La storia ha parlato chiaramente circa il destino delle Case italiane e inglesi a partire dalla fine degli anni ’60 nella “guerra” commerciale con le Case giapponesi, quindi non si parla di falsità o eresie quando si afferma che le quattro del Sol Levante la stravinsero e l’inizio della vittoria partì con la presentazione nel 1968 a Tokyo da parte della più grande, la Honda, della CB 750.
Icona assoluta nel mondo della motocicletta, stupì il mondo con verniciature, finiture, prestazioni e dotazioni che alzarono l’asticella. Fu anche la prima quattro cilindri prodotta in grande serie (la rarissima MV 600 era su di un altro livello, per non dire della artigianale Munch Mammut) e la prima, per davvero, ad offrire un freno a disco idraulico all’anteriore. Niente di eclatante da usare, in realtà, ma il dado era tratto. Quattro cilindri, due valvole per cilindro, quattro scarichi davvero evocativi; 739 cm3 per 67 cavalli, prometteva i fatidici 200 km orari; prodotta in svariate serie, invero sempre meno di successo, venne diffusa in oltre 500.000 esemplari.
La CB 750 si declinò in altre cilindrate e versioni fra cui la 500 e la 400. Entrambe, evidentemente, meno potenti ma con tutto quanto era peculiarità della sorella maggiore, compresa l’estetica sempre più bella. Facili da condurre, amichevoli, belle e la maggiore anche cattiva quanto bastava. Della 400 si ricorderà il grintoso 4-in-1 che, curiosamente, nella 750 serie F, fu invece un insuccesso.
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