ROMA - L’armatura è cambiata, ma il cuore ed il fisico sono rimasti gli stessi. La Hornet 2011, infatti, sembra radicalmente diversa rispetto al modello rimasto in produzione dal 2007 al 2010, ma in realtà il motore, il telaio, le sospensioni ed i freni delle due versioni sono identici. Il design, invece, è stato profondamente rivisto: il faro anteriore ed il codino si ispirano a quelli della CB1000R; il serbatoio e la zona centrale della moto, invece, non sono stati modificati. La Hornet, insomma, è tornata ad essere quello che era in origine, ovvero una naked dall’immagine sportiva. Con l’arrivo della versione 2007, Honda aveva provato a cambiare strada, cercando di rendere la sua piccola naked meno aggressiva dal punto di vista estetico e più versatile. Più adatta a tutti, insomma. L’esperimento non è perfettamente riuscito, il mercato sta premiando i modelli caratterizzati da linee tese e spigolose, simili a quelle delle moto sportive, e Honda ha fatto un passo indietro, adeguandosi alle richieste degli utenti.
La nuova Hornet ha lo stesso identico comportamento della precedente versione. Uno dei punti di forza del modello 2011 è la posizione di guida. Nonostante un piano di seduta non particolarmente alto e la compattezza della moto, lo spazio a bordo non manca. La Hornet è ospitale, per tutti: ragazzi dalla corporatura esile, uomini alti e robusti ed anche per le donne. La sella, caratterizzata da un’imbottitura un filo rigida (sia quella del conducente, sia quella del passeggero), è stretta, quindi nelle soste cittadine tra un semaforo e l’altro si riescono a poggiare facilmente entrambi i piedi a terra. Il manubrio è abbastanza rialzato rispetto al piano di seduta, ma non è eccessivamente largo: in frenata non si avverte un eccessivo carico sui polsi, in quanto non si è costretti a guidare con il busto troppo inclinato verso l’avantreno, ed alle alte velocità è possibile tenere i gomiti vicini al busto per ottenere una buona protezione aerodinamica, buona fino a 130 km/h, nonostante la mancanza del parabrezza.
IL PUNTO di forza della Hornet è il motore, parente stretto del propulsore montato sulla CBR600RR. Stiamo parlando di un quadricilindrico di 599 cm3, unità di solito contraddistinte da un ottimo allungo, ma non particolarmente performanti in basso. Il propulsore della Hornet, invece, fa eccezione, perché, anche usando i rapporti lunghi, il tiro ai medi regimi è più che sufficiente per divertirsi ed evitare di scalare una marcia, sia quando si usa la moto in città, sia quando si passeggia nelle strade miste extraurbane. L’unico neo, è una risposta al gas un filo brusca quando si passa da una condizione di gas completamente chiuso ad un’altra di gas parzialmente aperto. Quello che in gergo viene definito l’effetto on/off era un piccolo difetto del vecchio modello, presente anche sulla versione 2011.
Sorprendente l’elasticità del motore, che con la sesta marcia inserita riesce a mantenere un funzionamento regolare anche a soli 20 km/h, con l’ago del contagiri appena sopra quota 1000 giri/’! Fantastico. È soprattutto per questo motivo che la Hornet è una moto facile; quando non si vuole andare alla ricerca del limite, infatti, è possibile ridurre al minimo l’uso del cambio, che comunque funziona benissimo, anche quando il motore è freddo. Gli innesti, infatti, pur essendo un filo duri, sono molto precisi ed il comando frizione è morbido, modulabile e progressivo, sia in partenza, sia in staccata.
Volendo aumentare il ritmo, il carattere del quadricilindrico cambia notevolmente. Utilizzando il motore tra i 4000 e gli 8000 giri/’ e sfruttando il 50% dell’apertura farfalla, si avverte un tiro corposo, paragonabile a quello di unità di maggiore cilindrata. Andando oltre ed iniziando a sfruttare tutto il potenziale di questo propulsore, bisogna però mantenere l’ago del contagiri tra 8500 e 12.000 giri/’. È in questo arco di utilizzo che la spinta ed il sound di aspirazione diventano aggressivi, simili a quelli di una moto sportiva. Per evitare un cambio marcia, o più semplicemente per il gusto di sfruttare fino il fondo le doti del motore, ci si può spingere anche oltre quota 13.000 giri/’, dove, però, la potenza e la spinta calano un po’.
Il propulsore della Hornet ha quindi due facce. Quando viene usato per passeggiare è docile, facile da usare, caratterizzato da un funzionamento molto regolare ed esente da vibrazioni; quando arriva il momento di guidare in modo sportivo tira fuori le unghie, trasformandosi in una vera unità da supersport, che come tale dà il suo meglio agli elevati regimi di rotazione.
CICLISTICAMENTE la migliore dote della Hornet è la maneggevolezza. Anche a bassissima velocità questa piccola Honda è facile da guidare come e più di uno scooter: l’avantreno non diventa mai pesante e l’ampia capacità di sterzata facilita le manovre. Nonostante una notevole agilità, all’aumentare della velocità l’avantreno non s’innervosisce e non perde precisione, anzi il feeling con la moto è sempre eccellente, anche nei tratti dove l’asfalto è umido o non in perfette condizioni.
La Hornet, insomma, ha una distribuzione dei pesi azzeccata, che riesce addirittura a coprire i difetti delle sospensioni, discrete, ma nulla di più. In accelerazione, l’ammortizzatore evita eccessivi trasferimenti di carico verso il retrotreno, garantendo di conseguenza una buona precisione direzionale.
Per ottenere questo risultato senza l’utilizzo di una sospensione progressiva è però stato necessario scegliere un setting piuttosto rigido, che penalizza il comfort e compromette parzialmente la stabilità della moto nelle curve con fondo sconnesso. La forcella, al contrario, ha una taratura piuttosto morbida nel primo tratto di escursione, ma poi si irrigidisce abbastanza bruscamente. In normali condizioni di utilizzo questo fatto non rappresenta un problema, però, staccando con decisione, si avvertono dei leggeri saltellamenti del pneumatico anteriore, evidentemente troppo sollecitato. In questi frangenti si apprezza il lavoro dell’ABS, abbinato alla frenata combinata. Il sistema messo a punto dalla Honda è senza ombra di dubbio uno dei migliori in circolazione (nella categoria delle naked di media cilindrata, s’intende). L’ABS, infatti, non entra mai in funzione troppo presto e quando viene in aiuto del pilota lo fa in maniera abbastanza discreta.
Non è un sistema racing, intendiamoci, però quando si usa la moto in modo sportivo non crea problemi, anzi, riesce ad evitare sempre il bloccaggio della ruota anteriore, nascondendo i limiti di una forcella adatta più che altro all’uso turistico. Inoltre, oltre ad avere una buona potenza, i freni della Hornet risultano anche molto modulabili e quindi perfetti per l’uso in città, dove un impianto frenante troppo aggressivo è solo fonte di guai...
LA HORNET è stata sempre caratterizzata da un buon rapporto qualità/ prezzo. Non è la naked sportiva più economica della sua categoria, però è anche vero che il livello medio delle finiture è molto buono. Osservandola con uno sguardo attento si rimane favorevolmente impressionati dalle fusioni di motore, telaio, piastre di sterzo e cerchi, tutti caratterizzati da una superficie poco porosa. Di buona qualità anche la realizzazione dell’impianto di scarico e delle sue protezioni: lo spessore dei cordoni delle saldature è basso e le cromature ben fatte.
Altri dettagli degni di nota sono: la cura con cui sono stati nascosti i cavi ed i tubi (quello dell’impianto di raffreddamento collegato al radiatore, ad esempio, passa tra il serbatoio e la testata ed è quasi completamente occultato), il sistema racing per effettuare la regolazione della tensione catena, le verniciature, la fattura della bulloneria e della componentistica (il manubrio, ad esempio, è cromato ed i comandi non hanno un aspetto economico). IL MOTORE deriva da quello della CBR600RR del 2007. In quell’anno Honda installò la nuova unità (con ovvie differenze a livello di potenza, coppia ed erogazione) sia sulla supersportiva che sulla Hornet, scelta che mise in evidenza l’importanza del modello nudo. Oggi quel propulsore, eccezion fatta per alcuni piccoli aggiornamenti, non è stato modificato, quindi la Hornet è ancora equipaggiata con il quadricilindrico di 599 cm3 più evoluto prodotto dal colosso nipponico. Le differenze tra il motore della CBR- 600RR e quello della Hornet riguardano essenzialmente la fasatura di distribuzione (quella della sportiva è studiata per garantire maggiore allungo, mentre sulla nuda è stata ridotta la potenza massima per avere un maggior tiro ai medi regimi), sono cambiati il rapporto di compressione ed alcuni dettagli tecnici, come ad esempio il doppio iniettore per cilindro e l’impianto di aspirazione che crea una sovrapressione all’interno dell’airbox (“plus” presenti solo sulla CBR).
Inoltre, mentre sulla CBR600RR l’impianto di scarico termina sotto il sellino del passeggero, sulla Hornet è stato installato in basso: i collettori si collegano ad una grossa camera, all’interno della quale c’è il catalizzatore, ed il silenziatore, molto corto, vien fissato sotto la pedana del passeggero. Questa scelta ha consentito di ottimizzare la centralizzazione delle masse, abbassare il baricentro e migliorare la guidabilità alle basse velocità. IL TELAIO monotrave in alluminio è composto da tre pezzi (quello anteriore, quello dorsale e quello posteriore). La procedura costruttiva prevede la realizzazione delle singole parti tramite una fusione in conchiglia (che Honda, con un termine più aulico, definisce gravitazionale). Queste parti vengono successivamente saldate. Il forcellone, sempre costruito in alluminio, non ha la capriata di rinforzo, ma ha un aspetto robusto e rifinito. Sul lato destro c’è l’attacco dell’ammortizzatore (regolabile nel precarico molla e nel freno idraulico in estensione), che collega il forcellone al telaio senza l’ausilio di leveraggi. Sulla forcella a steli rovesciati, invece, si può solo variare il freno idraulico in estensione.
La Hornet è disponibile con e senza ABS (il sistema anti bloccaggio dei pneumatici è abbinato ad un ripartitore automatico della frenata). Sul primo di questi due modelli le pinze freno anteriori hanno tre pistoncini; quello centrale della pinza destra si attiva automaticamente quando si aziona il freno posteriore. Sulla versione senza ABS, che costa 7590 euro franco concessionario, le pinze freno anteriori sono sempre flottanti, ma hanno solo due pistoncini.
- Motore
- Quattro cilindri in linea, 4 tempi, raffreddato a liquido con pompa di circolazione. Cilindrata 599 cm3. Alesaggio e corsa 67 x 42,5 mm. Rapporto di compressione 12:1. Distribuzione doppio albero a camme in testa, 16 valvole. Alimentazione ad iniezione elettronica PGM-FI, con corpi farfallati di 36 mm Ø. Lubrificazione forzata a carter umido. Avviamento elettrico.
- Trasmissione
- Primaria a ingranaggi, finale a catena. Frizione multidisco in bagno d’olio a comando meccanico. Cambio a sei marce.
- Ciclistica
- Telaio monotrave in alluminio. Sospensioni: anteriore forcella regolabile a steli rovesciati di 41 mm Ø, corsa ruota 120 mm; posteriore forcellone oscillante in alluminio con un ammortizzatore regolabile, corsa ruota 128 mm. Freni con ABS: anteriore due dischi di 296 mm Ø, pinze flottanti a tre pistoncini; posteriore un disco di 240 mm Ø, pinza flottante a 1 pistoncino. Pneumatici: anteriore 120/70-ZR17M/C (58W), posteriore 180/55ZR17M/C (73W).
- Dimensioni
- Interasse: 1435 mm, lunghezza: 2150 mm, larghezza: 740 mm, altezza: 1075 mm. Altezza sella: 800 mm. Inclinazione del cannotto di sterzo: 25°. Avancorsa: 99 mm. Capacità del serbatoio carburante: 19 litri.