Misano 1982: Franco Uncini, in volo verso l'iride

Misano 1982: Franco Uncini, in volo verso l'iride© Fraternali

Nel 1982 il marchigiano dominò la 500, mettendo in chiaro le proprie ambizioni: al successo di Misano seguirono altre tre affermazioni, per un titolo conquistato in scioltezza. Ma non ditelo al suo meccanico Ciamberlini: "La tensione mi divorò!"

16.08.2021 ( Aggiornata il 16.08.2021 21:52 )

Un utilizzo così improprio del suo amato cacciavite, Mario Ciamberlini non lo aveva mai messo in atto. Il fido meccanico di Franco Uncini, tanta era la tensione provata durante il GP Nazioni del 1982, iniziò dal primo giro di gara della 500 a strisciare ripetutamente l’inseparabile utensile sul guard-rail che delimitava la corsia dei box dal rettilineo del Santamonica. Di passaggio in passaggio, i piccoli segni lasciati sulla lamiera divennero un vero e proprio solco. Una operazione chirurgica, perfettamente sincronizzata con numerosi tiri di sigaretta, anzi, di sigarette estratte dal pacchetto (semi) nascosto in tasca alla camicia griffata Team Gallina. Il “suo” pilota, stava andando più che bene. Uncini, contrariamente al solito (lui che con la sua corporatura minuta faticava con la partenza a spinta delle pesanti e potenti 500), trovò un avvio perfetto dalla pole, in virtù di una tecnica studiata assieme proprio a Mario: “Occorreva contare i passi- Ciamberlini ricorda gli allenamenti condivisi con l’amico e compagno di avventure - a volte lui ne faceva quattro, in altre occasioni sei. Andava girato nel momento giusto il comando del gas e compiuto il salto in sella con agilità e rapidità”.

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Ciamberlini: "Franco era unico"


Operazione compiuta alla perfezione dal pilota della Suzuki, in testa nella serie di pieghe consecutive sinistrorse del Carro: “Era assolutamente unico - Mario continua il racconto - nelle curve veloci e in quelle lente. Uncini aveva una corporatura piccola, per lui era impossibile guidare di forza, perciò prediligeva esibire uno stile scorrevole, delicato. Lui doveva soltanto pensare a gareggiare, io mio occupavo del resto”.

“Ciamberlein”, questo il soprannome dell’abile tecnico, trovava ulteriori cavalli al quattro cilindri di Hamamatsu, spremendolo come un limone. Merito delle ore trascorse in officina e quelle spese nei test, impossibili da calcolare: “Per competere nella mezzo litro dell’epoca bisognava fare così - svela dopo ben 38 anni - ossia, provare, provare e provare. Ogni modifica richiedeva giri di pista. Il meccanico e il pilota divenivano una coppia solida e affiatata. Proprio come eravamo io e Franco: lui descriveva come avrebbe voluto la moto, io agivo. Roberto Gallina si occupava della parte ciclistica e delle sospensioni. La nostra RG si rivelò efficace e Uncini seppe trarne il meglio”.

Accadde in particolare in quella gara di Misano del 1982: partire a gomme fredde, imponendo un ritmo “alla Spencer”, tale da seminare gli avversari, in primis proprio l’americano della Honda. Copiare traiettorie identiche e perfette in ogni tornata, gestendo gli sforzi fisici, l’appuntita erogazione della 500, le gomme che calavano di grip dopo pochi chilometri e il grosso serbatoio di carburante che si alleggeriva rapidamente. Seminare rivali come Fast Freddie, Graeme Crosby, Kenny Roberts e il campione in carica Marco Lucchinelli, giunti al traguardo attardati alle spalle di Uncini. Ecco le azioni vincenti dell’allora ventisettenne di Civitanova Marche, che a Misano aveva già colto nella classe regina un risultato da secondo gradino del podio. Il gradino alto e centrale, però, regalò tutt’altro sapore: “Anche perché la concorrenza affrontata e battuta era agguerrita – Ciamberlini ripercorre i primi GP disputati nella stagione coronata con il titolo – partire bene in Argentina, fu determinante, il quarto posto di Buenos Aires ci diede coraggio. Con ancora più carica lasciammo Salisburgo dove si vinse alla grande. Dopo il terzo posto di Jarama, arrivò il Santamonica, in un’attesa per l’evento incredibilmente alta”.

Una vittoria fondamentale


Pienone di pubblico, domenica 30 maggio 1982. La 500 chiuse il programma ufficiale, con lo scatto dal semaforo alle ore 16. Il Gran Premio durò quasi un’ora e mise alla prova tutti i partecipanti, tra i quali i ritirati illustri Randy Mamola e Barry Sheene, traditi dalle rispettive Suzuki e Yamaha. La moto azzurra numero tredici, invece, funzionò come un orologio svizzero e puntuale arrivò il successo dell’italiano che, complice il quarto posto di King Kenny, appaiò in vetta alla classifica il Marziano, spiccando poi il volo verso l’iride: “Noi del team Gallina ci credevamo – continua il meccanico del vincitore – Franco pure. Sapevamo come intervenire sulla Suzuki, che non era la moto più potente della griglia, ma la più equilibrata ed efficace nelle curve. Non a caso, dopo il primo posto di Misano, Uncini fu capace di ripetersi ad Assen, Rijeka e Silverstone. Parliamo di circuiti ricchi di curve, nei quali si primeggiava soltanto viaggiando forte in piega”. A proposito di pieghe, quella del Mondiale si rivelò favorevole al team spezzino, già campione nel 1981 con Lucchinelli, che preferì poi sfoggiare il numero 1 sulla Honda NS ufficiale.

L’affermazione di Silverstone fu l’ultima della carriera per Uncini, alla quale seguirono tre ritiri. I punti di vantaggio accumulati gli bastarono comunque per respingere l’assalto di Crosby e regalare alla Suzuki il quarto titolo nell’arco di sette stagioni, dopo i trionfi di Sheene e Lucchinelli. La Casa di Hamamatsu si abituò bene, ma dopo l’alloro di Uncini dovette attendere 11 anni per primeggiare nuovamente, con Kevin Schwantz. “Il GP di Misano fu il più importante, Franco mantenne i nervi saldi e il primo posto, facendo capire quanto volesse diventare il migliore della 500. Uncini si dimostrò tranquillo, io... un po’ meno - conclude il tecnico - con il cacciavite rovinai il guard-rail e persi il conto delle sigarette fumate”.

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