Il belga ha vissuto due fasi nel paddock delle derivate dalla serie, e prima come organizzatore e quindi come team manager è stato innovatore e vincente. Con Alstare, la Suzuki ha rotto il ghiaccio in Supersport, con l’indimenticato Pirovano, e poi ha trionfato in Superbike con Corser
Parlare di Francis Batta (pronunciato con la “a” finale accentata), meglio conosciuto come Francesco Batta, significa spaziare in un trentennio leggendario di avventure, team, gare e piloti. Chi pensa che Batta sia soltanto un team manager di squadre titolate e molto vittoriose si sbaglia perché Francesco è molto di più: un personaggio vulcanico, carismatico, illuminato che ha avuto una grandissima influenza nel mondo delle moto e delle competizioni. In pochi sanno che buona parte delle fortune del mondiale Superbike si deve alle sue capacità di organizzatore. Appena acquisito il mondiale SBK, Maurizio Flammini non aveva ancora le idee molto chiare sul potenziale di questo campionato e soprattutto era coinvolto in numerosi altri progetti come la Formula 1 a Roma e altro. Quindi decise di affidarsi a Batta per far decollare questa strana formula con moto a quattro tempi derivate da modelli stradali. Il belga, in passato team manager nel Motomondiale con la Sanvenero e con la Cagiva nella 125 e nella 500, aveva un budget limitatissimo ma escogitò subito una serie di idee geniali e poco costose che fecero partire la SBK con il piede giusto.
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Innanzitutto comprese che senza andare in TV non avrebbe mai fatto capire a nessuno che spettacolo era questa strana SBK. Tuttavia non esisteva un budget tale da portare le telecamere e la regia e pagare gli operatori e i tecnici con relativi viaggi e alloggi. Dopo averci riflettuto ebbe un’idea geniale: su ogni pista avrebbe preso alcuni operatori locali dotati di telecamera e videoregistratore e posizionati a ogni curva li comandava via radio dicendo loro cosa e chi riprendere. Al termine di ogni gara si fiondava nel suo Executive Van dove erano presenti nove lettori e lui montava una gara perfetta come fosse una vera diretta. Alle 2 di notte spediva le cassette a tutte le TV del Mondo, che così iniziarono a passare le prime immagini di queste gare pazzesche, molto diverse dal Motomondiale.
Altra mossa coraggiosa fu quella di affidare il commento italiano a TMC consigliando un telecronista folle e molto fuori dai canoni classici delle normali telecronache. Con la sua compagna Patricia e soltanto cinque persone Batta creò una vera macchina da guerra che organizzava e gestiva un vero Mondiale in modo professionale e decisamente in controtendenza. Altra intuizione geniale fu quella di cambiare le regole del paddock trasformandolo da subito nel cuore pulsante di questo campionato. Porte aperte in tutte le Hospitality e clima molto amichevole, per trattare sempre in modo democratico tutte le problematiche di una macchina organizzativa che vedeva grossi interessi scontrarsi in pista e fuori. Il centro di tutto era chiamato elegantemente Executive Van, ma era soltanto un imponente autobus a due piani dove stazionavano manager e piloti. In poche stagioni Batta riuscì a portare tantissimo pubblico sugli spalti e ascolti TV incoraggianti. Di fronte a tale successo, Maurizio Flammini decise di prendere in prima persona la gestione della SBK affidandolo al giovane fratello Paolo, aprendo le porte a Francesco Batta per una lunga e vittoriosa carriera di team manager, in cui aveva debuttato in precedenza nella classe 500 con la Cagiva.
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Come sede del Team Alstare, Batta prese in Belgio una bellissima ex fabbrica di marmellate: al piano terra officine e banchi motore, poi al primo piano un team di designer e architetti che inventarono le famosissime e coloratissime livree delle moto e dei van mostrando a tutti che una moto da gara, oltre che veloce ed efficiente, poteva essere anche colorata e bella. L’inizio fu con Ducati in Supersport con il compianto Michael Paquay e Marco Lucchinelli. Il pilota belga vinse subito il titolo europeo Supersport che ancora non aveva titolazione iridata. L’anno seguente Batta ingaggiò Fabrizio Pirovano che rimase legato alla sua squadra e alla sua famiglia fino alla scomparsa, nel giugno 2016. Pirovano e Batta formarono un sodalizio in grado di cambiare la storia della SBK. Non soddisfatti del rapporto con la Ducati, Pirovano e Batta si fecero affidare le Suzuki 600 per il neonato mondiale Superport e il titolo mondiale arrivò subito, nel 1998.
Questa vittoria convinse la Suzuki ad affidare tutte le sue moto ufficiali al Team Alstare che l’anno successivo - con la livrea iconica della birra Corona - schierò Frankie Chili sulla quattro cilindri GSX-R 750 che fino ad allora aveva raccolto pochissime vittorie e soltanto con le wild card. Nel 1999 arrivarono due stupende vittorie ma soprattutto per la prima volta la Suzuki si ritrovò sempre in bagarre con i migliori: bastò una sola stagione per avere il maggior numero di risultati della storia della Suzuki in SBK convincendo la Casa nipponica a impegnarsi maggiormente, dato che la GSX-R scontava sempre un notevole gap di potenza rispetto alle bicilindriche mille. Così al cambio di regolamento che nel 2003 portò tutte le moto a mille di cilindrata, Batta potè schierare la bellissima GSX-R 1000 K5.
Se i tre anni di grandi soddisfazioni e successi con Chili e la 750 avevano aperto la strada, il sogno iridato si concretizzò nel 2005 con l’australiano Troy Corser. Subito dopo, Francesco e Pirovano iniziarono ad accarezzare un’idea molto suggestiva e potente: portare in SBK un quattro volte campione del Mondo nei GP come Max Biaggi. Pilota velocissimo e famosissimo. Un anno di trattative e nel 2007 arrivò davvero Biaggi nel Team Alstare. Fu chiaro a tutti che sarebbe stata una stagione particolare e che il romano avrebbe dato davvero un enorme impulso a questa categoria. Nei primi test invernali a Vallelunga si presentarono 10.000 fans scatenati del Corsaro e nella prima gara in Qatar in sala stampa erano presenti 150 giornalisti da tutto il Mondo. Esattamente come nel suo debutto in 500, Max riuscì a vincere al debutto in SBK portando l’interesse alle stelle. Max avrebbe potuto conquistare il titolo già in quella stagione ma problemi di consumo con le gomme e piccoli infortuni negarono il Mondiale al Team Alstare, che purtroppo l’anno successivo perse lo storico sponsor Corona e dovette rinunciare al Veloce Romano per il meno oneroso Max Neukirchner. La squadra ritornò al vertice nel 2010 con Leon Haslam che si installò in testa alla classifica provvisoria del Mondiale fino alla settima prova, in un’annata da tre vittorie e 14 podi, in un intenso ed emozionante duello con Biaggi, passato all’Aprilia.
Alla fine il titolo sfuggì a Leon per un motore andato in fumo a Imola e Batta iniziò a disamorarsi di questa fase moderna di un mondiale SBK che lui stesso aveva contribuito a far nascere e crescere con criteri e modelli però molto diversi dal nuovo corso storico targato Dorna. Batta ebbe un’altra brillante intuizione riportando la storica factory Bimota nel Mondiale 2014 con la veloce BB3 con motore BMW ma la Casa riminese non fu mai in grado di produrre e vendere il numero minimo di esemplari necessari per l’omologazione. Fu l’epilogo di uno dei team più rappresentativi della storia della Superbike: Batta rimane uno dei personaggi più innovativi, geniali e produttivi di quel primo lungo periodo di un Mondiale che senza di lui non avrebbe raggiunto certe vette di popolarità e successo. Grazie a figure mitiche come Batta, Oscar Rumi, Eraldo Ferracci, Neil Tuxworth, Nepoti, Caracchi e Farnè, il Mondiale Superbike è entrato subito nel cuore dei motociclisti di tutto il Mondo.
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