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Honda CBR600F: prova novità

Brillante ma facile, più comoda e molto versatile. La Honda CBR600F è una valida alternativa alle supersportive moderne. E costa 8.590 euro franco concessionario.
 
 
 

 
La Prova
L'alternativa

ALCALÀ DE GUADAIRA (SPAGNA) – È come svegliarsi dopo una sbornia, con la testa pesante e la consapevolezza di essersi spinti oltre il limite. I numeri sono lì a testimoniare con il calo delle vendite che le 600 supersportive non sono più in cima ai sogni dei motociclisti. Bellissime per la pista ma troppo impiccate, troppo nervose e forse anche troppo potenti per dare gusto su strade irte di traffico e controlli di velocità. Honda è stata la prima ad avere il coraggio di fare un passo indietro, che in realtà non è un passo indietro ma un approccio intelligente: la CBR600F è il ritorno a una formula di supersportiva che non rinuncia alle prestazioni ma nemmeno chiede di essere guidata con il coltello tra i denti; appaga l’occhio ed ha anche quella punta di peperoncino che dà gusto a un pilota smaliziato, ma non ha bisogno di essere frustata a sangue per correre veloce, non chiede adrenalina a secchiate. Supersportiva, ma umana. Come lo era stata fino al 2004, l’ultimo anno in cui un modello con lo stesso nome comparve nei listini Honda. Dopo fu la corsa agli armamenti. Adesso torna, la CBR600F, tutta nuova; supersportiva stradale affiancata alla CBR600RR, che rimane per i “pistard” irriducibili. E probabilmente apre – anzi, riapre – una strada percorribile e capace di portare lontano, là dove l’esasperazione aveva ormai raggiunto il capolinea. Dal punto di vista di un giornalista il suo guaio maggiore la accomuna alla maggior parte delle Honda, ed è la mancanza di difetti veri e propri: se ne possono apprezzare le caratteristiche in misura differente ma non c’è nulla di oggettivamente negativo, a costo di passare per “buonisti”. Ma tant’è, l’ombra dell’Ala Dorata è sempre confortevole e non poteva fare eccezione la CBR600F, moto nata per diventare un cavallo di battaglia. E allora da brava Honda fa sentire subito a proprio agio, la si avverte sotto controllo sin dai primi metri; appare altrettanto evidente la necessità di scoprirla fino in fondo per riuscire a trarne il meglio, ma in difficoltà non mette mai e lascia tutto in funzione di quanto si ha voglia di “girare” l’acceleratore. Se ci si ferma i piedi arrivano bene a terra, quando si parte la si trova piacevolmente leggera e corta, con tutti gli elementi al posto in cui devono essere: pedane, sella e manubrio, in una posizione sportiva ma per niente esasperata perché la mani sono 8 cm più in alto rispetto alla CBR/RR, il busto è ancora inclinato ma la pressione sui palmi delle mani è modesta. E nonostante pedane e sella siano nell’identica posizione della RR, che è anche la stessa della Hornet, le ginocchia non stanno strette ma i piedi spingono bene sulla pedana. È un assetto di guida moderatamente sportivo, qualcosa che va bene sia per le strade tutte curve, sia per fare dei chilometri, tanti; forse un serbatoio leggermente più alto nella parte posteriore avrebbe dato un maggior contatto con la moto ma è proprio un cercare il pelo nell’uovo.

IL BELLO della CBR600F è la sua naturalezza, cioè la provvidenziale unione di agilità ed equilibrio che si avverte fin dalle velocità più basse: volendo se la cava bene anche in città, perché è corta e ha un discreto raggio di sterzata. Ma soprattutto è naturale tra le curve – è nata per quello – perché la sua guida è molto fluida: scende in piega che è una meraviglia ma non è nervosa e reattiva come una naked; piuttosto è pulita e progressiva, e non serve nemmeno tanta forza, con la complicità di un manubrio abbastanza largo. Se anche si arriva dentro la traiettoria ancora frenati la moto va comunque giù bene, segue i comandi senza fare storie, solo leggermente più “dura”: sulle strade di montagna è una gran bella dote. Va da sé che a centro curva la “supersportiva facile” Honda sia neutra, stabile, impeccabile. Potrebbe fare qualcosa di diverso nel suo ambiente naturale? È tutto nelle mani di chi guida, nel senso che sorprese non ce ne sono e si può tenere senza fatica il passo che ci si sente. Anche un bel passo cattivo, volendo, oppure andare a zonzo: per la 600F va bene tutto. Solo oltre i 130 km/h si fa un po’ – solo un po’ – più dura da indirizzare, ma viene in aiuto il largo manubrio. La forcella è stata tenuta più morbida rispetto a quella della RR, un po’ per la minore esasperazione e un po’ per il minor carico determinato dal manubrio più alto; meno pistaiola, perfetta per l’uso stradale, copia bene le asperità e in frenata contrasta l’affondamento quanto serve, senza sbilanciare. Un po’ più secco il posteriore ma ancora una volta siamo nelle sfumature, soprattutto se si considera che è comunque una moto abbastanza sportiva.

I FRENI, nella versione con ABS e intervento combinato di questo test, sono uno dei punti di eccellenza. L’anteriore non è brusco nell’attacco ma è potente e progressivo, risponde con tutta la forza che gli si vuole chiedere, e con in più la sicurezza che viene da un ABS efficace; un po’ meno brillante la risposta all’azione sul pedale, non altrettanto incisiva né sensibile, ma è soprattutto perché bisogna abituarsi a una corsa lunghina, ed eventualmente ad usare più decisione. Comunque è perfetto come accompagnamento e correzione tra le serpentine di un percorso tortuoso. Il motore è lo stesso della Hornet, gravato da qualche chilo di carena in più (8) e alleggerito dalla migliore penetrazione aerodinamica. Un gran bel motore per il carattere della 600F, anche questo facile per tutti e cattivo per chi vuole. Gustoso, pulito come una turbina e con un rombo linere che su di giri si trasforma in un bel “fischio” e in una bellissima spinta. Non sarebbe disprezzabile un po’ più di “schiena”, cioè di tiro ai medi regimi, ma resta pur sempre un 600 cm3 e non è giusto chiedere la luna. Tira sempre ed ha una bella potenza– 75 kW, 8 meno della CBR –; viene via pulito già a 2000 giri in sesta, attorno ai 6000 si irrobustisce e tra gli 8500 e i 9000 spinge forte davvero sparando verso i 12.000 della linea rossa, ma sempre con una progressione lineare. Brillante eppure facile perché cresce sempre ma non esplode mai, ha carattere ma non è scorbutico. Solo, è difficile sapere a che regime si sta viaggiando perché il contagiri a barre è piccolo e male illuminato. Nel cruscotto dal piacevole disegno sportivo l’unico dato ben leggibile è quello del tachimetro, e si sente la mancanza di un indicatore della marcia inserita. Il cambio comunque è ineccepibile, ben spaziato, con innesti precisi e una corsa corta: non sbaglia una marcia. Non è da meno la frizione, il cui comando a filo non fa rimpiangere quelli idraulici. Perché la CBR600F è una sportiva che non si trasforma in uno strumento di tortura, ce ne si accorge anche in viaggi di una certa durata: casco e spalle sono abbastanza esposti all’aria ma è pur sempre una moto da manubrio basso, e comunque i flussi sono puliti e senza vortici, le gambe sono protette e anche le mani. Non sta male nemmeno il passeggero: gli appigli sotto il codone non sono felicissimi ma la sua posizione è naturale, non si trova appollaiato troppo in alto né le gambe stanno rannicchiate; e per una sportiva questa è davvero una cosa eccezionale.


La tecnica
ANIMA STRADALE, LOOK SPORT
 

DIETRO alla CBR/F c’è un gran bel lavoro del designer, capace di progettare una supersportiva che ricorda la CBR/RR attorno a un nocciolo strettamente derivato dalla Hornet. Il che è una cosa ragionevole perché entrambe nascono per un uso stradale e non precipuamente per la pista. Dunque la “F” ha un telaio monotrave superiore in alluminio realizzato con un sistema di fusione gravitazionale e con le stesse misure agili della Hornet, dall’inclinazione di sterzo all’altezza della sella. Però è diversa la posizione di guida perché il manubrio è più alto di 7 cm, oltre che più largo, ed è diversa anche la destinazione d’uso vista l’anima sportiva della F. Di conseguenza le sospensioni hanno tarature differenti, più sostenute di quelle della naked. Esternamente restano quelle già note: la forcella a steli rovesciati di 41 mm Ø con cartuccia interna, regolabile nel precarico e nel freno in estensione, e dietro un unico ammortizzatore sistemato in posizione verticale, anch’esso regolabile nel precarico e nel freno in estensione, che lavora senza interposizione di leveraggi, collegato in maniera diretta al telaio e al forcellone scatolato in alluminio. Più semplice di così...

D’ALTRONDE la CBR/F è una moto che dà tanto senza perdersi in leziosità, è assemblata con cura ma non offre particolari sofisticazioni: comandi efficienti e funzionali ma di disegno non inedito, le leve non hanno possibilità di regolazione – delle quali peraltro non si sente il bisogno –, il comando frizione è a filo, comunque dolcissimo. Sui freni c’è possibilità di scelta perché le proposte sono due: quella con ABS e intervento combinato di questo test, o la più tradizionale soluzione a comandi indipendenti. In entrambe le versioni ci sono due dischi di 296 mm Ø davanti e un disco di 240 mm Ø con pinza a un pistoncino dietro; differiscono invece le pinze anteriori, a tre pistoncini nel primo caso e a due nel secondo. Poco da aggiungere a quanto già si sa del motore, il quattro cilindri sviluppato in origine per la CBR600RR 2007 e montato anche sulla Hornet attuale. Fortemente superquadro, dotato di distribuzione bialbero a quattro valvole, iniezione e corpi farfallati di 36 mm Ø, è stato reso più trattabile ma nella sostanza non è cambiato anche perché era già piuttosto moderno, con la frizione “alta” per ridurne l’interasse. Il cambio naturalmente è a sei marce. Piuttosto è sull’estetica che si è lavorato tanto: una carrozzeria inedita, disegnata dall’italianissimo Valerio Aiello. Carena a doppio strato per migliorare penetrazione e raffreddamento, faro triangolare con luci di posizione blu, codino sfuggente e serbatoio gibboso. Le livree non la sottolineano quanto merita, forse per l’eccessivo uso del bianco, ma le linee sono davvero riuscite.


Identikit
 
  • Motore
  • 4 cilindri, 4T, raffreddato a liquido. Alesaggio e corsa 67 x 42,5 mm. Cilindrata 599,4 cm3. Compressione 12:1. Distribuzione DOHC, 4 valvole. Iniezione, corpi farfallati 36 mm Ø. Accensione elettronica. Lubrificazione a carter umido. Avviamento elettrico.
  • Trasmissione
  • Primaria a ingranaggi, finale a catena. Frizione multidisco in bagno d’olio a comando meccanico, cambio a sei marce.
  • Ciclistica
  • Telaio monotrave in alluminio. Sospensioni: ant. forcella a steli rovesciati 41 mm Ø regolabile nel precarico e nel freno in estensione, corsa 120 mm; post. forcellone e un ammortizzatore centrale regolabile nel precarico e nel freno in estensione, corsa ruota 128 mm. Freni: ant. 2 dischi 296 mm Ø, pinze a 2 pistoncini (3 pistoncini nella versione con intervento combinato e ABS); post. un disco 240 mm Ø, pinza a 1 pistoncino. Pneumatici: ant. 120/70 ZR17”; post. 180/55 ZR17”.
  • Dimensioni
  • Interasse 1437 mm, lunghezza 2150 mm, larghezza 740 mm, altezza 1150 mm, altezza sella 800 mm, luce a terra 135 mm. Inclinazione cannotto 25°. Avancorsa 99 mm. Capacità del serbatoio carburante 18,4 litri.