FAMOSA lo era già. Ora, per restare l’attrice protagonista del mercato, è diventata ancora più aggressiva e guidabile. Merito di un look più minaccioso, di sospensioni più adatte all’uso sportivo e di una componentistica migliore. La Z750 non era l’ammiraglia della Kawasaki; la Z750R non lo è diventata. La prima, però, è la moto preferita dall’importatore italiano e dagli appassionati delle naked di media cilindrata, che per anni la hanno preferita alle sue dirette concorrenti. Ora il testimone passa alla versione R, anche se, forse per precauzione, la più economica versione standard rimarrà in produzione.
Il successo della Kawasaki Z non ha un solo segreto, ma deriva da un mix di fattori, primo fra tutti la cilindrata: la Z, infatti, monta un quattro cilindri di 748 cm3, ma costa come una quadricilindrica 600. Insomma, a parità di spesa ha un maggiore appeal. Perché in Italia, si sa, la cilindrata conta: la moto più grossa viene spesso associata a migliori doti di guida e ad una maggiore esperienza del conducente. La moto col cuore grande piace, anche se non viene sfruttata, pertanto quando costa come un prodotto di minore cilindrata, perché non comprarla?
Questa formula, però, ora è in mano anche ad altri costruttori (Suzuki, con la GSR 750), uno dei quali ha addirittura giocato al rialzo (Yamaha, con la FZ8). La cilindrata media sale, i jolly in mano alla Kawasaki diminuiscono. Quindi bisognava correre ai ripari, proporre qualcosa di nuovo per non perdere clienti, che in quella fascia di mercato non si affezionano ad un marchio (numerose analisi di mercato lo dimostrano), ma comprano la novità, il prodotto che va di moda o quello più performante.
Ecco spiegato l’arrivo della Z750R, il metodo più semplice per fornire nuove armi ad un brand già valido. Ma all’atto pratico, cosa è cambiato rispetto alla vecchia Z750?
IN PRIMIS il cupolino, molto più proporzionato: la zona che protegge la strumentazione, infatti, ora si raccorda perfettamente al resto della struttura, conferendo alla nuova Z un aspetto più moderno. A bordo non si riscontrano differenze rispetto alla versione standard: la sella, ben imbottita, resta molto inclinata verso il serbatoio ed obbliga a guidare con il busto abbastanza caricato sull’avantreno ed il manubrio è largo e rialzato quanto basta. Le pedane, invece, pur essendo ben distanziate dal piano di seduta, risultano un filo avanzate e non costituiscono un valido punto di appoggio all’aumentare dell’andatura. Dato che la protezione aerodinamica è scarsa, alle medie ed alte velocità il corpo del conducente funge da vela e bisogna attaccarsi forte al manubrio. Intendiamoci, questo non è solo un problema della Z, ma di tutte le naked di media cilindrata. Ad ogni modo le scelte fatte a livello di posizione di guida obbligano a cambiare la posizione a bordo a seconda dell’utilizzo che si fa della moto. Quando si passeggia, si può tranquillamente mantenere il busto in posizione eretta, i muscoli delle braccia rilassati ed il bacino in posizione avanzata, vicino al serbatoio. Incrementando il ritmo, e mantenendo questa postura, il feeling con l’avantreno non è soddisfacente: si ha la sensazione che troppo peso gravi sull’avantreno, si fa fatica a guidare e sulle buche le reazioni della moto diventano difficilmente prevedibili. Per risolvere il problema basta arretrare molto con il bacino, portandolo al confine con la sella del passeggero, ed inclinare il busto in avanti, arrivando a sfiorare il serbatoio. Così facendo la Z750R cambia carattere, diventando molto più equilibrata, sia in fase d’inserimento in curva, sia nei cambi di direzione, dove mette in mostra una buona agilità.
È proprio questa la sua dote migliore. La Z, infatti, è una moto adatta a tutti ed a qualsiasi tipo di percorso. Si può usare agevolmente in città (anche se l’angolo di sterzo non è molto ampio), sui percorsi tortuosi e sconnessi e sulle strade extraurbane principali. La ciclistica garantisce una notevole reattività durante la prima parte della discesa in piega, caratteristica che penalizza un po’ il feeling con l’avantreno quando si raggiungono inclinazioni elevate, dove i pneumatici di primo equipaggiamento si difendono bene senza però meritarsi la lode.
Sono pensati soprattutto per garantire una buona resa chilometrica e considerando la tipologia della moto, la scelta è più che azzeccata. Insomma, la Z750R, proprio come la versione standard, è pensata per guidare di buon passo, ma senza esagerare.
Le migliorie, comunque, ci sono e si sentono. Innanzitutto l’ammortizzatore, che ha una taratura decisamente più sportiva: il retrotreno della Z750R resta più alto, sia durante la percorrenza della curva, sia in accelerazione. Di conseguenza la precisione direzionale dell’avantreno è notevolmente migliorata ed ora, anche nei tratti medio veloci dove l’asfalto non è in perfette condizioni, la nuova Z risulta divertente e non faticosa da gestire. Anche l’impianto frenante ha fatto un salto di qualità. Ora c’è più potenza a disposizione ed anche la modulabilità è migliorata; basta sfiorare la leva che aziona le pinze freno anteriori per avvertire una decisa decelerazione, che comunque non destabilizza l’assetto della moto. Come sugli impianti sportivi, le pastiglie “mordono” subito i dischi, ma senza eccessiva foga. Al retrotreno, invece, la potenza scarseggia, anche se la modulabilità è buona. L’ABS ha una taratura piuttosto turistica, quindi nelle frenate più impegnative entra in funzione con un filo di anticipo, facendo avvertire chiaramente il suo intervento al conducente. C’è però da aggiungere che solo sul comando a pedale che aziona l’impianto posteriore si avverte un leggero ritorno di forza; sul comando al manubrio le vibrazioni della leva non sono neppure percettibili.
NEl MOTORE non è cambiato nulla e non ce n’era bisogno, dato che il quadricilindrico della Z750 aveva caratteristiche adatte all’uso su strada. Il tiro ai bassi e medi regimi è il suo punto di forza. Sia quando si passeggia, sia quando si guida in maniera più aggressiva, non serve sfruttare questa unità fino all’intervento del limitatore (tarato alla soglia di 12.500 giri/’ indicati, che corrispondono a 11.950 giri/’ effettivi), anzi, per dirla tutta, non conviene spingersi troppo oltre i 10.100 giri/’, regime al quale viene erogata la potenza massima (94,4 CV alla ruota).
Volendo far fare alla Z750R quello per cui non è stata espressamente progettata, ovvero guidare al limite, ci si accorge che nei tratti molto guidati spesso si deve fare ricorso alla prima marcia: la naked Kawasaki ha i rapporti del cambio ravvicinati (prima lunga, sesta abbastanza corta) ed un rapporto finale lungo, scelta obbligata, e sensata, per mantenere bassi il regime di rotazione del motore, i consumi e le vibrazioni quando si viaggia a velocità costante. Per questo motivo la prima marcia non va usata solo in partenza, ma anche quando le curve sono particolarmente strette.
Nonostante l’aspetto ed il rombo minacciosi, quindi, la Z750R resta una compagna ideale anche nell’uso in città, dove si apprezza la notevole elasticità del suo propulsore: la coppia non manca, l’erogazione non è sgarbata e, una volta innestata la sesta marcia, è possibile scendere fino a 1500 giri/’, regime al quale questo quattro cilindri mantiene un funzionamento regolare.
IL PIÙ grande passo avanti la Z750R lo ha fatto a livello di componentistica e finiture. Ora ha un aspetto “ricco”, sembra davvero una sportiva senza veli. Merito del nuovo forcellone, che rappresenta un grosso passo avanti rispetto al vecchio, decisamente più grezzo. Inoltre le pinze freno anteriori sono delle Nissin ad attacco radiale, la vaschetta della pompa freno anteriore, in stile MV Agusta F4 prima serie, è compatta ed ha una forma gradevolmente arrotondata (sulla versione standard c’è un più classico serbatoio cilindrico) ed i tubi freno in treccia metallica sono di serie. Le piastre di sterzo sono realizzate bene (quella inferiore ha tre bulloni di fissaggio per parte, proprio come sulle sportive più costose) e l’ammortizzatore posteriore ha un grosso serbatoio del gas che conferisce al pezzo un aspetto racing. Anche la forma del cupolino è cambiata, in meglio: ora il piccolo plexiglass che protegge la strumentazione è più basso e compatto, scelta che mette ancora più in evidenza l’aggressività del gruppo ottico. Ben fatte anche le verniciature delle carene e del motore. I cavi ed i fili sono occultati abbastanza bene e le plastiche hanno un aspetto robusto, anche se quelle del cupolino vibrano un po’ quando il motore raggiunge elevati regimi di rotazione. Più compatti ed affusolati, infine, gli indicatori di direzione.
ALCUNE delle modifiche estetiche hanno anche un risvolto tecnico. Il forcellone, ad esempio, non è solo fatto meglio, ma è più leggero ed ha diversi livelli di rigidità, che garantiscono un migliore controllo del veicolo. Sempre per migliorare la guidabilità, sono stati adottati un ammortizzatore a gas regolabile (precarico molla e freno idraulico in estensione), caratterizzato da una taratura più sportiva, ed una forcella (regolabile nel precarico molla e nel freno idraulico in estensione) che deriva da quella della Z1000. La pompa e le pinze freno garantiscono una maggiore potenza ed una migliore modulabilità: sono sempre abbinate a dischi freno a margherita (soluzione che ormai è diventato uno standard per Kawasaki); lo spessore di quelli anteriori è passato da 4,5 a 6 millimetri, per migliorare lo smaltimento del calore e garantire una migliore costanza di rendimento.
Il motore non è stato modificato. L’unica differenza rispetto all’unità della Z750 è il silenziatore, che ora è interamente verniciato di nero. L’impianto di scarico resta un 4 in 1. Anche la struttura del telaio non è cambiata: tubolare in acciaio con due supporti in alluminio (uno per lato), che “abbracciano” il motore e si fissano dietro i cilindri.
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