Quando è iniziata l’era di quelle che sono state rapidamente chiamate “maxi-moto”, sono entrate in scena prepotentemente le pluricilindriche di grossa cilindrata costruite da colossi come Honda, Kawasaki e Suzuki (la Yamaha sarebbe arrivata in grande stile soltanto in seguito). Funzionavano impeccabilmente, non avevano difetti e andavano dannatamente forte. Niente problemi elettrici, vibrazioni moleste o perdite d’olio, finalmente.
Ottima luce notturna, manutenzione ridotta e avviamenti impeccabili, cosa chiedere di più? Molti appassionati, visti pure i formidabili risultati in campo agonistico, parlavano di una tecnologia superiore e di una metallurgia più avanzata. Le cose però non stavano così.
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I dilemmi degli alberi a gomiti | Officina