Il romano ci ha raccontato il titolo europeo della Superstock, ispirato da Pirovano: "Fu lui a ripescarmi dopo l’esperienza negativa in 125: quel trionfo mi portò nella classe regina!"
I sandwich serviti nell’hospitality Alstare Corona erano proprio buoni e, accompagnati dalla bionda birra fresca belga, si mangiavano che era un piacere. Michel Fabrizio e il team di Francis Batta stavano festeggiando in maniera semplice la conquista dell’europeo Superstock e, in un certo modo, al pilota romano quel buffet ricordava quanto accaduto mesi addietro: “Ero a piedi - racconta Michel, ai tempi 18 anni - perché la stagione in 125 GP andò malissimo. Il Team Italia aveva lasciato a casa tutti, mi sentivo parecchio demoralizzato. Non ne volevo sapere più delle gare, perciò andai a fare i panini nel chiosco di mio zio. Lavoravo in strada, mi guadagnavo da vivere. Poi, verso dicembre, mi arrivò la telefonata di Fabrizio”.
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Un Fabrizio - inteso come nome - davvero unico: “Pirovano, proprio lui. Mi propose la GSX-R, in un test di prova a Cartagena. Ci presentammo laggiù e diluviava. Non avevo mai guidato una 1000 a quattro tempi, ero incerto. Lui mi diede coraggio, io girai e, a fine giornata, mi disse una frase indimenticabile”.
Quale?
“Affermò ‘ué panetto (paninaro) io dico che puoi vincere il campionato o, male che vada, finiresti terzo nella classifica generale’. A occhi spalancati, gli risposi che, detto da uno esperto come lui, c’era da crederci”.
L’inizio di stagione, però, fu complicato.
“A Valencia arrivai diciassettesimo. Il motivo? Il mio scarso allenamento: a fine gara avevo dolori ovunque. Al rientro nel box Alstare c’erano Batta e Pirovano. Francis mi disse che ero andato di m..., ma volle darmi una seconda chance. Ma in caso di pessimi risultati, dopo Monza avremmo lasciato perdere. Il boss spiegò che la Superstock si faceva perché c’era Pirovano".
Il secondo round fu proprio a casa sua.
"Mi presentai allenato e determinato, tanto che vinsi. Il mio campionato partì da Monza e, pure nei successivi weekend, o vinsi o mi giocai posizioni importanti. Con Pirovano scommettevamo spesso: se arrivavo primo, ricevevo da lui 500 Euro. Altrimenti pagavo io. La cosa furba di Pirovano fu questa: siccome vinsi più volte, anziché pagare lui la scommessa, passava da Batta (ride)”.
Si evince un buon clima nel team.
“Era fantastico. Mi sentivo l’intruso del mega team Alstare, che in quel 2003 schierava Lavilla in Superbike, Chambon e Fujiwara in Supersport. Io me ne stavo nel mio angolino con la GSX-R 1000 stock numero 84”.
Della Suzuki quali sensazioni ti sono rimaste?
“Iniziai a Valencia con la vecchia GSX-R, a Monza arrivò il modello nuovo. Una gran moto, però sprovvista di frizione antisaltellamento. Quel particolare mancante avrebbe potuto sfavorirmi nei confronti di Lorenzo Lanzi e della Ducati a Imola, dove invece vinsi io".
Oltre a Lanzi, quali furono i rivali più ostici?
"Ilario Dionisi era forte sempre, James Ellison si rivelò un ‘maledetto’ in ogni gara, poi tanti altri, anche perché c’erano wild card temibili in ogni appuntamento europeo. Io non conoscevo le piste e le persone, dovetti imparare tutto, pure i nomi. Dopo Monza, la Germania. La hostess che distribuiva gli accrediti domandò ‘Michel, vuoi il pass per Oschersleben?’. Io rimasi in silenzio”.
Poi?
“Credendo che Oschersleben fosse un membro belga del team ‘Guarda, io sono nuovo nella squadra, non so chi sia questo Oschersleben...’. Finché un italiano mi spiegò che quello era il nome del tracciato tedesco. Provai a dire alla ragazza che stavo scherzando (ride)”.
In pista non scherzavi.
“Vinsi il titolo Superstock e il mio nome risultò interessante agli addetti ai lavori. Batta mi regalò una prova della Supersport, la Suzuki GSX-R 600. Andai a Valencia non sapendo che al Ricardo Tormo avrei trovato nel box anche Chambon e Fujiwara, titolari delle due selle ufficiali. Ma me la cavai benone”.
Benone?
“Andò benissimo: rifilai mezzo secondo a Stephane e a Katsuaki, lasciando Francis senza parole. Lui mi propose un altro anno nella Stock. Rifiutai e passai in MotoGP con la WCM, ma tornai alla Suzuki nel 2011, in Superbike. Io e Batta ci siamo tolti diverse soddisfazioni e a casa conservo la GSX-R vincente del 2003”.
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