Grazie al bolognese, la Casa giapponese entrò stabilmente nell’elite della Superbike: vittorie, podi, scivolate e duetti irripetibili con il team manager Batta
Il 1998 aveva rappresentato la stagione magica di Pierfranceso “Frankie” Chili che finalmente sulla Ducatona ufficiale gestita da Virginio Ferrari appariva imbattibile nonostante la nutrita schiera di agguerriti avversari davvero tosti. Da Foggy e Corser con le 996 a Slight ed Edwards con le Honda senza dimenticare Haga e Russell con la Yamaha o Yanagawa con la Kawasaki. La consueta pattuglia infernale in perfetto stile Superbike pronta a darsi battaglia a colpi di carena a ogni staccata per una stagione davvero fantastica. Con Virginio che aveva creato nei paddock un’avveniristica stazione spaziale che depositava davanti ai box con dentro tutti i ricambi perfettamente stipati e ordinatamente riposti a scomparsa, la squadra ufficiale Ducati vantava due piloti velocissimi e sempre vincenti. Inserito in questa struttura, Chili svettava su tutti e con la Rossa di Borgo Panigale strapazzava gli agguerritissimi avversari. L’unico vero avversario di Frankie era... Chili stesso, e la sua emotività.
Quella passione viscerale che lo portava a vivere ogni gara con un pathos totale, che purtroppo lo portò alla scivolata di Assen, penultimo atto del Mondiale. La famosa scivolata nel duello contro Fogarty all’ultima “esse” dell’ultimo giro precluse la scalata al Mondiale di Chili, ma anche la sua permanenza in Ducati. Già, perché dopo la rissa con l’inglese in Ducati non potevano certo licenziare il campione del Mondo. Quindi il bolognese, dopo una lunga militanza in Ducati, fu obbligato a cercare una nuova cavalcatura.
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Qui entra in scena un altro grande personaggio della SBK storica. Francis Batta, team manager belga passato dalla classe 500 alle neonate SBK e in quel momento capo delle Suzuki ufficiali. Sfavorite però dal regolamento tecnico, che relegava le quattro cilindri nipponiche a soltanto 750 cm³, che risultavano penalizzati rispetto ai mille delle Ducati. Per questo, in anni di partecipazione la Suzuki aveva davvero raccolto poco con vittorie sporadiche di wild card a Sugo e poco altro. Puntare su un talento cristallino come Frankie Chili fu una mossa vincente di Batta e della Suzuki. Spinto dal senso di rivalsa e da una classe invidiabile, Chili nel 1999 riuscì in brevissimo tempo a trasformare il brutto anatroccolo in un cigno in grado di puntare per la prima volta alle parti alte delle classifiche della difficilissima SBK. Sei podi con finalmente due vittorie in Austria e Germania – seguite dal successo della wild card Akira Ryo a Sugo – per la Suzuki con la sua GSX-R 750 con i bellissimi colori della birra Corona. Una stagione per uscire dall’anonimato diventando costante protagonista del mondiale SBK. Nel 2000 la Honda decise di schierare a sua volta un bel bicilindrico mille per correre ad armi pari contro la 998. Carl Fogarty si infortunò in Australia e Colin Edwards balzò al comando con la sua VTR mille contro un fantastico Noriyuki Haga con una Yamaha R7 nettamente inferiore alle avversarie. Ma quello era un periodo magico dove la classe e la grinta dei piloti riuscivano a colmare problemi e lacune tecniche, e Chili con la Suzuki e Haga con la Yamaha infiammavano il pubblico di tutto il Mondo.
Dieci podi e una vittoria pazzesca a Monza furono il bilancio finale di un’altra stagione memorabile per Chili e la Suzuki. Purtroppo questa differenza di cubatura, e quindi di cavalli, creava non pochi problemi alle quattro cilindri e nella snervante attesa di equiparare tutte le SBK a mille cm³ i rapporti tra il velocissimo Chili e la Suzuki iniziarono a raffreddarsi spingendo il bolognese di nuovo verso la Ducati. Un ritorno che si concretizzò a fine 2001, dopo una stagione in cui il bolognese andò sul podio soltanto a Donington, ma in grande stile: secondo in Gara 1 e vincitore in Gara 2. Nel triennio di Chili in Suzuki, la Casa nipponica vinse più che in tutta la sua storia in SBK fino ad allora, uscendo dall’anonimato tanto da convincere i suoi vertici a proseguire l’avventura tra le derivate dalla serie. Dove all’arrivo delle mille con la GSX-R, è diventata una delle regine della categoria.
Il merito è davvero dell’accoppiata Chili-Batta, due uomini che portarono la Suzuki a livelli di visibilità e competitività mai visti con una moto decisamente inferiore alle avversarie e soprattutto contro avversari terribili e agguerriti. Peraltro furono memorabili anche i confronti tra i due, iniziati da una serie di minacce da parte di Batta di andare in Argentina per ingaggiare un pilota del Motomondiale nonostante avesse già stipulato un preaccordo con Frankie. Batta sventolava spesso un biglietto aereo dicendo che era per l’Argentina, ultima prova del Motomondiale. Alla fine, però, i due firmarono il contratto e Batta confessò che in realtà si portava sempre dietro un vecchio biglietto per il Belgio, e che non aveva mai avuto intenzione di ingaggiare nessun altro, bensì soltanto mercanteggiare un po’ il compenso, alla fine stabilito molto in base ai risultati con grossi premi in caso di vittoria. Infatti si arrivò all’A1 Ring e Chili sulla pista umida volò al comando ma cadde, e quando rientrò ai box Batta gli chiese con un sorriso: “Bagnino quanti soldi hai perso oggi?”. Ma Frankie fece un capolavoro in Gara 2 portando la Suzuki alla prima vera vittoria nel mondiale SBK e sul podio urlò a Batta: “Prepara il portafoglio perché non ci credevi nemmeno te che avremmo vinto subito!”. Nel team l’atmosfera era davvero amichevole e familiare soprattutto per la bravura del “Moro” (Alberto Colombo) ma il compagno di team Katsuaki Fujiwara sembrava remare contro e con il suo meccanico giapponese seminava zizzania perché non credeva che la sua moto fosse identica a quella di Chili, visto il divario di risultati.
A Misano, nel 2000, Chili cadde e si ruppe una clavicola, così decise di fugare ogni dubbio al giapponese cedendogli la propria moto per Gara 2 ma con la raccomandazione di non toccare nulla nel set up. Con la moto preparata da Chili, Fujiwara arriva addirittura sul podio e cacciò via il suo meccanico ringraziando Frankie e dicendo a tutti i vertici della Suzuki che Chili era davvero un grandissimo tecnico. Frankie ha sicuramente segnato la storia della Suzuki ma anche del Team Batta, tanto che in tutta la sua lunghissima carriera questi tre anni rimangono un periodo che lui stesso ricorda con grande affetto e gratitudine.
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