La vittoria di Spinelli è una di quelle che rappresentano al meglio la SBK: un campionato dove tutto può succedere
La cavalcata trionfale di Nicholas Spinelli ad Assen, sotto la pioggia, ha fatto tornare alla mente alcune tra le vittorie più inaspettate ed emozionanti della storia della Superbike. La doppietta di Mauro Lucchiari nel 1995 a Misano in sella alla Ducati, per esempio. O la vittoria di Anthony Gobert nel 2000 a Phillip Island con la Bimota.
Storie da underdog, piloti dati per sfavoriti assoluti in partenza che, per un motivo o per l’altro, si ritrovano a vivere il sogno di un successo inaspettato.
Quella di Spinelli ha un valore aggiunto, rispetto alle imprese di Lucchiari e Gobert: Nicholas era alla prima gara nella top class delle derivate di serie. Debuttante quasi per caso, visto che si è ritrovato “vestito” da pilota del Barni Spark Racing Team in sostituzione dell’infortunato Danilo Petrucci.
Superbike, tutto il paddock dà forza a Danilo Petrucci
Il “manico”, Spinelli, l’ha sempre avuto: campione italiano CIV Moto3 prima (due volte) e Supersport Next Gen poi, ha dimostrato di poter andare forte nella 600 mondiale (un podio e sei risultati da Top 10 nel 2023) e nella MotoE iridata (due vittorie e tre podi) ma è ancora alla ricerca del suo “posto” nel motociclismo che conta. Sabato scorso, l’occasione l’ha sfruttata in pieno: ha scelto una gomma difficile, azzardando, ed è stato aiutato dall’interruzione della gara per bandiera rossa. Ma niente di tutto questo toglie prestigio alla sua vittoria.
Ci ha fatto emozionare per come ha guidato, per il sangue freddo che ha avuto, per la convinzione, la lucidità, l’efficacia e i sorpassi “folli” dei primi metri. Anche per storie come questa, siamo innamorati di questo sport.
E vedere la sua faccia pulita, il suo festeggiamento quasi incredulo con Marco Barnabò e l’atteggiamento un po’ “goffo” sul podio, tutto il contrario di quello dei marziani Razgatlioglu e Bautista (mica due pilotini qualsiasi…) accanto a lui, ci ha reso felici.
Perché ci ha fatto sentire questo sport ancora più umano. Più vicino a noi esseri normali.
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