Trent’anni dopo il titolo AMA di Corser, la Ducati torna a primeggiare anche nella Superbike a stelle e strisce: merito di Herrin
Era il 1994, quando un giovane Troy Corser conquistava il titolo nell’allora AMA Superbike in sella alla Ducati del Team Fast by Ferracci prima di approdare in pianta stabile nel Mondiale e diventare una leggenda della SBK con due titoli all’attivo.
Per il marchio bolognese l’attesa del ritorno al vertice negli States – tradizionale mercato cruciale per la Ducati – è durata ben trent’anni, ma questa stagione si è conclusa con uno storico ritorno al successo grazie a Josh Herrin. Il quale in sella alla Panigale V4 R del Team Warhorse HSBK – con tanto di colorazione ispirata proprio alla livrea del ‘94 del team di Eraldo Ferracci – ha conquistato il suo secondo titolo personale nella Superbike a stelle e strisce, undici anni dopo il primo. E riportando al top la Casa di Borgo Panigale, Herrin ha interrotto il lungo dominio della Yamaha e del Team Attack Performance.
Dieci anni dopo una presenza eterea nel Motomondiale – zero punti in mezza stagione della Moto2 con la Caterham Suter – Herrin ha vissuto un 2024 stellare visto che non ha soltanto riconquistato il titolo, con sei vittorie e altri sette piazzamenti a podio. Il trentaquattrenne californiano ha trionfato – sempre con la Ducati, ma in questo caso la Panigale V2 – anche alla prestigiosa 200 Miglia di Daytona per la seconda volta consecutiva, confermandosi il pilota più forte della stagione nel competitivo panorama a stelle e strisce. Parlando della Ducati va menzionata anche la presenza di Loris Baz, che da compagno di squadra di Herrin ha concluso in quinta posizione con quattro podi, e la ciliegina della splendida vittoria nella manche conclusiva nel New Jersey, che gli ha permesso di diventare il primo francese a salire sul gradino più alto del podio nella classe regina americana.
Il rivale di Herrin è stato Cameron Beaubier, tornato nel MotoAmerica dopo l’esperienza nella Moto2 iridata con l’obiettivo di puntare al sesto titolo nazionale. Il californiano classe 1992 si è rivelato un avversario particolarmente agguerrito nonché l’unico in grado di tenere aperti i giochi fino all’ultimo round, nonostante l’infortunio rimediato a Road America che l’ha costretto a stare fermo anche nel successivo appuntamento di Brainerd. Il secondo posto finale è stato quindi ragguardevole, senza dimenticare che i titoli Beaubier li aveva conquistati con la Yamaha, mentre quest’anno ha corso con la BMW di Tytlers Cycle Racing, con cui si è trovato immediatamente a proprio agio. Sulla moto tedesca ha brillato anche un altro ex Moto2 come Sean Dylan Kelly, già campione americano Supersport che, al debutto sulla M1000 RR del Team TopPro Motorsports, si è rivelato decisamente competitivo (vincendo ad Austin) anche se incline all’errore. Kelly ha concluso al quarto posto, alle spalle anche di un pilota ben più esperto tra le big bikes come Bobby Fong, il migliore tra i piloti Yamaha in un’annata difficile per la Casa di Iwata.
La Yamaha e la sua squadra ufficiale Attack Performance si possono considerare le grandi deluse della stagione. Il tre volte campione in carica Jake Gagne – che aveva vinto il titolo 2022 battendo Danilo Petrucci – non è riuscito a centrare il poker di trionfi consecutivi e, soprattutto, ha concluso in anticipo la stagione a causa di un infortunio. A sostituire il trentaduenne californiano è stato lo spagnolo Xavi Forés, rimpiazzo di lusso visto che ha corso quasi tutta la stagione tra Suzuki e Yamaha nel ruolo di “jolly”. Gagne ha utilizzato il periodo di riposo aggiuntivo per tornare al top della forma fisica e sarà senza dubbio uno dei grandi pretendenti al titolo nel 2025, visto che tornerà con gli stessi colori e un’enorme voglia di riscatto affiancando la new entry della squadra, ovvero Fong, altro pretendente in una corsa al titolo che si prospetta come una delle più incerte degli ultimi anni.
Il MotoAmerica, però, va ben oltre la Superbike. Il campionato ridestato da Wayne Rainey annovera infatti numerose categorie, tra le quali una si è evoluta, in poco tempo, da folkloristica in iconica. Nata nel 2020 con un campionato in gara unica, la categoria King of the Baggers è ora pronta per essere studiata (e poi esportata?), segno distintivo di come l’idea abbia funzionato. Del resto è sufficiente vedere l’impegno – con veri e propri squadroni ufficiali – di Harley-Davidson e Indian, che si danno battaglia tra i cordoli con moto (come da regolamento si tratta di custom dotate di borse laterali e dal peso di circa 300 kg) comunque in grado di far registrare tempi sul giro non distanti da quelli delle ben più leggere e agili Supersport.
A vincere è stato il Team Factory Indian grazie a Troy Herfoss, capace di adattarsi in fretta al campionato andando a conquistare il titolo in sella alla Challenger dopo una bella lotta con Kyle Wyman, che invece era in sella alla Harley-Davidson Road Glide del team ufficiale Screamin’ Eagle. I due hanno dominato la stagione conquistando tredici vittorie – sette Herfoss, sei Wyman – lasciando soltanto le Briciole agli avversari, e il campionato si è deciso soltanto all’ultimo round a favore dell’australiano, per 11 punti.
Le Baggers hanno riscosso particolare successo anche grazie all’avvicinamento al Motomondiale. In occasione della tappa iridata di Austin. infatti, si è svolto uno dei round della serie a stelle e strisce attirando la curiosità del paddock mondiale, così come accaduto anche dopo il GP conclusivo di Barcellona quando proprio Wyman e James Rispoli hanno girato con le Road Glide assieme a Marco Melandri e Randy Mamola, stupiti positivamente dalle caratteristiche della moto. Vista la grande crescita di una serie così particolare – in grado di incuriosire la stessa Dorna – non va escluso un approdo a tempo pieno nel panorama internazionale. E in un futuro nemmeno così lontano.
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