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MotoGP e Michelin: obiettivo credibilità

È stata una domenica fantastica per i nostri colori: tripletta Ducati e tre italiani sul podio, la bella storia di Fabio Di Giannantonio alla prima vittoria in top class (ma ancora senza una sella per il 2024, prima o poi qualcuno ci dovrà spiegare il vero motivo) e un Pecco Bagnaia che potrebbe aver fatto l’allungo decisivo verso la conferma mondiale.

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GP Qatar: Michelin e il problema dell'affidabilità 

Del Qatar, poi, c’è il rovescio della medaglia. La pagina in chiaroscuro, se non addirittura nera. Non vogliamo neanche lontanamente pensare che Jorge Martin si sia ritrovato a correre con una gomma non performante a causa di un gioco deciso a tavolino. Perchè se così fosse, un problema del genere per noi del motociclismo sarebbe grave come le scommesse nel calcio o il doping nell’atletica. Perchè ne andrebbe della credibilità di un movimento. E di uno sport che deve, oggi più che mai, dare l’esempio di imparzialità ed equidistanza.

Per ora lasciamo perdere le congetture e stiamo ai fatti. E i fatti dicono che troppe volte, nel corso della stagione, abbiamo assistito a risultati altalenanti oppure troppo condizionati da gomme difettose o dai comportamenti imprevedibili. Lo stesso Bagnaia ha lamentato un problema nella Sprint del sabato di Lusail e nel corso della stagione almeno quattro-cinque volte è stato rallentato da coperture giudicate non perfette. Il 2023 è stato caratterizzato da troppi saliscendi a livello di prestazioni. Oltre a Bagnaia e Martin, pensiamo anche a Marco Bezzecchi, Enea Bastianini, Fabio Di Giannantonio e Luca Marini: tutti una volta al top e la volta dopo a centro gruppo (il fatto che siano tutti ducatisti è una coincidenza?). Se un pilota è da podio, può non esserlo sempre. Ma spesso, quello sì.

Dorna, FIM e Michelin devono correre ai ripari, trovando una soluzione che dia maggiore equilibrio e più coerenza ai valori in pista. Indipendentemente dai cattivi pensieri, restano le conseguenze: fornire una gomma non performante ogni tanto può essere un errore giustificabile. Ma se il numero di casi aumenta, si rischia di fare una brutta pubblicità al nostro sport. E male a tutti gli addetti ai lavori, ai partner che investono. E agli appassionati che lo seguono.

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