        Alex Debon ha annunciato il ritiro. No, non il suo ma quello del figlio omonimo. Con un post su Facebook, il 30 aprile scorso il quarantottenne di Castell&oacute;n ha infatti comunicato l&rsquo;interruzione dell&rsquo;attivit&agrave; motoristica dell&rsquo;erede. Queste le sue parole: &ldquo;Abbiamo smesso di correre, siamo usciti dalla scuola di Pakosta e abbiamo interrotto tutti gli allenamenti e l&rsquo;attivit&agrave; sportiva di mio figlio Alex&rdquo;. Moto2: Joe Roberts pu&ograve; riscrivere la storia | Quella (S)Volta Che Lo stop di Alex Debon  La Pakosta 37 Riders &egrave; diretta da Paco Marmol, preparatore del due volte iridato Pedro Acosta. Tre i circuiti impiegati per gli allenamenti: Cartagena, Fortuna e Yepes. Il costo mensile &egrave; di 150 Euro e prevede sia un allenamento su asfalto, tramite l&rsquo;impiego di pit bike e moto Yamaha (R3, R6 e R1), che nel Dirt Track, con l&rsquo;utilizzo della Honda FTR 223. In questa scuola si sono formati, oltre al portacolori GASGAS-Tech 3, anche Fermin Aldeguer, Daniel Holgado, Angel Piqueras, Alex Escrig e Alvaro Carpe. Debon padre, invece, appese il casco al chiodo nel 2010, anno dell&rsquo;introduzione della Moto2: il suo adattamento alla nuova classe fu incredibile, con il secondo posto nel debutto della categoria, in Qatar, dietro al povero Shoya Tomizawa, ma fu il suo unico podio stagionale. Dal 1998 al 2009 invece Debon corse in 250, conquistando due successi nel 2008, a Le Mans e Brno, accompagnato entrambe le volte sul podio da Marco Simoncelli, campione del Mondo quell&rsquo;anno: ogni successo gli valse 18mila Euro, versati dallo sponsor, l&rsquo;Aeroporto di Castell&oacute; che &ldquo;scuc&igrave;&rdquo; pure 12mila Euro per il secondo posto al Mugello e 6000 per il terzo in Giappone. A rendere ancora pi&ugrave; magica quell&rsquo;annata fu il matrimonio con Anais, dalla cui unione &egrave; nato nel settembre 2011 Alex junior. Nel febbraio 2015, per&ograve;, i due arrivarono alla separazione. A fine 2017 Debon torn&ograve; nel Mondiale, nelle vesti di coach di Jorge Lorenzo che aveva gi&agrave; aiutato nel 2006 e 2007 quando il maiorchino conquist&ograve; due titoli iridati della 250: in quel biennio Debon disput&ograve; solamente nove GP poich&eacute; impegnato come tester Aprilia. Fu per&ograve; una collaborazione &ldquo;mordi e fuggi&rdquo; perch&eacute; gi&agrave; prima dell&rsquo;Argentina 2018 Lorenzo gli diede il benservito. Nel frattempo, Alex Debon Estornell iniziava a muovere i primi passi in sella, servendosi del numero 96. Nel 2021 disput&ograve; il campionato andaluso Campillos. Netti i miglioramenti l&rsquo;anno seguente, con il quarto posto finale nella Coppa di Spagna di MiniVelocidad nella MiniGP 110 quattro tempi. L&rsquo;approdo in Moto4 l&rsquo;anno scorso non ha prodotto i frutti sperati perch&eacute; Debon ha concluso 18&deg; il campionato nazionale. Come se non bastasse all&rsquo;ultimo round a novembre, al Montmel&oacute;, Alex &egrave; caduto nelle libere e si &egrave; fratturato il malleolo sinistro. Il medico l&rsquo;ha giudicato unfit, impedendogli di partecipare alle gare. In sella &egrave; tornato a fine dicembre e con l&rsquo;anno nuovo ha cambiato team, firmando con Bultaco&ndash;Blumaq. Il debutto stagionale, in aprile a Jerez, &egrave; stato buono: quarto in Gara 1 e terzo in Gara 2. &ldquo;Incredibile inizio di stagione e pensare che un mese fa non avevamo n&eacute; moto n&eacute; squadra. Il team e tutti noi abbiamo lavorato duramente per dargli molto affetto e supporto in questi giorni&rdquo; il commento del pap&agrave; sui social. Nemmeno un mese dopo il colpo di scena: &ldquo;Ieri abbiamo ricevuto un decreto giudiziario in cui la madre rifiuta di firmare il consenso affinch&eacute; il figlio faccia ci&ograve; che ama e di cui &egrave; appassionato, la pratica del motociclismo. Mio figlio Alex e io siamo molto dispiaciuti per l&rsquo;impotenza che viviamo in questo momento&rdquo;. Da allora Debon senior &egrave; sparito dai radar. La nuova vita di Ben Spies | Quella (S)Volta Che       

Finito suo malgrado al centro di una spinosa vicenda, il figlio dell&rsquo;ex vincitore di GP &egrave; stato costretto allo stop

Il precoce ritiro dell'altro Alex Debon | Quella (S)Volta Che

        Per conquistare il suo secondo successo alla 200 Miglia di Daytona, Josh Herrin aveva dovuto attendere tredici anni ma poi, una volta sbloccatosi, non si &egrave; pi&ugrave; fermato. E quest&rsquo;anno ha fatto poker, conquistando il terzo trionfo consecutivo sul catino della Florida. Un&rsquo;impresa senza precedenti, sebbene fosse l&rsquo;ottantatreesima edizione della 200 Miglia pi&ugrave; celebre al Mondo, a cui si ispir&ograve; a inizio anni Settanta Checco Costa, padre di quel Claudio che ide&ograve; la Clinica Mobile, per dare vita alla 200 Miglia di Imola.  Continua nella prossima pagina &nbsp; L'impresa di Herrin &nbsp; A rendere ancora pi&ugrave; incredibile il trionfo del ducatista &egrave; stato l&rsquo;allungo portato a una decina di giri dalla conclusione, facendo anche segnare un crono di 1&rsquo;47&rdquo;879, nuovo record della gara e superiore per soli 46 millesimi alla miglior pole di tutti i tempi, realizzata un anno fa da Richie Escalante. Un forcing utile per liberarsi della compagnia di Tyler Scott e dello stesso Escalante. Al traguardo il trentaquattrenne Re della SBK del MotoAmerica, portacolori del Celtic/Economy Lube+Tire/ Warhorse HSBK Ducati ha faticato a trovare le parole: &ldquo;Essere menzionato assieme a Scott Russell e Miguel Duhamel (primatisti con cinque successi, nde) &egrave; speciale. Inoltre ora detengo anche il record per il pi&ugrave; lungo intervallo di tempo tra la prima e l&rsquo;ultima vittoria alla 200 Miglia&rdquo;. Se Duhamel vinse per la prima volta nel 1991 e riusc&igrave; a ripetersi in un&rsquo;ultima occasione nel 2005, Herrin &egrave; salito per la prima volta sul gradino pi&ugrave; alto del podio della gara regina di Daytona nel 2010, e 15 anni dopo si &egrave; ripetuto. Il successo 2025 &egrave; anche il sesto podio alla 200 Miglia, perch&eacute; nel 2009 al debutto fu secondo, battuto per 551 millesimi dal compagno di squadra Ben Bostrom, in un&rsquo;edizione storica perch&eacute; fu la prima corsa in notturna. Al 36&deg; giro di quella gara le luci alla chicane iniziarono a fare i capricci e cos&igrave; la Direzione Gara fu costretta a far uscire la Safety. In quegli istanti per&ograve; Tommy Aquino fu tamponato e fin&igrave; contro il muro, portando all&rsquo;esposizione della bandiera rossa. Alla ripartenza, dopo due giri dietro la Safety Car, la gara ripart&igrave; salvo essere neutralizzata di nuovo per un ulteriore incidente, preludio agli ultimi sei giri, fortunatamente senza interruzioni. L&rsquo;anno dopo, sempre in notturna, Herrin sal&igrave; un gradino, vincendo sulla Yamaha con 7&rdquo;964 su Dane Westby, mentre il giornalista italiano Andrea Padovani chiuse diciassettesimo e Dario Marchetti diciannovesimo, entrambi a tre giri dal vincitore. Nel 2011, invece, Herrin fu solamente quinto mentre nel 2015 si piazz&ograve; secondo, beffato all&rsquo;ultima curva dal sorpasso di Danny Eslick, vincitore per 86 millesimi. In quell&rsquo;edizione non vi furono pit stop perch&eacute; quattro bandiere rosse permisero ai team di rifornire e cambiare le gomme con le moto ai box. Herrin &egrave; ora a un successo e a un podio di distanza da Russell e Duhamel. A quota quattro vittorie &egrave; appaiato a Eslick, quest&rsquo;anno sesto, in occasione della sua ventesima apparizione alla 200 Miglia. Eslick era in sella alla Triumph, che ha conquistato anche la quarta piazza con il britannico Peter Hickman, 14 trionfi al Tourist Trophy, e il quinto posto con Brandon Paasch, vincitore a Daytona nel 2021 e 2022. Invece Richard Cooper, quattro successi alla North West 200, &egrave; stato costretto ad alzare bandiera bianca a 23 giri dalla fine per un guasto alla sua Speed Triple quando era nella Top 5. L&rsquo;altro stradista d&rsquo;Oltremanica, il leggendario Michael Dunlop (29 vittorie al TT), si &egrave; dovuto accontentare del nono posto, a un giro, nonostante guidasse una Ducati Panigale V2 proprio come Herrin. McWilliams, non &egrave; mai troppo tardi | Quella (S)Volta Che       

l terzo successo di fila, il quarto trionfo in un arco di 15 anni: Herrin &egrave; divenuto il padrone della Daytona 200

Herrin, lo specialista | Quella (S)Volta Che

        Di chiacchiericci se ne sentono tanti, ma questo ha basi fondate. Toprak Razgatlioglu e Honda parlano, vicendevolmente corteggiandosi. Il turco lascia la BMW M1000 R e salta sulla CBR Fireblade RR-R? Macch&eacute;. Per lui ci sarebbe pronta una RC213 V nell'obiettivo di correre in MotoGP. Valencia e MotoGP: rinnovo sino al 2031  Toprak e Honda: una sfida di... Razga Offeso dalla Kawasaki per un posto ufficiale negatogli, Toprak accett&ograve; la sfida Yamaha: (ri)portare il titolo SBK mancante da Ben Spies edizione 2009, su una R1 che faceva benino, non benissimo. E lo ha fatto, nel 2021. Il matrimonio condiviso con la Casa di Iwata appariva idilliaco, sino a quando due malcelati test a&nbsp; bordo della M1 hanno messo di traverso il nativo di Alanya. Vale il discorso per Kenan Sofuoglu, manager che si &egrave; legato al dito la seconda offesa consecutiva. Approdare in BMW rappresentava una ulteriore scommessa, anch'essa vinta e piuttosto a mani basse: nessuno ci era riuscito per conto del Costruttore tedesco, visto adesso come un capitolo fantastico, presto da archiviare. Ecco perch&eacute; la possibilit&agrave; di debuttare in MotoGP funge da doppio stimolo: anzitutto, entrerebbe nella classe regina, i prototipi quelli veri, e poi potrebbe giocarsi una chance prestigiosa. Riportare in alto l'Ala Dorata, assente dal successo ormai dal 2019 di Marc Marquez. Sarebbe una storia degna del suo calibro. Continua l'articxolo nella prossima pagina &nbsp; Marini e Zarco in scadenza, Chantra non si vede La RC213 V palesa progressi, comunque da confermare. Chiaro &egrave; un dato: in Honda si prendono lauti stipendi,&nbsp; questi sempre puntuali. Nota importante per un pilota professionista, specialmente abiutato bene come Razga. Luca Marini &egrave; in scadenza, Somkiat Chantra si vede poco e niente e gode del passaporto thailandese. C'&egrave; pure Johann Zarco in scadenza, mentre Joan Mir &egrave; legato alla HRC a tutto il 2026. Grazie alle Concessioni e tanto lavoro, la Casa di Tokio sta passando da snobbata ad ambita, anche perch&eacute; tra poco il progetto 850 andr&agrave; sui fogli di carta e in pista. Per Toprak, si vocifera un contratto da due pi&ugrave; due, ovvero, quattro anni di durata.        

Toprak, gi&agrave; cercato dall'Ala Dorata, infittisce le discussioni: volare via dalla SBK e saltare su una RC213 V nel 2026 la possibilit&agrave; per il turco

Tentazione Honda: Razgatloglu crede (ancora) nella MotoGP

        Nuova gara nel continente americano e seconda puntata della rubrica &ldquo;Paese che vai, pilota che trovi&rdquo;. Per la #RoadToAustin oggi vediamo tutti i piloti americani del Motomondiale, da quelli pi&ugrave; vincenti ai one season wonder. A differenza dell&rsquo;Argentina che ha prodotto solamente Porto, Rodrigo e Valentin Perrone, la scuola nordamericana del motomondiale ha prodotto un numero enorme di piloti, titolati o meno, che hanno dato spettacolo sui tracciati di tutto il mondo.&nbsp;  Kenny Roberts capostipite e primo titolato, Freddie Spencer l&rsquo;eroe delle due classi  Se qualche traccia di pilota americano si &egrave; intravista sul finire degli anni 60, &egrave; dagli anni 70 che dal Nord America arrivano in massa piloti dalle grandi doti di guida, provenienti dal campionato nazionale AMA. Il capostipite della colonia americana del Motomondiale &egrave;, senza dubbio, il grande Kenny Roberts. Kenny debutta in 250 nel 1974 con la Yamaha e non lascer&agrave; mai pi&ugrave; le moto di Iwata, diventandone team manager poi tra gli anni 80 e 90.&nbsp; Kenny arriva 4&deg; in 250 nel 1978 con due vittorie e due secondi posti, ma &egrave; in 500 che ottiene le fortune maggiori con ben tre titoli consecutivi tra il 1978 ed il 1980. Nel 1981 chiude terzo e nel 1983 chiude secondo per due punti alle spalle di Freddie Spencer. Un altro grande degli anni 80 e tre volte iridato proprio come il &ldquo;marziano&rdquo; Kenny Roberts &egrave; nientemeno che &ldquo;Fast&rdquo; Freddie Spencer, fino all&rsquo;anno scorso capo dello Steward Panel della FIM. Freddie debutta nel 1980 in 500 con la Yamaha ma sar&agrave; con la Honda che far&agrave; i risultati migliori. Nel 1983 batte di appena due punti Kenny Roberts, mentre nel 1985 fa la storia vincendo nello stesso anno 250 e 500. Dall&rsquo;86 la sua carriera &egrave; in discesa: solo 4 punti tra l&rsquo;86 e l&rsquo;88 prima di appendere il casco al chiodo. Nell&rsquo;89 &egrave; Giacomo Agostini a convincerlo a rientrare in scena: 33, 5 punti con un quinto posto in spagna come miglior risultato in gara. Centra 2 punti nel 93 con la ROC Yamaha.  Continua l'articolo nella prossima pagina &nbsp; Pat Hennen primo americano vincitore in 500, Randy Mamola re senza corona  Se Kenny Roberts &egrave; stato il primo americano iridato, Pat Hennen, che &egrave; scomparso lo scorso anno a 71 anni, &egrave; stato quello che ha centrato il primo successo in Top Class. Il nativo dell&rsquo;Arizona ha debuttato nel 1976 con Suzuki andando a bersaglio in Finlandia nello stesso anno. Hennen ha poi messo a referto altre due vittorie: una nel 1977 in Inghilterra e una nel 1978 in Spagna, stagione poi abortita dopo il secondo posto al Mugello per via di un incidente al Senior TT.&nbsp; Se Stirling Moss &egrave; stato il re senza corona per eccellenza in Formula 1, lo stesso ruolo lo ha ricoperto nel Motomondiale un certo Randy Mamola. Californiano di San Jose, Randy ha debuttato nel 1979 disputando tutte e tre le classi: 250, 350 e 500 in sella a Yamaha e Suzuki con tre podi in 250 e due in 500. Dal 1980 al 1982 vince 5 gare e sale altre 9 volte sul podio chiudendo due volte secondo il Mondiale: nel 1980 alle spalle di Kenny Roberts e nel 1981 alle spalle di Lucchinelli, mentre nel 1983 &egrave; terzo. Centra ancora il titolo platonico di vicecampione nel 1984 con la Honda alle spalle di Eddie Lawson e in Yamaha nel 1987 alle spalle di Wayne Gardner. Randy Mamola &egrave; stato uno dei primi funamboli del motomondiale, prima dell&rsquo;arrivo di Kevin Schwantz.  Continua l'articolo nella prossima pagina &nbsp; La dinastia dei fenomeni: Lawson, Schwantz, Rainey, Kocinski  Abbiamo nominato poco fa Eddie Lawson parlando di Randy Mamola, ed ecco che apriamo questo capitolo ripercorrendo la sua storia. Californiano di Upland, Eddie debutta in 500 nel 1983 con la Yamaha dopo tre apparizioni in 250 con la Kawasaki nel 1981. Nel 1984 centra subito il bersaglio grosso vincendo il Mondiale davanti a Randy Mamola, mentre nel 1985 chiude secondo alle spalle di Freddie Spencer. Con Yamaha vince anche i titoli del 1986 e 1988 prima di accasarsi in Honda e portarsi a casa il suo quarto titolo iridato nel 1989. A conti fatti, Lawson &egrave; il pilota americano pi&ugrave; titolato.&nbsp; Se parliamo di funamboli non si pu&ograve; non citare il mitico #34 Kevin Schwantz. Texano di Houston, Kevin debutta direttamente in 500 con la Suzuki nel 1986. Nel biennio 86-87 raccoglie appena 13 punti, mentre dal 1988 si scatena. Nel 1988 vince in Giappone e Germania chiudendo ottavo, nel 1989 le vittorie diventano 6 per chiudere al quarto posto. Sfiora l&rsquo;iride nel 1990 trovando sulla sua strada un grande Wayne Rainey. Il binomio Schwantz-Rainey nei primi anni 90 d&agrave; vita a grandissimi duelli per vittorie e titoli iridati. L&rsquo;alloro per Kevin arriva nel 1993 ma in circostanze piuttosto &ldquo;fortunose&rdquo; per via dell&rsquo;incidente che interrompe la carriera di Rainey a Misano. Nel 1994 non riesce a difendere il suo numero 1 che finisce sul cupolino dell&rsquo;australiano Doohan. Schwantz chiude la sua carriera a met&agrave; del 1995 dopo un infortunio pesante al polso. Tra i fenomeni di fine anni 80 e inizio anni 90 &egrave; impossibile non citare il grande Wayne Rainey. Californiano di Los Angeles, Wayne debutta nel Mondiale in 250 nel 1984 con la Yamaha. Passa in 500 nel 1988 e subito chiude il campionato al terzo posto, arrivando poi secondo alle spalle di Lawson nel 1989. Dal 1990 fino a Misano 1993 la 500 &egrave; praticamente sua: tre titoli iridati consecutivi tra il 1990 ed il 1992. Mentre &egrave; avviato verso il quarto alloro consecutivo, il 5 settembre 1993 si interrompe bruscamente la sua carriera per via di un incidente a primo impatto banale ma che si rivela devastante per la sua colonna vertebrale che sbatte sul cordolo del Curvone spezzandosi e rendendo Rainey paraplegico.&nbsp; Tra la fine degli anni 80 e l&rsquo;inizio degli anni 90 il Motomondiale ha conosciuto anche John Kocinski. Nativo di Little Rock in Arkansas, John ha debuttato in 250 nel 1988 con la Yamaha. Nel 1989 vince due gare ma chiude solamente quattordicesimo. Il 1990 &egrave; l&rsquo;anno del suo primo ed unico alloro nel Motomondiale con 7 vittorie e 12 podi complessivi. Nel 93 inizia la stagione in Suzuki per trasferirsi in Cagiva. Corre in 500 dal 1991 al 1999 con Yamaha, Cagiva ed Honda centrando due terzi posti a fine stagione nel 1992 e 1994.  Continua l'articolo nella prossima pagina &nbsp; Tale padre, tale figlio: Kenny Roberts Jr come pap&agrave; Kenny. Hayden ultimo iridato  Se in Formula 1 solamente Damon Hill e Nico Rosberg hanno bissato il titolo del proprio padre, nel Motomondiale l&rsquo;unico binomio titolato padre-figlio &egrave; quello dei Roberts, con Kenny Jr iridato nel 2000. Californiano di Mountain View, Kenny Jr debutta in 250 nel 1993 con la Yamaha. Ottiene risultati di rilievo nella quarto di litro solamente nel 1995 con un ottavo posto finale in campionato. Nel 1996 passa in 500 con la Yamaha, nel biennio 97-98 corre con la Modenas KR3 del padre Kenny Senior. Passa in Suzuki nel 1999, vince 4 gare e chiude al secondo posto alle spalle di Alex Crivill&eacute;. Con altre 4 vittorie vince il titolo del 2000 davanti a Valentino Rossi. Dal 2001 al 2005 centra altri tre podi con la Suzuki tra 500 e MotoGP, nel 2006 guida la KR211V nel team del padre centrando gli ultimi due podi della carriera. L&rsquo;ultimo iridato della dinastia americana &egrave; l&rsquo;indimenticato Nicky Hayden. Nativo di Owensboro, Kentucky Kid ha debuttato in MotoGP nel 2003 nel team ufficiale Honda Repsol al fianco di Valentino Rossi, instaurando con lui subito un grande rapporto di amicizia. Dal 2003 al 2008 Nicky corre con la Honda ufficiale vincendo in totale tre gare, una nel 2005 a Laguna Seca e due nel 2006, Assen e ancora Laguna Seca. Il punto pi&ugrave; alto in MotoGP &egrave; ovviamente il titolo iridato del 2006 davanti a Valentino Rossi per soli 5 punti. Nel 2009 passa in Ducati, tre soli podi fino al 2013 prima del ritorno in Honda nel biennio 2014-2015. Menzioni onorevoli  Tra i piloti americani passati dal Motomondiale bisogna ricordare, in rigoroso ordine alfabetico: Mike Baldwin, 6 podi nel Motomondiale tra il 1979 e il 1988, Cameron Beaubier, nel 2009 in 125 e in Moto2 nel biennio 2021-2022 senza risultati di rilievo, Doug Chandler, 6 podi in 500 tra il 1991 ed il 1994, Colin Edwards, 12 podi in MotoGP tra il 2004 e il 2011, John Hopkins, 4 podi in MotoGP con la Suzuki nel 2007, Ben Spies, 1 vittoria e 6 podi in MotoGP dal 2010 al 2012.       

Kenny Roberts Senior, Freddie Spencer, Eddie Lawson, Kevin Schwantz, Wayne Rainey, John Kocinski, Kenny Roberts Jr e Nicky Hayden tra gli iridati della scuola americana

Dagli USA con furore: tutti gli americani del Motomondiale

        C&rsquo;&egrave; molta attesa per i primi verdetti stagionali della EMX125 e della EMX250, i due campionati Europei da dove sono usciti tutti i pi&ugrave; interessanti piloti degli ultimi anni. Tante le novit&agrave; in entrambe le classi con molti astri nascenti pronti a farsi conoscere dal grande pubblico.  Francesco Bellei con la sua Fantic @Fantic EMX125 ed EMX250, la fabbrica dei Campioni Bastano pochi nomi usciti dalle classifiche del Gran Premio di Argentina per far capire quanto valore abbiano assunto in questi anni i due tornei continentali riservati alle ottavo di litro due tempi della EMX125 e alle 250cc della EMX250. Valerio Lata (Honda), Mathis Valin (Kawasaki) e Cas Valk (KTM), in MX2 sono il perfetto esempio di recenti Campioni titolati in 125 o in 250 e approdati alla MX2, come lo sono Andrea Bonacorsi (Fantic) o Mattia Guadagnini (Ducati) nella classe regina. Gli EMX sempre di pi&ugrave; sono divenuti propedeutici per costruire una carriera di successo nelle classi iridate e a meno che non si arrivi dagli States o dall&rsquo;Australia, sono il solo modo efficace per tentare la via del professionismo.  Nicol&ograve; Mannini con la TM Factory @TM Mancini, Bellei e EMX250 In EMX250 si apre ufficialmente la caccia ai tre mattatori della passata stagione, Valin, Lata e Valk, nell&rsquo;ordine di classifica del 2024, conquistarono le vittorie in palio e hanno lasciato un importante vuoto alle loro spalle. Simone Mancini (Fantic) &egrave; l&rsquo;italiano messo meglio per raccogliere il testimone passatogli metaforicamente dall&rsquo;amico Lata. Il marchigiano che ha lottato per il titolo della 125 contro il compagno di squadra Noel Zanocz, ora in Honda, trover&agrave; nell&rsquo;ungherese uno dei rivali pi&ugrave; agguerriti. Il campione in carica della 125 non ha infatti trovato un manubrio ufficiale (forse a causa del pessimo carattere) ma ha talento da vendere e far&agrave; di tutto per far rimpiangere a Yamaha e KTM, le due case presenti ufficialmente nella serie, di non averlo scelto preferendogli Jarnis Reisulis, Ivano Van Erp, Max Werner e Gyan Doensen. Kawasaki Bud ha incece scelto Francisco Garcia per sostituire Mathis Valin.  Nicol&ograve; Alvisi con la KM del Racestore @KTMRacestore In EMX125 Yamaha a 4 punte, TM ci prova contro i giganti In EMX125 la lista dei pretendenti al trono di Zanocz &egrave; lunga e include senz&rsquo;altro alcuni nomi familiari a noi italiani, come quello di Francesco Bellei (Fantic), rimasto in 125 nonostante fosse apparentemente pronto al passaggio sulla quattro tempi e Niccol&ograve; Mannini, passato alla TM. Il trentino gi&agrave; in Cina al podio in un paio di occasioni la scorsa stagione eredita la moto di Mancini, mentre il toscano &egrave; l'alfiere della TM insieme a Riccardo Pini. Forte lo squadrone blu della Yamaha che tenter&agrave; di invertire la rotta dopo un 2024 disastroso. Levy Townley, Mano Faure, Dany Heitink e Jarne Bervoets i nomi schierati dalla casa dei tre diapason, mentre in KTM si affidano a Nicol&ograve; Alvisi e Filippo Mantovani, gi&agrave; vincitore agli Internazionali d'Italia.  Mano Faure, speranza del corss transalpino, classe 2009 @Infront Moto Racing       

Le 2 serie continentali EMX125 ed EMX250 prenderanno il via questo fine settimana sulla pista di Cozar nella regione di Castiglia La Mancia che ospita il secondo GP della stagione

EMX: a Cozar al via la stagione europea

        Dal 1992 al 2008 il Supercross di Indianapolis si &egrave; tenuto all&rsquo;interno del RCA Dome 17 volte. Il Lucas Oil Stadium ha preso il testimone nel 2009, tenendolo fino a oggi, saltando solo il round del 2020.  La partenza della 450SX del 2024 @Feld Motor Sports, Inc. Roczen insegue Webb in 450, in mezzo c'&egrave; Sexton In 450 SX, Ken Roczen (Suzuki), alla sua prima vittoria a Daytona su 12 tentativi, ha l&rsquo;occasione di continuare ad accorciare il gap dalla tabella rossa di Cooper Webb (Yamaha). Il tedesco che a Indianapolis ha gi&agrave; vinto 4 volte ed &egrave; secondo solo a una leggenda come Jeremy McGrath, centr&ograve; il successo 3 volte nel 2021, anno del Covid, e una nel 2023, data della sua ultima vittoria nello stato dell&rsquo;Indiana che ospita gare di Supercross solo dal 1992. Nel 66% dei casi chi si aggiudica la gara di Indy vince poi il titolo, quindi occhio ai risultati di sabato notte!  I piloti della 450SX in azione nel Lucas Oil Stadium @Feld Motor Sports, Inc. I 3 favoriti e gli outsider della 450SX A contendere il successo al pilota della Suzuki ci saranno Webb che a Daytona ha allungato di 5 punti su Chase Sexton (KTM), autore di una notte da quasi incubo, salvata in extremis, terminando quinto dopo alcune disavventure in prova e in gara. Per il pilota della KTM non &egrave; decisamente un buon momento e se viole lottare per il titolo, sfruttando al meglio le assenze di Eli Tomac (Yamaha) e Jett Lawrence (Honda), deve iniziare a sbagliare meno. La battaglia per il podio dovrebbe essere ristretta a questi 3 piloti ma attenzione a Jason Anderson (Kawasaki), al vincitore del round di Tampa, Malcolm Stewart (Husqvarna) ad Aaron Plessinger (KTM) che a Daytona ha centrato il primo podio stagionale e al sempre veloce Justin Cooper (Yamaha).&nbsp;  La partenza della 250 Sx del 2024 @Feld Motor Sports, Inc. A Indy primo Showdown SX250 della stagione&nbsp; In 250 per la prima volta i piloti delle due coste si misureranno in una unica gara e lo scontro tra i top rider della costa Ovest e della costa Est sar&agrave; senz&rsquo;altro motivo di grande interesse. Da una parte Hayden Deegan (Yamaha) e la sua incredibile velocit&agrave; e dall&rsquo;altra Max Anstie (Yamaha), Tom Vialle (KTM) e RJ Hampshire (Husqvarna), fresco vincitore della gara in Florida. A questi si aggiungono Julien Beaumer (KTM), Cole Davies (Yamaha), Jo Shimoda (Honda) e Jordon Smith (Triumph), del campionato occidentale, Chance Hymas (Honda) e Seth Hammaker (Kawasaki) di quello orientale, per una grande serata di sport.  McAdoo (Kawasaki), vittorioso in 250 nel 2024 @Feld Motor Sports, Inc.       

Il Supercross arriva al giro di boa con il 9&deg; round di 17 che si terr&agrave; sulla pista di Indianapolis. Per la prima volta in stagione i piloti delle due classi della SX250 si scontreranno

Supercross: Indianapolis East/West Showdown

        Anno nuovo, casco nuovo per Valentino Rossi. Il Dottore &egrave; a Lusail, dove oggi inizia la 1812 km del Qatar (gara venerd&igrave; alle ore 12), primo appuntamento del FIA WEC che lo vedr&agrave; al via con i colori del Team WRT-BMW, e nel corso di una diretta social ha mostrato i colori che sfogger&agrave; in questa sua seconda stagione nel Mondiale Endurance. Un casco che ricorda molto quello utilizzato in MotoGP nel biennio 2008-2009, ma che nasconde grandi tocchi di originalit&agrave; e una dedica per la sua famiglia.  Il box del Direttore: studente modello Valentino Rossi e la dedica sul casco  &ldquo;&Egrave; un po' un ritorno al passato&nbsp;&ndash; ha spiegato Valentino &ndash; negli ultimi anni abbiamo sempre stilizzato molto il Sole e la Luna, che sono il leimotiv di tutti i miei caschi, facendoli semplici. Avevamo usato tanto il computer, ma quest'anno, per cambiare, ho spinto Aldo Drudi a riprendere la matita in mano. Quindi &egrave; un casco con pi&ugrave; matita e molto meno computer. Il Sole, davanti, con tutti i suoi raggi, &egrave; bellissimo. Dietro c'&egrave; la Luna, con le iniziali dei componenti della mia famiglia. Poi ci sono le tre M classiche dello sponsor Monster, abbiamo messo il 46 e la bandiera italiana. Mi ricorda il casco dei cinque continenti del 2008-2009. &Egrave; qualcosa di diverso rispetto alla maggior parte degli altri caschi dei piloti di auto, che solitamente hanno disegni che vanno in orizzontale. Noi che veniamo dalle moto invece abbiamo cercato di tenere la nostra idea, in cui &egrave; come se il casco fosse disegnato dall'aerodinamica, dall'aria che ci scorre addosso&rdquo;. Sulla parte posteriore spicca la dedica a Francesca Sofia Novello e alle figlie Giulietta e Gabriella: &ldquo;Dietro c'&egrave; scritto 'Valentino Rossi' e poi sono bellissime le lettere delle mie donne, F, G e G&rdquo;, che sono poste accanto alla V di Valentino".             Visualizza questo post su Instagram  Un post condiviso da Valentino Rossi (@valeyellow46)            

Alla vigilia del FIA WEC, il Dottore ha mostrato i colori per il 2025: sul retro le iniziali di Francesca Sofia Novello e delle sue figlie

Valentino Rossi: nuovo casco con una dedica speciale

        Per tutti &egrave; &ldquo;Slammin&rsquo; Sammy&rdquo;, uno dei piloti pi&ugrave; quotati e carismatici del panorama del Flat Track. Lo statunitense, che spegner&agrave; 38 candeline a settembre, ha arricchito la sua bacheca con il titolo mondiale, dopo il successo del 2009 nel Grand National Championship in patria e la medaglia d&rsquo;oro agli X Games del 2017. Dopo un 2023 che lo aveva visto chiudere al settimo posto in classifica generale, il fuoriclasse ha centrato l&rsquo;obiettivo di vincere il Mondiale, andando a podio in tutte e sei le gare del calendario iridato 2024. Di recente, Halbert ha preso parte anche alla 100 Km dei Campioni al Ranch di Valentino Rossi, ritrovando il team manager, Fabrizio Vesprini, con cui ha condiviso gli ultimi due anni di gare in Europa. Partendo proprio da Tavullia, abbiamo chiesto al sempre disponibile e sorridente Sammy di raccontarci la gara, chiusa al settimo posto, in coppia con il connazionale JD Beach, altro pilota di assoluto livello nel panorama internazionale del Flat Track, oltre che della Velocit&agrave;: &ldquo;Io e JD eravamo gi&agrave; stati compagni di team al Ranch nel 2019, quando arrivammo terzi. L&rsquo;inizio della gara &egrave; stato promettente, sono stato molto pi&ugrave; veloce che in passato, in alcune delle graduatorie dei tempi intermedi ero nelle prime posizioni. Ero sempre pi&ugrave; a mio agio nelle curve a destra, molto impegnative per chi, come me, abitualmente corre negli ovali con curve soltanto a sinistra. A met&agrave; gara eravamo in quinta posizione, ma in una curva lenta un pilota si &egrave; quasi fermato e sono stato colpito da dietro da un altro concorrente. La moto si &egrave; spenta e ci &egrave; voluto un po&rsquo; di tempo per farla ripartire. JD, verso fine gara, ha avuto problemi di freni e siamo scesi in classifica fino al settimo posto finale&rdquo;.  SBK, Rea salta anche Portimao Halbert: l'intervista  Qual &egrave; stata l&rsquo;emozione della partecipazione alla gara non titolata &ldquo;meglio frequentata&rdquo; del Mondo?  &ldquo;Quella del Ranch &egrave; una gara speciale, una maratona delle due ruote in cui, senza i problemi descritti, potevamo andare a podio. La vittoria di Thomas Chareyre e Diogo Moreira mi ha indubbiamente sorpreso, ma sono stati avvantaggiati, da esperti di Motard, dal fatto che la pista nell&rsquo;ultima parte di gara fosse molto asciutta e con poco materiale, comunque sono andati davvero forte&rdquo;.  La stagione 2024 rester&agrave; indimenticabile, con la vittoria nel Mondiale, dopo un 2023 poco fortunato, con due squalifiche che ti avevano estromesso dalla lotta per il titolo: hai utilizzato alcuni accorgimenti e modificato il tuo stile di guida?  &ldquo;&Egrave; stata davvero una buona stagione, finire sul podio ogni round &egrave; stato molto importante. La moto fornita da Vesprini era molto competitiva, ho vinto due gare consecutive, poi sono arrivati tre terzi posti. Mi sarebbe piaciuto vincere un po&rsquo; di pi&ugrave;, ma nelle ultime gare &egrave; cresciuto tantissimo il livello di Ervin Krajcovic, detentore del titolo. &Egrave; stata comunque un&rsquo;ulteriore esperienza di apprendimento per quanto riguarda il mio approccio alle piste europee, dovevo azzeccare la scelta giusta per i pneumatici e altri aspetti del set up&rdquo;.  L&rsquo;ultima gara stagionale ha visto un bel duello tra te e Krajcovic prima del passaggio del testimone.  &ldquo;Nell&rsquo;ultima finale ho spinto molto nei primi giri andando al comando, poi Krajcovic mi ha superato e da quel momento ho gestito la seconda posizione, senza rischi, certo della conquista del titolo. Peccato soltanto per la bandiera rossa che ha interrotto la manche per una caduta, l&rsquo;arbitro ha decretato la fine della gara e non mi sono potuto godere l&rsquo;ultima bandiera a scacchi&rdquo;.  Quanto &egrave; stato determinante il supporto del Team VFR, in particolare del team manager Fabrizio Vesprini?  &ldquo;La sua esperienza in questa disciplina, dopo aver corso per anni a grandi livelli, e la conoscenza diretta di buona parte dei tracciati del Mondiale ci hanno consentito di avere nelle varie gare fin dall&rsquo;inizio set up ben collaudati. Inoltre, i suggerimenti sulle linee da tenere, sia per quando ero in testa che per quando dovevo inseguire, sono stati preziosi. Sono migliorato nelle partenze, momento decisivo soprattutto nello Speedway, specialit&agrave; nella quale Fabrizio ha corso per tantissimi anni, ma oggi &egrave; una fase determinante anche nel Flat Track&rdquo;.  Per la stagione 2025 hai gi&agrave; definito la partecipazione alle gare in America e in Europa?  &ldquo;Proprio in queste settimane sto decidendo se confermare o meno la partecipazione al Mondiale. Volevo prendermi un anno sabbatico, per poi rientrare nel 2026, ma alla 100 Km dei Campioni ho ritrovato Vesprini: ci siamo parlati, e diciamo che sono a met&agrave; strada tra le due opzioni. &Egrave; una decisione difficile, perch&eacute; spostarsi dall&rsquo;America all&rsquo;Europa per prendere parte alle tappe iridate &egrave; un grande impegno. Potrei partecipare ad almeno una gara come wild card, ma ora &egrave; troppo presto per confermare o meno la mia decisione&rdquo;.  Quali sono i primi impegni certi?  &ldquo;Sicuramente in America parteciper&ograve; ad alcune gare, penso a Daytona a marzo, e Sturgis, dove c&rsquo;&egrave; un tracciato TT, nella settimana della Bike Week. Ma sto anche valutando di disputare alcune gare di Velocit&agrave; su asfalto e nell&rsquo;Adventures Trackers, dove si corre con moto bicilindriche con motori a partire dai 1000 di cilindrata&rdquo;.        

L'INTERVISTA: "Il Mondiale &egrave; stato un grande traguardo, ma muoversi dagli States all&rsquo;Europa &egrave; sempre un grande impegno"

Flat Track: Halbert, difesa mondiale o anno sabbatico?

        Chiusa una porta si apre un portone. Anche se hai 60 anni e potresti startene beatamente sul divano di casa. La crisi della KTM ha portato al mancato rinnovo della collaborazione con Jeremy McWilliams, vincitore nel 2001 del GP della 250 ad Assen con l&rsquo;Aprilia. L&rsquo;anno prima, sempre con la Casa di Noale, il nordirlandese conquist&ograve; due podi e una pole in 500. Nella classe regina ha gareggiato anche dal 2002 al 2005, quando era gi&agrave; MotoGP, ma la sua ultima apparizione nel Mondiale &egrave; datata 2014, quando ha disputato il GP Gran Bretagna della Moto2, giungendo 29&deg; con la derelitta Taylor Made, a un giro dal vincitore, Tito Rabat. Ai tempi McWilliams lavorava gi&agrave; come collaudatore della KTM, con cui aveva iniziato a collaborare nel 2009, dopo essere stato coinvolto nello sviluppo della prima Superbike della BMW, la S1000 RR. In Austria, McWilliams si &egrave; prima dedicato al progetto della RC8 ma la sua competenza l&rsquo;ha portato a occuparsi anche di altre moto, operando nel reparto Ricerca e Sviluppo, con soddisfazione di ambo le parti. Il suo contratto da tester sarebbe scaduto a fine 2025, ma &egrave; stato risolto anticipatamente lo scorso dicembre, tramutandolo nel primo pilota a pagare il dissesto in cui versa l&rsquo;azienda di Mattighofen. Meno di un mese dopo, McWilliams ha annunciato la partecipazione all&rsquo;intero campionato nordirlandese con JMC Racing. Nove i round, il via il 5 aprile e la conclusione il 25 ottobre.  Passa alla prossima pagina MotoE: la crisi Energica | Quella (S)Volta Che &nbsp; McWilliams torna alle radici  Soltanto due, per&ograve;, i tracciati impiegati, i soli permanenti in Irlanda del Nord: Bishopcourt e Kirkistown, decisamente piccoli per i nostri standard, poco pi&ugrave; di 3,4 chilometri il primo e nemmeno due e mezzo il secondo. &ldquo;Ho deciso di tornare alle mie radici &ndash; la sua spiegazione &ndash; far parte di un ambiente professionale, che quest&rsquo;anno &egrave; ancora pi&ugrave; grande, anche come moto a disposizione, mi ha dato la spinta per tornare nell&rsquo;Ulster Superbike Championship&rdquo;. Tuttavia non &egrave; detto che McWilliams corra nella classe regina delle derivate di serie: &ldquo;Ho a disposizione tre moto diverse, di altrettante classi (Superbike, Supersport e Supertwin, nde) tra cui scegliere, quindi si tratta di individuare il miglior focus e dove ci adattiamo meglio. &Egrave; un risveglio per me, risalire su moto potenti contro avversari che sono specialisti delle piste. Voglio iniziare forte e vedere come va&rdquo;. McWilliams si era ritirato dalle corse da oltre un lustro quando, nel 2012, a 48 anni, debutt&ograve; alla North West 200, la corsa stradale che collega le cittadine di Portrush, Portstewart e Coleraine, nella categoria Supertwin, le bicilindriche fino a 650 cm&sup3;. And&ograve; subito forte, arrivando secondo dietro Ryan Farquhar, mentre l&rsquo;anno dopo conquist&ograve; la pole e vinse la gara con 843 millesimi di vantaggio su James Hillier. In quell&rsquo;occasione divenne il pi&ugrave; anziano vincitore della NW200, la cui prima edizione risale al 1929, nonch&eacute; il primo vincitore di un GP a imporsi sul Triangle dal 1982, anno in cui Mick Grant vinse la gara pi&ugrave; prestigiosa della NW200. McWilliams ha trionfato alla NW200 anche nel 2015 e nel 2019, sempre con la Kawasaki, mentre l&rsquo;anno passato &egrave; stato terzo e quarto in sella a una Paton: &ldquo;&Egrave; un evento enorme, con un&rsquo;atmosfera fantastica. Trovarsi in griglia con tutte quelle persone intorno &egrave; speciale&rdquo;. Nel 2024 ha gareggiato alla NW200 anche nella Supersport, con la Yamaha di JMC Racing: &ldquo;Ho iniziato a muovere i primi passi con loro, divertendomi molto. Nell&rsquo;ultimo biennio sono stato competitivo in America, nella King of the Baggers (nella foto di copertina), quindi non c&rsquo;&egrave; un motivo per cui non dovrei esserlo anche qui&rdquo;. Ducati: addio Pramac MotoGP, arriva TAS | Quella (S)Volta Che       

La risposta di Jeremy al licenziamento dalla KTM &egrave; fedele al suo stile: a 60 anni, il nordirlandese torna alle origini, gareggiando nel campionato di casa

McWilliams, non è mai troppo tardi | Quella (S)Volta Che

        Per arrivare all&rsquo;odierna avventura nel Cross, un ritorno decisamente interessante e ambizioso, la Triumph ha compiuto un lungo percorso, come azienda che ha scritto pagine importanti nella storia delle due ruote. La Triumph nasce a Coventry nel 1884, e, come per altri marchi storici del motociclismo, inizia fabbricando biciclette mentre la produzione di moto parte nel 1902. Durante la Prima Guerra mondiale rifornisce di trentamila moto l&rsquo;esercito britannico e negli anni Trenta produce anche automobili (attivit&agrave; proseguita fino ai primi Anni &rsquo;80). Il suo classico bicilindrico parallelo (Speed Twin 500) &egrave; del 1937 e si evolve fino ai modelli recenti. Resta un&rsquo;icona del motociclismo la Thunderbird 6T degli Anni &lsquo;50, famosa anche per il film &ldquo;Il Selvaggio&rdquo; (del 1953) con in sella Marlon Brando. Gi&agrave; negli Anni &rsquo;30 le moto con cui si correva nel Fuoristrada e nel Motocross derivano dai modelli stradali, e ne seguono l&rsquo;evoluzione, con i necessari aggiustamenti tecnici, e cos&igrave; &egrave; per le Speed Twin, le Tiger, e poi la celebre TR5. In Italia qualcuno pu&ograve; ancora ricordare il successo della squadra inglese, nel 1948 con la TR5 Speed Twin, alla Sei Giorni disputata a Sanremo. La moto di serie che ne deriva viene chiamata Trophy. Con la TR6SC Steve McQueen corre la Sei Giorni in Germania nel 1964, e tutti lo ricordano su una Triumph nel film &ldquo;On any Sunday&rdquo;. Passa alla prossima pagina MXGP: Ducati e Aruba insieme per il 2025 &nbsp; Triumph: la storia  Le ruote tassellate fanno dunque parte del DNA della Triumph (fornitrice dei motori per la Moto2 del Motomondiale), ma quando nel 2023 ha annunciato la sua entrata nel gotha del Motocross, la Casa inglese ha sorpreso un po&rsquo; tutti. E nella conferenza stampa ufficiale, al Cross delle Nazioni in Francia a Ern&eacute;e, si &egrave; svelato un programma ben definito e ambizioso: team per il mondiale MX2, AMA National e Supercross USA 250 al primo anno, e al secondo anno anche nella MXGP (sbarco poi spostato di un anno). Nel Mondiale lo sponsor &egrave; il munifico brand Monster, e il team &egrave; capitanato da Thierry Chizat-Suzzoni (per anni proprietario del team ufficiale Kawasaki) e gestito dall&rsquo;esperto Vincent Bereni, mentre per il collaudatore basta il nome, Clement Desalle. Dall&rsquo;altra parte dell&rsquo;oceano, per Supercross e National la Triumph Racing USA si &egrave; presentata nientemeno che con il mitico Ricky Carmichael e Ivan Tedesco. Alla prima prova del Mondiale 2024, in Argentina, tantissimi occhi erano puntati sulla nera inglese, che al sabato nel turno cronometrato MX2 sorprendeva un po&rsquo; tutti con il quinto tempo per il danese Mikkel Haarup e l&rsquo;ottavo per il diciannovenne sudafricano Camden Mc Lellan. Il bello arrivava la domenica con Haarup autore di un quinto e un secondo posto di manche per il terzo gradino del podio del GP. Un podio all&rsquo;esordio, un risultato eccezionale che ha confermato lo spessore del progetto Triumph. Haarup si &egrave; fermato per festeggiare con il team una giornata storica per la Triumph. Al centro del gruppo in festa c&rsquo;era un italiano, il capotecnico Manuel Volpato, piemontese (di Ailoche, in provincia di Biella), 47 anni, 30 dei quali nel Mondiale, personaggio amatissimo nel paddock che merita di essere raccontato.  Passa alla prossima pagina &nbsp; Triumph: parla Manuel Volpato  &ldquo;Intorno ai diciassette anni facevo il muratore con mio padre, che mi ha trasmesso la passione per il Motocross &ndash; dice Manuel &ndash; e quando potevo correvo qualche gara del Regionale in Piemonte. A volte a sistemare la moto mi aiutava Alberto Angiolini (due volte campione italiano Senior 500), frequentavamo la pista di Serravalle Sesia, e lui lavorava come service Pirelli al Mondiale. Una volta mi ha chiesto di dargli una mano nel lavoro a una gara e da allora &egrave; iniziata la mia storia: l&rsquo;ho seguito in tutta Europa nelle gare del Mondiale 250, e quando rientravo a casa tornavo a fare il muratore. Per me era un sogno entrare nel paddock del Mondiale e allora era stupendo, la sera si cenava noi meccanici e i piloti, erano bei tempi. Nel 2000 &egrave; cambiata la gestione Pirelli e io per il 2001 ho accettato una proposta da Pamo Honda che per&ograve; ha chiuso in pochi mesi&hellip;&rdquo;. Chiusa una porta, si &egrave; aperto un portone: &ldquo;Dato che Andrea Bartolini cercava un meccanico per il suo team con David Philippaerts, Alex Salvini e Ronnie Bosi con l&rsquo;Husqvarna, abbiamo fatto l&rsquo;Europeo 125. L&rsquo;anno dopo, nel Team ST Racing (Sauro Orazi) con Manuel Monni e Luca Cherubini abbiamo vinto l&rsquo;Europeo 125 con Cherubini, con la Yamaha e il kit Rinaldi, e in quel periodo ho conosciuto proprio Michele Rinaldi. Nei tre anni successivi ho vissuto il Mondiale, con il Team Medei, ho lavorato con Cherubini, Salvini e poi con Claudio Federici e la Kawasaki, e abbiamo vinto l&rsquo;Italiano e gli Internazionali d&rsquo;Italia&rdquo;.  Nel 2007 l&rsquo;approdo da Rinaldi, nel team Yamaha ufficiale. &ldquo;Una grande esperienza. Arrivavo in un team ufficiale come meccanico da allenamento di Joshua Coppins. Nel 2008 e 2009 c&rsquo;era anche Philippaerts, che abitava vicino a me in Piemonte. Poi sono diventato meccanico da gara: due anni con Gautier Paulin, tre con Christophe Charlier e cinque con Romain Febvre, con il Mondiale vinto nel 2015. Ricorder&ograve; sempre Maggiora, dove nel fango &egrave; caduto ed &egrave; ripartito con il manubrio piegato ed &egrave; riuscito a vincere proprio il mio GP di casa. Con lui ho anche vinto tre &lsquo;Nazioni&rsquo;: a Matterley Basin la Francia ha trionfato con tre miei piloti, Febvre, Paulin e Charlier&rdquo;. Con il passaggio di Febvre a Kawasaki KRT, per Volpato sono cambiate le cose: &ldquo;Sono rimasto con Rinaldi YZRRS, il racing service per la gestione tecnica dei team ufficiali Yamaha. Nel 2021 ho seguito Glenn Coldenhoff in Yamaha-Wilvo. Tre anni positivi, poi per il 2024 ho deciso di cambiare. Da un paio d&rsquo;anni parlavo con Vincent Bereni, lui &egrave; un corso che vive in California, ha fatto la scuola per meccanici da gara a Le Mans e secondo me &egrave; un grandissimo tecnico, gestiva lui le Kawasaki prima che il team passasse a Kimi Raikkonen. Quando la Triumph ha preso Vincent e la sua squadra Must Motorsport per occuparsi del neonato team nel Mondiale, mi ha rifatto la proposta e ho accettato&rdquo;.  Con la Triumph, l&rsquo;avventura di Volpato &egrave; stata accompagnata da un altro tecnico italiano. &ldquo;Mi hanno chiesto di fare il capotecnico e mettere a disposizione la mia esperienza. Ho portato anche un altro tecnico italiano, Edoardo Bertinazzi, delle mie parti&hellip; Ci spostiamo molto: la squadra fa base nei pressi di Eindhoven e i piloti si allenano in Spagna da ottobre a marzo. Il nostro primo impegno &egrave; stato completare il team poi abbiamo cominciato a lavorare sullo sviluppo&rdquo;. Il podio mondiale ha subito testimoniato la bont&agrave; del progetto: &ldquo;In Argentina mi aspettavo una bella gara perch&eacute; ad Haarup piace la pista. inoltre dopo la preparazione invernale era in forma. C&rsquo;era un po&rsquo; di paura, ed &egrave; normale alla prima gara vera, per qualche eventuale problema tecnico per una moto fresca di sviluppo, ma &egrave; andato tutto al meglio. Il podio &egrave; stato l&rsquo;avverarsi di un sogno&rdquo;. Due GP pi&ugrave; tardi, ancora un podio, sulla sabbia a Riola Sardo, questa volta con Mc Lellan, terzo. "&Egrave; stata una bella conferma, con un pilota giovane, che poi si &egrave; infortunato in Portogallo ed &egrave; rientrato in Indonesia, ha sfiorato il podio ad Arnhem e ha chiuso la stagione nono, pur avendo saltato sei GP&rdquo;. Ancora podio (secondo posto) per Haarup in Indonesia, a Lombok, e quinta posizione finale nella MX2: &ldquo;Mikkel ci ha entusiasmato, ha avuto qualche problema fisico che si &egrave; trascinato nella stagione, ma ha tenuto duro e il quinto posto finale &egrave; un grande risultato&rdquo;.  Passa alla prossima pagina &nbsp; Triumph, MXGP posticipata  L&rsquo;esordio in MXGP della 450 &egrave; stato posticipato al prossimo anno: &ldquo;Quest&rsquo;anno restiamo in MX2 e continuiamo lo sviluppo della 250 con Mc Lellan e il nuovo arrivato Guillem Farres, spagnolo, che &egrave; gi&agrave; al lavoro con Desalle. Clement per noi &egrave; una colonna fondamentale, &egrave; tra i migliori che conosca per sensibilit&agrave; tecnica, e ha plasmato questa moto: quest&rsquo;anno si occuper&agrave; anche della preparazione dei piloti. In vista del 2026 portiamo avanti anche lo sviluppo della 450 con Haarup, che forse potrebbe disputare qualche prova del National USA. La 450 standard (in commercio) sar&agrave; utilizzata da team privati gi&agrave; quest&rsquo;anno, dovrebbero correre anche Alvin &Ouml;stlund e Max Nagl&rdquo;. Anche negli USA &egrave; arrivato il primo podio gi&agrave; al debutto, con Jordon Smith nel Supercross 250, ad Anaheim.&nbsp;&ldquo;Un risultato importante &ndash; conclude Volpato &ndash; il team americano &egrave; stato potenziato e siamo ottimisti, penso che la Triumph stia crescendo nel Motocross in tutto il Mondo e ci sono grande positivit&agrave; ed entusiasmo&rdquo;.       

La Casa inglese &egrave; tornata a dedicarsi all&rsquo;off-road: i risultati testimoniano la bont&agrave; di un progetto ambizioso, con un&rsquo;anima tecnica piemontese

Cross: Triumph, buona la prima

        Febbraio &egrave; il mese dei compleanni importanti, di quelli che contano davvero. Dopo i 38 del 6 volte iridato SBK Jonathan Rea, oggi &egrave; il turno di una Leggenda del Motomondiale, ovvero Valentino Rossi. Il 9 volte iridato di Tavullia, infatti, spegne oggi 46 candeline. 46 come il suo iconico numero di gara, ritirato per sempre dal Motomondiale e che si &egrave; portato con s&eacute; nella nuova avventura tra le auto iniziata dopo il ritiro dalla MotoGP a fine 2021.  I numeri della Leggenda di Tavullia  La carriera infinita di Valentino Rossi (nonostante i suoi 46 anni &egrave; ancora un pilota a tempo pieno dopo il ritiro dalla MotoGP nel 2021) &egrave; difficile da riassumere in poche righe. E i numeri non rendono giustizia a quanto fatto nel Motomondiale dal Fenomeno di Tavullia: 432 gare, 115 vittorie, 65 pole positions e 235 podi. Nelle classi 125, 250 e 500 ha sempre vinto il titolo al secondo anno di permanenza nella categoria. Debutta nel 1996 in 125 e vince gi&agrave; la sua prima gara a Brno ad agosto, nel 1997 vince il titolo battendo Noboru Ueda. Passa in 250 nel 1998 nel maxi-team Aprilia con Capirossi ed Harada, vince 5 gare e chiude alle spalle dell&rsquo;iridato Capirossi in quel finale polemico con lo scontro tra Capirossi ed Harada. Nel 1999 centra il titolo della &ldquo;Quarto di litro&rdquo; con 9 successi davanti a quello che sar&agrave; poi suo compagno in MotoGP, Tohru Ukawa. Sigla un contratto con Honda per il passaggio in 500 nel 2000: vince 2 gare e chiude secondo alle spalle di Kenny Roberts JR. Nel 2001 batte Biaggi e vince l&rsquo;ultimo titolo della 500 prima della trasformazione in MotoGP. Nella classe MotoGP vince i primi 4 mondiali consecutivi, due con la Honda RC211V a 5 cilindri e due con la Yamaha M1. Nel 2006 e 2007 deve arrendersi prima al compianto Hayden e poi allo strapotere di Stoner con la Ducati mentre nel 2008 e 2009 torna sul tetto del Motomondiale battendo prima Stoner e poi Lorenzo con la stessa M1. Dal 1996 fino al GP del Mugello 2010 non salta nemmeno una gara. Nel 2010 chiude alle spalle di Lorenzo e Pedrosa dopo aver saltato delle gare per l&rsquo;infortunio del Mugello, il biennio Ducati 2011-2012 &egrave; avaro di successi ma porta con s&eacute; purtroppo l&rsquo;incidente di Sepang 2011 con la Morte del suo amico Simoncelli. Dal 2013 al 2021 torna in Yamaha: vince qualche gara, risulta ancora competitivo chiudendo in top 5 iridata fino al 2017, dal 2018 al 2021 &egrave; un lungo &ldquo;declino&rdquo; che porta alla decisione in Austria 2021 di chiudere la carriera a Valencia dello stesso anno. L&rsquo;extra MotoGP: 8h di Suzuka, VR46 Academy, VR46 Racing Team, i test con la F1  Nel corso della sua lunga carriera da pilota moto, Valentino ha sperimentato anche la Gara delle gare, ovvero la 8h di Suzuka del Mondiale Endurance, una gara sacra per i costruttori giapponesi. Nelle sue due uscite nel 2000 e 2001, Rossi ha collezionato un ritiro e una vittoria nel 2001. Alle attivit&agrave; &ldquo;extra MotoGP&rdquo; si unisce anche la creazione della VR46 Academy, una scuola per giovani piloti italiani che ha base nel suo Ranch di Tavullia e dalla quale sono usciti gli attuali piloti MotoGP Marini, Morbidelli, Bagnaia, Bezzecchi giusto per citarne alcuni. Legato all&rsquo;Academy era ed &egrave; tutt&rsquo;ora il VR46 Racing Team: dapprima in Moto3, poi Moto2 fino al 2020 ed ora in MotoGP. Valentino ha avuto modo di provare anche le Formula 1 mentre era pilota MotoGP: la Ferrari tra il 2004 ed il 2008 e nel 2019 a Valencia la Mercedes del 2017 nel famoso scambio con Hamilton. Nel 2025 la sfida pi&ugrave; grande: il titolo in auto  Dopo aver ottenuto dei buoni piazzamenti a podio (Imola e Fuji 2024 nel WEC) e un paio di vittorie nel Fanatec GT World Challenge Europe (Misano nel 2023 e 2024) e Le Mans Cup nel 2023, per Valentino Rossi &egrave; giunto il momento di puntare al bersaglio grosso, ovvero il titolo. Nel 2025 correr&agrave; ancora con BMW WRT sia nel GT World Challenge Europe che nel WEC categoria LMGT3 per iscrivere il suo nome nella lista di chi ha vinto il titolo sia in moto che in auto.       

Il 9 volte iridato, proprietario del Pertamina Enduro VR46 Racing Team in MotoGP taglia un traguardo importante in questo 2025

I 46 del 46: Buon compleanno Valentino!

        Il 15 gennaio &egrave; stata diffusa la lista provvisoria degli iscritti al Mondiale della MotoE: mancava all&rsquo;appello soltanto uno dei piloti della SIC58 Squadra Corse Ongetta (Raffaele Fusco) La parte del leone la riveste l&rsquo;Italia, a cui si aggiungono il sammarinese Luca Bernardi e il rumeno &ndash; ma nato a Roma e cresciuto sportivamente nella nostra Penisola &ndash; Jacopo Hosciuc. Quattro gli spagnoli, curiosamente con i due numeri pi&ugrave; bassi e i due pi&ugrave; alti, fra cui l&rsquo;unica donna, Maria Herrera. La ventottenne vice iridata della serie femminile non ha mai brillato con le elettriche: 64 gare disputate in MotoE con un quinto posto a Misano nel 2019 come miglior risultato e la miseria di 168 punti totalizzati, decisamente pochi considerando che alle manche prendono parte 18 piloti e vanno a punti i primi 15. A cercare di interrompere il dominio italo-spagnolo saranno solamente due piloti: l&rsquo;ungherese Tibor Erik Varga e il brasiliano Eric Granado. Il sudamericano &egrave; stato vice campione nel 2022, quando la serie non aveva la titolazione di Mondiale ma era soltanto Coppa del Mondo. Quello fu l&rsquo;ultimo anno disputato con le Energica Ego Corsa (prima del passaggio alle Ducati), protagoniste delle prime quattro stagioni della serie elettrica. Proprio l&rsquo;Energica vive una fase molto delicata, tanto che il 16 dicembre scorso si &egrave; aperta l&rsquo;asta giudiziale per la cessione dell&rsquo;azienda. Ducati: addio Pramac MotoGP, arriva TAS | Quella (S)Volta Che Il dissesto Energica  L&rsquo;asta si &egrave; chiusa in questi giorni, gioved&igrave; 30, e prevede un prezzo base di 5,7 milioni di Euro, con offerta minima di 4,275 milioni e rialzi da ventimila Euro l&rsquo;uno. Riguarda la vendita del ramo d&rsquo;azienda Energica Motor Company, che include i beni, i diritti e i rapporti aziendali funzionali all&rsquo;attivit&agrave; di studio, sviluppo, progettazione, produzione e commercializzazione di motocicli e motori elettrici ad alte prestazioni, da competizione e non. La societ&agrave; venne costituita il 26 agosto 2014, anche se nacque come progetto nel 2009, dall&rsquo;esperienza del gruppo CRP di Modena, specializzato in lavorazioni meccaniche hi-tech e nella stampa 3D professionale, nonch&eacute; fornitore della maggior parte dei gruppi automobilistici al Mondo. Nel gennaio 2016 l&rsquo;Energica fu quotata nel mercato AIM a Milano ma cinque anni dopo il fondo americano Ideanomics sottoscrisse un aumento di capitale di circa 11 milioni di Euro. Non contento, nel marzo 2022 lanci&ograve; una OPA (Offerta Pubblica d&rsquo;Acquisto), al termine della quale &egrave; arrivato a detenere il 72,42% dell&rsquo;Energica, che quindi &egrave; stata tolta dal listino di Borsa Italiana. Eppure, da giugno 2022 i finanziamenti di Ideanomics si sono progressivamente ridotti fino a interrompersi nel settembre 2023. A giugno dell&rsquo;anno scorso la societ&agrave; ha presentato domanda per l&rsquo;accesso alla composizione negoziata della crisi e il 14 ottobre il Consiglio di Amministrazione, preso atto dell&rsquo;impossibilit&agrave; di reperire risorse da altri investitori, ha deliberato di aderire alle istanze di liquidazione giudiziale presentate da alcuni creditori. E pensare che il Valore della Produzione, alias i ricavi, &egrave; cresciuto per quattro anni di fila: erano 2,8 milioni di Euro nel 2018, sono diventati 20,7 milioni nel 2022, salvo crollare a 8,9 milioni nel 2023. D&rsquo;altro canto i costi sono sempre stati superiori, generando soltanto perdite: da 5,6 milioni del 2020 ai 12,6 del 2022. Dati che hanno indotto il perito a scrivere nei documenti ufficiali che il dissesto &egrave; dovuto alla presenza di costi di struttura, lavoro, servizi e materie prime sovradimensionati rispetto ai ricavi di vendita. MotoGP: Bagnaia e il peso delle cadute | Quella (S)Volta Che       

La classe elettrica prepara la terza stagione targata Ducati dopo il quadriennio con la Casa modenese, che invece ora fronteggia l&rsquo;asta giudiziale

MotoE: la crisi Energica | Quella (S)Volta Che

        Sabato sera sar&agrave; la quindicesima volta che l&rsquo;area di Tampa Bay ospiter&agrave; un round di Supercross da quando nel 1987 ospit&ograve; la prima gara. Questa volta nel Raymond James Stadium si terranno la quinta prova della 450SX e la prima della classe 250SX Costa Est che prender&agrave; il via con non una ma ben due tabelle rosse, quella di Tom Vialle (KTM), campione in carica e quella di RJ Hampshire (Husqvarna), vincitore della 250SX Coast Ovest del 2024 ma in gara ad Est in questa stagione.&nbsp;  Sexton sul podio di Glendale @Feld Motor Sports, Inc. Per KTM una notte con 3 tabelle rosse In 450SX sar&agrave; la KTM di Chase Sexton a vestire la tabella rossa e per il costruttore austriaco si tratter&agrave; di avere non due ma ben tre tabelle rosse in gara nella stessa notte, una cosa mai successa prima, con il campione della Costa Ovest che cercher&agrave; di regalare il secondo titolo consecutivo alla Husqvarna, cosa successa in precedenza solo con Zach Osborne nel 2017 e 2018. Sexton &egrave; il terzo pilota di sempre con pi&ugrave; vittorie nei Triple-Crown della 450SX dietro Eli Tomac (Yamaha) 8 e Cooper Webb (Yamaha) 4. Assente Jett Lawrence (Honda) per infortunio, il pilota della KTM ha una bella occasione per avvantaggiarsi in classifica, dove dovr&agrave; vedersela con Ken Roczen (Suzuki) a soli 2 lunghezze in classifica e con il duo Yamaha, Eli Tomac e Cooper Webb.&nbsp;  RJ Hampshire vincitore della SX250 West nel 2024 @Feld Motor Sports, Inc. Per Vialle un nemico in casa, RJ Ampshire Per Tom Vialle si tratter&agrave; di iniziare la difesa del titolo vinto lo scorso anno con la ventesima partenza consecutiva, dopo aver ottenuto 2 vittorie, 7 podi, 8 top-five e 14 top-10. KTM non ha mai avuto un pilota che vincesse due campionati di classe 250SX consecutivi, ma ha vinto in tre stagioni consecutive con Roczen ('13 Ovest), Anderson ('14 Ovest) e Musquin ('15 Est). KTM non ha mai vinto due titoli regionali orientali consecutivi. Per la terza volta nella storia del Supercross, i due campioni in carica della classe 250SX si schiereranno insieme sulla stessa costa. In passato successe nella Costa Est del 2000 con Ernesto Fonseca e Nathan Ramsey e nella Ovest del 2009 con Trey Canard e Jason Lawrence. Austin Forkner che detiene il secondo maggior numero di vittorie nella classe 250SX di tutti i tempi (13), dietro solo a James Stewart, cercher&agrave; di regalare il primo podio &ldquo;orientale&rdquo; alla Triumph.  Jordon Smith vittorioso a Glendale @Feld Motor Sports, Inc.       

Dopo i primi 4 round disputati sulla costa occidentale, il Supercross AMA si sposta in Florida, a Tampa, dove questo sabato si terranno la 5a prova della 450SX e la 1a della 250SX Est

Supercross: è ora di andare a est!

        Di moto ne ha guidate proprio tante Alessandro Lupino, dalla Yamaha alla Ducati, passando per Husqvarna, Honda, KTM e Beta. Il trentaquattrenne viterbese, giovanissima promessa del motocross azzurro che nel 2006 si presentava al mondo conquistando il successo nel mondiale 85cc, finendo velocemente sotto la luce dei riflettori, ha una lunghissima carriera che ricorda la &ldquo;vita da mediano&rdquo; cantata da Ligabue. Dal 2014 &egrave; nelle Fiamme Oro e ha conquistato ben 8 titoli tricolore di motocross, l&rsquo;ultimo dei quali gli ha permesso di scrivere una importante pagina di storia della Ducati che gli vale il Casco d'Oro 2025.  Con la Kawasaki Gebben in Bulgaria nel 2018 @L.Resta Dalla 85 alla MX2, il passaggio &egrave; pesante Il titolo di Campione del Mondo gli vale la chiamata di quel Claudio De Carli che aveva gi&agrave; in squadra un certo Antonio Cairoli, due volte iridato della MX2 e suo futuro miglior amico e che con lui conquister&agrave; un Gran Premio delle Nazioni a Mantova nel 2021. Nel 2007 Alessandro esordisce nel mondiale MX2 con la Yamaha, 23&deg; nel 2008 e 26&deg; nel 2009, il morale non &egrave; certo alle stelle. Sono gli anni di Roczen, Musquin, Paulin e Van Horebeek e trovare posto non &egrave; semplice. Nel 2010 &egrave; 14&deg; e inizia a usare il 77, l&rsquo;anno successivo passa alla Husqvarna del team di Ilario Ricci dove era andato l&rsquo;anno prima ed &egrave; 15&deg;. Nel 2011 &egrave; ancora sulla moto di Varese e chiude all&rsquo;11&deg; posto la sua fin qui miglior stagione, l&rsquo;iride &egrave; di Jeffrey Herlings.  Amici per una vita, Lupino e Cairoli @L.Resta Nazioni e top 10 per chiudere un 2021 d'oro Il 2013 lo vede passare alla Kawasaki factory del team CLS, il numero diventa il 300 e lui chiude all&rsquo;8&deg; posto finale con il terzo posto a Maggiora, il 2014 &egrave; da dimenticare con un infortunio che mette fine prematuramente alla sua stagione. Nel 2015 passa alla MXGP con la Honda di Bevilacqua ma la stagione &egrave; travagliata, come le seguenti due che lo vedono nello stesso team. Non &egrave; certo la volont&agrave; o il lavoro a mancargli e se ne accorgono in Kawasaki Gebben, team che lo prende per disputare la stagione 2018, conclusa al 13&deg; posto; il 2019 invece &egrave; un calvario di infortuni che lo perseguitano senza sosta. Nel 2020 &egrave; con Yamaha per una stagione, prima di passare al team Marchetti con la KTM per disputare la miglior stagione nella classe regina, conclusa in decima posizione e conquistando il Nazioni con Guadagnini e Cairoli.&nbsp;  Con Elio Marchetti, figura importante nella carriera di Lupino @L.Resta Da Beta a Ducati e l'ottavo centro tricolore&nbsp; Il 2022 si apre con una appendicite e mille infortuni che lo costringono a stringere i denti per andare avanti, disputando poche gare con la Beta nuova fiammante che user&agrave; con poche soddisfazioni anche l&rsquo;anno successivo, al termine del quale, proprio quando la sua carriera sembra arrivare alla fine, arriva la chiamata di Paolo Ciabatti che lo vuole in Ducati per far esordire la Desmo 450MX.   Con Davide Perni ad Anaheim per il GP di Olanda @L.Resta Vinta la scommessa con la 450 &egrave; ora della Desmo 250MX La scommessa &egrave; di quelle che fanno tremare i polsi e lui la vince, pole e vittoria nella manche d&rsquo;esordio a Mantova, podio alla prima gara e titolo a fine stagione ad Arco di Trento con la prima vittoria di un titolo per la casa di Borgo Panigale in motocross. La stagione gli regala anche l&rsquo;emozione del cancello di partenza della MXGP a Cozar, mentre il 2025 lo vedr&agrave; in sella alla nuovissima Desmo 250MX.  Lupino seguito da Marco Maddii e da Paolo Ciabatti @L.Resta        

Il pilota della Ducati insignito del casco d&rsquo;Oro per la conquista del primo titolo tricolore di Motocross della Ducati che esordisce nel fuoristrada con una vittoria

Motocross: casco d’oro per Alessandro Lupino

        In MotoGP le Ducati scendono da otto a sei e i team da quattro a tre, con il passaggio di Pramac alla Yamaha. Nel campionato britannico Superbike, invece, accade il contrario, grazie a TAS Racing che, dopo un decennio con la BMW, ha scelto la Panigale. TAS &egrave; l&rsquo;acronimo di Temple Auto Salvage ed &egrave; di propriet&agrave; di Hector Neill e di suo figlio Philip. Dal 2000 al 2014 furono fedeli alla Suzuki, anche se non fu tutto rose e fiori. MotoGP: Bagnaia e il peso delle cadute | Quella (S)Volta Che Ducati saluta Pramac, arriva TAS (nel BSB)  Nel 2002 erano al settimo cielo per le tre vittorie di David Jefferies nelle International Road Races: il britannico conquist&ograve; la gara Superbike alla North West 200 e poi fece doppietta al Tourist Trophy, aggiudicandosi la Formula 1 e la Senior. L&rsquo;anno seguente per&ograve; Jefferies perse la vita in prova all&rsquo;Isola di Man. La sua eredit&agrave; fu raccolta prima da Adrian Archibald e poi dal neozelandese Bruce Anstey, il quale nel 2004 vinse NW200, TT e Ulster GP nella categoria Production 1000 in sella alla GSX-R1000 (K4). Anstey continu&ograve; a vincere su strada, ma soddisfazioni arrivarono anche in pista, con l&rsquo;1-2 nel campionato britannico Supersport del 2007: Michael Laverty campione e Ian Lowry vice. Una doppietta replicata l&rsquo;anno dopo nella gara Superbike al TT, con Cameron Donald vincitore e Anstey secondo. Quell&rsquo;anno il Team TAS conquist&ograve; anche la Superstock con l&rsquo;australiano Donald e Gara 2 Supersport con il kiwi Anstey. Nel 2009 fu invece la volta del titolo BSB Superstock preda di Alastair Seeley. Con le Suzuki del Team TAS il nordirlandese ha vinto nove volte la NW200, inclusa la tripletta del 2012 in tre categorie differenti. Tuttavia quando la BMW divenne la moto da battere i vertici del team iniziarono a guardarsi in giro: &ldquo;L&rsquo;opportunit&agrave; BMW &ndash; ha spiegato a novembre Philip Neill &ndash; &egrave; arrivata nel 2014, quando Lee Nicholls, ai tempi capo del marketing e delle pubbliche relazioni di BMW-UK, ha fornito a TAS l&rsquo;opportunit&agrave; di unire le forze con il costruttore tedesco&rdquo;. Cos&igrave; dal 2015 il team ha accantonato le GSX-R1000 per le S1000 RR, con le quali ha vinto sei TT e undici NW200, ottenendo 50 podi nelle gare stradali. Gli ultimi successi con la BMW portano la firma di Davey Todd, capace di conquistare nel 2024 due trionfi alla NW200 e altrettanti al TT (portando a 21 le vittorie targate TAS all&rsquo;Isola di Man), successi che hanno interrotto un&rsquo;astinenza iniziata dopo la vittoria all&rsquo;Isola di Man di Michael Dunlop nel 2018, complici le due edizioni saltate per la pandemia. Con le BMW, TAS Racing ha conquistato anche due campionati nazionali in pista, con 75 podi. Risultati che hanno indotto Philip Neill a dire: &ldquo;&Egrave; stato un onore rappresentare BMW Motorrad e siamo loro grati dell&rsquo;opportunit&agrave;. Inevitabilmente tutte le cose giungono a una fine, apriremo un nuovo capitolo per la nostra ventiseiesima stagione&rdquo;. Il titolare sapeva che avrebbe perso Todd, corteggiato da FHO Racing. Squadra che quest&rsquo;anno in strada &ndash; oltre che nel BSB &ndash; schiera una formazione stellare, con Todd e Peter Hickman. Una settimana dopo TAS ha annunciato l&rsquo;associazione con la Ducati per il 2025 con piloti Rory Skinner, confermato nel BSB (una manche vinta nel 2024) con la V4 R e il nuovo arrivo Edoardo Colombi in Supersport con la V2 (nella foto, Skinner, Philip Neill e Colombi). Il giovane milanese ha sfiorato il titolo nella Sportbike, perso per 1,5 punti: &ldquo;Arrivare in un team ricco di storia come TAS &egrave; emozionante. Attendo con ansia di guidare la Ducati&rdquo;. Nessun accenno alle road races che potrebbero essere accantonate, almeno per quest&rsquo;anno. Il team dei marziani al Transatlantic Trophy | Quella (S)Volta Che       

La Ducati vive un altro cambiamento epocale: nel BSB il team della dinastia Neill si affida alle Panigale

Ducati: addio Pramac MotoGP, benvenuta TAS | Quella (S)Volta Che

               Nel panorama globale della MotoGP e della classe regina, e pertanto nell'arco della sua lunghissima storia, sono state tantissime le corse epiche contraddistinde da sorpassi leggndari, bagarre indimenticabili e manovre entrate nella storia. Non &egrave; stato facile sceglierne cinque&nbsp;e sicuramente sia l'ordine quanto la mera scelta non metteranno tutti d'accordo, tuttavia alla fine quello che conta resta l'impatto emozionale che queste gare hanno suscitato, a prescindere da una classificazione che lascia il tempo in trova nel momento in cui si scontra con i filtri soggettivi di ogni appassionato. I parametri di scelta sono ricaduti in un mix di fattori tra cui sicuramente l'alto potenziale di "iconicit&agrave;", oltre al tasso tecnico che va da s&egrave; essere incredibilmente elevato.&nbsp; Crisi KTM: MotoGP a tempo determinato, pronti all&rsquo;uscita nel 2026  5. Loris Capirossi trionfa al Mugello nel 2000 I primi anni 2000 rappresentano senza dubbio uno dei periodi pi&ugrave; brillanti per il motociclismo italiano, un&rsquo;autentica "et&agrave; dell&rsquo;oro". Protagonisti indiscussi di questa era furono i piloti italiani, tra cui spiccavano Loris Capirossi, Max Biaggi e Valentino Rossi. Questi tre campioni dominarono la scena, incarnando lo spirito competitivo e il talento che hanno reso il motociclismo italiano un punto di riferimento a livello mondiale, specialmente nella classe regina. Nel 2000, il Gran Premio del Mugello fu uno degli apici di questo periodo, un momento che simboleggi&ograve; l&rsquo;italianit&agrave; non solo come sinonimo di successo sportivo, ma anche come espressione di orgoglio nazionale.&nbsp; La corsa si trasform&ograve; in una sorta di eliminazione naturale: Valentino Rossi, al suo debutto nella classe regina, fu il primo a cadere, vittima di un errore che lo estromise dalla contesa. Poco dopo, anche Max Biaggi si trov&ograve; costretto al ritiro, colpito dalla stessa sfortuna del suo eterno rivale. Alla fine, fu Loris Capirossi a trionfare, regalando al pubblico italiano uno dei momenti pi&ugrave; belli e significativi della sua carriera. La vittoria di Capirossi al Mugello rimane una delle pagine pi&ugrave; iconiche del motociclismo italiano, emblema di un periodo irripetibile nella storia dello sport. Continua l'articolo nella prossima pagina &nbsp; 4. Kevin Schwantz ed il soprasso leggendario su Waynw Rainey Il Gran Premio di Hockenheim del 1991 &egrave; ricordato come uno dei momenti pi&ugrave; emozionanti nella storia del motociclismo, un esempio perfetto di ci&ograve; che rendeva la 500cc degli anni &lsquo;90 una categoria leggendaria. Protagonisti di quella gara furono due autentici titani del motociclismo, Wayne Rainey e Kevin Schwantz, il cui duello epico sul veloce tracciato tedesco &egrave; entrato nella memoria collettiva degli appassionati come una delle battaglie pi&ugrave; spettacolari di sempre. Il circuito di Hockenheim, con i suoi lunghi rettilinei e staccate al limite, esaltava le caratteristiche delle moto e dei piloti pi&ugrave; audaci. Rainey, noto per la sua precisione chirurgica e il suo stile pulito, si trovava a fronteggiare Schwantz, il maestro dell&rsquo;imprevedibilit&agrave; e delle manovre impossibili. Per tutta la gara, i due si scambiarono pi&ugrave; volte la posizione, mantenendo un ritmo vertiginoso che rese ogni sorpasso un capolavoro di coraggio e tecnica. Il momento decisivo arriv&ograve; all&rsquo;ultimo giro, Rainey sembrava avere il controllo della situazione, ma Schwantz, fedele al suo stile, gioc&ograve; il tutto per tutto con una manovra audace e spettacolare, infilando all'interno il connazionale grazie ad una staccata alla penultima curva, al limite dell'impossibile, che gli consent&igrave; di aggiudicarsi la corsa. Continua l'articolo nella prossima pagina &nbsp; 3. Welkom 2004, Valentino Rossi vs Max Biaggi       Il Gran Premio di Welkom del 2004 rappresenta una pietra miliare nella storia del motociclismo e uno dei momenti pi&ugrave; iconici nella carriera di Valentino Rossi. Era il debutto di Rossi con Yamaha, una sfida tanto tecnica quanto personale, ovvero dimostrare al mondo che il suo talento era capace di vincere indipendentemente dalla moto. Dopo anni di dominio in sella alla Honda, il passaggio a Yamaha fu visto da molti come un rischio, una scelta coraggiosa che avrebbe potuto compromettere la sua posizione di assoluto protagonista nella classe regina. La gara si svolse sul circuito sudafricano di Welkom, e l'attesa era palpabile. Da subito, il GP si trasform&ograve; in un duello serrato tra Rossi ed il suo acerrimo rivale Max Biaggi, con continui sorpassi e una tensione crescente che tenne il pubblico con il fiato sospeso fino all&rsquo;ultima curva. Rossi non solo dovette confrontarsi con una moto ancora lontana dalla perfezione, ma anche con le aspettative enormi che gravavano sulle sue spalle. Alla fine Rossi trionf&ograve;, regalando al mondo una prestazione leggendaria ed una foto cult dopo lo sventolare della bandiera a scacchi, ovvero lui accanto la sua moto a bordo pista mentre ride di felicit&agrave;.  Continua l'articolo nella prossima pagina &nbsp; 2. Mike Hailwood e Giacomo Agostini incantano al TT del 1967 Il Tourist Trophy dell'Isola di Man del 1967 fu teatro di uno dei duelli pi&ugrave; epici nella storia del motociclismo, con Giacomo Agostini e Mike Hailwood protagonisti di una battaglia mozzafiato al TT. La gara inizi&ograve; con Hailwood che, partito alla grande, infranse subito il record sul giro da fermo; Agostini, partito 30 secondi dopo, replic&ograve; subito riducendo il distacco a soli 18 secondi gi&agrave; alla fine del primo giro, nonostante la velocit&agrave; folle di Hailwood, che aveva portato il record a 175 km/h. Il duello si svilupp&ograve; a fasi alterne, con sorpassi virtuali e piccoli errori che spostavano l&rsquo;equilibrio tra i due. Hailwood, pur affrontando un problema alla manopola del gas, recuper&ograve; dopo una sosta complicata e al quinto giro si trov&ograve; a soli tre secondi da Agostini che poco prima aveva conquistato la leadership della corsa in virt&ugrave; di un ritmo gara incredibile. Poco prima della fine del penultimo giro, il distacco tra i due era inferiore ad un secondo, ma il colpo di scena avvenne nelle ultime curve: la catena della MV Agusta di Agostini si ruppe, costringendolo al ritiro. Hailwood conquist&ograve; cos&igrave; una vittoria leggendaria, simbolo di determinazione e maestria su uno dei circuiti pi&ugrave; impegnativi e pericolosi al mondo. Continua l'articolo nella prossima pagina &nbsp;      1. Valentino Rossi ed il sorpasso al Cavatappi a Laguna Seca 2008 Il nome di Valentino Rossi riemerge quasi sempre in ogni classifica che celebra i momenti pi&ugrave; iconici del motociclismo. Nel corso della sua lunghissima carriera, impreziosita da 9 titoli mondiali, ha saputo regalare autentiche perle destinate a rimanere nella storia. Basti pensare alla vittoria su Max Biaggi a Phillip Island nel 2001 oppure alla straordinaria battaglia con Jorge Lorenzo a Barcellona nel 2009, decisa all&rsquo;ultima curva dell&rsquo;ultimo giro, una delle sfide pi&ugrave; spettacolari mai viste. Parlando di gare entrate nel cuore dei tifosi e degli addetti ai lavori, alcune spiccano per il loro valore simbolico e tecnico, come Laguna Seca 2008, con il celebre sorpasso al Cavatappi contro Casey Stoner. Uno dei momenti pi&ugrave; iconici nella storia della MotoGP, avvenuto in una delle curve pi&ugrave; difficili e spettacolari del motociclismo mondiale. Rossi super&ograve; Stoner con una manovra audace e al limite, andando persino fuori pista per mantenere il controllo. Un sorpasso che non fu solo una questione tecnica, ma simbolica, una prova di forza da parte di un pilota che per tutto l'arco del week-end era stato pi&ugrave; lento del rivale anche di 6\7 decimi sul passo gare ma che in gara tir&ograve; fuori dal cilindro tutto ci&ograve; che aveva in un crocevia fondamentale per la stagione e per minare le certezze dell'avversario. Un confronto diretto che incise in maniera importante sul proseguo della stagione e sul raggiungimento del suo ottavo titolo.  MotoGP, dimenticare Ducati e Aprilia: cosa faranno Bastianini e Vinales con KTM?                

La scelta non &egrave; stata facile e l'imbarazzo della scelta ha spinto per una top five a dir poco leggendaria&nbsp;

MotoGP: ecco le 5 gare più iconiche della storia della classe regina

        Sono passati quarantasei anni, quasi mezzo secolo, dal giorno in cui il visionario e carismatico Thierry Sabine guid&ograve; un nutrito manipolo di avventurieri dalla spianata di Trocadero, a Parigi di fronte alla Tour Eiffel, fino alla capitale del Senegal, Dakar. Nasceva cos&igrave; la Parigi-Dakar, una gara che forse neppure il suo inventore avrebbe previsto cos&igrave; celebre e longeva. Nonch&eacute; capace di inaugurare una vera e propria epopea, un evento estremo che, pur cambiando molto nella sua naturale evoluzione, &egrave; tutt&rsquo;ora considerato, nell&rsquo;immaginario collettivo, la gara pi&ugrave; dura al Mondo. Dopo aver attraversato in lungo e in largo l&rsquo;intero Continente africano, nel 2009 la Dakar ha inaugurato l&rsquo;era sudamericana, durata undici anni, per poi emigrare in Arabia Saudita, dove si gareggia ormai ininterrottamente dal 2020. David Castera, direttore generale della corsa, &egrave; stato il traghettatore verso il nuovo Paese, scoperto anno dopo anno e ormai divenuto familiare. La vastit&agrave; del territorio saudita, ma soprattutto i suoi scenari continuamente mutevoli, paesaggi che sembrano pennellati sulla tela di un artista, sono diventati la culla della Dakar 3.0, anche se i pi&ugrave; speravano in un allargamento a Paesi confinanti per restituire alla gara il suo spirito nomade. Per ora non se ne parla, e la Dakar, piaccia o no, resta stabilmente in territorio saudita e cos&igrave; sar&agrave; per l&rsquo;imminente edizione 2025, la sesta nella penisola araba, che si preannuncia molto interessante sotto vari punti di vista. Africa Eco Race, Stage 2: Botturi vince e conquista la leadership La Dakar 3.0  Uno dei principali meriti di Castera &egrave; perseguire qualsiasi strada per riaffermare lo spirito originario della corsa, quell&rsquo;avventura che con il passare degli anni e l&rsquo;avvento di tecnologie sempre pi&ugrave; sofisticate &egrave; un po&rsquo; venuta meno. Ha introdotto, dopo anni di test, il road-book elettronico, prima sulle auto, poi sulle moto, cominciando con i top rider. Nell&rsquo;imminente edizione la transizione sar&agrave; completata: tutti con il road-book elettronico, che si sveler&agrave; soltanto poco prima della partenza di ogni prova speciale. Nella scorsa edizione si &egrave; poi inventato la tappa di 48 ore, una vera genialata che ha incontrato il favore di tutti, big e amatori. La formula prevede una serie di mini-bivacchi sul percorso e i piloti sono costretti a raggiungere la meta pi&ugrave; vicina a un determinato orario del pomeriggio. Al bivacco viene loro fornita una tenda, con un sacco a pelo e una razione di &ldquo;scatolette&rdquo; da riscaldare con un mini fornello, quattro chiacchiere attorno al fuoco e poi a nanna. L&rsquo;indomani, all&rsquo;alba, i piloti ripartono per concludere il percorso. Se nella scorsa edizione la 48 ore si &egrave; svolta nella seconda met&agrave; di gara, tra le maestose dune dell&rsquo;Empty Quarter, alla Dakar 2025 sar&agrave; la seconda tappa, attorno a Bisha, a sud-est de La Mecca, il cui bivacco ospiter&agrave; la carovana dal 30 dicembre al 7 gennaio La Dakar 2025 misurer&agrave; per le moto 7706 chilometri totali, 5146 dei quali di prove speciali, un percorso suddiviso in dodici tappe &ndash; tredici se consideriamo la 48 ore &ndash; pi&ugrave; il prologo iniziale. Si partir&agrave; immediatamente con le difficolt&agrave;: dopo il prologo del 3 gennaio e la prima tappa, la 48 ore inizier&agrave; subito a delineare i valori in campo. Ma non basta, poich&eacute; l&rsquo;8 e il 9 gennaio saranno le due giornate della tappa Marathon, quella in cui i piloti non troveranno le loro assistenze all&rsquo;arrivo della prima met&agrave;, ma dormiranno in un apposito bivacco nella splendida Al Ula avendo soltanto un&rsquo;ora e mezza di tempo per sistemare la propria moto. A seguire, il giorno di riposo, il 10 gennaio a Ha&rsquo;il, prima di ripartire verso sud e arrivare nel famigerato Empty Quarter che sar&agrave; teatro delle ultime due tappe e dell&rsquo;arrivo della Dakar 2025. A mettere un po&rsquo; di pepe sar&agrave; anche la partenza in linea nell&rsquo;ultima frazione, qualcosa che alla Dakar non si vedeva da tanto, tanto tempo. L&rsquo;ultima importante novit&agrave; introdotta &egrave; legata alle cinque tappe con percorsi separati tra auto e moto, a rendere ancora pi&ugrave; complicato il lavoro dei copiloti delle quattro ruote, non avendo come riferimento le tracce delle moto passate prima.  Dakar: Honda, KTM ma non solo  Al via della Dakar 2025 ci saranno 136 moto, numero sempre pi&ugrave; ridotto per una precisa scelta di ASO, nonostante le richieste superino ogni anno le 200 unit&agrave;. Sono scomparsi i Quad, &ldquo;eliminati&rdquo; soprattutto per questioni di mercato, non esistendo di fatto costruttori impegnati nello sviluppo di questi mezzi. Al via della Dakar ci saranno poi 65 auto, 45 camion e 93 SSV, oltre a un centinaio di veicoli impegnati nella Dakar Classic. Un totale di 807 persone tra piloti e co-piloti, in rappresentanza di ben 70 Nazioni, con l&rsquo;Italia che si piazza al terzo posto tra i Paesi pi&ugrave; rappresentati. Il Team Honda HRC partir&agrave; senza dubbio con i favori del pronostico, forte della vittoria di Ricky Brabec nella scorsa edizione ma soprattutto in virt&ugrave; di uno squadrone di cinque piloti, tutti in grado di ambire al gradino pi&ugrave; alto del podio. Con l&rsquo;americano ci saranno il connazionale Skyler Howes, il cileno Pablo Quintanilla, il francese Adrien Van Beveren e lo spagnolo Tosha Schareina. Sar&agrave; l&rsquo;invincibile armata? A rispondere sar&agrave; la KTM, che ha abbandonato la presenza dei tre marchi separati (KTM, Husqvarna e GASGAS) per unire tutti i piloti nel team arancio. Con il mancato rinnovo del contratto a Toby Price e il ritiro di Sam Sunderland &ndash; i due saranno comunque alla Dakar, al volante di una Toyota Overdrive, cos&igrave; come va ricordata la presenza di Danilo Petrucci sul camion Italtrans &ndash; sono rimasti soltanto in tre a difendere i colori di Mattighofen e, visto il momento difficile per la Casa austriaca, non sono stati fatti nuovi inserimenti. L&rsquo;australiano Daniel Sanders e i fratelli argentini Luciano e Kevin Benavides faranno di tutto per riprendersi la vittoria, anche se l&rsquo;ultimo parte in condizioni fisiche non ottimali a seguito del bruttissimo incidente patito lo scorso giugno. &Egrave; gi&agrave; un miracolo che Kevin sia al via, ma il leone di Salta &egrave; un combattente nato e siamo sicuri che non far&agrave; mancare lo spettacolo. La KTM, dopo la deludente Dakar 2024, ha ritrovato energie dopo la netta vittoria di Sanders lo scorso ottobre al Rallye du Maroc. Da tenere d&rsquo;occhio anche l&rsquo;indiana Hero, nelle cui fila milita il neocampione del mondo W2RC, Ross Branch. Assieme al pilota del Botswana, ecco il cileno Ignacio Cornejo e il tedesco Sebastian B&uuml;hler. Tre piloti anche per la Sherco in grado, se non di vincere, sicuramente di ben figurare: lo spagnolo Lorenzo Santolino, il portoghese Rui Gon&ccedil;alves e l&rsquo;indiano Harith Noah. Tre ufficiali per la stessa Fantic Motor, accompagnati da un bel gruppetto di &ldquo;clienti&rdquo;: il nostro Tommaso Montanari, la forte spagnola Sandra Gomez e il francese Jeremy Miroir.        

La jap schiera cinque top rider capitanati dal vincitore 2024, Brabec. La KTM, che ha inglobato anche i piloti di GASGAS e Husqvarna, risponde con Sanders e i fratelli Benavides

Dakar: riparte la sfida tra Honda e KTM

        La stagione appena conclusa &egrave; di quelle da incorniciare: un trend in costante crescita e numeri da record sono la cartina di tornasole dello stato di salute nel quale versano i campionati italiani Motorally e Raid TT, due specialit&agrave; che negli ultimi anni sono state al centro dell&rsquo;attenzione, non soltanto dei praticanti ma anche dei costruttori che sempre pi&ugrave; spesso li utilizzano come banco di prova per testare la resistenza e la versatilit&agrave; dei loro modelli. Nel 2024 sono stati 442 i piloti che hanno disputato almeno una prova di CIMR, Raid TT o GPX, ben 132 di questi impegnati nella classe regina, la D-450, la pi&ugrave; competitiva delle 11 previste dalla serie tricolore. Ma il Motorally &egrave; ben pi&ugrave; di questo, &egrave; uno sport aperto a tutti, come dimostrato dall&rsquo;et&agrave; del pi&ugrave; esperto (classe 1950) e del pi&ugrave; giovane (2009) che si sono cimentati sui tracciati delle otto giornate di gara di quest&rsquo;anno, ma anche i 168 Moto Club distribuiti su tutto il territorio nazionale che con i loro iscritti hanno preso parte alla stagione. Il trend di crescita ha visto il numero medio di partecipanti passare dai 185 del 2006 al primato di 278 del 2024. Insomma, un futuro roseo &egrave; di fronte al Motorally come ci conferma Antonio Assirelli, coordinatore FederMoto e organizzatore del CIMR, che ci svela in anteprima anche il calendario 2025.&nbsp; Le nuove prospettive dell'Italia in MXGP e MX2 Motorally e Raid TT: il bilancio di Assirelli  Quella appena conclusa &egrave; stata la stagione della maturit&agrave;, dopo gli exploit del 2023 che hanno visto il Motorally assurgere alle cronache per il grande numero di partecipanti: come immagini il futuro? &ldquo;Sicurezza sar&agrave; senz&rsquo;altro la parola chiave della prossima stagione, negli ultimi anni abbiamo compiuto passi giganteschi ma ne dobbiamo fare ancora tanti altri per ridurre al massimo i rischi e aumentare lo spettacolo mettendo in sicurezza i nostri protagonisti&rdquo;. Come si migliora questo aspetto cos&igrave; importante? &ldquo;Aumentando il numero dei medici in moto, figure fondamentali per il nostro sport, veri e propri piloti esperti che possono intervenire rapidamente in qualsiasi momento, garantendo assistenza veloce e qualificata. Inoltre migliorando la competenza dei tracciatori, qualcosa che sta crescendo di anno in anno, realizzando tracciati sempre pi&ugrave; sicuri&rdquo;. Il nuovo calendario prevede alcune conferme ma anche delle novit&agrave;. &ldquo;S&igrave;, per la prima volta si andr&agrave; in Molise, un territorio che promette un grande potenziale per il futuro. Il campionato si aprir&agrave; a Riotorto, come nelle ultime stagioni, mentre la Sardegna &egrave; spostata in primavera, e dopo l&rsquo;Abruzzo chiuderemo proprio in Molise&rdquo;. Ci sono nuove Case costruttrici in arrivo? &ldquo;&Egrave; presto per dirlo, a livello di intenzioni ce ne sono almeno un paio, come la Triumph. Restiamo per&ograve; concentrati sugli obiettivi a noi pi&ugrave; cari, come l&rsquo;impatto ambientale, nel quale siamo un&rsquo;eccellenza e per il quale dobbiamo avvicinarci allo &lsquo;zero&rsquo;. E poi ci sono la sicurezza, come gi&agrave; detto, e la nostra scuola di formazione, una vera e propria accademia del Fuoristrada che ogni anno forma una cinquantina di nuovi piloti che imparano a guidare in tutta sicurezza&rdquo;. A esaltare le virt&ugrave; del campionato italiano Motorally &egrave; anche uno dei suoi principali protagonisti, Jacopo Cerutti, tra i big con l&rsquo;Aprilia. Con cui ha raccolto &ndash;&nbsp;con ottimi risultati &ndash; la sfida del passaggio a una moto bicilindrica, la Tuareg. &ldquo;Una sfida ponderata &ndash; dice il trentacinquenne di Lecco &ndash; anche se salire su una moto da sviluppare praticamente da zero &egrave; stata impegnativa. All&rsquo;inizio pensavo che mi sarei divertito meno e sinceramente &egrave; stata la cosa che mi ha fatto riflettere di pi&ugrave; al momento di prendere la decisione. Le bicilindriche non sono mai state viste come moto competitive, bens&igrave; come moto da &lsquo;pensionati&rsquo;, pesanti e poco divertenti, invece stiamo dimostrando il contrario. Come Alessandro Botturi e la Yamaha, anche noi stiamo dando un&rsquo;idea di moto con cui puoi fare davvero di tutto, dal Motocross al deserto, passando per una kermesse come quella di EICMA, dove gli spazi sono ridotti&rdquo;. Qual &egrave; stato l&rsquo;ostacolo pi&ugrave; grande da superare? &ldquo;Gestire il peso. Essendo moto grandi, progettate per i viaggi, la ciclistica e la distribuzione dei pesi sono pensate per altri scopi. Abbiamo dovuto limare il peso e lavorare sulla posizione di guida. Venendo dall&rsquo;Enduro, ho faticato a trovare la posizione di guida ideale, il serbatoio &egrave; pi&ugrave; grande e sta pi&ugrave; in alto. In piedi mi sono trovato subito bene mentre al contrario quando ero seduto faticavo. Per il resto il motore &egrave; sfruttabile e reattivo&raquo;. Su quale tipo di terreno ti sei trovato in difficolt&agrave;? &laquo;Nel fango si fa ancora un po&rsquo; di fatica, un terreno con poco grip rimane un handicap per noi. Fermare e far accelerare la moto con poco grip &egrave; pi&ugrave; complicato se sei pi&ugrave; pesante, ma alla fine abbiamo trovato un ottimo compromesso&rdquo;. Con l&rsquo;Aprilia sei entrato in una grande famiglia, con tanta esposizione e un ruolo da protagonista. &ldquo;&Egrave; stata una delle cose pi&ugrave; belle di questa avventura, loro sono davvero una potenza anche nella comunicazione, mi sono subito sentito un pilota ufficiale, come quelli della MotoGP, e poi organizzano un sacco di eventi. La Tuareg &egrave; una moto straordinaria e in Aprilia mi hanno dato quella credibilit&agrave; che pensavo di avere gi&agrave;, essendo alla decima stagione, ma che senza un team ufficiale era difficile da ottenere&rdquo;.  Raid TT, Motorally: gli obiettivi di Assirelli  La sicurezza resta una priorit&agrave; dell&rsquo;organizzatore, cosa ne pensi? &ldquo;A livello di sicurezza questo &egrave; uno dei migliori campionati, siamo monitorati costantemente, quando partecipo ad altre gare non c&rsquo;&egrave; questo tipo di prontezza, qui c&rsquo;&egrave; il 99,9% delle probabilit&agrave; che le strade siano chiuse, nel deserto invece &egrave; facile trovare un&rsquo;altra gara in direzione opposta, in Grecia o in Sardegna pu&ograve; capitare che una strada sia chiusa ma magari ti trovi un trattore o un&rsquo;auto contromano, da noi &egrave; quasi impossibile&rdquo;. C&rsquo;&egrave; spazio per migliorare? &ldquo;Si pu&ograve; lavorare ancora sulla comunicazione, continuando a portare piloti forti e, perch&eacute; no, influencer che ci facciano conoscere. Sarebbe bello aprire al pubblico alcune speciali, avere un tabellone dei tempi nel paddock e mettere in sicurezza zone spettatori per farli avvicinare di pi&ugrave;&rdquo;. Qual &egrave; il segreto di Jacopo Cerutti? &ldquo;La navigazione. Ormai navigano bene anche molti altri ma &egrave; sempre stato un mio grande pregio, credo sia un talento innato. Magari Antoine M&eacute;o &egrave; un talento della guida e io lo sono un po&rsquo; meno. In allenamento non faccio mai pratica con il road-book eppure in gara sbaglio raramente. Concentrazione e memoria visiva fanno la differenza: ripasso le note pi&ugrave; complicate e quando arrivo l&igrave; il giorno dopo, so gi&agrave; cosa devo fare. Mi basta guardare il chilometro e ricordo tutto. Sono rimasto tra i pochi a usare il road-book cartaceo e finch&eacute; ci sar&agrave; anche nei Rally, non passer&ograve; al digitale&rdquo;.       

Il coordinatore Federmoto: "Gli obiettivi sulla sicurezza, sull&rsquo;impatto ambientale 'zero' e sull&rsquo;accademia del Fuoristrada devono continuare a spingerci"

Motorally e Raid TT in crescita, Assirelli: "Non vogliamo fermarci"

        La difficile situazione in cui &egrave; incappata (quanto colpevolmente?) la KTM fa accendere un visibile e sonoro allarme rosso in MotoGP? No, ma quasi, perch&eacute; la luce emanata e la fastidiosa sirena accompagnatrice sono colorate d&rsquo;arancione e decisamente fastidiose. La crisi economico-finanziaria patita da Pierer Mobility, i tantissimi modelli rimasti invenduti, l&rsquo;acquisizione esosa e infruttuosa di marchi accorpati al Gruppo (e tra questi la MV Agusta &egrave; in vendita, mentre soltanto pochi mesi fa sognava il ritorno nel Mondiale), i debiti accumulati e il crollo dei valori in Borsa potrebbero avere conseguenze sui programmi sportivi? Anche al secondo quesito la risposta auspicabile sarebbe &ldquo;no&rdquo;, sebbene lo stesso Stefan Pierer abbia precisato che le corse andranno avanti, tuttavia con le RC16 e relative parti destinate a subire il blocco dello sviluppo. I team, Red Bull KTM Factory e Red Bull Tech 3 satellite, oggi non sono a rischio, ma potrebbero esserlo nell&rsquo;immediato indomani. Sperando per ogni persona coinvolta anche nei vari progetti Rookies Cup, JuniorGP, Moto3 e Moto2 di arrivare a fine giornata, mese e anno, l&rsquo;accento si deve porre proprio sulla classe regina: questa categoria, bellissima, spettacolare, divertente e costosa, ha senso per chi produce veicoli destinati ai puri consumatori? Il legame tra estremo prototipo e prodotto di serie esiste, oppure &egrave; limitato ad alcuni particolari? In virt&ugrave; dei dati di mercato al ribasso e dei numerosi campionati professionistici esistenti, &egrave; giusto credere nella MotoGP, oppure &egrave; opportuno farne a meno? Le risposte sono prettamente individuali e influenzate dalle rispettive condizioni aziendali. Perci&ograve;, la sezione sportiva deve convenire, altrimenti va tagliata. Passa alla prossima pagina MotoGP: Hamilton pu&ograve; salvare KTM dalla crisi? &nbsp; La crisi KTM  L&rsquo;attualit&agrave; dovrebbe offrire una teorica stabilit&agrave;: abbiamo l&rsquo;iscrizione (in)certa di cinque Case, tra cui proprio l&rsquo;austriaca e traballante KTM, la confusa Honda, la ribelle Yamaha, la fedele Aprilia e la dominatrice Ducati. Sembrerebbe un quadro egregiamente dipinto. Magari. Per comprendere le ragioni della preoccupazione, balziamo indietro di qualche lustro. Era il 2001, ultima stagione della 500 due tempi: Carmelo Ezpeleta, fiducioso delle potenzialit&agrave; offerte dall&rsquo;imminente regina a quattro tempi, dichiar&ograve;: &ldquo;Desidero 20 moto in griglia, mica di pi&ugrave; &ndash; il CEO Dorna pensava alla Formula 1 &ndash; niente riempitivi, semmai 10 costruttori differenti, ciascuno con due piloti ufficiali. La categoria dovr&agrave; attirare l&rsquo;industria automobilistica, con prodotti a due ruote ingegnati ad hoc&rdquo;. Il sogno era, oltre che ammirare le &ldquo;solite&rdquo; Yamaha, Honda, Suzuki e Aprilia, di avere pure Ducati, Kawasaki, MV Agusta, e non sarebbero guastate BMW, Porsche, Peugeot. Chimera, e lo vediamo: Yamaha e Honda ci sono, la Ducati c&rsquo;&egrave;, l&rsquo;Aprilia alza la mano, la Suzuki se n&rsquo;&egrave; andata, la Kawasaki idem, la MV non &egrave; mai entrata nell&rsquo;epoca moderna, la BMW nicchia, la Porsche nemmeno ci ha pensato e la Peugeot ci ha provato in Moto3, rinunciando presto. Sarebbe affascinante (e ricco) contare tutti i prestigiosi marchi, ma ora &egrave; impossibile: affacciatevi alla finestra e notate quante auto circolino o siano parcheggiate, contro i pochi veicoli a due ruote. A meno che non viviate a Bangkok, Giacarta o Hanoi, capirete che il comune mezzo da diporto sia l&rsquo;automobile. Le moto? Fantastiche, ma per pochi. E, di conseguenza, sono poche anche le Case che fanno le corse. Tornando alla KTM, anche se i dirigenti di Mattighofen promettono tranquillit&agrave; &ndash; sentimento difficile da provare nei panni degli ex dipendenti, da poco licenziati a precedere le Festivit&agrave; natalizie &ndash; c&rsquo;&egrave; poco da stare sereni, sia per chi non avr&agrave; voglia di gareggiare che per chi ne avr&agrave;. Mattighofen, storicamente specializzata nel Fuoristrada, su asfalto &egrave; da ritenersi giovane. Fantastici i successi ottenuti in ogni categoria, raramente per&ograve; nella MotoGP. Il motivo? Semplice da spiegare: perch&eacute; la MotoGP &egrave; la pi&ugrave; difficile di tutte. E, quando i risultati sperati mancano, cominciano a mancare anche fiducia, stimoli e&hellip; soldi. Chi deve foraggiare i programmi ci ripensa, nel motto volgare: &ldquo;Ma a noi, chi ce lo fa fare?&rdquo;.  Passa alla prossima pagina &nbsp; KTM: cosa faranno Pedro Acosta e gli altri piloti?  Ragionamento opposto quello della Suzuki, uscita a fine 2022: l&rsquo;obiettivo di conquistare l&rsquo;iride era ormai stato soddisfatto due anni prima assieme a Joan Mir, la GSX-RR ha continuato a ottenere podi e primi posti, quindi perch&eacute; rimanere? Quanto dimostrato bastava, oltretutto il denaro doveva essere versato in voci ritenute pi&ugrave; importanti, come rivelatoci all&rsquo;EICMA da Mr. Toshihiro&nbsp;Suzuki, capo dell&rsquo;omonima azienda fondata dagli antenati della famiglia a cui appartiene: &ldquo;Stiamo concentrando le risorse sulla sostenibilit&agrave;&rdquo; infatti la GSX-R usata nella 8 Ore di Suzuka era alimentata da biocarburanti ed equipaggiata con molti componenti in materiale riciclato, olio motore, pneumatici, carenatura e freni eco-friendly. &ldquo;E, a precedere la MotoGP, vengono i motociclisti. Ossia, il pubblico&rdquo;. Il messaggio diramato &egrave;: soltanto quando accontenteremo l&rsquo;esigenza di chi compra da noi, torneremo a gareggiare nella massima serie. Eppure, in diversi gi&agrave; vedrebbero la Casa di Hamamatsu con una versione da 850 centimetri cubi al via della rivoluzionaria stagione 2027, mentre a noi sono giunti rumors che in quell&rsquo;anno scender&agrave; in pista un prototipo sperimentale, per sessioni di test molteplici ed evoluzioni ben pensate. Se fosse cos&igrave;, sarebbe magnifico. Ma il 2027 &egrave; dopodomani, non domani. E l&rsquo;oggi non deve diventare pesante: la bomba che Pedro Acosta e la Dorna stiano cercando una Ducati &egrave; esplosa a met&agrave;, ovvero, che il ventenne di Mazarr&oacute;n e il Promoter cercassero un cambio de cisivo era immaginabile (emblematico il suo manager Albert Valera: &ldquo;La KTM ci era stata &lsquo;venduta&rsquo; come un gigante al momento di rinnovare, pochi mesi fa&rdquo;), casomai poco immaginabile la cordata tra piloti e organizzatore. Ma capiamo. La serie non pu&ograve; permettersi un fantino del genere sul cavallo sbagliato. Per&ograve; anche Brad Binder, Enea Bastianini e Maverick Vi&ntilde;ales, tutti vincitori di GP nella classe regina, andrebbero appellati. Il sudafricano, bandiera KTM, ha fatto suo il titolo Moto3 nel 2016, gare in Moto2 e alloro sfiorato, Gran Premi in MotoGP. La Bestia, titolato Moto2 edizione 2020, detentore di successi in tutte le classi, &egrave; arrivato terzo in MotoGP nel 2022. Top Gun, capace di alzare al cielo trofei con Suzuki, Yamaha e Aprilia, con la KTM potrebbe completare il poker, un record assoluto (e la sua fiducia nel marchio &egrave; assoluta: ha persino acquistato azioni della KTM). Insieme i quattro vantano la bellezza di 72 vittorie e 203 podi. Trattasi di mole impressionate, che la MotoGP deve tutelare. D&rsquo;accordo, e come?  Passa alla prossima pagina &nbsp; KTM: l'esempio di Suzuki, Kawasaki e BMW  Si possono obbligare la Case a partecipare? No, e la Suzuki lo testimonia: nonostante l&rsquo;accordo firmato fino al 2026, quelli di Hamamatsu hanno preferito smantellare con largo anticipo e, si dice, pagare le onerose penali. Danni di immagine o reputazione? Macch&eacute;, in Giappone la pensano diversamente. Ecco il motivo per cui la Kawasaki &egrave; assente: ad Akashi non interessa l&rsquo;ipotetico prestigio che la vetrina potrebbe (condizionale) garantire: laggi&ugrave; sono pragmatici, per cose fatte soltanto se hanno un reale tornaconto. La Ninja ha spopolato in SBK per anni, ma ora le &ldquo;mille&rdquo; non si vendono pi&ugrave; come una volta: perch&eacute;, quindi, produrre una nuova ZX-10RR? I prototipi sono fini a loro stessi, con scarsa riconducibilit&agrave; alla circolazione stradale? Niente prototipi, e &ldquo;chissene&rdquo; se i verdi uscirono nel 2008, improvvisamente, lasciando il materiale usato da John Hopkins e Anthony West a Marco Melandri con la squadra Hayate Racing iscritta nel 2009. La pressione esercitata dalla Dorna fu notevole: con le entry list in calo, lo staff spagnolo voleva a ogni costo quella moto nera, priva di marchi, ma quantomeno presente. Il picco minimo venne toccato nel 2012, quando soltanto Ducati, Yamaha e Honda duellarono tra i cordoli iridati: la SBK invece proponeva Ducati, Yamaha, Honda, Suzuki, Kawasaki, Aprilia e BMW. Notare bene: n&eacute; da una parte, n&eacute; dall&rsquo;altra la KTM. All&rsquo;epoca s&igrave; che impazzava l&rsquo;allarme rosso, evitato nel passato recente dall&rsquo;impressionante contingente di Desmosedici, otto fino al SolidarityGP di quest&rsquo;an no, il prossimo ridotto a sei. Notizia bella, due Yamaha in pi&ugrave;, grazie al passaggio di Pramac da Desmosedici a M1. A Iwata ci credono, tanto da aver accolto la struttura di Paolo Campinoti, capace di conquistare titoli team e piloti nel recente biennio. Le quattro cilindri dei tre diapason faranno bene? Ancora non si sa, per&ograve; sono raddoppiate. Se la KTM saluta, lascia a piedi Acosta? Dipender&agrave; dai vari spostamenti ma, ripetiamo, c&rsquo;&egrave; da ricordare Binder, Bastianini e Vi&ntilde;ales. Il numero minimo e necessario per validare il campionato &egrave; di 20 unit&agrave;, ora siamo a 22, con lo scenario appena descritto. Cosa succederebbe, qualora Mattighofen servisse l&rsquo;addio? I piloti arebbero da ricollocare, a scapito di alcuni colleghi. La griglia sarebbe da rimpolpare, e mai pi&ugrave; parlare di CRT o esperimenti ibridi giusto per fare numero. Qui servono i costruttori, non scritte GASGAS utili all&rsquo;esercizio di marketing. La Kawasaki ha le orecchie tappate? Perch&eacute; non offrir loro un programma conveniente, facendoglielo udire con parole misurate? La Suzuki temporeggia? Facciamoli accelerare, mettendo sul piatto un programma irrifiutabile. La BMW ci pensa? Meglio fare che pensare. Certo, scriverlo su carta &egrave; facile. Nella pratica, tutt&rsquo;altro. La MotoGP &egrave; il meglio del meglio a due ruote, fattore innegabile, ma ci chiediamo: che male ci sarebbe nel coniugare qualit&agrave;, quantit&agrave; e variet&agrave;?  Martin e Bezzecchi: nuovi "anti-Ducati" per Aprilia in MotoGP       

Cosa accadr&agrave; ai piloti orange? Intanto alla top class servirebbero pi&ugrave; Case, ma la Kawasaki, Suzuki hanno altre proprit&agrave; e BMW avanza a piccoli passi

MotoGP, Pedro Acosta & Co: scatta l'allarme in casa KTM

        Valentino Rossi con il suo grande talento &egrave; stato un caposaldo nella top class per diversi anni e molte delle rivalit&agrave; di cui siamo stati spettatori lo vedono coinvolto. Nel corso della sua carriera i suoi avversari pi&ugrave; importanti sono stati principalmente cinque. A partire da Sete Gibernau, che negli anni 2003 e 2004 chiuse alle sue spalle in campionato, mentre Rossi vinceva rispettivamente il suo ultimo titolo con Honda e il suo primo con Yamaha. In quegli anni c&rsquo;&egrave; anche stato il rivale di &ldquo;casa&rdquo; Max Biaggi, la cui competizione era evidenziata maggiormente per via della stessa nazionalit&agrave;.  &nbsp;  A seguire in ordine cronologico troviamo Casey Stoner. L&rsquo;australiano con la Ducati nel 2007 fece la storia, battendo un Rossi alla guida della Yamaha e conquistando il primo titolo iridato per la Casa bolognese. I due si sono scontrati pi&ugrave; volte, dentro ma anche fuori la pista. Divenne iconico il sorpasso esagerato di Rossi su Stoner al Cavatappi di Laguna Seca, nel 2008, cos&igrave; come le parole taglienti dell&rsquo;australiano al termine di quel GP di Spagna del 2011. Rossi vestiva i colori Ducati all'epoca e lo butt&ograve; fuori al settimo giro, con Stoner (pilota Honda) che gli disse: &ldquo;La tua ambizione ha superato il tuo talento&rdquo;. &nbsp; Poi &egrave; stata la volta di Jorge Lorenzo, che nel 2008 arriv&ograve; come compagno di squadra di Valentino Rossi. Aveva appena vinto due titoli consecutivi in 250 e che ne vincesse almeno uno in MotoGP era, di fatto, solo questione di tempo. Tra lui e Rossi furono subito scintille, tanto che si arriv&ograve; a mettere un muro a dividere il box. La coppia della Casa di Iwata ci ha regalato duelli emozionanti e straordinari, come per esempio quello del 2009 al Montmel&ograve; vinto da Rossi all&rsquo;ultima curva dell&rsquo;ultimo giro dopo una serie di sorpassi incandescenti e memorabili. &nbsp;  E infine, Rossi trov&ograve; sulla sua strada Marc Marquez. Quel &ldquo;ragazzino&rdquo; che arrivava dalla Moto2, di 14 anni pi&ugrave; giovane, e che vinse fin dal primo anno in MotoGP. Colui che all&rsquo;inizio poteva essere considerato un po&rsquo; un suo erede in pista, ma con cui poi la rivalit&agrave; fin&igrave;... malissimo. Ancora oggi si parla di quel GP di Malesia del 2015, che port&ograve; al culmine il contrasto tra i due, che non sono mai pi&ugrave; tornati a rivolgersi la parola. &nbsp; Marc Marquez, vincitore di sei titoli iridati in sette anni nella top class (2013-2019) &egrave; stato poi l&rsquo;incubo di Andrea Dovizioso. Alla guida di una Ducati gi&agrave; buona, il forlivese per ben tre anni, dal 2017 al 2019, ha annusato da vicino il profumo del titolo, senza per&ograve; poi riuscire fino in fondo a battere lo spagnolo. Il binomio Marquez-Honda ha sempre avuto la meglio, ma la coppia tutta italiana gli rese la vita decisamente difficile&hellip; &nbsp;  Arriviamo cos&igrave; ai giorni nostri, con Jorge Martin e Francesco Bagnaia che negli ultimi due anni hanno monopolizzato la scena. Il primo con grinta, esplosivit&agrave; e velocit&agrave;, il secondo con tenacia, classe, costanza e nel 2024 qualche errore di troppo che non gli ha permesso di vincere il terzo titolo consecutivo in MotoGP. Una coppia questa che non &egrave; mai stata caratterizzata da una forte rivalit&agrave;, ma piuttosto da una grande ammirazione l&rsquo;uno per l&rsquo;altro, da parole di comprensione un po&rsquo; inusuali tra due rivali nel motociclismo. Pecco e Jorge hanno dato vita ad un confronto amichevole e fatto di rispetto, dando il buon esempio alle generazioni che verranno. Un qualcosa di unico nel suo genere. MotoGP, Rivola: "Vincere con l'Aprilia &egrave; la sfida pi&ugrave; bella"       

Valentino Rossi, Marc Marquez, Jorge Lorenzo, Casey Stoner e non solo. Ecco tutti i duelli che hanno caratterizzato la top class nell'ultimo periodo

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