LOSAIL - Era arrivato il momento di cambiare. Anzi, di stravolgere una moto che per anni è andata controtendenza. Infatti, mentre tutti i costruttori cercavano di migliorare, di pari passo, le prestazioni e la guidabilità delle supersportive, Kawasaki ha portato avanti un progetto nato con una filosofia completamente diversa. La ZX-10R, dal 2004, è sempre stata sinonimo di adrenalina allo stato puro. Salire sulla sua sella era come affrontare un rodeo e con il passare degli anni il toro è diventato più grosso e cattivo.
Averne la meglio era diventato quasi impossibile e neppure i piloti professionisti sono riusciti nell’impresa. Insomma, guidare la ZX-10R al limite significava entrare in un universo parallelo, del quale la Ninja era signora e padrona. Oggi quella Kawasaki non esiste più. La ZX- 10R del 2011 taglia completamente i ponti col passato, trasformandosi in una race replica che ha nella guidabilità la sua arma migliore. I tecnici Kawasaki, quindi, sono riusciti a catturare l’animale selvaggio, che per anni era stato lasciato libero, lo hanno messo in gabbia e lo hanno ammaestrato. Il risultato ha dell’incredibile, tanto che dopo pochi giri in sella alla nuova Ninja, la prima domanda che ci si pone è: siamo davvero in sella ad una ZX-10R? Grazie alla sua nuova maxisportiva, Kawasaki ha anche dimostrato che la vecchia Ninja non era un progetto nato male; era semplicemente diverso dalla concorrenza, ma per scelta.
La vecchia ZX-10R era una moto nata per soddisfare coloro che amano lottare, più che guidare, dotata di una eccezionale stabilità dell’avantreno, ma non certo adatta a chi preferisce la guida tecnica a quella di forza. Qualcuno senza dubbio la rimpiangerà, però l’inversione di rotta era necessaria. Oggi le maxisportive sono in grado di erogare potenze prossime ai 200 CV all’albero, quindi una buona ciclistica è lo strumento che consente di divertirsi, senza il quale il sogno può trasformarsi in un incubo.
Ecco, con la nuova ZX-10R si può sognare, bene, a lungo, a patto che il teatro del sogno sia la pista.L’UNICAcaratteristica che accomuna la nuova Ninja alle sue antenate è la posizione di guida. Il serbatoio, pur essendo stato riprogettato, è sempre abbastanza largo, pertanto si ha la netta sensazione di essere seduti su una moto di grossa cilindrata. I semimanubri, larghi e poco spioventi, consentono di mantenere un eccellente controllo del mezzo, soprattutto in staccata, ed enfatizzano le già buone doti di maneggevolezza della ciclistica.
La sella ha un’imbottitura che garantisce un buon comfort, senza per questo risultare troppo cedevole, ed il piano di seduta non eccessivamente alto permette di abbracciare facilmente il serbatoio a centro curva senza dover inclinare troppo il busto verso l’avantreno. Purtroppo in questo bel quadro stona la posizione delle pedane (regolabili in altezza), troppo basse ed avanzate. Quando si inizia a spingere forte, infatti, bisogna imporsi un limite di piega; inoltre in accelerazione le pedane non rappresentano un valido punto di appoggio, perché, come detto, poco arretrate. Soprattutto all’uscita delle curve lente, ci si ritrova appesi ai semimanubri e bisogna inevitabilmente aprire il gas con più calma, anche se la bontà della ciclistica e l’ottimo funzionamento del traction control permetterebbero di spalancare l’acceleratore come si farebbe in sella ad una supersport 600!
Il controllo di trazione sportivo è l’altra grossa novità della nuova Ninja. È stato sviluppato appositamente per chi usa la moto in pista, ha tre livelli di intervento (può anche essere disattivato, ma solo a veicolo fermo) e, fatto molto importante, non ha un intervento invadente. All’inizio questa caratteristica rappresenta un limite, perché non si riesce a capire bene cosa il sistema stia facendo. Tradotto: voi vi fidereste ad aprire bruscamente il gas, sapendo di essere seduti su un missile terra-aria da 200 CV e senza avere la garanzia che il traction control eviti conseguenze disastrose per ossa ed articolazioni? Noi no, quindi abbiamo scelto la via più conservativa, partendo dal livello tre, quello messo a punto per l’uso della moto su asfalto bagnato.
Con questa configurazione, in accelerazione si sente chiaramente che il sistema riduce potenza, perché, fin quando la moto è inclinata, il motore sale lentamente di giri; il suo intervento, però, non è comunque facilmente decifrabile. Al livello due il taglio della potenza avviene dopo che la ruota posteriore inizia a slittare leggermente, mentre al livello uno lo spin consentito alla ruota motrice è ancora più elevato, quindi, anche avendo il controllo di trazione inserito, l’apertura dell’acceleratore va gestita con cautela.
A noi è piaciuta molto la taratura del livello due. Utilizzando questa configurazione, infatti, si riesce ad usare il motore quasi come un’unità di minore cilindrata; la notevole potenza a disposizione non crea imbarazzo ed anzi, dopo avere capito che l’elettronica è realmente in grado di togliere un bel po’ di castagne dal fuoco, ci si ritrova spesso con la manopola del gas completamente aperta, il propulsore quasi a limitatore e la velocità che sale in maniera impressionante. Che spettacolo!
Kawasaki dichiara che il suo nuovo quadricilindrico è in grado di erogare 200,1 CV a 13.000 giri/’. Sul regime di potenza massima concordiamo con gli ingegneri giapponesi: volendo, infatti, prima di effettuare il cambio marcia, è possibile avvicinarsi ai 14.000 giri/’, ma dopo quota 13.000 giri/’, si nota subito che la spinta cala sensibilmente. Per quanto riguarda la potenza massima erogata, invece, non ce la sentiamo di sbilanciarci prima di avere effettuato la prova al banco, in quanto il propulsore di Akashi spinge come un toro, ma non sembra più potente del suo migliore competitor, ovvero il motore della BMW S1000 RR (per il quale vengono dichiarati 193 CV a 13.000 giri/’).
Rispetto al passato il grosso salto di qualità è stato fatto a livello di erogazione: ora è talmente fluida che l’entrata in coppia, avvertibile intorno agli 8500 giri/’, non è affatto fastidiosa e non causa problemi di aderenza, neppure quando avviene con la moto ancora abbastanza inclinata. Il merito è anche del rapporto finale, lungo, davvero troppo lungo; sfruttando la seconda marcia fino all’intervento del limitatore si superano i 200 km/h! In una pista veloce come Losail una scelta del genere può anche avere un senso, ma in circuiti più lenti, o peggio ancora, su strada, diventerebbe improponibile utilizzare la quarta, dato che in terza il tachimetro arriva ad indicare 249 km/h! Questa scelta di rapporti, unita all’indole corsaiola del motore, che ama essere utilizzato agli alti regimi, costringe il pilota a guidare la ZX-10R in modo aggressivo, come si farebbe con una supersportiva 600.
L’unica differenza è che sulla più grossa delle Ninja i cavalli da gestire sono davvero tanti... Quello del rapporto finale lungo, comunque, è un finto problema, in quanto basta sostituire la corona o il pignone per risolverlo. L’unico vero difetto del nuovo motore Kawasaki, invece, è il cambio: gli innesti sono un po’ duri e gommosi, soprattutto in accelerazione, dove, a volte, non si riesce a capire se la marcia sia realmente entrata bene.
La vera arma segreta della ZX-10R 2011, comunque, è la ciclistica, cambiata tanto, in meglio, rispetto allo scorso anno. Il fatto incredibile è che la moto è ora molto più maneggevole, però l’avantreno non ha perso nulla in quanto a stabilità e precisione direzionale ed anzi, nei tratti lenti riesce addirittura a trasmettere un feeling maggiore. Inoltre, in frenata e durante la discesa in piega, la Ninja trasmette un feeling esagerato. Il merito è anche della forcella, che in staccata ha un affondamento progressivo e mai eccessivo ed a centro curva mette in mostra eccezionali doti di scorrevolezza, grazie alle quali riesce a mantenere agevolmente il pneumatico a contatto con l’asfalto.
Se a questo aggiungiamo un’ottima distribuzione dei pesi ed un ammortizzatore dalla taratura non eccessivamente rigida, ma comunque in grado di evitare che il posteriore si sieda troppo, si può capire perché la ZX- 10R arriva rapidamente al punto di corda, raggiungendo la corretta inclinazione in base alla velocità di percorrenza scelta dal pilota, che non dovrà più sudare sette camicie per mantenere la traiettoria impostata, come avveniva con il vecchio modello.Insomma, se la vecchia Ninja andava maneggiata con cura e non era certo una moto adatta a tutti, il modello 2011 trasmette da subito un ottimo feeling, accompagna il pilota vicino al proprio limite, dando anche la possibilità di spingersi oltre.
Notevolmente migliorato anche il rendimento dell’impianto frenante anteriore, che oltre ad avere più mordente, ha finalmente risolto i problemi di fading che affliggevano la precedente versione. A Losail le staccate impegnative non mancano e la temperatura di circa 30- non ha certo semplificato il lavoro dei freni, che se la sono cavata alla grande: anche dopo diversi giri, infatti, la leva della pompa freno anteriore non è diventata spugnosa, garantendo quella costanza di rendimento necessaria per sfruttare una moto così potente e veloce. Ottimo, infine, il rendimento dell’ABS, che in pista non garantisce vantaggi prestazionali, ma non crea neppure fastidi.
Solo nelle frenate dove c’è un veloce ed importante trasferimento di carico verso l’avantreno si sente pulsare un po’ la leva, indice che l’ABS sta lavorando. Nel resto del tracciato, invece, la moto con ABS ha lo stesso rendimento di quella senza il sistema anti bloccaggio dei pneumatici. Va anche detto che il circuito di Losail ha un fondo perfettamente levigato, che quindi agevola moltissimo il lavoro dell’ABS.
Il quattro cilindri in linea della nuova Kawasaki ZX-10R è stato completamente riprogettato. L’obiettivo non era tanto quello di incrementare la potenza massima (che comunque è aumentata), quanto quello di mettere a disposizione dei telaisti un’unità più moderna e compatta, facilmente installabile in una ciclistica tutta nuova, pensata per garantire più maneggevolezza, senza penalizzare la stabilità. Il compito non era facile ma gli ingegneri di Akashi ce l’hanno fatta. Vediamo come. Tanto per cominciare l’albero motore è stato posizionato più in alto e la frizione ora non si trova più sotto, ma sopra l’albero della trasmissione primaria. In questo modo è stato ricavato lo spazio necessario per costruire un forcellone più lungo, senza aumentare notevolmente l’interasse (passato da 1415 a 1425 mm).
Sorprendentemente le misure di alesaggio e corsa non sono cambiate (76 x 55 mm), pertanto, per ottenere maggiore potenza, gli ingegneri hanno sì ottimizzato la respirazione del motore (utilizzando valvole di aspirazione di 31 mm Ø anziché di 30 mm ed un airbox di ben 9 litri, che prende il posto di quello da 8 litri), però hanno anche utilizzato alberi a camme in acciaio (quelli vecchi erano in ghisa) dal profilo molto spinto. È anche per questo motivo che il quadricilindrico Kawasaki ama essere usato agli alti regimi e sembra un po’ “pigro” in basso. È inoltre interessante segnalare che il mantello dei pistoni (più leggeri) è molto più basso (16,5 mm invece di 20 mm), che le bielle sono più robuste e quindi un filo più pesanti, che i collettori di scarico, fino alla scatola che contiene i due catalizzatori, sono in titanio e che il cambio è estraibile (Kawasaki ha addirittura previsto ben sette kit racing): le prime tre marce sono praticamente identiche a quelle del modello 2010, mentre la quarta, la quinta e la sesta sono più corte, perché il rapporto finale è stato allungato ( 17/ 39 anziché
Di serie c’è l’S-KTRC, un controllo di trazione sviluppato interamente da Kawasaki. Il sistema prima analizza la velocità delle ruote e dell’albero motore, l’apertura dell’acceleratore e la marcia inserita, poi riduce potenza effettuando l’interruzione dell’alimentazione, lavorando con dei parametri software pre impostati, che cambiano a seconda del livello d’intervento scelto (ce ne sono tre). Questo sistema è molto versatile, riesce ad adattarsi allo stile di guida del pilota, interviene prima che si verifichi una brusca perdita di aderenza e successivamente riattiva velocemente l’alimentazione (vengono fatti dei check ogni 5 millisecondi). In questo modo chi guida non si accorge quasi di nulla. L’elettronica della ZX-10R prevede anche una centralina con tre mappe pre impostate: la full power, una con cui la potenza erogata cala del 25% ed un’altra con cui la riduzione della potenza arriva al 60%. A differenza della maggior parte dei sistemi fino ad ora provati, quello Kawasaki funziona davvero bene, perché anche quando il motore viene depotenziato mantiene un’erogazione fluida e progressiva.
Il telaio è stato interamente riprogettato. Stiamo sempre parlando di una struttura a diamante in alluminio, però ora i travi laterali non passano più sopra la testata, ma abbracciano lateralmente il motore. L’inclinazione del cannotto di sterzo è passata da 25,5- a 25- ed il forcellone è stato allungato di 19 mm (ora misura 564 mm). Per migliorare la centralizzazione delle masse, parte del serbatoio termina sotto la sella e la sospensione posteriore, sempre progressiva, è abbinata ad un’ammortizzatore montato sopra il forcellone, quasi parallelo rispetto al terreno e, quindi, più vicino al propulsore.
Di conseguenza è cambiata anche la distribuzione dei pesi: 51% all’avantreno, 49% al retrotreno. Sul vecchio modello il 52% del peso gravava sull’anteriore ed il 48% sul posteriore. Proprio come sulla Ninja di 600 cm3, c’è una forcella Showa Big Piston (il pistone interno è di 43 mm Ø, mentre sulla 600 è di 41 mm Ø), che sostituisce quella fornita dalla Kayaba. Notevole il lavoro fatto per ridurre il peso. Ora vengono dichiarati 198 kg anziché 208. La versione ABS pesa solo 3 kg in più di quella base. Inoltre il sistema anti bloccaggio delle ruote (che è un optional), sviluppato da Kawasaki insieme alla Bosch, è molto compatto, quindi è stato possibile installarlo vicino al baricentro del veicolo. Questo, ovviamente, ha permesso di non rovinare l’equilibrio ciclistico della moto e di non penalizzare troppo la maneggevolezza. Va infine segnalato che le pinze freno anteriori ora hanno pistoncini di diametro differenziato (30 mm e 32 mm ). Prima tutti e quattro i pistoncini di ciascuna pinza erano di 30 mm Ø.
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