello Alex, ricostituendo la familiare coppia iscritta proprio nel 2020, si parlava di Hamilton intenzionato ad acquisire il Team Gresini. Affare fatto? Niente affatto! Il mago del volante, ingaggiato dal Cavallino Rampante, si stava rendendo conto che, prima del business, bisognava anzitutto tornare in cima alle classifiche. Lewis e la Ferrari ne hanno (immaginiamo) lette di critiche: &ldquo;Mera operazione legata al marketing&rdquo; la pi&ugrave; gettonata. Potrebbe essere, come &egrave; stato pensato quando, nel giugno dell&rsquo;anno scorso, la Ducati e Marc hanno annunciato il reciproco accordo biennale, innescando una bomba pronta a detonare. Sconfitto sul mercato, nella volata per la Ducati ufficiale, Jorge Martin si &egrave; rifatto vincendo il titolo, portando il numero 1 all&rsquo;Aprilia. Uno scenario che ha suggerito ai dipendenti A e B della Ducati di ritrovarsi alla macchinetta del caff&egrave;, nel frattempo evoluta: &ldquo;Qualcuno dovrebbe selezionare la camomilla. Specialmente chi gestir&agrave; il team ufficiale&rdquo;.  Passa alla prossima pagina &nbsp; Hamilton-Leclerc come Marquez-Bagnaia?  Il riferimento al presente, anticipato da Madonna di Campiglio, offre Marc contro Pecco, Pecco contro Marc. La comparazione Hamilton contro Leclerc ci sta, ma con alcune importanti distinzioni: il monegasco, coetaneo di Bagnaia e come lui gi&agrave; esperto della vita in rosso, di allori con la Ferrari non ne conta, Pecco e la Ducati ne hanno condivisi due, rigenerando l&rsquo;Italia del meraviglioso trittico tricolore costruttore-team-pilota invidiato da chi italiano non &egrave;. Quel numero 1, per&ograve;, Bagnaia l&rsquo;ha perso. Quel numero, mai sfoggiato da Marc, &egrave; il target fissato da Marquez, il quale sa che sbagliare sar&agrave; proibito. Per Pecco vale lo stesso discorso, e, se proprio vogliamo guardare alla Formula 1, nemmeno a Lewis e Charles saranno concessi errori o fallimenti. &Egrave; possibile mettere d&rsquo;accordo tutti? No. I vertici dei due miti nostrani promettono armonia nei garage e dentro alle hospitality, ci crediamo, ma tra i cordoli? Marquez in Gresini ha riassaporato il dolce gusto della vittoria, annichilendo i rivali di pari GP23 e mettendosi alle spalle Enea Bastianini con la GP24. Il romagnolo, ulteriore perdita Ducati in aggiunta a Martin e Marco Bezzecchi, rientra nella lista di ci&ograve; che la Rossa ha sacrificato pur di schierare Marquez nella squadra ufficiale: la stessa Pramac Racing ha smontato baracca e burattini, accettando l&rsquo;offerta Yamaha. Una rivoluzione aziendale che nemmeno Valentino Rossi racconterebbe, anzi, quando il numero 46 se ne and&ograve;, riprendendo l&rsquo;amata M1, in fabbrica e negli uffici cominci&ograve; un piano di ristrutturazione e ringiovanimento, con l&rsquo;allora ventisettenne Andrea Dovizioso, rimasto fino al 2020, anno cruciale (anche qui) in cui Bagnaia convinse i vertici al salto Factory del 2021. Ipotizzare un Marc leader del gruppo &egrave; facile e difficile. Facile, perch&eacute; la Ducati resta la miglior MotoGP del lotto. Difficile, perch&eacute; la guida lo stesso Bagnaia, che meglio la conosce. Abbiamo visto un Pecco sereno e rilassato in montagna, &ldquo;abituato&rdquo; alla mole di impegni che la Casa calamita. Ne sarebbe assuefatto anche Marc, ma un conto &egrave; la nipponica, rispettabile ed ermetica Honda, un altro &egrave; l&rsquo;esplosiva e nazional popolare Ducati. Un tifoso della Rossa &egrave; capace di tralasciare nomi &amp; cognomi: l&rsquo;importante &egrave; trionfare. Figuratevi gli &ldquo;ultr&agrave;&rdquo; Ferrari: Lewis, sei sicuro di quello che stai facendo? Oppure, Marc, sei convinto? S&igrave;, Marquez lo &egrave;: nel mirino ha quella struggente ma piacevole ossessione, relativa a un nono titolo che potrebbe lanciarlo verso il decimo, &ldquo;rubato&rdquo; a Rossi, come qualcuno giurerebbe, lottando a parole con chi sosterrebbe l&rsquo;opposto. In caso di mancata soddisfazione, e se Hamilton quest&rsquo;anno si imponesse, sarebbe un otto pari, con la differenza che, al momento, Lewis ha in Charles il primo avversario da battere, ma non il solo: chiedete a Max Verstappen, Lando Norris, Oscar Piastri e George Russell cosa ne pensano, poi tornate da Hamilton. Se il britannico ha qualche alibi &ndash; vedi competitivit&agrave; della vettura &ndash; potrebbe appellarsi, Marc no, dato che la Ducati &egrave; da un triennio il riferimento tecnico assoluto. E quel riferimento lo guida anche Bagnaia, il principale rivale ancora in attivit&agrave;.  MotoGP: l'analisi del ritmo in Thailandia       

Il parallelismo tra i pi&ugrave; vittoriosi in attivit&agrave; tra top class e F1 nasce da numerosi dettagli. In primis, il compagno di squadra pi&ugrave; giovane e veloce

MotoGP: Marquez come Hamilton, ma Marc ha meno alibi

        Febbraio &egrave; il mese dei compleanni importanti, di quelli che contano davvero. Dopo i 38 del 6 volte iridato SBK Jonathan Rea, oggi &egrave; il turno di una Leggenda del Motomondiale, ovvero Valentino Rossi. Il 9 volte iridato di Tavullia, infatti, spegne oggi 46 candeline. 46 come il suo iconico numero di gara, ritirato per sempre dal Motomondiale e che si &egrave; portato con s&eacute; nella nuova avventura tra le auto iniziata dopo il ritiro dalla MotoGP a fine 2021.  I numeri della Leggenda di Tavullia  La carriera infinita di Valentino Rossi (nonostante i suoi 46 anni &egrave; ancora un pilota a tempo pieno dopo il ritiro dalla MotoGP nel 2021) &egrave; difficile da riassumere in poche righe. E i numeri non rendono giustizia a quanto fatto nel Motomondiale dal Fenomeno di Tavullia: 432 gare, 115 vittorie, 65 pole positions e 235 podi. Nelle classi 125, 250 e 500 ha sempre vinto il titolo al secondo anno di permanenza nella categoria. Debutta nel 1996 in 125 e vince gi&agrave; la sua prima gara a Brno ad agosto, nel 1997 vince il titolo battendo Noboru Ueda. Passa in 250 nel 1998 nel maxi-team Aprilia con Capirossi ed Harada, vince 5 gare e chiude alle spalle dell&rsquo;iridato Capirossi in quel finale polemico con lo scontro tra Capirossi ed Harada. Nel 1999 centra il titolo della &ldquo;Quarto di litro&rdquo; con 9 successi davanti a quello che sar&agrave; poi suo compagno in MotoGP, Tohru Ukawa. Sigla un contratto con Honda per il passaggio in 500 nel 2000: vince 2 gare e chiude secondo alle spalle di Kenny Roberts JR. Nel 2001 batte Biaggi e vince l&rsquo;ultimo titolo della 500 prima della trasformazione in MotoGP. Nella classe MotoGP vince i primi 4 mondiali consecutivi, due con la Honda RC211V a 5 cilindri e due con la Yamaha M1. Nel 2006 e 2007 deve arrendersi prima al compianto Hayden e poi allo strapotere di Stoner con la Ducati mentre nel 2008 e 2009 torna sul tetto del Motomondiale battendo prima Stoner e poi Lorenzo con la stessa M1. Dal 1996 fino al GP del Mugello 2010 non salta nemmeno una gara. Nel 2010 chiude alle spalle di Lorenzo e Pedrosa dopo aver saltato delle gare per l&rsquo;infortunio del Mugello, il biennio Ducati 2011-2012 &egrave; avaro di successi ma porta con s&eacute; purtroppo l&rsquo;incidente di Sepang 2011 con la Morte del suo amico Simoncelli. Dal 2013 al 2021 torna in Yamaha: vince qualche gara, risulta ancora competitivo chiudendo in top 5 iridata fino al 2017, dal 2018 al 2021 &egrave; un lungo &ldquo;declino&rdquo; che porta alla decisione in Austria 2021 di chiudere la carriera a Valencia dello stesso anno. L&rsquo;extra MotoGP: 8h di Suzuka, VR46 Academy, VR46 Racing Team, i test con la F1  Nel corso della sua lunga carriera da pilota moto, Valentino ha sperimentato anche la Gara delle gare, ovvero la 8h di Suzuka del Mondiale Endurance, una gara sacra per i costruttori giapponesi. Nelle sue due uscite nel 2000 e 2001, Rossi ha collezionato un ritiro e una vittoria nel 2001. Alle attivit&agrave; &ldquo;extra MotoGP&rdquo; si unisce anche la creazione della VR46 Academy, una scuola per giovani piloti italiani che ha base nel suo Ranch di Tavullia e dalla quale sono usciti gli attuali piloti MotoGP Marini, Morbidelli, Bagnaia, Bezzecchi giusto per citarne alcuni. Legato all&rsquo;Academy era ed &egrave; tutt&rsquo;ora il VR46 Racing Team: dapprima in Moto3, poi Moto2 fino al 2020 ed ora in MotoGP. Valentino ha avuto modo di provare anche le Formula 1 mentre era pilota MotoGP: la Ferrari tra il 2004 ed il 2008 e nel 2019 a Valencia la Mercedes del 2017 nel famoso scambio con Hamilton. Nel 2025 la sfida pi&ugrave; grande: il titolo in auto  Dopo aver ottenuto dei buoni piazzamenti a podio (Imola e Fuji 2024 nel WEC) e un paio di vittorie nel Fanatec GT World Challenge Europe (Misano nel 2023 e 2024) e Le Mans Cup nel 2023, per Valentino Rossi &egrave; giunto il momento di puntare al bersaglio grosso, ovvero il titolo. Nel 2025 correr&agrave; ancora con BMW WRT sia nel GT World Challenge Europe che nel WEC categoria LMGT3 per iscrivere il suo nome nella lista di chi ha vinto il titolo sia in moto che in auto.       

Il 9 volte iridato, proprietario del Pertamina Enduro VR46 Racing Team in MotoGP taglia un traguardo importante in questo 2025

I 46 del 46: Buon compleanno Valentino!

        Il livello della stagione MotoGP 2025, quantomeno in termini di numeri e statistiche, lascia presupporre ad una tra le annate pi&ugrave; intriganti e qualitativamente elevate di tutta la storia della classe regina del motomondiale. Il campionato che sta per iniziare conter&agrave; infatti ben 13 campioni del mondo su 22 partecipanti totali, di cui 5 in grado di conquistare un titolo in top class. Numeri mai visti in prima in MotoGP, ad attestazione di un valore generale tanto alto quanto equilibrato, che sicuramente porter&agrave; giovamento al campionato sia in termini di spettacolarit&agrave; che di incertezza, compatibilmente, ovviamente, al valore tecnico delle moto, chiaro riferimento all'attuale strapotere della Ducati. Massimo Rivola, eletto nuovo Presidente MSMA Cinque campioni del mondo della MotoGP Con la neo aggiunta di Jorge Martin, sono saliti a cinque i piloti in grado di vincere almeno un titolo in MotoGP. Oltre al nuovo pilota di casa di Aprilia, contiamo ovviamente Marc Marquez dall'alto dei suoi sei successi maturati nel 2013, 2014, 2016, 2017, 2018 e 2019 (pi&ugrave; i due conquistati in 125 nel 2010 e in Moto2 nel 2012 ), Pecco Bagnaia, con le affermazioni del 2022 e 2023 (pi&ugrave; il successo del 2018 in Moto2), Fabio Quartataro, vincitore nel 2021 e Joan Mir, campione del mondo nel 2020 (e gi&agrave; iridato nel 2017 in Moto3). Una lista prestigiosa che mette in competizione alcuni tra i nomi di maggior spicco relativamente alle ultime due generazioni di piloti. Tredici campioni totali, da Pedro Acosta ad Enea Bastianini Salgono a 13 i campioni del mondo, e cio&egrave; pi&ugrave; della met&agrave; del totale della griglia, se considerate le affermazioni in almeno una tra le classi del motomondiale. Vanno perci&ograve; aggiunti, a dimostrazione di un livello incredibilmente alto, il due volte iridato Alex Marquez, campione in Moto3 nel 2014 ed in Moto2 nel 2019; Enea Bastianini, re della middle class nel 2020; Pedro Acosta, vincitore in Moto3 e Moto2 rispettivamente nel 2021 e 2023; Brad Binder, campione nel 2016 in Moto3; Maverick Vinales, anch'egli dominatore nella piccola cilindrata nel 2013; Franco Morbidelli, che nel 2017 trionf&ograve; in Moto2; Ai Ogura, campione in carica della Moto2 ed infine Johann Zarco, due volte campione della classe di mezzo nel biennio 2015\2016. &nbsp; Pit Beirer: &ldquo;In MotoGP non puoi correre solo per dire ci siamo&rdquo;       

Sono ben 13 (su 22 totali) i piloti che hanno vinto almeno un titolo in una delle classi del motomondiale&nbsp;

MotoGP 2025: cinque campioni del mondo in griglia, prima volta nella storia

        Nel 1996 Valentino Rossi, un ragazzino all&rsquo;epoca, debuttava in 125. Nel 2021, invece, il Dottore si ritirava ufficialmente dalle corse. In mezzo anni di grandi imprese, successi straordinarie, sfide all&rsquo;ultimo millimetro e tanto spettacolo. Intervistato dal Corriere della Sera Rossi ha raccontato: &ldquo;La mattina mi sveglio, mi accorgo di essere tutto di un pezzo, sano e salvo, e sono contento. Il merito va alla fortuna, ma anche all&rsquo;attenzione che metti per preservare il tuo corpo, per ragionare. Ricordo un sacco di attimi precisi, un sorpasso preparato e riuscito, l&rsquo;intenzione di una mossa senza sapere se ne verrai fuori, l&rsquo;istante che innesca un incidente&rdquo;.  I due incidenti che hanno segnato Valentino Rossi  Di momenti ne ha vissuti tantissimi Rossi, e uno nello specifico &egrave; quello in cui ha provato la vera paura: &ldquo;In Austria, 2020, la moto di Morbidelli che vola, passa sopra il mio casco come un enorme proiettile impazzito. &Egrave; stato il momento pi&ugrave; pericoloso della mia carriera. Un incidente che ha accelerato la decisone di smettere con le moto perch&eacute; era fuori dal mio controllo. Poi, quando mi sono rotto la gamba al Mugello nel 2010. Mai provato un dolore cos&igrave;, l&rsquo;osso fuori dalla pelle, la sensazione che una parte del tuo corpo &egrave; staccata dal resto&rdquo;. Continua l'articolo nella prossima pagina &nbsp; Il dolce ricordo di Marco Simoncelli e quel rimpianto  Nel 2011 proprio il motociclismo gli ha portato via colui che prima di un avversario era un amico, Marco Simoncelli: &ldquo;Cavolo, &egrave; appena passato il suo compleanno, 20 gennaio. Eh molti pensieri che il tempo addolcisce. Mi dico: che peccato non stare vicini, vedere cosa avrebbe combinato il Sic da amico e da avversario, generoso come era. &Egrave; un rimpianto che resta&rdquo;.  Continua l'articolo nella prossima pagina &nbsp; Il mondo auto e il mondo moto: in cosa si differenziano?  Oggi nella sua vita la componente dell&rsquo;adrenalina non manca, avendo intrapreso la carriera di pilota di auto: &ldquo;Quando vado a correre cerco e trovo la stessa concentrazione. Sento la mancanza della famiglia, ma so di avere bisogno anche di quella felicit&agrave; l&igrave;. Si tratta di migliorare, di essere competitivo con le auto. Che sono molto pi&ugrave; sicure delle moto". Tra le competizioni di auto e di moto c'&egrave; un po' di differenza: "Prima del via, in MotoGp, sei tesissimo, hai a che fare con la paura. Un&rsquo;adrenalina incomparabile. E poi i piloti di auto sono quasi sempre ricchi che pagano per correre mentre i piloti di moto sono degli scappati di casa che magari diventano ricchi correndo&rdquo;. VR46 Riders Academy: tutti sulle moto d'acqua!       

Nove titoli, un amore per il suo lavoro smisurato, il pesarese racconta il suo passato e il suo presente, e il pensiero va anche a Marco Simoncelli

Valentino Rossi: "Chissà cosa avrebbe combinato il SIC. Un rimpianto che resta"

        Di moto ne ha guidate proprio tante Alessandro Lupino, dalla Yamaha alla Ducati, passando per Husqvarna, Honda, KTM e Beta. Il trentaquattrenne viterbese, giovanissima promessa del motocross azzurro che nel 2006 si presentava al mondo conquistando il successo nel mondiale 85cc, finendo velocemente sotto la luce dei riflettori, ha una lunghissima carriera che ricorda la &ldquo;vita da mediano&rdquo; cantata da Ligabue. Dal 2014 &egrave; nelle Fiamme Oro e ha conquistato ben 8 titoli tricolore di motocross, l&rsquo;ultimo dei quali gli ha permesso di scrivere una importante pagina di storia della Ducati che gli vale il Casco d'Oro 2025.  Con la Kawasaki Gebben in Bulgaria nel 2018 @L.Resta Dalla 85 alla MX2, il passaggio &egrave; pesante Il titolo di Campione del Mondo gli vale la chiamata di quel Claudio De Carli che aveva gi&agrave; in squadra un certo Antonio Cairoli, due volte iridato della MX2 e suo futuro miglior amico e che con lui conquister&agrave; un Gran Premio delle Nazioni a Mantova nel 2021. Nel 2007 Alessandro esordisce nel mondiale MX2 con la Yamaha, 23&deg; nel 2008 e 26&deg; nel 2009, il morale non &egrave; certo alle stelle. Sono gli anni di Roczen, Musquin, Paulin e Van Horebeek e trovare posto non &egrave; semplice. Nel 2010 &egrave; 14&deg; e inizia a usare il 77, l&rsquo;anno successivo passa alla Husqvarna del team di Ilario Ricci dove era andato l&rsquo;anno prima ed &egrave; 15&deg;. Nel 2011 &egrave; ancora sulla moto di Varese e chiude all&rsquo;11&deg; posto la sua fin qui miglior stagione, l&rsquo;iride &egrave; di Jeffrey Herlings.  Amici per una vita, Lupino e Cairoli @L.Resta Nazioni e top 10 per chiudere un 2021 d'oro Il 2013 lo vede passare alla Kawasaki factory del team CLS, il numero diventa il 300 e lui chiude all&rsquo;8&deg; posto finale con il terzo posto a Maggiora, il 2014 &egrave; da dimenticare con un infortunio che mette fine prematuramente alla sua stagione. Nel 2015 passa alla MXGP con la Honda di Bevilacqua ma la stagione &egrave; travagliata, come le seguenti due che lo vedono nello stesso team. Non &egrave; certo la volont&agrave; o il lavoro a mancargli e se ne accorgono in Kawasaki Gebben, team che lo prende per disputare la stagione 2018, conclusa al 13&deg; posto; il 2019 invece &egrave; un calvario di infortuni che lo perseguitano senza sosta. Nel 2020 &egrave; con Yamaha per una stagione, prima di passare al team Marchetti con la KTM per disputare la miglior stagione nella classe regina, conclusa in decima posizione e conquistando il Nazioni con Guadagnini e Cairoli.&nbsp;  Con Elio Marchetti, figura importante nella carriera di Lupino @L.Resta Da Beta a Ducati e l'ottavo centro tricolore&nbsp; Il 2022 si apre con una appendicite e mille infortuni che lo costringono a stringere i denti per andare avanti, disputando poche gare con la Beta nuova fiammante che user&agrave; con poche soddisfazioni anche l&rsquo;anno successivo, al termine del quale, proprio quando la sua carriera sembra arrivare alla fine, arriva la chiamata di Paolo Ciabatti che lo vuole in Ducati per far esordire la Desmo 450MX.   Con Davide Perni ad Anaheim per il GP di Olanda @L.Resta Vinta la scommessa con la 450 &egrave; ora della Desmo 250MX La scommessa &egrave; di quelle che fanno tremare i polsi e lui la vince, pole e vittoria nella manche d&rsquo;esordio a Mantova, podio alla prima gara e titolo a fine stagione ad Arco di Trento con la prima vittoria di un titolo per la casa di Borgo Panigale in motocross. La stagione gli regala anche l&rsquo;emozione del cancello di partenza della MXGP a Cozar, mentre il 2025 lo vedr&agrave; in sella alla nuovissima Desmo 250MX.  Lupino seguito da Marco Maddii e da Paolo Ciabatti @L.Resta        

Il pilota della Ducati insignito del casco d&rsquo;Oro per la conquista del primo titolo tricolore di Motocross della Ducati che esordisce nel fuoristrada con una vittoria

Motocross: casco d’oro per Alessandro Lupino

        Nemmeno il tempo di archiviare la gara di San Diego, ricca di colpi di scena e di nuovi record che sono entrati direttamente nella storia del Supercorss che &egrave; gi&agrave; ora di tornare a Los Angeles per affrontare il terzo round della stagione 2025: Anaheim 2, il 26&deg; della storia del Supercross. I numeri parlano di una gara chiave, 17 volte su 25 infatti, chi ha vinto ad A2, si &egrave; poi aggiudicato anche il titolo di Campione, con una percentuale incredibile del 68%, cosa che &egrave; accaduta per ben 8 stagioni consecutive, dal 2003 al 2010.  Il layout della pista di Anaheim 2 Tomac di nuovo in rosso dopo l'infortunio del 2023 Dopo la vittoria di San Diego, Eli Tomac (Yamaha), torna a Los Angeles con la tabella rossa ed eguaglia Chad Reed col maggior numero di stagioni nella classe 450SX con almeno una vittoria (11). Il suo 102&deg; podio nella classe regina lo porta oltre al 3&deg; posto nella classifica di tutti i tempi. Il 2&deg; round stagionale ha invece regalato a Jett Lawrence l'11&deg; podio in 450 in 19 gare, il primo sul secondo gradino. Per Ken Roczen (Suzuki), quella di sabato sera sar&agrave; la centocinquantesima partenza in carriera. Chase Sexton (KTM), vincitore di Anaheim 1, cercher&agrave; di raddoppiare aggiudicandosi anche A2, cosa che in passato &egrave; riuscita solo altre 5 volte a piloti del calibro di Lusk, McGrath, Stewart, Reed e Villopoto. Dopo un avvio positivo, Jorge Prado (Kawassaki) affronter&agrave; la settima gara in carriera.  Prestazione difficile per il duo Kawasaki Anderson-Prado a San Diego @Feld Motor Sports, Inc. Prima volta in rosso per Beaumer con la KTM In 250SX West, Julien Beaumer (KTM), sul podio ad A1 e vincitore della sua prima gara la scorsa settimana, arriver&agrave; sulla linea di partenza vestendo per la prima volta in carriera una tabella rossa. Una bella responsabilit&agrave; per il giovane di origini francesi che ha esordito in 250 lo scorso anno e che &egrave; solo alla dodicesima partenza in carriera. L&rsquo;altra sorpresa di queste prime due gare &egrave; senz&rsquo;altro il pilota della Triumph, Jordon Smith, alla 70a partenza in 250 e nella top 10 di tutti i tempi.  Beaumer taglia vittorioso il traguardo di San Diego @Feld Motor Sports, Inc. Smith e Triumph in caccia di tripletta, occhio a Deegan Il veterano della classe cadetta ha centrato 2 podi nelle prime due gare e non vorr&agrave; certo fermarsi qui. Per tutti per&ograve;, sar&agrave; Haiden Deegan (Yamaha), l&rsquo;ostacolo pi&ugrave; duro da affrontare, il californiano &egrave; in caccia del primo piazzamento sul podio e dopo un avvio complicato ha bisogno di punti per puntare alla tabella rossa. Out Ryder DiFrancesco (GASGAS), infortunato in allenamento marted&igrave; e da verificare le condizioni del vincitore di A1, Jo Shimoda (Honda), dopo l&rsquo;infortunio di San Diego. Nel 60% dei casi (15 su 25), il vincitore di A2 in 250 &egrave; poi diventato Campione.  Occhi puntati su Danger Boy Deegan in caccia della prima vittoria @Feld Motor Sports, Inc.       

Attesa per il terzo round stagionale del Campionato AMA di Supercross, l&rsquo;Angel Stadium di Anaheim &egrave; pronto a ritrovare i protagonisti della 450SX e della 250SX West Coast&nbsp;

Supercross: preview Anaheim 2

        Infortunato probabilmente a Valkenswaard durante l'ultima gara di Campionato Olandese e operato in autunno, il cinque volte iridato ha confermato cos&igrave; le voci di un suo problema che circolavano gi&agrave; da EICMA.  Herlings ha concluso al terzo posto la stagione 2024 di MXGP @R.Archer A 2 mesi dal GP di Argentina per Herlings il tempo &egrave; prezioso Al momento non &egrave; chiaro fino a quando il pilota di punta della KTM in MXGP dovr&agrave; restare fermo, visto che un problema ai crociati pu&ograve; richiedere diversi mesi di riabilitazione. Herlings che &egrave; stato recentemente ospite a pranzo di Giuseppe Luongo a Dubai a marzo dovrebbe iniziare la sua quindicesima stagione iridata, contando che corre dal 2010 e che non ha partecipato a quella del 2022 a causa di un altro infortunio.&nbsp;  L'immagine dell'intervento pubblicata da Herlings su Instagram       

Salutando il nuovo anno con un post sui social, il campione olandese ha mostrato un&rsquo;immagine dell&rsquo;intervento subito ai legamenti del ginocchio infortunato in autunno

MXGP: Herlings conferma le voci sull’infortunio

        In 22 anni di MotoGP il progetto della YZR-M1 ha cambiato pelle pi&ugrave; volte, anche per via delle variazioni dei regolamenti, ma ha sempre mantenuto la sua filosofia: motore 4 cilindri in linea e telaio deltabox in alluminio. Anche se per il futuro &egrave; pronto un V4 come le sue concorrenti Ducati, Aprilia, KTM e soprattutto Honda. Nella sua storia in MotoGP, Yamaha ha conosciuto gli anni splendenti dei trionfi ma anche gli anni bui, come il 2003 o il biennio 2023-2024.&nbsp; Con l&rsquo;arrivo di Max Bartolini proprio dalla Ducati ad inizio 2024, sul finale della stagione qualcosa di positivo si &egrave; visto ed anche l&rsquo;ingresso di Prima Pramac come team satellite &egrave; il segno che da Iwata vogliono un cambio di rotta immediato per ritornare a lottare per le posizioni che contano.&nbsp; Com&rsquo;&egrave; cambiata la M1 nel corso degli anni?&nbsp;  2002: l&rsquo;ibrido MotoGP &ndash; 500  Come &egrave; stato per Honda, anche Yamaha ha sviluppato e testato nel corso del 2001 il suo prototipo MotoGP per la stagione 2002 affidandolo a Max Biaggi e John Kocinski. All&rsquo;alba della nuova stagione, i piloti del team ufficiale Marlboro Yamaha che porta in pista la nuova YZR-M1 sono Max Biaggi e Carlos Checa, nientemeno che la coppia ufficiale degli ultimi anni in 500. Il progetto &egrave; un ibrido tra la vecchia YZR500 e la nuova M1: della vecchia moto restano telaio e ciclistica, abbinate per&ograve; non al V4 ma ad un 4 in linea a carburatori. Inizialmente di 942 cc di cilindrata, durante la stagione viene portato a 990 cc, anche il telaio viene aggiornato pi&ugrave; volte per combinarsi a serbatoi di diversa forma e perfezionare il posizionamento del motore. Biaggi chiude al secondo posto con 140 punti di ritardo da Rossi e 2 vittorie, la sua Brno e Malesia. 2003: arriva l&rsquo;iniezione elettronica  L&rsquo;M1 del 2003 &egrave; un mero aggiornamento della versione &ldquo;B&rdquo; della seconda parte del 2002 ma con una novit&agrave; sostanziale per quanto riguarda il propulsore: Yamaha abbandona i carburatori per sposare l&rsquo;iniezione elettronica, adottando un sistema di controllo del minimo che regolava automaticamente l&rsquo;apertura della farfalla su due cilindri. Annus horribilis il 2003 di Yamaha con un solo podio conquistato (Barros terzo a Le Mans) e nessuna vittoria, addirittura terzo posto nei costruttori dietro ad Honda e Ducati.  Continua l'articolo nella prossima pagina &nbsp; 2004-2005: il brutto anatroccolo diventa un magnifico cigno  Dopo il disastro del 2003, da Iwata arriva un diktat ben preciso: rivoluzione totale. Arriva Valentino Rossi che si porta dietro Jeremy Burgess e tutto il suo team dalla Honda. Della M1 2003 rimane solo la forma, ma sotto la pelle cambia tutto, a partire dal motore. Il 990 cc ora ha l&rsquo;albero motore Crossplane (genera una coppia lineare costante che viene erogata in modo continuo a qualunque numero di giri), le valvole per cilindro sono 4 e gli scoppi sono irregolari (Big Bang). Il binomio Rossi-M1 nel 2004 centra la vittoria al debutto a Welkom contro Biaggi, chiudendo poi con il titolo in Australia davanti a Gibernau. Nel 2005 arriva un motore nuovo: pi&ugrave; compatto, con corsa accorciata ed alesaggio aumentato, alberi a camme pilotati da ingranaggi al posto della catena e aspirazione pi&ugrave; efficiente. Valentino bissa il titolo ottenuto l'anno prima, arrivando secondo in Malesia tra le due Ducati ufficiali di Capirossi e Checa.  Continua l'articolo nella prossima pagina &nbsp; 2006: arriva l&rsquo;acceleratore elettronico fly-by-wire  Sull&rsquo;onda dell&rsquo;entusiasmo per i due titoli consecutivi del 2004 e 2005, in Yamaha mettono mano ancora alla M1 per continuare a mietere successi. La versione del 2006 viene dotata di acceleratore elettronico fly-by-wire, wheelie e launch control. Il motore &egrave; diventato pi&ugrave; potente mentre il telaio pi&ugrave; rigido. Tutto molto bello, peccato che i piloti soffrissero di chattering all&rsquo;anteriore, oltre al fatto che la nuova M1 mal digeriva le nuove Michelin. Rossi ci mette come sempre del suo ma non basta, alla fine chiude secondo alle spalle di Hayden campione.  Continua l'articolo nella prossima pagina &nbsp; 2007-211: l&rsquo;era 800 e gli aggiornamenti  Il 2007 si apre con il cambio regolamentare che porta la cilindrata delle moto da 990 cc a 800 cc. L&rsquo;M1 del 2007 ha un motore pi&ugrave; leggero (-3,5 kg) e compatto rispetto al 2006, aggiornato pi&ugrave; volte nel corso della stagione per trovare pi&ugrave; potenza e contrastare l&rsquo;esuberante Ducati Desmosedici GP7 con Casey Stoner. Seppur con un motore pi&ugrave; potente, la M1 2007 non perde i suoi punti di forza che sono la maneggevolezza e la velocit&agrave; di percorrenza delle curve. Nel 2008 Yamaha mette mano ancora al motore della M1 introducendo le valvole pneumatiche che contribuiscono ad aumentarne potenza e coppia riducendone il peso. Vengono rivisti anche il telaio, la carena e la distribuzione dei pesi. Per il 2009, invece, arrivano solo piccoli aggiornamenti a motore, telaio ed elettronica. La moto del 2010 riceve solo aggiornamenti minori rispetto al 2009 ma l&rsquo;introduzione nel regolamento di soli 6 motori utilizzabili in stagione porta i motoristi di Iwata a lavorare sull&rsquo;affidabilit&agrave;. L&rsquo;M1 2011, ultima con il motore 800, segue la stessa filosofia della 2010. Yamaha dal 2008 al 2011 centra tre titoli iridati, due con Rossi nel 2008-2009 e quello di Lorenzo nel 2010, mentre nel 2011 il maiorchino &egrave; secondo, staccato di 90 punti, alle spalle di un imprendibile Casey Stoner con la Honda.  2012-2015: il ritorno ai 1000, il cambio seamless e le winglets  Cinque anni dopo il cambio regolamentare che ha portato le moto a 800 cc di cilindrata, per il 2012 i motori delle moto ritornano a quelli pre cambio, ovvero 1000 cc. La M1 del 2012 si presenta con un nuovo telaio deltabox con geometrie regolabili ed uno scarico pi&ugrave; corto, 240 cv ed un peso di 157 kg a secco. Non cambia, invece, la moto del 2013: 160 kg a secco e solamente 5 motori utilizzabili durante la stagione. Migliorano le prestazioni e l&rsquo;affidabilit&agrave;. Per il 2014 Yamaha adegua la sua M1 al nuovo regolamento che impone centralina unica e 20 litri di serbatoio. L&rsquo;unica novit&agrave; di rilievo &egrave; l&rsquo;introduzione del cambio seamless, che porta ad avere un passaggio pi&ugrave; fluido da una marcia all&rsquo;altra e minimizza i tempi di cambiata. Nel 2015 il peso minimo torna a 158 kg, la moto riceve un nuovo cambio e le winglets (alette) aerodinamiche.&nbsp; In questi anni Yamaha coglie ancora due titoli iridati, entrambi con Jorge Lorenzo: nel 2012 davanti a Pedrosa e nel 2015 davanti al compagno di squadra Valentino Rossi (con tutte le polemiche del caso per il finale di stagione). Lorenzo e Rossi chiudono al secondo posto rispettivamente nel 2013 e nel 2014, entrambe le volte alle spalle di Marquez.  Continua l'articolo nella prossima pagina &nbsp; 2016-2019: software unico e solo lavoro aerodinamico  Il 2016 porta diverse novit&agrave; a livello regolamentare: vengono introdotti il software unico ed il monogomma Michelin, il peso minimo scende a 157 kg mentre sale a 22 litri la capacit&agrave; del serbatoio. Viene ulteriormente affinato il pacchetto aerodinamico della M1 per tenere testa ad Honda e Ducati ma non basta. Il copione degli anni successivi &egrave; sempre lo stesso, solo aggiornamenti al pacchetto aerodinamico, la moto rimane la stessa a livello di maneggevolezza e velocit&agrave; di percorrenza ma viene a mancare la competitivit&agrave; contro Honda e Ducati.&nbsp; In questi anni Yamaha inizia ad andare progressivamente indietro in classifica sia nel Mondiale Piloti che in quello Costruttori: nel 2016 Rossi chiude secondo alle spalle di Marquez, nel 2017 Vinales &egrave; terzo, Rossi e Vinales sono terzo e quarto nel 2018, e nel 2019 Vinales &egrave; di nuovo terzo a fine stagione con il rookie Quartararo in quinta posizione.  Continua l'articolo nella prossima pagina &nbsp; 2020-2024: dal Covid ad una piccola ripresa  Nel 2020 il panorama mondiale &egrave; scosso dall&rsquo;emergenza del Covid-19, anche il Motomondiale ne risente, con le case che non portano nuove moto ma solo affinamenti del modello dell&rsquo;anno prima. La nuova M1 si presenta con l&rsquo;holeshot posteriore per una partenza a fionda al semaforo. Con il congelamento parziale dello sviluppo imposto dal nuovo regolamento, la M1 del 2021 &egrave; una M1 2020 &ldquo;B&rdquo;; mentre nel 2022 Yamaha regge solo la prima met&agrave; di stagione salvo poi arrendersi al ritorno prepotente di Ducati che centra il titolo con Bagnaia. L&rsquo;unica novit&agrave; della Yamaha M1 in versione 2023 &egrave; la livrea mimetica, con la quale da Iwata speravano di essere pi&ugrave; aggressivi. La realt&agrave; per&ograve; &egrave; stata dura da digerire: una stagione ai livelli del 2003 con zero vittorie all&rsquo;attivo. Per il 2024 Yamaha mette mano nuovamente alla sua M1 grazie anche alle concessioni ed alla possibilit&agrave; di fare pi&ugrave; test durante la stagione per recuperare il ritardo da Ducati, Aprilia e KTM. La moto viene rivista nelle forme e nel pacchetto aerodinamico, nei test dell&rsquo;anno scorso &egrave; stato provato un nuovo motore pi&ugrave; potente che &egrave; stato riproposto nei test iniziali del 2024 ma non ha dato i riscontri sperati. Da Misano in poi Quartararo ha fatto vedere qualche segnale di riscossa rispetto al 2023 ma non &egrave; sufficiente, serve tanto lavoro ancora per arrivare almeno a giocarsi il podio.&nbsp; A livello sportivo, negli ultimi anni Yamaha ha sfiorato il titolo 2020 con Morbidelli (team Petronas) secondo alle spalle di Mir per 13 punti, nel 2021 invece &egrave; stato Quartararo a portare ad Iwata l'ultimo titolo iridato della sua storia.  Il V4 nel futuro?  La formula per tornare ad essere competitivi &egrave; adeguarsi alla concorrenza. Yamaha, ad oggi, &egrave; rimasta l&rsquo;unica moto in griglia ad avere il 4 cilindri in linea contro il V4 montato da Ducati, Honda, KTM ed Aprilia. Indi per cui ad Iwata con l&rsquo;aiuto di Luca Marmorini stanno lavorando al motore che equipagger&agrave; la prossima M1, ovvero un V4. Si vocifera della volont&agrave; di Yamaha di anticipare i tempi ed il cambio regolamentare del 2027 ed entrare gi&agrave; nel 2026 con il suo V4 per immagazzinare gi&agrave; dati utili in vista proprio del 2027.       

Dalla poca competitivit&agrave; del biennio 2002-2003 ad essere la moto pi&ugrave; ambita della griglia per poi ripiombare nel baratro delle difficolt&agrave;, con vista sul futuro

Dal motore a carburatori al futuro V4: com’è cambiata la Yamaha?

        E' ormai innegabile che la Ducati Desmosedici sia diventata la moto pi&ugrave; competitiva in assoluto in MotoGP, visto che per occupare le posizioni di vertice &egrave; ormai pressoch&eacute; obbligatorio essere in sella ad una delle moto della Casa di Borgo Panigale. In particolare, quest'anno Ducati ha conquistato la vittoria in tutti i Gran Premi della stagione ad eccezion fatta per quello di Austin, vinto da Maverick Vinales con l'Aprilia, ma per arrivare a questo incredibile livello di competitivit&agrave; la Ducati ha fatto una lunga gavetta: andiamo a ripercorrere la sua storia nella top class&nbsp;del Motomondiale.  Cassano su Marquez: "Senza infortunio avrebbe disintegrato i record di Rossi" I primi anni: un &ldquo;mostro di potenza&rdquo; che solo Stoner fu in grado di gestire  Il debutto in gara della Ducati Desmosedici avvenne nel 2003, ovvero nella prima stagione in cui l'intera griglia era formata dalle nuove MotoGP dicendo definitivamente addio alle &ldquo;vecchie&rdquo; 500. Con Loris Capirossi e Troy Bayliss alla guida, vennero ottenuti immediatamente risultati di rilievo tra cui la prima vittoria, arrivata per mano dello stesso &ldquo;Capirex&rdquo; nel GP di Barcellona, ma la moto, nata da un team di tecnici capitanato da Filippo Preziosi e dotato di soluzioni uniche come la distrubuzione desmodromica del motore ed il telaio a traliccio era decisamente pi&ugrave; aggressiva rispetto alle rivali giapponesi e risult&ograve; particolarmente complicato portarla al top con costanza. La musica cambi&ograve; nel 2007, anno di enormi cambiamenti sia per Ducati che per la MotoGP stessa, la quale pass&ograve; alla cilindrata di 800cc al posto delle 1000. In sella alla Desmosedici arriv&ograve; Casey Stoner, che si dimostr&ograve; incredibilmente competitivo e in grado di spingere oltre ogni limite la nuova GP7 in cui il motore divenne il fulcro della ciclistica visto che sia il telaio anteriore che quello reggisella erano collegati ad esso, estremizzando una soluzione in sviluppo gi&agrave; da un paio d'anni. Casey conquist&ograve; la bellezza di dieci vittorie e, soprattutto, un titolo mondiale tuttora considerato tra i pi&ugrave; sorprendenti e spettacolari della storia. L'australiano trionf&ograve; in altre tredici occasioni tra il 2008, il 2009 (anno in cui debutt&ograve; anche il forcellone in carbonio) e il 2010, ma con il suo passaggio in Honda inizi&ograve; un'era a dir poco buia visto che solo lui sembrava in grado di poter portare quella Ducati al limite.  Prosegue nella prossima pagina &nbsp; La difficile parentesi di Rossi in Ducati  L'approdo in Ducati da parte di una leggenda come Valentino Rossi rappresent&ograve; una svolta epocale, ma non port&ograve; ai risultati sperati e il biennio 2011-2012 si rivel&ograve; il pi&ugrave; complicato in assoluto per Ducati, che ottenne soltanto una manciata di podi con lo stesso Rossi ed il compianto Nicky Hayden nonostante i tantissimi sforzi profusi (con ben 7 moto diverse portate in pista) e numerosi cambi di telaio che nel corso degli anni pass&ograve; dal traliccio allo scatolato in alluminio e poi al perimetrale che pur stravolgendo la Desmosedici non riuscirono a renderla vincente. Anche il 2013, con Dovizioso al posto di Rossi e l'arrivo di Bernhard Gobmeier come sostituto di Preziosi, non fu semplice, ma a partire dal 2014 qualcosa cambi&ograve; grazie all'arrivo di un volto in grado di far tornare in alto la Rossa.  Martin e Razgatlioglu: dal podio in Rookies Cup ai titoli massimi in dieci anni La rinascita: dall'arrivo di Dall'Igna al dominio odierno  Stiamo chiaramente parlando di Luigi Dall'Igna, che una volta conclusa l'avventura in Aprilia arriv&ograve; in Ducati Corse come Direttore Generale. Il 2014 e il 2015 furono anni di assestamento in cui le innovazioni si susseguirono, tra le quali spicca l'arrivo delle appendici aerodinamiche (poi vietate dal regolamento e successivamente inglobate nella carena), ma fu nel 2016 che la Desmosedici torn&ograve; alla vittoria ponendo fine ad un lungo digiuno che durava dal 2010 grazie ad Andrea Iannone e al gi&agrave; citato Andrea Dovizioso, i quali ottennero un successo a testa rispettivamente in Austria e in Malesia. Un ritorno al successo che prosegu&igrave; anche nel biennio successivo con l'arrivo di Jorge Lorenzo, che proprio con Ducati vinse le ultime gare della propria grande carriera prima del difficilissimo anno in Honda e del conseguente ritiro, e fino al 2020 con la coppia Dovizioso-Petrucci. Inoltre venne introdotto anche l'abbassatore (nel 2019), altro dispositivo che contribu&igrave; ad incrementare ulteriormente la competitivit&agrave; della moto italiana e ormai presente su tutti i mezzi in griglia, il quale verr&agrave; per&ograve; vietato dal 2027. Nel 2021 ci fu poi un'ulteriore (e ultima) rivoluzione con l'arrivo di Francesco Bagnaia, il quale ha sfiorato il titolo per poi vincerlo sia nel 2022 che nel 2023 entrando nel cuore degli appassionati, ma la moto non venne pi&ugrave; stravolta, bens&igrave; soltanto affinata fino a diventare pressoch&eacute; imbattibile. Da allora, in tanti sono riusciti a trionfare con la Desmosedici, specialmente nella scorsa annata in cui, oltre allo stesso Pecco, anche il campione di quest'anno Jorge Martin, Marco Bezzecchi, Enea Bastianini, Johann Zarco e Fabio Di Giannantonio hanno centrato almeno un successo. E adesso, si attende con ansia il 2025 in cui con il team ufficiale al fianco di Bagnaia ci sar&agrave; Marc Marquez: sar&agrave; un altro anno all'insegna delle Rosse?  Poker di talenti: titolo in SSP300 nel mirino per il team MTM Kawasaki       

All'inizio era la pi&ugrave; difficile da portare al limite, mentre ora &egrave; la pi&ugrave; competitiva della griglia: andiamo a ripercorrere la storia della Desmosedici fino ad oggi

2201 risultati per '2010'

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